RIVISTA INTERNAZIONALE DI ARREDAMENTO DESIGN ARCHITETTURA
N.415 - DICEMBRE 2015 € 5,00 Poste Italiane Spa - Sped. A.P. D.L. 353/03 Art. 1, Cm. 1, DCB MI EDIZIONE ITALIANA with ENGLISH TEXTS
ARCHITECTURAL DIGEST. LE PIÙ BELLE CASE DEL MONDO Da Cortina e Gstaad ai Monti della Luna, da St. Moritz a Courmayeur, un Eccezionale Viaggio nei più Spettacolari Chalet a due Passi dal Cielo.
L’INVERNO FUORI Tutto Oro! Tavolini Sedie Lampade Poltrone
LE STORIE
Tendenze 2016
Nel Villaggio delle Fiabe Il Castello delle Principesse Il Papà degli Angioletti
Guida alle Novità del Design e ai Suoi Prossimi Protagonisti EDIZIONI CONDÉ NAST
Collezione Gioielli. Scopra di piu’.
EDITORIALE. C’ è una storia che, più di ogni altra, racconta il senso di questo numero, e in generale del nostro giornale. È la storia di un esame scolastico di qualche anno fa. Liceo artistico. Lo studente disegna UNO CHALET, immaginando che ci viva una guardia forestale canadese. Lo fa tutto di vetro perché vuole che il confine tra dentro e fuori, tra salotto e montagna, tra tepore e gelo, sia sottile, più sottile che si può. Poi con la tempera bianca lo sommerge di neve. È un trucco, perché così i difetti di progettazione risultano meno evidenti. Flash forward, salto in avanti di tre decenni. Esterno notte, Monti della Luna. In cima a un pendio, sotto a una montagna di neve, c’ è uno chalet tutto di vetro che brilla nel buio. Lo ha costruito lo studente (obiettivamente agevolato, va detto, dal fatto di chiamarsi Giugiaro), realizzando quell’antico SOGNO . La pubblichiamo a p.94 perché è una casa meravigliosa, che sfrutta le potenzialità dei nuovi materiali portando vista e luce dove fino a pochi anni fa ci sarebbero stati muri spessi e piccole finestre. Ma la raccontiamo qui perché la sua storia è UNA STORIA UNIVERSALE : chi non ha sognato, almeno una volta, di trasformare in realtà la casa della fantasia, sia essa villa in collina, cabana sulla spiaggia, appartamento nel Quadrilatero della moda o mansarda sotto i tetti di Parigi. Chi non ha dedicato alla casa un pensiero destinato a diventare progetto di vita. (Casa, d’altronde, è da dove veniamo, ma soprattutto dove stiamo andando). È strano quel mondo in cui i sogni dei bambini un giorno diventano REALTÀ . Succede, a volte, e su giornali come «AD» è bello raccontarlo.
EMANUELE FARNETI
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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N° 415 — DICEMBRE 2015
SOMMARIO. «La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella notte. E non è senza sogni». KHALIL GIBR AN
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FOCUS.
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SPECIALE 2016 — Oggetti, materiali, designer, eventi: una guida alle TENDENZE del prossimo anno.
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MINIMAL CHIC — La rilettura dello stile funzionale regala agli ambienti un’inedita LEGGEREZZA.
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METAL — Tra high-tech e ispirazioni vintage, ACCIAIO, OTTONE , R AME esaltano i mobili e le luci.
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PIETR A —
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TECHNICOLOR —
I progettisti scelgono il marmo: per creazioni dalla sorprendente forza SCULTOREA.
La decorazione si accende di nuove cromie, con TINTE VIVACI E PALETTE SFUMATE.
Le case del mese. 94 106 118
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
UN SOGNO DI MEZZO INVERNO — In Alta Val di Susa, una baita di vetro immersa nelle nevi porta la firma di un grande designer.
Questa dimora del 600 a Gstaad, dominata dal legno naturale, accosta pezzi di recupero e arte contemporanea.
NIENTE DI DOLCE —
AMORE IN QUOTA — Ricavata da un antico granaio, una casa a Cortina in cui regnano il calore della montagna e l’armonia dello stile.
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1.735 M/S.L .M. —
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NUOVO CINEMA MONTE BIANCO —
A Celerina, una chesa accogliente, immersa nella natura, alterna design e arredi tipici engadinesi.
Preziosi materiali di recupero e pezzi d’antiquariato dell’A lta Savoia per uno chalet a Courmayeur.
STORIE .
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NATALE CHILOMETRO ZERO — Viaggio nello charme di Megève, la raffinata località alpina, luogo simbolo, secondo AD, di queste festività 2015. IO E GLI ANGELI — Matteo Thun, re del legno e delle nevi, è il più natalizio degli architetti italiani. Anche per via di certe celebri statuine.
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DISEGNAVAMO ALLA MILANESE — Vico Magistretti e il capoluogo lombardo: una nuova biografia per la serie che AD dedica ai giganti del Novecento.
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MA CHE BEL CASTELLO — La favola d’amore della principessa Mariae Gloria Thurn und Taxis, e un libro dedicato al celebre palazzo bavarese.
PORT FOL IO.
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TEMPI D’ORO — Pezzi di design bagnati dal metallo più prezioso, per un’atmosfera scintillante, tra euforia e tocchi luxury.
BACK STAGE . DIG E S T.
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Dai musei più innovativi alle creazioni artistiche di progettisti internazionali, dai concorsi di design ai materiali per la casa all’avanguardia, una ricognizione delle principali novità del momento.
LE NOTIZIE DEL MESE —
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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DENTRO «AD» — Curiosità, approfondimenti, novità, commenti: dietro le quinte del numero di Dicembre.
FINALE.
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UN OGGETTO, UNA CASA, UNA STORIA —
La maschera parigina di Patrick Tuttofuoco.
MAX ROMMEL. MERAVIGLIA PAPER. LUCA DE SANTIS. DIVANO BOCCA DI STUDIO 65, GUFRAM. TESSUTO DROPS DI PAOLA NAVONE PER DOMINIQUE KIEFFER BY RUBELLI. OGGETTI TAVOLA DELLA COLLEZIONE UNTITLED HOMEWARE DI MASSIMILIANO LOCATELLI. IPA. TODD EBERLE
SOMMARIO.
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Nel prossimo numero.
La copertina del mese. RIVISTA INTERNAZIONALE DI ARREDAMENTO DESIGN ARCHITETTURA ISSN
N.415 - DICEMBRE 2015 € 5,00 Poste Italiane Spa - Sped. A.P. D.L. 353/03 Art. 1, Cm. 1, DCB MI EDIZIONE ITALIANA with ENGLISH TEXTS
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ARCHITECTURAL DIGEST. LE PIÙ BELLE CASE DEL MONDO
EDIZIONI CONDÉ NAST
La camera padronale, con finestra a tutto vetro, dello chalet del 600 a Gstaad scelto per la copertina di AD (il servizio è a pag. 106). La dimora è stata ristrutturata dalla proprietaria, un’arredatrice d’interni parigina, mantenendo il legno originario ovunque e accostando a pezzi antichi icone del design.
Il numero di gennaio, in edicola al termine delle festività natalizie, celebrerà la quintessenza degli interni di AD: caldi, ricchi, accoglienti, cosmopoliti, con una spiccata dose di eccentricità, sono un gioiello dedicato a tutti i lettori del magazine. Da non perdere anche lo Speciale Tessuti e le sorprese nella sezione Storie. IN EDICOLA A PARTIRE DAL 7 GENNAIO
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
LUCI D’AMERICA —
La lampada da terra è realizzata negli anni Sessanta dal marchio d’oltreoceano Laurel: si può trovare, come il modello di Harvey Guzzini per Laurel (a sinistra) sul sito di arredi vintage e collezionismo: 1stdibs.com RELAX D’AUTORE —
La Barcelona Chair (1929-31) disegnata da Ludwig Mies van der Rohe, prodotta da Knoll. Struttura in acciaio, lucidato con effetto specchio, rivestita con riquadri di cuoio. 5.929 €. www.knoll-int.com
GIORGIO BARONI. KNOLL BARCELONA® CHAIR COURTESY KNOLL. SANTI CALECA
A Gennaio, tutto il meglio delle case di «AD»
CONTRIBUTORS.
La sua città d’arte contemporanea per le feste? «Londra è dove i miei pensieri entrano in sintonia con l’energia degli artisti, delle opere, delle mostre».
FABRIZIA CARACCIOLO Specializzata in storia dell’arte al Courtauld Institute of Art di Londra, è consulente per Sotheby’s. Appassionata di tessuti antichi ed etnici, viaggia spesso, in cerca di novità. Le piacerebbe scrivere un libro sull’arte della tavola.
Un locale da non perdere a Cortina d’Ampezzo? «Ce ne sono due: L’altro Vissani, il ristorante dell’Hotel Bellevue, e la Baita Pie’ Tofana: adoro la sua tarte tatin».
JULIAN HARGREAVES Il suo obiettivo di fotografo spazia dalla moda agli interni. Ha una grande passione per il Marocco e ha in programma una sua mostra a Fez.
A cosa pensa se dico Natale? «Alle feste nella villa di Alviero Martini: era il “salotto di Natale di Milano”. E poi alle vetrine giocose di Dolce & Gabbana».
GUIDO TARONI Fotografo, fin da piccolo ha respirato il gusto per l’arte. Della sua famiglia fanno parte il regista Luchino Visconti e il fotografo Giovanni Gastel. Sta lavorando a una mostra di ritratti femminili, che si terrà in primavera.
Una meta per il Natale? «In genere il Natale lo passo sempre in famiglia. Se dovessi cambiare, andrei al caldo: farei un giro inedito in Indonesia».
SILVIA PAOLI Giornalista, è stata caporedattore Style di Vanity Fair e ha fondato il sito Lost in Fashion, che porta il nome di un suo romanzo. Scrive per vari periodici femminili.
Un consiglio per una tavola di Natale alla moda? «Non può mancare il panettone di Marchesi (Prada) o quello di Cova (LVMH). E come segnaposto il charger nei tre ori dell’ iPhone 6».
FRANCESCA MOLTENI Laureata in filosofia, ha fondato Muse Factory of Projects, una casa di produzione che realizza progetti editoriali, video e mostre.
Regalare un oggetto come quelli di Vico Magistretti? «L’ombrello. È perfetto: è l’oggetto che Magistretti avrebbe voluto disegnare».
MATTEO SARTORI Scrittore, ha lavorato in campo cinematografico e pubblicitario, tra Milano, New York e Venezia. Il suo ultimo libro è La roccia viva. Nel prossimo racconterà una storia di ambientazione lacustre.
Un passo di montagna per una gita invernale in auto? «Il Passo del Forno, che dalla Val Venosta attraversa la Val Monastero e porta a scollinare a più di 2.000 metri di quota, attraversando il Parco nazionale svizzero».
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
ALESSANDRO TROVATI. GIOVANNI GASTEL
PATRIZIA SANDRETTO RE REBAUDENGO È tra le 100 donne più influenti del mondo dell’arte contemporanea secondo artnet.com. Dopo aver esordito come collezionista, ha creato la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, con sede a Torino.
C O S T R U T T O R I D I E T E R N I TÀ D A L 1 755 260 anni di storia ininterrotta racchiusi nella collezione Harmony. È nata una nuova leggenda
Harmony d ua l t i m e
Certificazione orologiera ufficiale di Ginevra
Direttore Responsabile
EMANUELE FARNETI
[email protected]
Creative Director CHRISTOPH RADL
23--31 JANUARY 2016
BRUSSELS
Redazione: GIOVANNI AUDIFFREDI (caporedattore), MARIO GEROSA (caporedattore), RUBEN MODIGLIANI (caporedattore); ELENA DALLORSO (caposervizio), ALESSANDRA VALLI (caposervizio). Impaginazione: FRANCESCA MARINO (vice caposervizio), ELISA BOZZARELLI, MICHELA BUZZONI, MARGHERITA CARRARA. Segreteria di Redazione: SILVANA SACCHETTI (responsabile), FEDERICA CLARI (photo editing) New York: Segreteria e Redazione CHRISTINA NICASTRI Parigi: Segreteria e Redazione FRANÇOISE GUITTARD (responsabile di produzione) Creative Consultant MARCO VELARDI
Interiors Consultant FABRIZIA CARACCIOLO
Hanno collaborato a questo numero: Ilaria Bacciocchi, Benedetta Bagni, Carla Bardelli, Ferdinando Cotugno, Sonia S. Braga, Paola Corini, Paolo Matteo Cozzi, Nicoletta del Buono, Alessia Delisi, Maria Cristina Didero, Marta Galli, Umberta Genta, Luca Molinari, Francesca Molteni, Michele Neri, Raffaele Panizza, Gloria Pasquinelli, Gaia Passi, Valentina Raggi, Laura Taccari. Studio Diwa (revisione testi); Stephen Piccolo (traduzioni). Fotografie di: Giorgio Baroni, Fabrizio Cicconi/Living Inside, Luca De Santis, Julian Hargreaves, Max Rommel, Valentina Sommariva, Guido Taroni.
Editorial Advisor ETTORE MOCCHETTI Editorial Director FRANCA SOZZANI
Publisher CARLO CLERICI Advertising Manager CRISTINA RONCAROLO Vice President Special Interest Media PAOLA CASTELLI Agenzie e Centri Media Off line FRANCESCA GUICCIARDI, ALESSANDRA MANENTI, RAFFAELLA SPREAFICO, MARCO ZERBINI Digital Advertising ELIA BLEI Direttore Centri Media Digital Lombardia CARLO CARRETTONI Responsabile, MANUELA BONDIOLI, SIMONA DI LIDDO, LETIZIA MORELLI, GIOVANNI SCIBETTA Uffici Pubblicità Italia Informazioni - Tel. 02 85612836 - Fax 02 85612698 Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta ALESSANDRA ACTIS, DANIELA DAL POZZO, ANGELA D’AMORE, GIOVANNI LOMBARDI, LAURA MILANO, SILVIA MONTESSORI, MASSIMO PALMARIELLO Tre Venezie, Emilia SABRINA GRIMALDI Responsabile, PAOLA BANDINI, ROSA LO CASCIO, RICCARDO MARCASSA Tel. 049 8455777 - Fax 049 8455700 Toscana, Umbria SERENA MIAZZO, GIULIANA MONTAGNONI Tel. 055 2638526 - Fax 055 2268654 Romagna e Marche ALESSANDRA ROSSI - Cell. 339 8698894, ELISABETTA ARENA - Cell. 335 8134146 Lazio SILVIA BOCHICCHIO - Tel. 06 84046411 - Fax 06 8079249 Campania SALVATORE FASOLO - Cell. 320 6219168 Abruzzo, Molise e Sud FRANCESCO SEMERARO - Cell. 348 3212118 Uffici Pubblicità Estero: Parigi/Londra ANGELA NEUMANN, ADELINE ENCONTRE Tel. 0033 1 44117885 - Fax 0033 1 45569213 New York ALESSANDRO CREMONA - Tel. 001 212 380 8236 - Fax 001 212 786 7572 Barcellona SILVIA FAURÓ - Tel. 0034 93 2160161 - Fax 0034 93 3427041 Monaco di Baviera FILIPPO LAMI - Tel. 0049 89 21578970 - Fax 0049 89 21578973
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O N E O F T H E M O S T I N S P I R I N G FA I R S IN THE WORLD
Direttore Responsabile: Emanuele Farneti. Copyright © 2015 per le Edizioni Condé Nast. Registrazione del Tribunale di Milano n. 98 del 7.3.1981. La Edizioni Condé Nast S.p.A. è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 6571. Tutti i diritti riservati. Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/03 Art. 1, Cm. 1, DCB - MI. Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (Mi), tel. 02660301, fax 0266030320. Stampa: Elcograf S.p.A. Beverate (Lc) - Printed in Italy. Numeri arretrati € 10,00. Inviare importo a IeO Informatica e Organizzazione Srl Ufficio Arretrati, a mezzo c/c postale n. 56427453, tel. 039.5983886 - fax 039.9991551 - e-mail:
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FOCUS.
2016 / THE DESIGN YEAR QUATTRO CHIAVI DI STILE CHE DEFINIRANNO LE NUOVE PROPOSTE NELL’ARREDAMENTO E OTTO INTERVISTE A PROGETTISTI CHE LE METTERANNO IN PRATICA. LE ARCHITETTURE DI CUI TUTTI PARLERANNO. E ANCORA: GLI EVENTI CLOU E I TERRITORI DI SPERIMENTAZIONE PIÙ INTERESSANTI, DALLA BIENNALE ALLA STAMPA 3D. interviste di GAIA PASSI — ritratti di JULIAN HARGREAVES
FOCUS.2016
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1. METAL ACCIAIO, OTTONE, RAME. LUCIDATI A SPECCHIO, SATINATI, ANCHE SOLO EVOCATI DA TESSUTI E PELLAMI METALLIZZATI. LA LORO BRILLANTEZZA È PROTAGONISTA NEL DESIGN CONTEMPORANEO. TRA LUSSO FUTURIBILE E HI-TECH E CITAZIONI DI MODERNISMO VINTAGE, ANNI 60/70.
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1 – Lineare. Lampada a led Yari, di Spalvieridelciotto per Lexon, in alluminio con base in ABS effetto gomma. 119 ¤. • 2 – Leggero. Celata, di Giulio Iacchetti per Alessi, è un cestino in lastra d’acciaio tagliata e piegata. Il nome è quello dalla visiera mobile degli antichi elmi, che rievoca in forma stilizzata. 90 ¤. • 3 – Archetipi. Naked Desk e Naked Chair in ottone lucidato, di Nika Zupanc per la Galleria Rossana Orlandi di Milano. Prezzo su richiesta. • 4 – Grafico. Orologio a parete in PMMA Time Less di Philippe Starck e Jonathan Bui Quang Da per Kartell, prezzo da definire. • 5 – Riflessi. Lampada da terra Pom Pom, finitura rame, di Matteo Cibic per Calligaris Code. La base è in cemento, i diffusori in vetro soffiato acidato. 895 ¤.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
FOCUS.SEGRETI
Idee brillanti PAULINE DELTOUR , FRANCESE, 32 ANNI, LAVORA CON GRANDI NOMI DEL DESIGN COME MUJI, ALESSI E BOFFI.
SFUMATURE. Speaker Bluetooth Fine, disegnato per Lexon. Fa parte di una serie di oggetti hi-tech “al femminile”, tutti in alluminio anodizzato dai colori pastello.
Il metallo è il suo materiale preferito? «L’ho usato in molti dei miei oggetti, in varie occasioni. È interessante come spesso sia proprio il materiale a influenzare la forma di una collezione. Ogni nuova materia rappresenta una sfida: ora sto lavorando anche con vetro e ceramica. Ho appena realizzato un servizio da tè con la porcellana di Arita, in Giappone, per il progetto 2016/, che coinvolge 16 designer provenienti da tutto il mondo e sarà presentato durante il Salone del Mobile di Milano. Se ne sentirà parlare». Molti suoi oggetti sono dedicati alle donne. C’è un motivo? «Nel mondo ci sono già molti prodotti maschili, anche se le donne sono la maggioranza: per questo trovo interessante immaginare oggetti dedicati all’universo femminile. Per me, come donna, si tratta di un processo semplice, intuitivo, basato sulle affinità reciproche». Una destinazione interessante per il design nel 2016? «Ho sentito parlare molto bene di Seoul, ci sono molti eventi e opportunità per chi ama il design. È lì che vorrei andare il prossimo anno».
Materia lucente ENRICA CAVARZAN E MARCO ZAVAGNO, IN ARTE ZAVEN : UNO STUDIO CREATIVO CHE CONTAMINA DISCIPLINE DIVERSE.
Tra i vostri progetti più recenti c’è una lampada in lastre di metallo. È un materiale che vi affascina? «Ci piace la sua estetica, la sua lucentezza. Spesso lo utilizziamo per donare ad altri materiali un effetto metallizzato, che impreziosisce». Nuovi progetti per il 2016? «Stiamo sperimentando: presenteremo i primi progetti in pelle (dei portafogli), degli imbottiti in schiuma e tessuto e un’installazione di luce e fili sintetici. Ci piace pensare agli oggetti partendo dalla materia, anziché dalla forma». Arte, comunicazione, design: in quale ambito vi trovate meglio? «Ogni progetto è frutto di un percorso, di un dialogo: le idee più innovative arrivano adottando più punti di vista».
ASSEMBLAGE. Lampada da tavolo Olimpia in placche di metallo e vetro borosilicato. «Un oggetto asimmetrico», spiegano i designer, «che si eleva come una scalinata e spinge in alto la luce». Progetto realizzato per Secondome nel 2015.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Montblanc M and Hugh Jackman Crafted for New Heights Questo nuovo e iconico strumento da scrittura esprime la raffinata cultura Montblanc grazie al peculiare linguaggio decorativo di Marc Newson. La preziosa resina nera e la sobrietà essenziale celano dettagli affascinanti. L’eccezionale meccanismo automatico della chiusura magnetica permette di allineare il cappuccio con l’emblema Montblanc sul “plateau” perfettamente piatto. Il pennino in oro Au585 porta l’incisione delle iniziali del designer. Visit and shop at Montblanc.com
FOCUS.2016
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2. TECHNICOLOR UN ARCOBALENO ACCENDE ARREDI E COMPLEMENTI. IN TANTE DECLINAZIONI DI STILE: DAL CLASSICO RIVISITATO IN CHIAVE POP AL DESIGN PIÙ LINEARE. SONO TINTE IN CAMPITURA PIENA OPPURE PALETTE IN GRADAZIONE PER REGALARE AGLI SPAZI NUOVE VIBRAZIONI CROMATICHE.
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1 Ð In blu. Poltrona Bruxelles con struttura in metallo e cuscini rivestiti in nabuk, firmata da Paola Navone per Baxter, 3.600 €. • 2 Ð Tropical. Il vaso Natura Morta with Parrot di Giorgia Zanellato, dal progetto One and Only Collection prodotto da L’ArcoBaleno in collaborazione con Fabrica. 1.000 €. • 3 Ð In & outdoor. Seduta in polipropilene Ara Lounge, design di Jorge Pensi Design Studio per Pedrali, 120 €. • 4 Ð Comfort. Chaise-longue in materiale plastico Nova di Bogliato Traverso per Myyour, 850 ¤. 5 Ð Accogliente. Divano Zeus di Antonio Citterio per Flexform, rivestito in tessuto con piedi in alluminio. Da 6.379 €. 6 Ð DŽgradŽ. Tappeto in lana annodata a mano Bizo, disegnato da Cédric Ragot per Roche Bobois. Costa 2.970 €.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
FOCUS.SEGRETI
Questioni di sfumature INGLESE, CLASSE 1984, BENJAMIN HUBERT HA FONDATO L’AGENZIA LAYER, CHE PUNTA SU INNOVAZIONE E TECNOLOGIA.
Nei suoi oggetti usa spesso il rosso. Come sceglie i colori? «Il colore non è fine a se stesso, ma deve esaltare la qualità del materiale: ci sono sfumature che funzionano meglio con il legno, altre con la ceramica e così via. Lo studio del colore è importante in ogni progetto, che si tratti di oggetti, mobili, o nuove tecnologie». Come sta cambiando il design? «L’oggetto (hardware) è sempre più spesso accompagnato da una piattaforma digitale che ne migliora le performance». La sua parola chiave per il 2016? «Accessibilità. Il buon design può essere di nicchia, ma il grande design deve essere per tutti».
ALTA VISIBILITÀ. Inlay, disegnato per l’azienda belga Indera, è un divano modulare con sedute di varie dimensioni. I piedini sono in metallo verniciato e si inseriscono nei braccioli.
Il potere del colore VALENTINA CAMER ANESI SGROI , ROMANA. MOLTE LE SUE COLLABORAZIONI: DA CASSINA A DIESEL HOME COLLECTION. Il colore ha un ruolo chiave nei suoi progetti. Quali sono le nuance del 2016? «Il colore per me è fondamentale, spesso la sua scelta è determinante per la riuscita del progetto nel suo insieme. Per il 2016 ho in mente un color corda, ma lucido, e un ruggine polveroso, molto opaco». La ceramica è il suo materiale d’elezione. Perché? «È un materiale caldo, naturale, mutevole: cresce e si modella tra le tue mani e infine si trasforma con la cottura, diventando scultoreo, perfetto. Attraverso la ceramica posso esplorare tutte le possibilità di una forma, di un volume». TEXTURE. A sinistra: dettaglio del vaso Anfora, impreziosito da una finitura craquelé; a destra: oggetto contenitore Vite 1 in ceramica con smalto applicato a mano. Entrambi sono di produzione artigianale.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
MILANO Corso Magenta 10 Bologna | Lecce | Napoli | Palermo | Parma | Roma
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PARIS | LONDON | HAMBURG | ZÜRICH | VIENNA | NICE | DUBAI | SÃO PAULO | PANAMA
FOCUS.2016
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3. MINIMAL CHIC NERO PROTAGONISTA, ASSENZA DI DECORO: MOBILI E OGGETTI RISCOPRONO LÕESSENZIALITË. MA NON C’È NULLA DI IMPERSONALE IN QUESTA RILETTURA DELLO STILE FUNZIONALE. CHE ANZI DÀ ORIGINE A PEZZI DI GRANDE IMPATTO. PER UNA NUOVA LEGGEREZZA DOMESTICA.
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1 Ð Fluida. Console Inari interamente in lamiera d’acciaio, disegnata da Mist-o per Living Divani. Finitura con polveri epossidiche nero opaco. Il prezzo è 1.709 €. • 2 Ð Multifunzione. Tavolino Vicino di Foster+Partners per Molteni & C, con piani girevoli in marmo nero marquina. Costa 1.167 €. • 3 Ð Silos. Forme ispirate dalle architetture industriali per il set da caffè Subsea di Vera & Kyte, in porcellana e metallo laccato. Prezzo a richiesta. • 4 Ð FumŽ. Struttura in alluminio e vetro, cassetti in rovere per la madia Alambra, di Giuseppe Bavuso per Rimadesio. Il prezzo è 10.886 €. • 5 Ð Trapezio. Specchio Flag 190 in frassino tinto moka, da parete o da appoggio: progetto di Umberto Asnago per Porada. 1.698 €.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
FOCUS.SEGRETI
Più che semplice IL NEWYORKESE LEON R ANSMEIER DISEGNA OGGETTI D’A RREDO PER MATTIAZZI, HERMAN MILLER E HAY.
Si riconosce nella definizione “minimalista”? «Trovo sia una parola fuorviante: solo perché qualcosa appare semplice non significa che sia ben disegnato. Voglio che i miei oggetti comunichino la loro funzione e creino un’esperienza eccezionale per l’utente». C’è un oggetto che le piacerebbe reinventare? «Il mondo ha bisogno di un’altra sedia? La mia risposta è sì. Gli oggetti cambiano con la cultura: senza questa reinvenzione non sapremmo da dove veniamo, né dove stiamo andando». Quali sono oggi i trend da seguire nel design? «Sono più importanti quelli della tecnologia, come il mobile computing, i servizi di database e la robotica. Sarà bello vedere dove porterà tutto questo tra 50 anni». IN LINEA. Gym è un attrezzo per l’attività fisica dal design leggerissimo, realizzato per compiere esercizi usando come peso quello del proprio corpo.
Pura forma BRODIE NEILL , AUSTRALIANO, FONDATORE E DIRETTORE CREATIVO DEL MARCHIO DI DESIGN MADE IN RATIO.
In che modo la natura influenza il suo lavoro? «Sono cresciuto in Tasmania, la sua bellezza selvaggia ha sempre ispirato la mia estetica. La natura ci offre un catalogo illimitato di soluzioni di design, quasi sempre molto efficaci: le forme dei miei oggetti cercano di riflettere la sua purezza». Cosa significa, per un designer, innovare? «Significa essere pionieri, avere spirito creativo e nessuna paura di sbagliare». Il 2016 sarà l’anno del suo ritorno a casa. «Sì, nel 2016 inauguro la mia prima opera pubblica di grandi dimensioni a Hobart: The Portal è un anello circolare in bronzo alto 8 metri all’ingresso del Brooke Street Pier, lo storico molo dei traghetti, dove già si trovano le mie sedute Wishbone».
ORGANICO. Approccio scultoreo per la seduta in fibra di vetro Wishbone, ispirata alle sagome delle balene.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
CIAO NICOLA DA CORTINA brevetto Mascheroni La perfetta armonia tra eleganza, innovazione e abilità manifatturiera artigianale Italiana ne fanno un oggetto unico al mondo. Stando comodamente seduti e sfiorando i due pulsanti incorporati sotto la seduta, si regola l’inclinazione fino al raggiungimento del massimo comfort.
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FOCUS.2016
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4. PIETRA IL NUOVO MUST? IL MARMO, CHE CON LE SUE VENATURE FA ENTRARE LA NATURA NEL DESIGN. UN MATERIALE USATO DA SOLO O ACCOSTATO AD ALTRI, CHE SA ESSERE MASSICCIO O DIVENTARE LEGGERO IN SPESSORI SUPERSOTTILI. RIGORE E MORBIDEZZA, TRA NUOVI PROGETTI E RIEDIZIONI.
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1 – Black & white. Panca Closer in marmo bianco di Carrara e nero marquina. Lawrence Steele per Marsotto. Da 10.580 €. • 2 – Su misura. Tavolo della serie Plinto in marmo marquina e ottone bronzato, di Andrea Parisio per Meridiani Editions. Da 4.454 €. • 3 – Storico. Tavolo Rio di Charlotte Perriand (1962) in rovere con inserti in marmo, collezione I Maestri di Cassina. Da 6.900 €. • 4 – In tondo. Iko, di Rodolfo Dordoni per Flou, con piano di marmo. Da 740 ¤. • 5 – Dalla Norvegia. Lampada da tavolo Core di Runa Klock in marmo e Led. Prezzo a richiesta. • 6 – Combinazioni. Vasi Combine di Elena Salmistraro, in marmo e vetro borosilicato. 300 €. • 7 – Prezioso. Tavolino Elliott di Rodolfo Dordoni per Minotti. 7.880 €.
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giovanniraspini.com
MILANO ROMA FIRENZE MONTECARLO VENEZIA
FOCUS.2016
Il passato ritorna IL LONDINESE LEE BROOM , 40 ANNI, HA UNO STILE RÉTRO-CHIC CHE PIACE MOLTO ALLE STAR.
Trae maggiore ispirazione dal passato o dal futuro? «Dal passato, soprattutto dalle tecniche di manifattura. Ho avuto la fortuna di lavorare con Vivienne Westwood: lei mi ha insegnato a citare il passato in ogni nuovo lavoro. Ma amo anche guardare avanti». Cosa la affascina del marmo? «Amo lavorare con materiali che hanno una storia, come ottone, marmo, cristallo e legno. Mi piace utilizzarli in modi inaspettati, combinandoli con altre materie e creando qualcosa di diverso». Nel 2015 ha realizzato due installazioni eccezionali per esporre i suoi lavori: a Milano un grande magazzino anni 50, a Londra un negozio di fiori. Cosa ci aspetta nel 2016? «Per il Salone del Mobile punterò su uno spazio più piccolo, in stile boutique, ma spero che avrà lo stesso impatto dirompente».
CONTROLUCE. Nella lampada Chamber Large la materia del diffusore in marmo viene sottolineata dalla luce.
Materiali eterni Pietra e marmo ricorrono nei vostri progetti. Perché? «Hanno un valore intrinseco legato alla loro storia: non invecchiano, continuano a rinnovarsi. Gli oggetti realizzati con questi materiali durano nel tempo senza perdere le loro qualità». Il vostro ultimo progetto è ispirato a una tenda yurta. State andando verso un design più democratico? «Ci piace il concetto di open source, che punta al miglioramento di cose e idee. È un principio costruttivo». In che modo il design può soddisfare i bisogni delle persone? «Oggi le persone hanno bisogno di un ambiente sano e di lavori equi. Quello che noi progettisti possiamo fare è realizzare prodotti che sopravvivano a lungo e invecchino senza rovinarsi. O che almeno possano essere riciclati facilmente». SCULTOREI. Negli sgabelli della serie Too hard to be true il pattern naturale del materiale, usato in diversi colori, diventa motivo decorativo.
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WWW.SUTERCAPUTO.CH, COURTESY SALON 94 NEW YORK
SARAH KUENG E LOVIS CAPUTO, IN ARTE KUENG-CAPUTO , REALIZZANO PEZZI UNICI DALLE FORME SCULTOREE.
FOCUS.2016
DISPACCI VENEZIANI IL 28 MAGGIO TORNA IN LAGUNA LA BIENNALE DI ARCHITETTUR A . TRE DOMANDE AL DIRETTORE ARTISTICO ALEJANDRO ARAVENA.
Dal 28 maggio al 27 novembre 2016 Venezia ospita la 15esima Biennale di Architettura. Il tema scelto dal direttore artistico di questa edizione, il cileno Alejandro Aravena (noto per i suoi progetti di architettura sociale) è Reporting from the front. Perché questo titolo? «Sempre più persone sul nostro pianeta cercano un luogo decente in cui poter vivere, e le condizioni per raggiungere questo scopo sono sempre più ardue. Vogliamo mostrare al pubblico quel che significa lavorare al limite».
Da dove comincia la sua Biennale? «Da storie di successo, casi esemplari che vale la pena condividere e in cui l’architettura ha fatto, sta facendo e farà la differenza». Cosa ci sarà in mostra? «Progetti che, bilanciando intelligenza e intuizione, sono in grado di scostarsi dallo status quo. Ma non solo. Presenteremo anche casi in cui comunità o cittadini, spontaneamente e a volte senza alcuna formazione specifica, sono riusciti a migliorare il loro contesto architettonico». B.B.
GIRO DEL MONDO IN SEI PROGETTI NEI PROSSIMI DODICI MESI INAUGURANO MOLTI, IMPORTANTI E AVVENIRISTICI EDIFICI FIRMATI DALLE PRINCIPALI ARCHISTAR . QUI UNA PREVIEW DEI PIÙ INTERESSANTI. V.R.
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CUPERTINO, USA. «Hi Norman. I need a help»: così Steve Jobs commissionò a Foster + Partners la seconda sede di Apple. Un anello in acciaio e vetro (e tanto verde) con uffici, auditorium, centro di ricerca e palestra.
SAADIYAT ISLAND, ABU DHABI. Per il primo Louvre del Medio Oriente Jean Nouvel disegna volumi asimmetrici, come una medina, e una grande cupola con tagli che danno luce alle sale interne, minimal e ampie.
MILANO, ITALIA. Per la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Herzog & de Meuron rivisitano la forma delle cascine lombarde in un complesso hi-tech in vetro. Intorno, un parco con boulevard e piste ciclabili.
DOHA, QATAR. Una rosa del deserto monumentale, realizzata in acciaio, vetro e cemento, per i musei della cultura locale e marittimo. Un complesso, firmato da Jean Nouvel, con auditorium e parco.
LONDRA, GRAN BRETAGNA. L’ampliamento della Tate Modern è un edificio sfaccettato di 10 piani in mattoni. Il progetto: Herzog & de Meuron (insieme a Jasper Morrison) e Günther Vogt per la parte di verde pubblico.
TAIPEI, TAIWAN. Per il Taipei Performing Arts Center, Rem Koolhaas lega insieme tre scatole, ciascuna contenente un teatro, e le riveste in vetro. Una delle platee è una sfera sospesa sulla facciata, già diventata icona.
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FOCUS.2016
L’ANNO DEL DRAGONE OCCHI PUNTATI SU TAIPEI , WORLD DESIGN CAPITAL 2016. ECCO I MIGLIORI TALENTI AL LAVORO NELLA METROPOLI.
Per decenni Taiwan è stata l’isola dell’elettronica (lì hanno sede Acer, Asus, BenQ e Htc, per citare i maggiori). Oggi il Paese vive un periodo di fermento creativo, con giovani progettisti che si stanno affermando utilizzando materiali e lavorazioni tradizionali, dal bambù al legno intrecciato, con un’estetica tutta contemporanea. I nomi da tenere d’occhio: Pili Wu, Studio Scope, Sally Lin, Hsiao-Ying Lin e Chin-Tuan Chiu. Una scena nazionale
emergente che si concentra nella capitale, Taipei, che è stata scelta come World Design Capital 2016, con un calendario di manifestazioni che abbraccia tutto l’anno e un tema principale dedicato all’evoluzione urbana. Tra gli appuntamenti più importanti: a marzo il Design Gala con la premiazione dei vincitori di due premi (il Taipei International Design Award, dedicato al miglioramento della qualità della vita nelle città, e il Golden Pin Design Award, riconoscimento che premia l’eccellenza in diversi ambiti, dalla grafica all’arredamento); a giugno il nuovissimo Taipei Performing Arts Center di Rem Koolhaas ospiterà l’International Design Policy Conference, dal titolo 2026: The Next Decade. Mentre a ottobre in città c’è l’International Design Week Forum, con mostre e convegni. B.B.
Visto? Si stampa ARCHITETTURA, MODA, ARREDO: NON SI ARRESTA IL BOOM DEL 3D PRINT. SEMPRE PIÙ DIFFUSO, ED ECONOMICAMENTE ACCESSIBILE.
FUTURO. Tiko è una stampante 3D super economica: costa solo 179 $.
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Fino a oggi la stampa tridimensionale si è limitata alla produzione di oggetti di piccole dimensioni. Ma questa tecnologia già si inizia ad applicare anche all’architettura. Ad Amsterdam, per esempio, saranno delle braccia robotiche a stampare, su uno dei canali della città, un ponte in acciaio perfettamente calpestabile (foto a sinistra), firmato dall’olandese Joris Laarman. Sarà ultimato nel 2017. E mentre ogni settimana nuove stampanti 3D vengono lanciate su Kickstarter – come la economicissima Tiko – al Met di New York la mostra dal titolo Manus x Machina (dal 5/5/2016) esplora le nuove frontiere di questa tecnica applicata alla moda. Esperimento guidato dalla designer Iris van Herpen (a destra un suo abito), pioniera della tech-couture. A.D.
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CRAIG FERGUSON/GETTY IMAGES. JEAN-BAPTISTE MONDINO, COURTESY THE METROPOLITAN MUSEUM OF ART
Fermento. Lampada del designer Pili Wu. In alto: sgabello in bambù firmato dallo studio Scope Design.
FOCUS.2016
DI PRIMA MANO VOGLIA DI FISICITÀ IN UN’EPOCA DIGITALE. NOSTALGIA E FUTURO. COSA DICE DI NOI, E DEI NOSTRI TEMPI, IL BOOM DELL’ARTIGIANATO ? PICCOLA GUIDA ALLA GRANDE TENDENZA DELL’A NNO CHE COMINCIA.
IL DESIGN CHE VERRÀ 3 DOMANDE A DOMITILLA DARDI, CURATRICE PER IL MAXXI DI ROMA.
HANDMADE 2.0. La libreria Nepi di Internoitaliano; una ceramica di Segno Italiano; i mobili della designer Meike Harde.
In una società globale, dominata dalla produzione in serie, il lavoro artigiano è un ingrediente essenziale. Non solo di qualità ma anche di innovazione, come dimostra il progetto Internoitaliano: ideato da Giulio Iacchetti nel 2012 con l’intento di creare una “fabbrica diffusa”, a oggi ha messo a frutto circa 40 oggetti, mobilitato una decina di designer e una compagine di oltre 20 artigiani, sparsi per l’Italia, che realizzano i pezzi. La cultura del prodotto artigianale è anche il cuore di Segno Italiano, editore contemporaneo di manufatti d’eccellenza recuperati in archivi storici o produzioni tradizionali (per esempio i vetri di Empoli o le sedie chiavarine). I progettisti più giovani, poi, trovano nella manualità il modo per creare pezzi unici, tra arte e design. Come quelli della tedesca Meike Harde, mobili in legno dalle linee minimal che sembrano acquerelli grazie a una speciale tecnica di pigmentazione. A.D.
Domitilla Dardi è a capo del dipartimento design al MAXXI di Roma. Qui parla delle ultime tendenze nella ricerca. Quali sono le nuove frontiere? «Molti giovani designer sperimentali lavorano con virus, batteri, funghi, per capire come la natura sia in grado di generare materiali biologici, alternativi alla plastica». È una ricerca influenzata dalle nuove tecnologie? «Con la stampa 3D si ottengono risultati promettenti. Le nuove macchine utilizzano fango, creta e bioplastiche per realizzare sia piccoli oggetti sia grandi strutture». Un design sostenibile, quindi? «Sì. I nuovi progettisti cercano di pensare anche alla seconda vita delle cose, al momento in cui l’oggetto non funzionerà più e dovrà trovare un nuovo utilizzo. Andiamo verso progetti a lungo termine: l’ invecchiamento della materia non è un handicap ma un’opportunità». G.P.
Triennale, chi si rivede MANIFESTI. A sinistra: un allestimento della Triennale del 1996. Qui sotto: un’immaginesimbolo della nuova edizione, il fatto a mano come tendenza del design contemporaneo.
Servizio a cura di Ruben Modigliani, Alessandra Valli e Ilaria Bacciocchi. Hanno collaborato Benedetta Bagni, Alessia Delisi, Gaia Passi, Valentina Raggi.
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GIANLUCA MIANO
L’ultima edizione è stata nel 1996. Il tema di questo nuovo atteso appuntamento della rinata Triennale di Milano, in calendario dal 2/4 al 12/9 2016, è 21st Century. Design After Design. Tecnologie, frontiere della produzione e della comunicazione: come cambia la figura del designer? Proveranno a rispondere mostre, spettacoli, laboratori e convegni. Oltre alla storica sede al Parco Sempione saranno coinvolti molti altri spazi, in città e fuori. Subito prima del Salone del Mobile, un altro evento di grande richiamo internazionale. A.D.
MERITALIA CELEBRA I 10 ANNI DE “LA MICHETTA” CON IL MUSEO POLDI PEZZOLI
Silhouette. Sopra: la piantana Oompa-Loompa di Gino Carollo per Arketipo Firenze. È in lamelle di vetro e stelo di metallo, costa 1.700 €; la sedia Etah di Paola Navone per Baxter. Prezzo a richiesta. Pagina accanto: il celebre divano Bocca di Studio 65 per Gufram. Edizione limitata color oro realizzata per i 50 anni del marchio. Prezzo a richiesta. Sullo sfondo, il tessuto Drops, della collezione Dominique Kieffer by Rubelli, design Paola Navone, 188 € al metro.
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PORTFOLIO.
Tempi d’oro Razionali, iconici, pop. Bagnati nel metallo prezioso nove pezzi di design riflettono un diverso spirito, euforico e festoso.
MERAVIGLIAPAPER.COM: FOTO LUCA DE SANTIS. STYLING LAURA TACCARI. HA COLLABORATO ILARIA BACCIOCCHI
servizio di MER AVIGLIA PAPER
Riflessi. Poggia sul tessuto Terrazzo, della collezione Rubelli Venezia (115 € al metro), il tavolino Traccia di Meret Oppenheim (1939) con piano rivestito in foglia d’oro, della collezione Simon by Cassina, 1.950 €. Pagina accanto: tavolino Elliott di Rodolfo Dordoni per Minotti, 3.840 €, e portacandele in alluminio Abbracciaio di Philippe Starck con Ambroise Maggiar per Kartell, da 139 €. Sullo sfondo, il tessuto Atlas Plissé di Christian Fischbacher, 110 € al metro.
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Rilievi. È un progetto di Leonardo Dainelli per Cattelan Italia lo specchio da parete Egypt, con cornice in legno lavorato e rivestito in foglia oro o argento. Prezzo da 886 €. Nella pagina accanto: decoro prezioso e leggero per la lampada a sospensione Skygarden 2 di Marcel Wanders per Flos, in vetro, metallo e gesso, 2.570 €. Il tavolo Sfera di Ron Gilad per Molteni & C ha la struttura in acciaio ed è disponibile nelle finiture peltro e ottone. Costa 3.608 €.
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Noor ColleCtioN 2015: Design: SCrapeD, wool and silk and silk relief, 400 x 300 cm
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ARTE. DESIGN. ICONE. PERCORSI. ASTE. OGGETTI. IDEE. TALENTI.
DIGEST. ANNI DI PLASTICA A Bruxelles nasce un MUSEO dedicato a mobili, oggetti e opere d’arte realizzati con il materiale più amato del 900.
©ART & DESIGN ATOMIUM MUSEUM, ADAM, BRUXELLES
di SONIA S. BR AGA Dopo aver sedotto l’immaginario estetico della rivoluzione Pop e il design della Space Age, la plastica diventa oggi protagonista di ambiziosi progetti espositivi. Non lontano dall’Atomium, l’avveniristico padiglione nel Parco Heysel, a Bruxelles, il nuovo Art & Design Atomium Museum (ADAM) ospiterà – a partire dall’11 dicembre – il Plasticarium, la raccolta di opere d’arte, arredi e oggetti in plastica appartenuti al collezionista Philippe Decelle. «Abbiamo acquisito duemila pezzi», spiega Arnaud Bozzini, direttore artistico del museo. «Tra i più curiosi, la P.-D.G. desk, la scrivania di Maurice Calka acquistata da Georges Pompidou per rinnovare gli interni del Palais de l’Élysée, o le creazioni di Casati e Ponzio per il Grifoncino di Bolzano, il futuristico night club al quale lavorò anche lo scultore Gino Marotta». Qui si può scoprire, tra l’altro, che un’icona dei Sixties come la Garden Egg Chair di Peter Ghyczy è stata rieditata negli anni Duemila; o che César realizzò alcune “compressioni” in plexiglas colorato proprio quando si affermava la moda dei mobili trasparenti e gonfiabili. □ Culti. Compressione, una scultura in plastica del 1970 di César, maestro del Nouveau Réalisme. Nel Plasticarium si spazia dalle opere di Arman a quelle di Victor Vasarely.
D I G E S T.
LO SPETTACOLO DOPO IL BIG BANG
I vincitori. Dietro alle maschere, Augustin Scott de Martinville, Gregoire Jeanmonod ed Elric Petit sono i Big-Game, vincitori ex æquo dell’ Hublot Design Prize 2015. Qui in alto e a fianco, nella pagina accanto: due installazioni dell’altro premiato, Daniel Rybakken (inginocchiato nella foto a destra), realizzate a Parigi per la Notte Bianca e a Stoccolma.
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Daniel Rybakken ha 31 anni, viene da Oslo e disegna lampade: il suo lavoro consiste nel creare in ambienti chiusi l’illusione della luce di un sole che non c’è, con magie di riflessi al Led che fanno sembrare gli spazi più larghi, cascate di sfere luccicanti, bulbi sotto campane di vetro o proiezioni notturne su facciate di palazzi che sembrano versioni postmoderne dell’Impero della Luce di Magritte. I suoi prodotti per Luceplan sono già dei best seller. I Big-Game sono tre ragazzi franco-svizzeri che disegnano a Losanna oggetti che loro stessi definiscono “semplici, funzionali, ottimistici”: sedie, portacose, appendiabiti ma anche giocattoli galleggianti e teste di animali assemblabili e coloratissime penne Usb. Brynjar è nato in Islanda, compone oggetti misteriosi e poetici che sembrano creature antiche, eppure modernissime, appena uscite dal mare del Nord. Federico Santa Maria disegna barche che hanno la linea guizzante dei pesci. Bethan Laura Wood è inglese eppure i suoi oggetti hanno tutti i colori del Sud del mondo. Sono loro i cinque talenti selezionati per
KALLE SANNER & DANIEL RYBAKKEN (2)
Per festeggiare il suo orologio icona, Hublot si regala un PREMIO DI DESIGN destinato a diventare un classico.
I finalisti. Qui sopra: un’opera dell’islandese Brynjar, cui è andata una menzione speciale da parte della giuria. A fianco: tavolini di Bethan Laura Wood e, sotto, un render di un’imbarcazione disegnata da Federico Santa Maria, entrambi insigniti di un premio speciale da Jean-Claude Biver, presidente di Hublot e della divisione orologi LVMH (il quarto da destra nella foto in basso con giurati e finalisti).
il primo Hublot Design Prize, nato quest’anno per celebrare il decennale del Big Bang, modello iconico del brand svizzero d’orologeria. La giuria, composta tra gli altri da Lapo Elkann e Marva Griffin Wilshire e presieduta da Pierre Keller, ha premiato a Tokyo lo scorso 27 ottobre con un ex æquo Rybakken e Big-Game. «Quando penso alla mia storia personale, mi tornano in mente tutte le persone che ho incontrato, che hanno contribuito a fare di me quello che sono oggi, che hanno dato un impulso alla mia carriera. A volte il talento ha solo bisogno di un piccolo aiuto dal destino per trasformarsi in successo», ha spiegato Jean-Claude Biver, presidente di Hublot e della divisione orologi del gruppo LVMH. Per questo, il premio non richiedeva nessuna produzione specifica ai partecipanti, e tantomeno il disegno di un nuovo orologio. Solo un riconoscimento al talento, non propriamente simbolico, di 50mila euro a testa ai due vincitori, a cui si sono aggiunti tre premi minori da 10mila euro per gli altri finalisti. Già fissato l’appuntamento con la prossima edizione: nel dicembre 2016, a Miami, in occasione di Art Basel. □
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ARTE COSMICA Entrano nelle collezioni, diventano elementi di arredo. I più rari vanno persino in asta. Tutti pazzi per i METEORITI , da Olafur Eliasson a James Bond. di CARLA BARDELLI
L’infinito, l’unico, l’eterno: gli aggettivi si sprecano per descrivere i meteoriti, ultimi oggetti del desiderio per collezionisti d’arte. I faraoni d’Egitto e gli antichi romani li consideravano magici oggetti preziosi e alcuni hanno trovato posto nei cabinet de curiosités del XVII secolo, prima di essere relegati a semplici oggetti di studio per astrofisici. «I meteoriti incontrano lo spirito del tempo, perché sono oggetti di rara bellezza, impossibili da riprodurre o da copiare», dice Lucien Christophe, battitore d’asta, all’Hotel Drouot, a Parigi, che ha organizzato la prima vendita di meteoriti al mondo. Prevista per il 7 dicembre, disperderà la collezione di Pierre Delpuech, 250 pezzi riuniti nel corso di una vita da questo ingegnere-trader, che li ha scelti, selezionandoli soprattutto per la loro estetica e rarità. Un’occasione unica per potersi aggiudicare a prezzi ragionevoli (alcuni vengono proposti a
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poche centinaia di euro) oggetti che negli ultimi tempi si ritrovano nelle collezioni più prestigiose, come quella della Fondation Louis Vuitton, che ne ha esposto recentemente uno, vecchio 4,5 miliardi di anni, in mezzo alle tele di Sigmar Polke. Dal canto suo, il danese Olafur Eliasson, ha aperto il percorso dell’esposizione Contact con Touch, un meteorite che il visitatore poteva toccare per impregnarsi dei suoi benefici influssi. «Questi frammenti di roccia, mista a metalli, strappati dagli impatti da corpi celesti del sistema solare, possono provenire da pianeti, comete, asteroidi e sono gli oggetti più antichi che l’uomo abbia mai potuto toccare», aggiunge Lucien Christophe. «Alcuni, quelli detti primitivi, vecchi di miliardi di anni, non hanno avuto nessuna evoluzione, sono come il sole li ha concepiti all’inizio della creazione». E, nell’attesa di scomparire, come è probabilmente successo ai dinosauri e a molte specie viventi, in seguito alla caduta di un asteroide di 15 chilometri di diametro, nella penisola dello Yucatán, godiamoci il piacere di possedere, toccare e guardare questi oggetti che molti hanno considerato diabolici: lo fa anche James Bond, nella scena cult di Spectre, da poco arrivato nelle sale. Presenze. Dall’alto: un’installazione di Olafur Eliasson, che faceva parte della mostra Contact, il cui percorso si apriva con un meteorite. In un montaggio fotografico il grand foyer dell’Opéra fa da sfondo a un meteorite proposto nella vendita all’asta organizzata dall’Hotel Drouot per il 7 dicembre a Parigi.
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Mix. Quattro servizi di Untitled, la linea Homeware di Massimiliano Locatelli (sotto, nel tondo) in vendita nel nuovo spazio di corso di Porta Vigentina 12 a Milano e online su Yoox.
ARREDARE TAVOLA Nel segno del lusso accessibile, e della versatilità, ha aperto a Milano un nuovo spazio HOMEWARE con la firma di Massimiliano Locatelli, architetto con la passione per le porcellane: di ieri e di domani. di GIOVANNI AUDIFFREDI
Flessibile. Perché segue regole di gusto personale e si adatta facilmente alle esigenze, compresa quella di far rivivere anche solo un paio di piatti spaiati, ricordi di un vecchio servizio di famiglia. Prezioso. Perché anche se affordable ha forte contenuto e qualità: con bicchieri e caraffe bagnati nel platino, nell’oro e nell’argento; ma anche 11 mani di lacca vietnamita per le piccole ciotole di cocco o il vetro soffiato a Murano per saladier che sembrano patchwork di conchiglie. Arredante. Perché non solo cambia l’estetica di una tavola, ma molti dei pezzi possono trovare giusta collocazione ben oltre i confini delle madie. Senza contare che i servizi, incartati in vecchie ricette milanesi, vengono venduti in un packaging a volume, con tanto di dor-
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so decorato, dove si possono riporre per finire in libreria. Tutto questo è Untitled Homeware (U iniziale come uno you di personalità infinitamente declinabile), il nuovo progetto di Massimiliano Locatelli, architetto raffinato, che ha saputo trasferire nel contemporaneo il buon gusto tradizionale, selezionando l’artigianalità adeguata. «È un non-design di qualità che affronta il mercato con un lusso accessibile. Si può anche venire in negozio con un vecchio servizio alla ricerca di un modo per farlo rinascere», racconta. D’altra parte è la cultura di Locatelli per le porcellane, che gli ha consentito in passato di lavorare per la Manifattura Herend; suggerendo proprio la versatilità della mise en place in chiave di composizione e alternanze.
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DIG E S T.
IN UN SOFFIO I collezionisti le conoscono per mobili e oggetti in bronzo. Ma la nuova sfida di OSANNA E MADINA VISCONTI è il vetro.
L’ultimo progetto di Osanna Visconti si chiama Bubble Lamp e gioca sul contrasto tra la purezza della base in bronzo e la natura volutamente imperfetta, quasi grezza, della boccia in vetro soffiato. Come è nata l’idea di queste lampade? «Frequento spesso Venezia e ho avuto la fortuna di entrare in contatto con alcuni maestri soffiatori. Da lì è nata l’idea di queste bolle irregolari e scabre, tutte diverse tra loro». Lavori molto con il bronzo. I tuoi oggetti sono pezzi unici trattati a mano con la tecnica della fusione a cera persa. Ti definiresti più designer o artigiana? «Uno e l’altro. La cera persa è il processo che uso di più. L’atto creativo viene generato dal gesto delle mani, e si traduce poi in bronzo». Quali sono i tuoi riferimenti creativi? «Più che guardare a correnti artistiche mi lascio suggestionare dalla natura, dalle sue forme organiche, dalle figure che genera». Un altro elemento ricorrente è la pianta di bambù. Lo stelo come le foglie, replicate in bronzo, diventano gambe di tavoli e console. «Nell’imperfezione del bambù c’è una bellezza che si accorda perfettamente con le lastre di bronzo dei miei mobili. Rami e foglie invece si trasformano in candele e centrotavola». osannavisconti.it
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Atelier. In alto: alcune Bubble Lamp. Le lampade hanno base in bronzo e sono proposte con vetro bianco o ambrato. Qui sopra: Madina e Osanna Visconti Di Modrone ritratte da Giovanni Gastel. Madre e figlia lavorano insieme nell’atelier OMV, in via Santa Marta 13, Milano.
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CAMBIO DI SCENA Arrivano nuovi materiali per vestire gli spazi con estrema facilità, unendo STILE E TECNOLOGIA . E far diventare la ristrutturazione un’operazione leggera.
La ricerca sui materiali permette di fare cose un tempo impossibili. Per esempio trasformare un pavimento con la stessa facilità con cui si ridipinge una parete. Magari coordinandolo con le altre superfici della casa, compresi corpi riscaldanti e infissi. È pensando a lavori di questo tipo che è nata la collezione Kerakoll Design House, catalogo di materie innovative – cementi, resine, legni lavorati a mano, microrivestimenti, pitture e smalti – coordinate in un’unica palette colori: dal bianco al nero, passando per una serie di neutri, con la regia di Piero Lissoni. «È un progetto completo di interior design», spiega Gian Luca Sghedoni, Ceo di Kerakoll. «Uno dei suoi punti chiave è
l’innovazione tecnologica. Che permette, con le microresine, di cambiare un pavimento aggiungendo solo 3 mm di spessore: vuol dire non dover rialzare le porte, per esempio, ma anche aggiungere carichi di peso ridottissimi alle strutture e non avere macerie da smaltire. È il modo ideale per ristrutturare. E il risultato garantisce elevate prestazioni nel tempo». Con questi materiali, inoltre, si può creare un’infinità di effetti materici. «Il lavoro dell’artigiano è fondamentale», prosegue Sghedoni. «Noi creiamo gli standard, l’applicatore segue le norme. Semplifichiamo al massimo il lavoro del cantiere». Così cambiare la casa diventa facile quasi come indossare un vestito nuovo.
Versatili. In questo spazio tutte le superfici sono realizzate con i materiali della linea Kerakoll Design House: cementi, resine, legni lavorati, smalti e pitture. Si tratta di materie innovative che offrono molte possibilità ai progettisti e che riducono notevolmente l’impatto dei lavori di ristrutturazione.
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TOMMASO SARTORI
di RUBEN MODIGLIANI
DIG E S T.
IL LEGAME DELLE COSE Una coppia di designer italo-danesi riflette sulla connessione emotiva che si crea con gli oggetti di USO QUOTIDIANO . di GAIA PASSI
Progetti. Sopra: Stine Gam, 40 anni, di Copenhagen, ed Enrico Fratesi, 37, di Pesaro. Architetti, sono i fondatori dello studio GamFratesi, che ha sede nella capitale danese. Tra i progetti recenti, un divano per Thonet e un daybed per Porro. In alto: vassoi Karui in metallo e pelle di GamFratesi per Skultuna.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Sono anni questi in cui sembra obbligatorio avere in casa (almeno) un oggetto di design danese: che siano le sedie di Hans J. Wegner o le lampade di Poul Henningsen, le tazze di Royal Copenhagen o i giocattoli Lego. A Copenhagen, chilometro zero di un certo pensiero dominante d’estetica e funzione, vivono Enrico Fratesi e Stine Gam: italiano lui, danese lei, entrambi architetti, nel 2006 hanno fondato GamFratesi, studio creativo pluripremiato. Il loro ultimo progetto li vede in veste di curatori dell’esposizione MindCraft15, che ha vinto il Milano Design Award al Salone del Mobile 2015 ed è ora in mostra, fino al 31 gennaio, al Designmuseum di Copenhagen. Italia e Danimarca: due Paesi, due culture, due modi di intendere il design. Vi siete incontrati a metà strada? «La condivisione dei nostri due mondi è un percorso nato in modo naturale. Dall’universo scandinavo prendiamo l’estetica semplice e l’utilizzo di materiali naturali, come legno e tessuto. La componente italiana è data dalla ricerca di un concetto di partenza che faccia da filo conduttore per il progetto». Perché il design del Nord Europa è così diffuso oggi? «Dopo tanti anni di sfarzo e apparenze, le persone cercano prodotti più umani, di qualità, oggetti davvero utili. Il design scandinavo risponde a tali esigenze». Nel vostro lavoro c’è una costante ricerca di soluzioni pensate per l’intimità e il comfort. Possiamo parlare di un “design del benessere”? «Nella vita di tutti i giorni, gli oggetti intorno a noi, nella loro semplicità, possono aiutare le persone a sentirsi bene. Noi suggeriamo forme, materiali, microarchitetture che trasmettano sensazioni positive. Non ci interessa seguire un certo stile: l’importante è il legame che si crea con chi utilizza l’oggetto». Per scoprire i gioielli danesi di design, vedi «Backstage» p.166.
DIG E S T.
LA STANZA RITROVATA Durante il restauro del Colosseo Quadrato all’Eur sono ricomparsi i disegni di alcuni straordinari arredi firmati GUGLIELMO ULRICH . Che ora Fendi ha deciso di produrre. E portare in giro per il mondo, prima tappa Miami. di UMBERTA GENTA
le forme moderne, da marzo arricchirà gli ambienti del nuovo headquarter di Fendi. Uno o due pezzi entreranno a far parte della Fendi Casa Icons Collection. Sono creazioni che declinano il gusto di Guglielmo Ulrich (1904-1977), anticipatore del lusso moderno i cui progetti si distinguono per il rigore e i materiali di prima scelta. Nato a Milano da una famiglia di origine danese, nel 1937 fu chiamato a progettare gli arredi del Palazzo della Civiltà Italiana. Ma a causa della guerra il cantiere dell’edificio fu chiuso, e i lavori ripresero soltanto anni dopo. Nel 1953 la celebre architettura dell’E42 fu inaugurata, ma i mobili di Ulrich non entrarono in produzione. Ora il cerchio si chiude.
Dagli archivi. In alto: divano “a doppio affaccio” in rovere e pelle blu ortensia. È uno degli arredi presentati in anteprima a Design Miami/. Sopra, disegno di una poltrona in pelle di Guglielmo Ulrich, riproposta da Fendi (a destra). Sono stati rieditati anche un tavolino e una sedia in rovere e una poltrona in pelle.
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COURTESY FENDI
A Design Miami/, in programma dal 2 al 6 dicembre, si parlerà molto degli arredi anni 30 di Guglielmo Ulrich. In particolare di due poltrone, un divano, un tavolo e una sedia di cui si erano perse le tracce. Mobili prodotti per la prima volta da Fendi, ed esposti in anteprima a Miami nello stand della Maison. Riemersi durante i restauri del Palazzo della Civiltà Italiana – la nuova sede di Fendi –, quei progetti non erano mai stati tradotti in arredi. Ora, nella fiera di design più famosa del mondo, vedranno finalmente la luce; il padiglione, tutto bianco e intitolato L’altra Metà del Sogno, evocherà le luminosità della pietra e del marmo della Roma dell’Eur. La collezione, che si distingue per
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IDEE PER LA MIA CASA
D I G E S T.
BELLO È BUONO È BELLO Veste la tecnologia più avanzata con forme moderatamente futuribili. Ed è convinto che il design possa e debba avere anche una funzione sociale. Va a YVES BÉHAR il premio 2015 di Design Miami/.
È Yves Béhar il vincitore del Design Visionary Award 2015, il premio istituito nel 2014 da Design Miami/ (dal 2 al 6 dicembre), la fiera internazionale dove confluiscono creativi e gallerie da tutto il mondo, per decretare nuove tendenze. Anche il premio, che nel dicembre scorso era stato assegnato a Peter Marino, offre indicazioni sui nuovi trend del mondo del disegno industriale. Quarantotto anni, svizzero naturalizzato americano, grande appassionato di surf, Yves Béhar vive a San Francisco, dove ha stabilito il quartier generale di Fuseproject, il suo studio. Vanta un ricco portfolio di creazioni: dalla Sayl Chair, una seduta per ufficio ergonomica e dal basso costo di produzione ideata per la Herman Miller, fino al SodaStream, un gasatore per acqua che è già diventato un oggetto di culto per la casa. Come ha commentato Rodman Primack, direttore esecutivo di Design Miami/, «Yves Béhar
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non è soltanto il perfetto esempio dei contenuti che il premio vuole rappresentare, ma dimostra anche ciò che l’industria può fare per rendere migliore il mondo del design». La scelta è motivata dal particolare approccio di Béhar, che oltre a saper coniugare in modo originale estetica e tecnologia, è sensibile a importanti cause umanitarie, come quella promossa nel 2009 da Nicholas Negroponte, fondatore del Mit Media Lab, e legata al One Laptop Per Child, un computer portatile distribuito a più di un milione di bambini di Paesi in via di sviluppo. □ Multitasking. Dall’alto a sinistra, in senso orario: il gasatore SodaStream. Yves Béhar (Losanna, 1967) mette a punto alcuni dettagli della Sayl Chair di Herman Miller. Braccialetti Up di Jawbone, per monitorare il sonno e l’attività fisica. Il 2 dicembre Béhar riceverà il Design Miami/Design Visionary Award sponsorizzato per la prima volta da Officine Panerai.
COURTESY FUSEPROJECT
di MARIA CRISTINA DIDERO
D I G E S T.
UN TUFFO IN COSTIERA Arredi dal forte richiamo mediterraneo con citazioni anni 60, tra maioliche e Gio Ponti. E poi agrumi e ulivi. Per la sua BOUTIQUE parigina, un brand made in Italy ha preso casa nel palazzo in cui nacquero gli Impressionisti.
Per aprire il primo negozio in Francia, Harmont & Blaine ha scelto un indirizzo suggestivo: il 35 di boulevard des Capucines, nel cuore di Parigi, tra place de l’Opéra e place de la Madeleine, dove nel 1874 Claude Monet organizzò la prima mostra degli Impressionisti. Il bassotto di Harmont & Blaine, azienda fondata a Caivano (NA) nel 1986, ha numeri all’altezza della sfida, che ne fanno uno dei brand in ascesa della moda «upper casual» italiana: 130 boutique nel mondo, 500 dipendenti, 75 milioni di euro di fatturato. Nel 2017 è prevista la quotazione in Borsa, e il negozio di Parigi, aperto da poco, è il primo di quello che deve diventare per Harmont & Blaine il secondo mercato dopo l’Italia: 400 metri quadrati su due piani, un investimento a sei zeri. Per svilupparlo, il nuovo amministratore delegato Giulio Guasco ha chiamato gli architetti Lorenzo Perini e Lino Losanno dello studio fiorentino PLS Design, che ha progettato gli interni del Teatro dell’Opera di Firenze. La missione era portare l’atmosfera del Mediterraneo su un boulevard di Parigi. «Volevamo una boutique semplice, non siamo un marchio di lusso, non abbiamo bisogno di creare una distanza tra noi e chi compra, vogliamo al contrario farlo sentire a casa», ha spiegato Guasco durante l’inaugurazione. All’ingresso si viene accolti da un ulivo secolare sardo e da vasi pieni di limoni e arance. Vegetazione, colori e luce: è questa la strategia per
trasmettere l’estetica mediterranea di H&B. Il pavimento di pietra di Brera e i mobili in legno rovere creano un effetto che ricorda la sabbia chiara. La palette di colori oscilla dal blu oltremare all’azzurro chiaro, sempre abbinati al bianco. Il design della luce valorizza quella che arriva dall’esterno, attraverso centinaia di led strip, che illuminano i prodotti senza disperdere la luce naturale. Come modello e ispirazione, Losanno e Perini hanno portato ai fratelli Menniti, i fondatori di Harmont & Blaine, un luogo non lontano da dove è nata la loro azienda: l’albergo Parco dei Principi di Sorrento, progettato da Gio Ponti e inaugurato nel 1962. Chi avrà visitato entrambi riconoscerà nel negozio di boulevard des Capucines l’atmosfera anni 60 e i riferimenti stilistici dell’hotel in costiera, in particolare le maioliche. Quelle del nuovo negozio sono ispirate alla tradizione di Vietri sul Mare (SA) ma cotte e colorate a mano dagli artigiani di Montelupo Fiorentino. C’è anche la tecnologia, ma è discreta, pensata per essere «centrale ma non protagonista», con un ledwall di 30 metri quadrati che trasmette immagini evocative di quel mondo mediterraneo dal quale, in questa boutique, tutto parte e al quale tutto ritorna. Questo spazio parigino sarà il format degli altri negozi che saranno aperti in Francia (il prossimo a Cannes, in Costa Azzurra) e del ripensamento di quelli già esistenti, tra cui Portofino e Ischia. □
Memorie. In alto da sinistra: il negozio parigino di Harmont & Blaine e l’immobile al 35 di boulevard des Capucines in cui è ospitata la boutique in uno scatto del 1865. L’immagine è di Nadar, uno dei grandi maestri della fotografia, che aveva al secondo piano il suo atelier e che qui realizzò alcuni dei suoi più celebri ritratti.
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PHOTO BY PHOTOSEARCH/GETTY IMAGES
di FERDINANDO COTUGNO
D I G E S T.
INTERNO MOBILE Un’auto tutta progettata all’ insegna dell’ABITABILITÀ . Dove ogni passeggero può crearsi il proprio spazio comfort. E rilassarsi sotto le stelle di un cielo al led. di PAOLO MATTEO COZZI
Come a casa. Il sedile anteriore avanza configurando una comoda postazione per il lavoro e l’intrattenimento. In alto: la Bmw Serie 7. Al centro, un quaderno con i bozzetti degli interni realizzati in fase di progetto.
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Con la nuova Serie 7, Bmw ridefinisce l’esperienza di viaggio attraverso l’auto manifesto del nuovo modo di concepire le ammiraglie di lusso. L’architettura fa largo impiego di materiale sintetico rinforzato con fibra di carbonio (Cfrp), le proporzioni sono equilibrate, la precisione dell’andamento delle linee segnala una presenza forte, stile sofisticato, eleganza esclusiva e dinamismo. Spetta tuttavia agli interni trasportare i passeggeri verso una nuova dimensione. A bordo salgono le più moderne tecnologie, come i comandi gestuali per le principali funzioni infotainment e la possibilità di parcheggiare in remoto, agendo sulla chiave-telecomando. La generosa abitabilità della carrozzeria a passo allungato incontra la massima espressione del comfort con l’optional Executive Lounge Seating: il sedile del passeggero anteriore avanza ulteriori 90 millimetri, ha il poggiapiedi ad azionamento elettrico integrato nello schienale per creare, in armonia con la poltrona posteriore ampliamente inclinabile in orizzontale, uno spazio personale, unico. Il pacchetto Ambient Air provvede alla ionizzazione dell’aria, diffondendo una fragranza profumata a scelta fra otto aromi differenti. E quando fa buio, il design delle luci completa l’atmosfera dell’abitacolo: il Welcome Light Carpet accende la zona di accesso e di uscita sotto le portiere, il tetto panoramico in vetro Sky Lounge proietta uniformemente la luce prodotta da moduli led applicati lateralmente sulla superficie vetrata, illuminando un grafico stampato per formare un suggestivo motivo di cielo stellato. □
DIG E S T.
DESTINAZIONE DESIGN Una base pre e post shopping, proprio dove lo shopping è di casa: il quadrilatero della moda di Milano. Apre la MONTENAPOLEONE VIP LOUNGE , luogo di accoglienza arredato con le grandi firme dell’arredo italiano. di GAIA PASSI — foto di VALENTINA SOMMARIVA
Nella scintillante Milano post-Expo arriva un nuovo servizio dedicato a chi, in giro per shopping nel Quadrilatero della moda, cercasse qualche minuto di quiete e accoglienza. Apre in questi giorni infatti la MonteNapoleone Vip Lounge, spazio di lusso curato dallo studio di architetti Galante+Menichini: è un omaggio a quei pezzi del design italiano che hanno arredato, negli anni, le più belle case del mondo.
Nel salottino Gio Ponti, Molteni & C ha ricreato un angolo di vecchia Milano con le poltroneicona disegnate dall’architetto negli anni 50. Gli ospiti possono indugiare sui divani (sempre Molteni), oppure sorseggiare un caffè a uno dei tavoli in marmo di Angelo Mangiarotti per Agape, vere e proprie sculture dell’architettura d’interni. Le luci, firmate da Flos, contribuiscono a quell’atmosfera di rilassata eleganza che
pervade da sempre i salotti di Monte Napoleone. All’ingresso, un grande chandelier cita gli stupefacenti lampadari di hotel e transatlantici d’inizio Novecento. «Chi sceglie Milano deve sentirsi coccolato», spiega Guglielmo Miani, presidente dell’Associazione MonteNapoleone, che ha realizzato il progetto insieme al gruppo Ferrari Spa, leader mondiale per il trasporto di gioielli e beni di lusso. «Offriamo anche un
servizio di assistenza vip negli aeroporti, che permette agli ospiti di evitare le code per il rimborso Iva/Tax Free: non esiste al mondo un’altra lounge con questi privilegi». L’accesso, per il momento, è riservato a clienti selezionati delle boutique e degli hotel cinque stelle lusso del Quadrilatero della moda. I milanesi non si sentano esclusi: presto questo salotto sarà aperto anche a loro. □ Italiana. Sopra: l’ingresso della MonteNapoleone Vip Lounge. A sinistra: poltrone Chelsea e D.153.1 di Molteni & C, tavolino Eros di AgapeCasa (in primo piano) e coffee table D.555.1 di Molteni & C. A destra: al piano terra, tavoli Eros di AgapeCasa, lampada Taccia di Flos, divani Breeze di Molteni & C; al primo piano, chandelier custom g+m e lampade IC Lights F1 e F2 di Flos, poltroncina Fantasia di Molteni & C.
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DIG E S T.
L’ARCHITETTURA È UN LUSSO Storia di una famiglia e della sua espansione attraverso gli spazi più fashion del Nord-Est. Da Dobbiaco a Cortina, i Kraler hanno progettato luoghi dove la SHOPPING EXPERIENCE è un rito davvero contemporaneo. di GIOVANNI AUDIFFREDI
Per godersi il lusso c’è bisogno di spazio. Quello temporale, ovvietà. Ma anche spazio fisico e architettonico. Perché il vuoto non assicura il concetto di esperienza, mentre l’idea di strutturato, meglio ancora se arredato, presuppone un pensiero. Che più facilmente entra in sintonia con l’esclusività, che genera piacere. E la shopping experience questo dovrebbe essere. Così, non è affatto banale ragionare su una casa per il lusso. Negli ultimi 15 anni questa idea ha tenuto impegnati Daniela e Franz Kraler, che hanno sperimentato, investito ingenti capitali e poi trovato diverse soluzioni. «Perché le mode cambiano per definizione e gli
ambienti che le ospitano devono saper tenere il passo. Solo così restano attraenti, capaci di trasmettere il senso dell’abitare un luogo anche se è solo di passaggio», spiega Daniela Kraler. È nato così un insieme di architetture con un ruolo fondamentale nella definizione dei criteri dello spazio commerciale: i negozi Franz Kraler a Dobbiaco – con nascente Fondazione culturale annessa – e a Cortina, in tre spazi lungo l’asse di corso Italia. Nelle sue lezioni al Politecnico di Milano, il grande Achille Castiglioni insegnava, parlando di design, che non si progettano prodotti ma comportamenti. Nel senso che ogni progetto
Tempi che cambiano. Il disegno del nuovo spazio di magazzini interrati del Franz Kraler di Dobbiaco che si fonde con la forza della natura circostante. Parlano le montagne attorno, mentre il progetto – che prevede nuove vetrine di uno spazio polifunzionale – vive la sua bellezza sotto un mantello di erba.
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Dinastia. A sinistra: Franz e Daniela Kraler con il figlio Alexander, nuovo Ad, all’ultimo piano del “castelletto”, dove c’è la loro abitazione, sopra il maxistore multibrand. In alto: foto storica della struttura. Nella pagina accanto, sotto: il profilo dell’immobile nel 1910; dall’alto: la boutique di Cortina, Dobbiaco e il nuovo Franz Kraler che ha fatto risorgere lo spazio ex Ritz Saddler in corso Italia a Cortina.
genera una reazione da parte di chi ne fruisce. Una lezione di cui i Kraler hanno fatto tesoro, quando hanno deciso che il loro primo negozio a Dobbiaco, l’A lexander’s, era diventato stretto per comunicare la loro idea di lusso. Era il 1989, quella boutique aveva giornate d’incasso da 100 milioni di lire, vendendo valigeria e mocassini in coccodrillo realizzati ad hoc, o i primi pezzi di abbigliamento che Loro Piana e Prada immettevano sul mercato. «Mi ricordo la fatica che feci per farmi mandare da Burberry cinque trench. Chiamavo le Maison che nemmeno sapevano dove fosse la Val Pusteria. Eppure eravamo gli unici e fuori avevamo la fila per Ralph Lauren e Timberland», ricorda la signora Kraler. Poi è arrivato “Il castello di luce”. Ovvero l’idea di trasformare le ex scuderie antistanti alla residenza estiva di Francesco Giuseppe d’Austria a Dobbiaco in un concept store dedicato alle più importanti griffe internazionali. Quella che oggi per numeri e qualità è la più forte realtà rivolta al consumatore fashion, non solo per l’area delle Dolomiti e del Nord-Est ma compreso il Sud dell’Austria. «Un progetto molto ambizioso che inizialmente avevamo pensato in ferro e ghisa, reinterpretando i disegni originali del 1910. Poi ci siamo resi conto della difficoltà di esecuzione: avevamo tempi
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molto stretti e i Kraler non permettevano la sospensione della vendita durante i lavori. Erano scatenati», racconta l’architetto Andrea Marastoni. «Così abbiamo virato sul legno di larice flesso e modellato in ogni modo. Con Stoll & Bachmann è stata ridisegnata la struttura, lavorando su un modellino in scala per creare i pezzi da adattare poi alla realtà. Grazie al pragmatismo di Franz avevamo già realizzato i magazzini interrati. Lì abbiamo steso la moquette e creato uno spazio di design industriale dove trasferire il negozio. Fu anche un successo di pubblico. E intanto con il positivismo e il cuore di Daniela elaboravamo gli arredi del piano terra e del primo piano firmati dal maestro della falegnameria Ivo Barth». All’ultimo piano infine l’abitazione della famiglia: «L’ho voluta completamente diversa, perché entrando devo sentirmi in vacanza. Il lavoro resta sotto di noi, anche se sono anni che non ci concediamo un viaggio di relax», racconta ancora Daniela. Ma sempre la reazione del pubblico era al centro dell’interesse dei Kraler. Poter creare una relazione tra chi mostra oggetti del desiderio e chi ambisce a possederli. Gli ambienti diventano così più voyeuristici e ordinati quando devono parlare alla donna. Più labirintici, silenziosi, quasi timidi, quando devono suscitare
la scelta maschile. Esplosioni di fiabe e giochi per intrattenere i bambini, in un piano dedicato a loro come un paese delle meraviglie, dove vestirsi, ma anche solo farsi coccolare. Nasce così la capacità di creare spazi che non si sovrappongono, confondendo la scala dell’allestimento e della comunicazione di prodotto. Non ci sono ambiguità, perché l’architettura con i suoi temi non è mai sovrastante gli oggetti di consumo. Sono i materiali poveri che diventano importanti, perché versatili. Ma non distraggono. Semmai al contrario sono scelte forti, ma al servizio dell’impresa. Un esempio? Le pavimentazioni in rovere, che in montagna si sporcano diventando più estetiche. Oppure i tondini fresati con l’inserimento dei led nella boutique di Cortina (ristrutturata in chiave international-rock nel 2013) dove il soffitto è una trama di reticolato da cantiere, le vetrine sono vere finestre per dialogare con la piazzetta tecnologica. E poi, nella perla delle Dolomiti, dal 5 dicembre, arriva la nuova tradizione. L’ultimo nato in casa Kraler è il negozio di c. Italia 92, ex Ritz Saddler, un angolo di storia del costume, dove prezioso è il tempo, lussuoso perché si è fermato.
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CASA DOLCE CASA È nato a Milano il primo apiario d’artista. Il progetto è a cura di Claudia Zanfi/Atelier del paesaggio. Vicino alla Stazione Centrale, in una zona di riqualificazione urbana, creativi e designer come Bee Collective, Judith Cowan, Simone Berti, Lois Weinberger hanno realizzato delle arnie d’autore per il primo miele urbano, il Mi-Mi (Miele Milano). GUSTI DA LEADER Ha alzato la paletta per ultima all’A sta Kim di The Don Galler y, dove andavano all’incanto 20 opere di Max Papeschi per finanziare il nuovo progetto dell’irriverente artista che sta collaborando con Amnesty International sul tema della Corea del Nord. Così Nathalie Dompé, fresca di nomina (su indicazione della Regione) come presidente del Teatro Stabile d’Abruzzo, si è aggiudicata il quadro Concetto Spaziale con Leader. Uno dei più ambiti tra quelli battuti. I pezzi sono stati tutti aggiudicati.
MARZOTTO METTE RADICI Stanno lavorando a interni, esterni e interior design i ragazzi dello Studio On_Office Architettura, per terminare entro l’estate la nuova casa a Valdagno (VI) di Matteo Marzotto. Intanto, il presidente di Fiera di Vicenza (sempre sui pedali
Chi è l’architetto e designer che ha perso l’occasione di fare una bella figura, sbottando in pubblico nei confronti dell’ormai ex moglie? Ha lasciato così, in un mondo di plastica, tutti di stucco.
H COME HOME Sarà felice Donna Lavinia Elkann. Dopo sei mesi in cui le madamin di Torino avevano perso uno dei loro luoghi di rendez-vous preferiti, torna a nuova vita su progetto di RDAI di Parigi (con 300 metri quadrati di spazio alla vendita) il negozio di Hermès. Nuove vetrine su via Roma, oltre a quelle storiche che si affacciano, come le finestre a mezzaluna déco del primo piano, su piazza San Carlo. E per le feste l’allestimento cartaceo è opera dell’artista Matteo Capobianco che ha curato la scenografia ispirata alla natura con taglio liberty.
VENTO DEL NORD A CAPRI Colazione a Villa Paradiso, in onore del norvegese Karl Ove Knausgård, vincitore della XVIII edizione del Premio Curzio Malaparte (riconoscimento letterario risorto grazie al contributo di Ferrarelle). Antonella e Bruno Pisaturo hanno aperto la loro dimora con contrafforti da fortezza e vista incantata. Ma gli sguardi erano tutti per le oniriche e utopiche tele del tedesco Karl Wilhelm Diefenbach ispirate dall’isola di Tiberio. Fanno un effetto strano in controluce con i colori mediterranei che avvolgono la collezione.
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D I G E S T. CHARITY SHOPPING Dall’11 al 13 dicembre, alla Fabbrica del Vapore di Milano, è il momento di Love Design, l’evento benefico a sostegno della ricerca oncologica italiana, in collaborazione con le maggiori aziende del settore. Saranno esposti prodotti e accessori donati da Kartell, Molteni & C, Zanotta, Flos e tanti altri, disponibili a prezzi molto vantaggiosi.
PIERRE YVES WECKSTEEN
MATITA E SESTANTE È il primo esperimento e si è messo completamente in gioco. L’archistar Frank Owen Gehry, lo yacht (capolavoro di legni chiari e lacche speciali per gli interni) lo ha disegnato per se stesso. Varato nelle acque di Cape Cod, lo ha battezzato Foggy, acronimo del suo nome. È invece firmato da Konstantin Grcic il nuovo IMOCA 60 di Hugo Boss, un pezzo di industrial design costruito per gareggiare nei cantieri Green Marine nell’Hampshire. □
EMMANUELLE E HERVÉ MARTIN
MARTA SALA
COCKTAIL & RELAX GIULIA MASLA, PATRIZIA BELTRAMI, HERVÉ MARTIN;E RAFFAELLA BONGIASCA
PAOLA CASTELLI
ILARIA DIOTALLEVI E MAURIZIO CORBETTA
Uno speciale allestimento realizzato con lo stile di AD ha aperto la stagione autunno-inverno di FRETTE a Milano. Un brindisi a una boutique speciale. Dove la cifra è il “su misura”.
LAURA TACCARI, LUCA DE SANTIS E PAOLA CORINI
DONATELLA E GIUSEPPE COLOMBO
LUCA BARABINO, ARIANNA LEONE E EMANUELE FARNETI
ROBERTA RAGGIO FARNETI, STEFANO CASTAGNA E LAURA CIVININI
SGP Stefano Guindani Photo. ALFONSO CATALANO/SGP. GETTY IMAGES. ALBERTO ZANETTI
FORNASETTI GIRLS Giochi di stile a casa di Barnaba Fornasetti, versione 007 eclettico, spalleggiato da Caroline Corbetta, curatrice, e Vanna Quattrini, designer di moda. A piedi nudi con vestaglie di seta e piume di marabù hanno posato per LaDoubleJ., sito web ideato da J.J. Martin.
Forse non sarà per terminare la carriera in una squadra meneghina, ma Andrea Pirlo ha preso casa a Milano. Un intero palazzetto, zona corso Magenta.
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NOTTE A PALAZZO Due serate firmate «AD» per celebrare le meraviglie dell’alta orologeria Van Cleef & Arpels. Prima tappa a Milano...
ANDREA E GINEVRA BASSETTI.
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GUIDO E CATERINA FOLONARI.
BENEDETTO CAMERANA, GIBERTO ARRIVABENE.
EMANUELE FARNETI, MARTA BRIVIO SFORZA.
SGP STEFANOGUINDANIPHOTO
FABRIZIA CARACCIOLO E SAVA BISAZZA VISCONTI DI MODRONE.
Gli stipiti di granito del portone nel settecentesco Palazzo Trivulzio osservano gentili l’ingresso degli ospiti, che lungo lo scalone, cosparso di foglie di castagno (preludio all’allestimento da fiaba autunnale sapientemente organizzato da Tearose) si dirigevano verso il calice di benvenuto. Musica d’archi dalla tribuna rococò che tanti gala ha visto sfilare. Oggi è una cena per pochi, a casa dei marchesi Annibale e Marta Brivio Sforza. Una festa per il palato, deliziato dallo chef Enrico Cerea, e per gli occhi. Impossibile non farsi rapire dalla presentazione dei gioielli Van Cleef & Arpels, protagonisti della serata. □
GIUSEPPE MONDANI.
CHIARA BERIA DI ARGENTINE.
FEDERICA FILIPPI GABARDI E ALESSANDRO VALLARINO GANCIA. ISABEL CLAVARINO, VIVIANA BONIPERTI, NATALIA AVOGADRO DI COLLOBIANO.
GAIA CHAILLET, ROBERTA POSS, CARLO POSS.
CLEMENTINA RADICE FOSSATI.
CAROLINA NERI, BERENGERE LUX.
VIVIANA E ALESSANDRO BONIPERTI. ROBERTA RAGGIO FARNETI.
NATALIA E VITTORIO AVOGADRO DI COLLOBIANO.
VIRGINIE DROULERS, ANNAMARIA RUFFO.
IENT HAT. IG EN CABARROCAS MARTA E ANNIBALE BRIVIO SFORZA.
ILARIA RUGGERI D’URSO, GIOVANNI AUDIFFREDI.
MARTA E MARCO CERRATO.
EUGENIO RADICE FOSSATI.
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GUY CHATILLON, PAOLA CASTELLI, FABRIZIA CARACCIOLO, EMANUELE FARNETI.
LUCI D’AUTUNNO ... e seconda a Roma, dove a due passi dal QUIRINALE i gioielli Van Cleef & Arpels risplendevano tra cristalli e orchidee.
GEOFFREY MEDINGER, SUMI JO.
I lecci secolari facevano da quinte per il passaggio degli invitati della festa allestita al Casino dell’Aurora Pallavicini, scrigno architettonico che custodisce un celebrato affresco di Guido Reni. Tutt’intorno, le composizioni floreali di Tearose, a colorare una calda serata dell’autunno romano. E sulle tavole imbandite, tra cristalli e orchidee, i gioielli di Van Cleef & Arpels. In sottofondo, nei saloni secenteschi, risuonava una musica lieve di violini, mentre tintinnavano i calici di champagne. A seguire, le delizie della cena, ideata dallo chef Roberto Cerea del ristorante Da Vittorio.
NICOLA E EMANUELA MALASPINA.
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JACARANDA CARACCIOLO.
CARLOTTA DIAZ DELLA VITTORIA PALLAVICINI, ALESSANDRA CRAVETTO, COSTANZA D’AMELIO.
DIAMARA E GIANCARLO LEONE.
GUGLIELMO CALABRESI, ANGELICA DI BAGNO, CARLOTTA DIAZ DELLA VITTORIA PALLAVICINI,CHIARA REALE.
FABIO BORGHESE.
GABRIELLA E ALBERTO MONCADA DI PATERNÒ.
ISABELLA BORROMEO.
FABIO E ANNALISA GALLIA.
UGO BRACHETTI PERETTI, ALBERTO DI BAGNO, MOROELLO DIAZ DELLA VITTORIA PALLAVICINI.
GUIDO TORLONIA E ANTONELLA RODRIGUEZ.
ENRICA PONZELLINI, FRANÇOIS-XAVIER DERRIKS, LINDA CHENIT.
OLIVIA MONTI ARDUINI.
CLAUDIO E ALESSIA MARIANTI DI PERGOLA.
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EUGENIA GAMBARARA, ANDREA AMATO.
There is a garden for each of us, made up of emotions, words, perfumes and sounds, sprouting from year to year in our heart. Per ognuno di noi c’è un giardino, fatto di emozioni, parole, profumi e suoni, che germoglia di anno in anno nel nostro cuore.
Merry Christmas and a Happy New Year Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo
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MAX ROMMEL.
Questo mese AD celebra l’inverno con un viaggio lungo tutto l’arco alpino. Si parte in ALTA VAL DI SUSA con una glass house tra le nevi. A GSTAAD c’è uno chalet che cela emozioni forti dietro un’apparente dolcezza. A CORTINA l’ispirazione arriva dalle dacie russe dell’Ottocento. In una dimora nel cuore dell’ENGADINA si incontrano design e tradizione. E a COUR MAYEUR una casa tra le nevi ospita piccole sorprese: per cominciare, un cinema domestico. Hi-tech. In alto: una suggestiva immagine della residenza Giugiaro sui Monti della Luna, in Alta Val di Susa (TO).
Un sogno di mezzo inverno
C’ è uno chalet di vetro sui Monti della Luna. L’ ha costruito FABRIZIO GIUGIARO , nome simbolo del design italiano. Che ha voluto trasformare in realtà un luogo immaginato su un pezzo di carta, molti anni fa. servizio di FABRIZIA CAR ACCIOLO — testo di LUCA MOLINARI — fotografie di MAX ROMMEL
C
he cosa significa dare forma al silenzio, alla luce cristallina e ai colori intensi che invadono una casa costruita in alta montagna? I montanari, quando realizzavano le loro case, avevano come primo obiettivo quello di ripararsi dai pericoli che potevano derivare da questi luoghi che rispettavano e temevano. Le loro case erano perfettamente realizzate, ogni cosa a incastro, ogni dettaglio asciutto e limato all’essenziale, l’esposizione comandata unicamente dalla conoscenza dei venti e del posto, le aperture poche e dove necessarie. Poi sono arrivati gli uomini di valle, i cittadini, che hanno una relazione diversa con gli stessi luoghi, con i sentimenti che la natura assoluta delle montagne riesce a trasmettere, e grazie a loro e a un secolo di grande architettura moderna alpina si è cominciato a dare forma a spazi capaci di trasformare in maniera differente questo bisogno di luce, ozio e piacere. Quando si osserva con attenzione la casa che Fabrizio Giugiaro ha realizzato per sé e la propria
tazione architettonica in cui una cura maniacale per il particolare si è sposata con la semplice visione del corpo di fabbrica. «Il Comune ci aveva imposto la stessa sagoma e forma per vincoli paesaggistici e il tempo passato a discutere con l’amministrazione ci ha consentito di disegnare ogni singolo dettaglio», racconta Giugiaro quasi a giustificare un risultato che è andato oltre le previsioni, prendendo una strada che l’ha sorpreso a posteriori. E infatti dice: «Mi sono trovato così ad avere una casa con una forma tradizionale e un corpo moderno comandato da un’asciutta funzionalità. Nel frattempo ho lavorato con l’A lbe Costruzioni, che ha prodotto la casa in azienda con grandi elementi prefabbricati in legno preassemblati. La vecchia casa è stata abbattuta in agosto. Il cantiere è cominciato il 19 settembre e già a metà novembre la struttura era completata. La sera del 20 dicembre abbiamo potuto passare la nostra prima notte in casa senza che mancasse nulla! Tutto è stato fatto con una rapidità sorprendente, dall’architettura agli arredi, che ho prodotto e spostato in pochissime settimane». Le grandi vetrate, che coprono tre delle quattro pareti di
«Nell’esame finale al liceo artistico, disegnai uno chalet per un guardiano di un parco in Canada. Lo avevo pensato così: del tutto trasparente, e completamente immerso nella neve». famiglia sopra Claviere, in mezzo ai Monti della Luna tra Piemonte e Francia, non si può che riflettere sul grande balzo in avanti che le architetture di montagna hanno fatto in questi ultimi cent’anni: da resistenti scatole di pietra e legno a leggeri e preziosi scrigni di vetro. Dietro ogni progetto ben congegnato esiste un potente desiderio, la forza magnetica di un pensiero anche elementare che diventa il motore di tutto il processo creativo e costruttivo che alla fine porta a un risultato convincente. In questo caso, il pensiero fisso di Giugiaro era di far entrare più luce e più paesaggio possibile nella propria casa, l’ultima della valle, posta a 2.268 metri di altezza; voleva accogliere tra le mura la bellezza struggente delle catene montuose, consentendo alle nevi di lambire le pareti domestiche senza per questo subirne gli effetti negativi. «Nell’esame finale al liceo artistico disegnai uno chalet per un guardiano di un parco in Canada», mi racconta divertito il designer torinese. «Il progetto era del tutto trasparente e nelle tavole finali, grazie alla tempera bianca, immersi completamente lo chalet nella neve, anche per nascondere qualche difetto di esecuzione!». In seguito, a distanza di quasi trent’anni quel sogno da studente si è trasformato curiosamente in realtà, diventando un piccolo laboratorio sperimentale di proget-
questa casa costruita su tre livelli, sono realizzate con una doppia camera d’aria che consente un importante risparmio energetico che s’integra con il riscaldamento a gas a pavimento. «La sfida per me è stata quella di evitare la riflessione e invece portare la luce direttamente dall’esterno. Per questo motivo ho mantenuto gli interni rivestiti di abete e ho scelto tinte scure per il pavimento e per gli arredi che popolano la casa», continua Giugiaro in un racconto che tradisce il piacere di abitare un luogo che continua a regalare grandi emozioni e di godere un silenzio assoluto conquistato con la semplicità calcolata di un progettista navigato. FINE
Custom made. Nella foto di apertura del servizio: la casa come una perfetta bolla di vetro immersa nel paesaggio dell’Alta Val di Susa. Nella pagina precedente: i divani sono stati realizzati con un telaio in acciaio di Busnelli, in seguito imbottiti. Riprende il disegno dei divani anche il tavolino basso, pensato con un vano centrale dove tenere gli oggetti, con il bordo rialzato e imbottito per appoggiare i piedi godendo del panorama esterno. Questi pezzi sono stati realizzati su disegno del padrone di casa, Fabrizio Giugiaro. A sinistra: il tavolo con il piano in grafite nel soggiorno al piano terra, anch’esso su disegno del proprietario. La fisionomia molto contemporanea è stemperata dai soffitti con listelli in legno.
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Total relax. Gli arredi della zona living interpretano in chiave moderna e hi-tech l’idea di casa di montagna. Il camino in ghisa dalle linee squadrate è affiancato dalla classica chaise-longue, LC4, disegnata da Le Corbusier, Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret, e prodotta da Cassina. L’involucro architettonico è essenziale, con la struttura in ferro a vista a incorniciare le ampie vetrate che offrono uno sguardo a 360 gradi sulla valle.
Con vista. Particolare della stanza dei figli nel sottotetto. A destra: anche il bagno cerca la massima trasparenza in continuità con le vetrate. Nella pagina precedente, a sinistra: la cucina che è in ambiente separato anche se mantiene la stessa relazione visiva con l’esterno. A destra: particolare della veranda esterna e delle mensole in carbonio, tagliate al laser e integrate alle travi per scaricare il peso della neve.
NIENTE DI DOLCE Questo chalet è UN INGANNO: perché dietro all’apparenza soffice, spiega la sua proprietaria, si nascondono carattere e forza bruta. Ieri, di uno strappo di fede. Oggi di metallo e legno che tengono lontana la chiassosa mondanità di Gstaad. testo di MICHELE NERI — fotografie di GIORGIO BARONI
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uesto grande chalet sulla strada per Chalberhöni, appena fuori Gstaad, e quel che basta per farne un’oasi di silenzio, nacque da una protesta religiosa. Nel 1607, un notabile cattolico, non tollerando la Riforma protestante che aveva conquistato il vicino villaggio di Saanen, dove viveva, lo costruì qui, ai piedi dei boschi, per vivere indisturbato la propria fede. Quattro secoli dopo, dello spirito indomito del suo primo inquilino è rimasto molto più dei simboli cattolici sulla facciata. Così quest’edificio è diventato un caso a parte rispetto agli sfarzosi e ricercatissimi chalet che mantengono vivo lo charme atavico della blasonata località dell’Oberland Bernese. Una rarità in un luogo esclusivo che fa l’effetto di una palla di vetro con i fiocchi che si posano cautamente, dove i passi non possono che essere felpati, le luci del tramonto attenuarsi in modo struggente. La grande nave del Palace Hotel, così come il cuore della vita di attori, rockstar, principi ottantenni e miliardari nuovi di zecca, scuole private da 110mila euro l’anno, tutto questo
Il legno, quella difesa viva, naturale, eretta quattro secoli fa, e ancora trionfante. «Bisogna averne grande rispetto», nota la proprietaria. «Ha conservato la sua condizione originaria, con assi larghe mezzo metro, che ti seguono ovunque». Chi si è occupato della ristrutturazione? «Io, con l’aiuto di un architetto locale, perché essendo un edificio classificato occorreva chiedere un’autorizzazione per tutto. L’idea era comunque di non cambiare molto; volevamo restare fedeli alla sua storia. Così il nostro chalet è diverso dagli altri: ha finestre piccole, non apre verso il panorama. Ho avuto maggior libertà con il fienile, dai soffitti più alti, e con meno vincoli; qui gli ambienti respirano di più». Lo chalet, che ingloba anche la scuderia, è uno dei più grandi della valle, ma non dei più mondani. «Per noi è una casa di famiglia: è un bel regalo poter essere in questa regione in qualsiasi momento dell’anno. In inverno, si può fare fuoripista appena usciti da casa, l’autunno ha colori magnifici. Gstaad è un gran luccichio soltanto se si vuole; qui c’è il silenzio della notte, alla porta si avvicinano volpi e caprioli. Quando siamo a cena, in trenta, davanti al camino e a una grande bourguignonne, o alla raclette: è allora che il nostro chalet rivela il suo animo. È un luogo generoso».
Nel 1607 un notabile cattolico, non tollerando la Riforma protestante che aveva conquistato il villaggio vicino, lo costruì qui, ai piedi dei boschi, per vivere indisturbato la propria fede. è a dieci minuti d’auto. Ma è già un altro mondo rispetto allo chalet sulle piste di sci scoperto vent’anni fa, nel corso di una passeggiata, dagli attuali proprietari, una coppia di parigini trasferiti a Ginevra, lei arredatrice d’interni, il marito industriale. Decisero di chiamarlo “Charlix” in onore di Charles e Alix, i loro due figli, ora grandi. Quando le parlo dell’incanto da fiaba che trasmette il luogo, la padrona di casa, sorella dell’architetto francese Thierry Lemaire, di cui sono qui presenti diversi mobili, mi corregge. «Questa casa non ha niente di dolce, è un termine da bandire. In questo chalet c’è piuttosto della violenza, la forza bruta del passato ancora presente. Lo si avverte appena entrati, il suo scopo è proteggerci. È un effetto che ho cercato di sottolineare, con l’uso del nero, del metallo, con la mescolanza decisa tra arredo locale e arte contemporanea (tra cui numerose fotografie, come il grande formato di Candida Höfer in salone, ndr), tra il legno onnipresente e mobili anni 70. Un misto di modernariato e oggetti recuperati dalle vendite di alberghi». Il risultato è un ambiente dalle emozioni forti. «Qui non esiste niente di leggero», spiega. Niente di anodino, neutrale o di chiaro. Toccando il legno delle pareti, si percepisce ancora il lavoro del taglio, la ferita inferta dalla mano ruvida dell’uomo. Ovunque, l’odore persistente di legno antico».
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Penso alla neve che tra poco cadrà, circondando l’edificio di bianchi e soffici cuscini da Grand Hotel. Che cosa manca a tanta bellezza? «Un quadro di Picasso». Questo rifugio plurisecolare da insidie religiose, naturali e mondane (chalet deriva dal pre-latino “cala”, “riparo sotto la roccia”), sarebbe forse riuscito a proteggere anche due eroi infelici della località montana: Dick e Nicole Diver di Tenera è la notte. Rinviando così la loro fuga, e il saluto nostalgico: «Arrivederci Gstaad! Arrivederci visi freschi, dolci fiori freddi, fiocchi di neve nel buio. Arrivederci Gstaad, arrivederci!», gridato sopra i passi di trotto, per forza ovattati, dei cavalli che tiravano la slitta sulla neve. FINE
Internazionale. Pagina accanto, dall’alto a sinistra, in senso orario: poltrona P40 di Osvaldo Borsani per Tecno e lampada di Paul Evans nel soggiorno; un divanetto francese del 700 nell’ingresso. Tavolo in quercia di Thierry Lemaire e sedie Bellmann di Hans Bellmann nella sala da pranzo. Cucina di La Cornue e sedia Treillis di Michel Cadestin. Doppia pagina precedente: una poltrona Barcelona di Mies van der Rohe per Knoll International, scrivania laccata di Thierry Lemaire e Eames Soft Pad Lounge Chair di Herman Miller. In apertura: alcune immagini dell’esterno dello chalet.
A confronto. Nel soggiorno si coniugano diversi stili. La tipica fisionomia dello chalet, con le pareti e i soffitti in legno, viene ravvivata dai mobili moderni. In primo piano, accanto a una fotografia di Candida Höfer, due poltrone di Christian Liaigre, che creano un piacevole contrasto con la sedia del 700 vicino allo scrittoio della stessa epoca. Sulla destra, una poltrona P40 di Osvaldo Borsani per Tecno e, sul fondo, una sedia stile Horns and Antlers.
Ligneo. Dall’alto a sinistra, in senso orario: comodino di Willy Rizzo e poltrona Barcelona di Knoll International nella stanza padronale. Un lampadario con palchi di corna di cervo. La sala da bagno. Nel soggiorno al primo piano, Plywood Chair di Charles e Ray Eames per Vitra, lampada di Christian Liaigre, sgabello di India Mahdavi. A destra: lo chalet. Doppia pagina precedente: tavolo su disegno e sedie Treillis di Michel Cadestin. Una lampada anni 70 nella stanza padronale.
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A AMORE IN QUOTA
Un tempo questa casa, che oggi con le sue atmosfere prive di déjà-vu rivaleggia con la naturale bellezza di Cortina, era UN GRANAIO . Legni recuperati, lampade geometriche, la stufa di maiolica, le stoffe floreali: tutto è dolce equilibrio. testo di FABRIZIA CAR ACCIOLO — fotografie di GUIDO TARONI
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ui la vista è spettacolare. A tu per tu con le cime rosate, il traffico del turismo mondano pare lontano: si vedono i campanili dalle cupole tonde e si sentono le campane che non spaventano i caprioli sui pratoni ai margini del bosco, e tutt’intorno odori d’alpeggio, di fiori e di aghi di pino. Il côté architettonico e il layout di questa casa di montagna a Cortina sono frutto dell’ingegno dell’architetto Natalia Bianchi. Ai tre tradizionali piani fuori terra ne è stato aggiunto un quarto, quasi invisibile dall’esterno, tutto dedicato allo sci e alla pletora di attività preparatorie che presiedono ai piaceri e alle fatiche degli sport invernali: locali tecnici, sofisticati ammennicoli per il dopo sci, palestra e sauna incluse. Dell’interno e del sapiente impianto decorativo si è occupata la padrona di casa con il rigore fantasioso che merita questo luogo di delizie: una dimora d’antan conservata con ogni cura nel rispetto di vecchie tradizioni, ma che, varcata la soglia, sorprende e regala all’ospite
e la sala tv. Mentre la cucina, anch’essa concepita come un living per tutte le ore, si trova al piano inferiore e si affaccia direttamente sul giardino. Il salotto combina divani e poltrone tradizionali con stoffe colorate a disegni di fiori di Arjumand con effetto che varia dall’etnico al piccolo punto. Un sacco di farina grezzo incorniciato ci ricorda che la funzione originaria della casa era quella del granaio. Mentre la magnifica stufa bianca di maiolica austriaca rappresenta, qui, uno dei molti esemplari antichi intrisi dello spirito settecentesco che ancora si respira nella valle. Pavimenti, rivestimenti e porte di legno a stento si immaginano “di recupero”, tanto pare non abbiano mai lasciato queste stanze. L’illuminazione ha un che di veneziano, le applique di Paola Napoleone, di forme geometriche sfaccettate come diamanti multicolor, regalano luce soffusa e vagamente fiabesca. In sala da pranzo i rami essenziali che si inerpicano sulle pareti contribuiscono a rendere l’atmosfera sontuosa ma fantastica e leggera. Come la console di bronzo, con gambe agili come fuscelli, ideata da Osanna e Madina Visconti. E quella campana di metallo dai riflessi dorati che illumina il tavolo la sera.
Il progetto architettonico è firmato da Natalia Bianchi, mentre del sapiente impianto decorativo si è occupata la padrona di casa, con il rigore fantasioso che merita questo luogo di delizie. un’acuta sensazione di benessere, priva di quel connotato tipico delle case di montagna che è il déjà-vu. Obiettivo primario era dunque quello di fare a gara (e vincerla, se possibile) con la naturale bellezza che finestre e terrazzi già regalano a tutto campo, e con gli armonici scorci che avviluppano come un salvagente, qualunque sia l’angolo d’osservazione prescelto. Allo spirito libero della proprietaria molto si deve. Eclettismo contemporaneo e calore sono le parole d’ordine fin dall’ingresso, che introduce i temi ricorrenti in ogni stanza. Innanzitutto l’intonaco grezzo, “rivoluzionato” da inediti motivi floreali dipinti, ispirati alle vecchie dacie russe, o da fasce di colore leggero e steli di grano stilizzati che ricordano vecchi disegni stile Bauhaus o Art Nouveau. E poi il legno naturale e a taglio grosso, a ricordarci che le foreste di larici e abeti crescono a un passo dalla porta. Dunque materiali essenziali, che si accompagnano a un’intelligente disposizione degli spazi, che porta l’occhio del visitatore a seguire percorsi e prospettive sapientemente illuminati: dall’ingresso si procede in automatico verso i tre principali poli d’attrazione, il salotto, la sala da pranzo
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La cucina, tutta vecchi mobili colorati e piastrelle a rombi bordeaux e neri, ci porta in un magico mondo di case rurali di montagna, la camera principale riprende il motivo di fiori dipinti e stoffe in accordo coi mobili e le lampade di vetro soffiato da country house inglese. La medesima linea decorativa alligna nelle camere minori, allegre, confortevoli e mai sopra le righe, come esige il filo conduttore che le lega. Speciale nota di merito finale va alle sale da bagno, che si tingono di sfumature rosa e rosse lungo le pareti di rovere: qui gli elegantissimi lavabi di vecchia tradizione sono inseriti in una boiserie che ricorda le case di legno russe della fine dell’Ottocento. Ogni cosa ne richiama un’altra, e le diverse ispirazioni si fondono con grazia. FINE Texture. A destra: una stufa del 700 nel soggiorno. Il divano è rivestito con un tessuto in lana che ricorda le stoffe popolari russe, la poltrona con una fantasia di Arjumand. Alla parete, un’opera di arte povera e un’applique di Paola Napoleone. In apertura: a sinistra, i rivestimenti delle pareti e il parquet della sala da pranzo sono in legno di recupero; a destra, nel corridoio si intravede un pouf di Osanna e Madina Visconti.
Assonanze. Il grande tavolo della sala da pranzo, in legno di recupero, contrasta con la delicatezza delle console in bronzo e legno laccato di Osanna e Madina Visconti. Il lampadario in metallo ricorda le pentole in rame che tradizionalmente venivano appese alle pareti delle cucine delle case di montagna. L’angoliera di legno dipinto è del Settecento. Le applique sono di Paola Napoleone. Le sedie sono rivestite con stoffe di Arjumand.
Tradizioni. Dall’alto in senso orario: due angoli della cucina, arredata con una stufa in maiolica, cui si affiancano cassettiere e credenze dipinte e porte di recupero; il pavimento è stato rivestito con vecchie piastrelle di cotto, mentre il soffitto è caratterizzato dalle massicce travi lignee. Due immagini delle sale da bagno, che hanno le pareti in rovere dipinte di rosso acceso, come nelle dacie russe. I rubinetti in ottone naturale risaltano tra gli arredi in legno.
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Citazioni. In alto: la stanza padronale. I motivi floreali dipinti sulle pareti riprendono i disegni di un vestito popolare russo. La testiera del letto è rivestita con un tessuto di Andrew Martin, le tende sono in lino grezzo, le lenzuola in lino ricamate sono di Once. Sui comodini, lampade inglesi dell’800 con abat-jour in tessuto di Arjumand. Sopra: le Dolomiti sovrastano la casa, la cui facciata è rivestita con legno di recupero. Al livello più basso ci sono la palestra e la sauna.
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1.735 m/s.l.m. A CELERINA, IN UNA CASA RICCA DI SEGNI DEL PASSATO, UN ARCHITETTO RAFFINATO HA CREATO UN AVVOLGENTE EFFETTO COCOON. RISPETTANDO LO STILE ENGADINESE, MA INSERENDO ELEMENTI DI DESIGN. E AMPLIANDO AL MASSIMO GLI ORIZZONTI. testo di NICOLETTA DEL BUONO — fotografie di FABRIZIO CICCONI servizio di FR ANCESCA DAVOLI
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ramonto d’inverno in Engadina. In fondo alla via Maistra di Celerina, dove la strada s’impenna verso Sankt Moritz, la luce disegna scacchi dorati sul buio, un chiarore che allenta l’incalzante oscurità come in una tela di Segantini. Musica e voci, provenienti da una casa tutta aggetti che pare una nave rompighiaccio sospesa sul bianco, increspano il silenzio di neve, trasgredendo i pigri costumi del borgo. Come tutti i sabati sera, Chesa Cromer, un tempo luminoso atelier dell’artista da cui prende il nome, è aperta agli amici per l’aperitivo. Francesca Neri, con il marito Giulio, accoglie gli ospiti oltre l’ingresso profumato di resina, foderato di pannelli lignei che dissimulano nicchie e armadi. La casa è calda, accogliente, svela qua e là piccole alcove e angoli intimi: ci si può sedere dappertutto, persino sui gradini della scala. Francesca, che è architetto e interior designer, ha curato la ristrutturazione dell’edificio. «Ho cercato di creare una specie di cocoon, avvolgente, funzionale, capace di
alla quale tutto gira, un totem che distingue le aree funzionali della casa e ne collega i tre piani, la raccolta stube seminterrata, la zona giorno con l’ampio living affacciato sul giardino e, al primo piano, gli spazi del riposo per i proprietari e i loro figli, Claudia e Filippo. Scultoreo è pure, nella camera da letto padronale, il bovindo o sporto, tipico dell’architettura engadinese, seppure riletto in lingua Jugendstil. Spiega la proprietaria: «Ne ho enfatizzato la presenza, mi piaceva l’idea di farne una sorta di prua, una tolda di nave, o meglio un osservatorio sul paese, sul paesaggio incantato della piana di San Gian. Quasi un faro, come fosse un lascito dello spirito marinaro dei precedenti proprietari olandesi». Le travi antiche, in qualche punto incise profondamente dal trascorrere degli anni, sono lasciate a vista come per un omaggio alle origini dell’edificio, mentre al pavimento, realizzato in uno speciale microcemento molto elastico che non teme gli sbalzi di temperatura, è affidato il compito di testimoniare la contemporaneità. Salti di epoca e di ispirazione, presenti anche nella composizione dell’arredamento,
Tutto ruota attorno alla scala elicoidale dall’aspetto scultoreo. Fa l’effetto di un totem e collega i tre piani di quella che fu la dimora di Carlo Maximilian Cromer, allievo di Gustav Klimt. trasmettere emozione», spiega. «Un nido dove si vive con piacere e con piacere si riceve. Quando l’abbiamo acquistata da una famiglia di olandesi, l’abitazione era in uno stato di abbandono totale. Immediatamente mi sono resa conto che riportarla allo stato originale non aveva senso, considerando le nostre esigenze. Allo stesso tempo c’era una storia da rispettare. Una storia che andava oltre gli olandesi e che è stato affascinante ricostruire. Questa, un tempo, era la casa-studio di un artista austriaco di una certa fama, Carlo Maximilian Cromer. Un allievo di Gustav Klimt, il grande interprete della pittura Art Nouveau, che visse a lungo a Davos e poi si trasferì a Celerina, dove morì a 75 anni, nel 1964. La sua specialità, oltre ai paesaggi, erano gli ex libris, per clienti ebbe addirittura Winston Churchill e Papa Pio XII. Cromer amava molto anche la scultura e il fatto mi ha suggerito di dare al progetto un’impronta plastica, che tuttavia non cancellasse tracce e sedimenti del passato». Frutto di tali considerazioni è la nuova scala elicoidale, una vera e propria scultura cinetica intorno
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che iniettano ritmo e movimento al décor, e trovano l’elemento che ne armonizza le differenze nell’uso pervasivo del legno massello, in particolare nelle scabre boiserie in larice eseguite con essenze di recupero da ebanisti valtellinesi. Il buio intanto si è infittito, gli amici dell’aperitivo si allontanano sciamando nella neve, il silenzio si riappropria della notte. Ma il senso di festa resta vivo, come facesse parte del dna della casa, come fosse la ragione nascosta del progetto. «Questo è un luogo di memorie, con un’anima ben radicata nel passato, che ora però si è come svegliata al presente». FINE
Naturale. Pagine precedenti: nella zona pranzo e living, tavolo di Francesca Neri, sedie Askia di Baxter, lampade Aplomb di Foscarini. La piana di San Gian. Pagina accanto: dall’alto a sinistra in senso orario: Francesca Neri sulla scala in ferro e microcemento realizzata su suo progetto; una poltrona anni 30 nel living; la cucina, con lampada di Le Corbusier per Nemo e sgabelli industriali; ancora la cucina, in abete tinto a mano.
Materiali. Un dipinto del 700 nel living. A destra: una sedia in lamiera zincata di gusto vintage nella stanza della figlia. Nella doppia pagina seguente: a sinistra, facciata di una casa nel vecchio borgo di Celerina. A destra, alcuni particolari degli interni. Dall’alto a sinistra, in senso orario: borse di Francesca Neri; la stanza del figlio; una maniglia rustica engadinese; sul letto della stanza padronale una coperta simile a quelle in dotazione all’esercito svizzero.
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Nuovo cinema Monte Bianco Diciotto poltrone di velluto rosso sono solo una delle SORPRESE di questo chalet a Courmayeur. Che ancora oggi, reso moderno e accogliente, rimane per tutti la “casa della Madonnina”.
testo di ELENA DALLORSO — fotografie di MAX ROMMEL
Calore. A sinistra del camino, una Madonna lignea del 700 e, sul davanzale, bugie che la proprietaria raccoglie nei mercatini del mondo. Divano Chester acquistato a Megève e poltrona a dondolo olandese rivestita in panno. Il lampadario di piccoli tronchi arriva da Chamonix. In apertura: a sinistra, il cinema, con le poltroncine del Regio di Torino e le locandine delle pubblicità Campari anni 60. A destra, lo chalet in pietra ha vista sulla catena del Bianco.
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lle finestre, vicinissime, le cime del Bianco e delle Grandes Jorasses. Dentro, quattro file di poltroncine, 18 posti a sedere. Rosso è il leitmotiv cromatico di questo inaspettato cinema casalingo: quello del vellutino delle sedute, che arrivano dal Teatro Regio di Torino, e quello dei tendoni. Poi caramelle gommose, pop corn, e alle pareti le foto di Peter Lik acquistate durante un viaggio a Las Vegas: New York in uno chalet valdostano. «Ho un figlio regista e attore che vive negli Usa e ho sempre pensato che un giorno mi piacerebbe poter festeggiare il suo successo proprio qui, nel nostro rifugio di montagna», dice la padrona di casa Anna Campari, che ammiccando all’omonimia del cognome ha riempito le stanze di oggetti e affiche vintage del famoso liquore da aperitivo, regalo dei molti amici che frequentano lo chalet. La vocazione all’ospitalità, del resto, è chiarissima: cinque le camere doppie con altrettanti bagni che portano il nome ognuna di una vetta della catena del Bianco e un acquerello che la ritrae, un divano-letto nel cinema, più un sottotetto, collegato alla stanza padronale, dove dormono i bambini. E poi, al livello -1, c’è la spa, riscaldata da un grande camino
rior décor dell’architetto Antonella Cesarei. «Fin dall’inizio abbiamo saputo che volevamo che questa fosse una casa di montagna, non una villa», dice ancora Anna Campari, «e una casa di montagna che riflettesse perfettamente la sua appartenenza geografica. Nessuno oggi, entrando, potrebbe pensare di essere in un luogo diverso da Courmayeur». Certo, il ruolo principale lo gioca la vista frontale al Monte Bianco. Ma è altrettanto fondamentale l’incessante attività di ricerca degli arredi e dei materiali da parte dei padroni di casa, basata su una vera passione per i mercatini dell’antiquariato, soprattutto quello di Annecy, unita a un’indole da segugi, e su un’efficientissima rete di contatti in Valle d’Aosta e in Alta Savoia. «È così, per esempio, che abbiamo trovato il legno e gli sportelli per la libreria del salotto: il primo, di larice, arriva da una chiesa diroccata della valle di Courchevel, i secondi sono antiche finestrelle valdostane adattate al nuovo utilizzo. Il bel candelabro a tredici bracci in ferro battuto di fianco al camino, invece, l’ha scovato un nostro antiquario di fiducia a Cogne. È della fine del Seicento». L’inventario degli arredi, nella costanza del materiale Ω legno grezzo di montagna Ω e della filosofia del décor di recupero, continua con i mobili della sala da pranzo, tipicamente contadini, e con le statue e i fregi che punteggiano l’intera casa, tutti
Fondamentale è stata l’incessante ricerca di arredi e materiali da parte dei padroni di casa, basata su una passione per i mercatini d’antiquariato e la rete di contatti in Val d’Aosta e Alta Savoia. a bioetanolo, dove un lavandino in pietra scavata a mano denuncia la propria origine di lavatoio locale e un vecchio mobile portapane viene utilizzato come bancone per le tisane che i padroni di casa comprano durante i loro frequenti viaggi per il mondo. «Abbiamo voluto che lo chalet, pur conservando l’intimità di una casa, avesse anche le comodità di un hotel visto che accoglie sempre tanta gente: i nostri quattro figli, le loro famiglie, i loro amici e i nostri. Per questo gli spazi comuni sono concepiti per offrire piacevolissime alternative nelle giornate fredde o piovose. E per questo, ogni unità di camera più bagno è un po’ un’isola a sé. Il piacere della convivenza senza l’imbarazzo di inutili incontri negli spazi più privati, ecco», spiega. Da fuori non si immagina tanta concentrazione estetica negli interni. Per tutti, nella frazione di Verrand sopra Courmayeur, questa rimane la “casa della Madonnina”, con le sue pietre, il suo doppio tetto spiovente e la statuina di Maria della Guarigione che protegge gli abitanti da una nicchia illuminata. Ma oggi, dopo una lunghissima, meticolosa ristrutturazione («per scavare il piano sotterraneo e il box abbiamo perfino dovuto parificare la montagna per non rischiare che la casa cadesse»), dentro ha acquistato nuovi volumi e nuove funzionalità grazie all’intervento di inte-
provenienti dall’Alta Savoia. Come il tavolino del salotto, acquistato da un antiquario di Courmayeur, che è un antico “deschetto”, cioè il tavolo di lavoro sul quale il ciabattino deponeva tutti i suoi arnesi. Unico cambio di latitudine quello delle lampade, realizzate da un artigiano («un vero artista») del ferro battuto di Roma «che però ha utilizzato pezzi di antichi strumenti contadini valdostani (di aratri, ringhiere, rastrelli), e li ha piegati ad arte in forma di foglie e fiori», spiega la padrona di casa. In questo modo, l’adattamento all’ambiente che le ospita è praticamente mimetico. FINE Atmosfera. Pagina accanto: Babbi Natale della collezione della proprietaria su una madia del 700. Lo specchio in legno policromo è dell’Alta Savoia. Alle pareti, un’applique del 700 in foglia d’oro e una punta d’aratro trasformata in lume. Doppia precedente: a sinistra, l’ingresso al cinema. Sullo sfondo una grande foto di panorama americano di Peter Lik. A destra, la libreria con sportelli a finestrella di recupero. Trave di coronamento intagliato proveniente dalla demolizione di un rustico nella valle del Gran San Bernardo. Antica misura per il grano utilizzata come portabottiglie. Sul tavolino, che è l’antico “deschetto” di un ciabattino, serie di portacenere Campari, appartenenti alla collezione della famiglia.
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Spazi privati. Dall’alto: nella spa, antico lavatoio. A terra lanterne marocchine e una misura per grano utilizzata come porta-asciugamani. Il bagno Mont Blanc, con una collezione di foto locali dell’800. La spa, con le pareti rivestite di listelli di pietra grigio-verde della Valle D’Aosta e Jacuzzi con cromoterapia. Camino a bioetanolo e mobile del 700 utilizzato come tisaneria e porta-asciugamani. Samovar acquistato in Turchia. A destra, la camera padronale: sulla parete di testata del letto, coppia di angeli in legno policromi d’epoca 600. Ai lati, applique 800 in foglia d’oro. Tavole di larice per pavimento e pareti. I comodini sono di provenienza Alta Savoia.
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STORIE.
Dicembre, tempo di fiabe e di racconti. Tempo di viaggi: in paesi alpini dove, davanti a un camino acceso, il Natale dura tutto l’anno; o in tre piccole stanze dense di storia e affacciate su una chiesa. Tempo di angeli che allietano le case, di principesse che arredano castelli. Tempo di benessere profondo e placido, e delle parole giuste per dirlo. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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Natale chilometro zero di R AFFAELE PANIZZA
È
scesa durante la notte, con violenza e tutta assieme, mica canticchiando come accade all’interno delle boule de neige. Al mattino, però, quello che si vede intorno è solo una spolverata bianca sulle siepi che recintano gli chalet, oltre allo spessore regolare e geometrico, da intercapedine estetica, della neve depositata sui tetti. Non ce n’è traccia ai bordi delle strade, stranamente. Niente sull’erba. Qualcosa sui camini, al limite. Come se tutta la tempesta si fosse fermata sulle cime distanti, a favor di panorama. «A Megève, quando fa troppo freddo, riescono a riscaldare persino il vento», dicono i francesi invidiosi della perfezione quasi ontologica di questo villaggio dell’A lta Savoia, la Saint-Tropez delle nevi, dove tutto il bel mondo si sposta da metà dicembre in poi, quando nella place de l’Église viene inaugurato il grande abete rosso che indica ufficialmente l’inizio della stagione.
tembre 1202 sulla via per il priorato di Chamonix, primo essere umano ad apparire in un registro ufficiale con l’indicazione topografica di Megève (dal celtico “Mag” e “Eve”: abitato tra le acque). Un ricordo lontano il mercato ottocentesco dei cavalli, incrocio tra i puledri locali e gli stalloni da guerra spagnoli lasciati in dote dai militari borbonici acquartierati qui durante la guerra di successione austriaca. Dimenticato Adolphe René Jean Capré, conte di Megève e paggio di Carlo Alberto di Savoia, ultimo discendente nel diciannovesimo secolo di una casata, ormai estinta, che ha regalato lo stemma alla città. E derubricato a semplice fattuccio di cronaca l’arresto nel 1961 di Pierre Larcher e Raymond Rolland, catturati in uno chalet da 11 stanze proprio di fianco a quello di Éric Peugeot, giovane rampollo che avevano sequestrato un anno prima ottenendo un riscatto di centomila dollari.
INTERNI SOFISTICATI E ESTERNI BOREALI, QUIETE E CHAMPAGNE, LUCI SOFFUSE E LUNGHISSIME NOTTI: VIAGGIO A MEGÈVE, LA SAINT-TROPEZ DELLE NEVI. «Il paragone con Saint-Tropez ci sta: anche noi abbiamo una storia antica, non siamo mica nati con le piste da sci», rivendica Edith Allard, che lavora per l’assessorato alla cultura e al patrimonio del comune. «Con una differenza: il paese è frequentato da un’élite di industriali meno appariscente di quella che va in Costa Azzurra» racconta Stefano Forever, titolare dell’omonimo cabaret con sede estiva a “St.Trop” e invernale quassù, «ci sono i Campari, i Brembo, i Plassat di Carrefour, poi politici e diplomatici. Gente che ama il basso profilo». Un’identità antica, quindi. A sentir in giro, però, tutto quanto è accaduto prima che la baronessa Maurice de Rothschild decidesse di fondare tra i torrenti Glapet e Nant des Cordes una St. Moritz francese non conta. Prima della “Baronne Noémi”, come la chiamano in Savoia, il nulla. Solo letteratura gli archi e frecce mesolitici ritrovati su questo terreno di caccia preistorico. Un parvenu, quel Guillaume de Faucigny passato di qui il 18 set-
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Per tutti, Megève è nata nel 1920, quando la nobildonna, appassionata sciatrice, ha piantato sul Mont D’Arbois la sua bandiera. È la nipote Nadine a raccontare la versione ufficiale tramandata in famiglia: «Durante la Prima guerra mondiale nonna s’era rifugiata a Parigi sotto l’egida della Croce Rossa», racconta la scrittrice e socialite, discendente di una famiglia che attraverso il gruppo bancario Edmond de Rothschild detiene un patrimonio mobiliare e immobiliare calcolato in centosessanta miliardi di franchi svizzeri. «Dopo la guerra, decise di andare a St. Moritz per riposarsi, finché un giorno si imbatté nel barone Krupp, industriale che aveva in odio per aver rifornito d’acciaio l’esercito tedesco». Indignata, chiede al suo istruttore di sci di trovarle una nuova località per Superstar. A lato: grafica vintage per una scatola di biscotti. A Megève sono stati girati anche vari film, tra cui la sequenza iniziale di Sciarada.
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to il cui fondatore, Armand Allard, nel 1930 inventò i primi fuseau da neve su richiesta dell’amico discesista Émile Allais. «Per volontà del nipote Antoine, li riproponiamo quest’anno in chiave contemporanea e da portare tutti i giorni: arancioni e fucsia e neri e viola», racconta una commessa. Poi le sciate discrete di Alberto di Monaco e gli elicotteri al seguito di Vladimir Putin, spesso ospite del magnate del potassio Sulejman Kerimov nello chalet con eliporto da 36 milioni di euro. «Quando ho cominciato, nel 2005, gli chalet grandi trecento metri quadrati si contavano sulla punta delle dita. Adesso, si va dai seicento ai mille, minimo», racconta Laurent Allard, titolare di una quotata agenzia di real estate in paese. Parla con una fascia elastica a cingergli i lobi, monsieur Allard, postumi di una settimana folle al telefono a gestire le infinite richieste d’acquisto che stanno piombando nel suo ufficio. Da quando Tradizioni. Dall’alto, in senso orario: l’hotel Les Fermes de Marie a Megève. Una spilla. Una camera de Les Fermes de Marie. Uno chalet. Un ciondolo dal disegno tradizionale. La Maison Allard, in place de l’Église. Un piatto decorato con stelle alpine. La piscina della spa dell’hotel Les Fermes de Marie, ospitata in una antica fattoria della Savoia. Orsetti decorativi a Les Fermes de Marie. I massicci montuosi che fanno da sfondo a Megève. Prodotti tipici a Les Fermes de Marie.
VALENTIN CHRISTOPHE. GUILLAUME DE LAUBIER. YANNICK LABROUSSE. MARIE-PIERRE MOREL
trascorrere le vacanze invernali. «Si chiamava Thygue Smith, un norvegese che conosceva Megève grazie alla descrizione entusiastica del luogo pubblicata nel 1913 dalla giornalista francese Mathilde Maige-Lefournier sulla rivista La Montagne», racconta David Rossogni, che ha appena terminato di scrivere la prima storia completa del villaggio con l’intento di pubblicarla l’anno prossimo. Così, nel 1920, tra il massiccio dell’Aravis e il Monte Bianco, nell’alta valle del fiume Arly, nasce le Domaine du Mont D’Arbois, chalet dei Rothschild inaugurato alla presenza di re Alberto del Belgio. Un hotel a cinque stelle ancora oggi parte del patrimonio familiare, in cui tornano regolarmente Benjamin e Ariane de Rothschild con le loro quattro figlie. Oltre alla stessa Nadine, che lo scorso luglio ha inaugurato (avendolo finanziato) il nuovo osservatorio astronomico in cima al Mont D’Arbois. Storie d’allure in bianco e nero che si sovrappongono in continuazione a un contemporaneo a colori. Miscela che fa di Megève l’incarnazione perfetta degli equilibri e delle energie che volano sulla cometa di questo inverno 2015: interni sofisticati ed esterni boreali, raccoglimento e champagne, romanticismo e aspirazione, luci suffuse e lunghe notti. Ci sono le vetrine di Aallard per esempio, storico negozio d’abbigliamen-
gli svizzeri si son messi a vendere in massa le loro proprietà di lusso, spaventati dalla tassa di successione al 40 per cento introdotta dal governo Hollande, il mercato è ripartito alla grande, racconta. Uomini d’affari europei con figli sparsi in tutto il mondo che cercano un luogo per riunire la famiglia, almeno a Natale. E che ogni mattina saltano su un elicottero e sorvolano il Monte Bianco per andare a sciare in Italia, dove il fuoripista è permesso. «È una generazione strana, di
di brocantage di Montpellier e Avignone, insieme a tessuti firmati Arpin 1817», suggerisce Jocelyne Sibuet, proprietaria del meraviglioso hotel Les Fermes de Marie che ogni inverno ospita personaggi come Tom Cruise, Guillaume Canet, Marion Cotillard, Carla Bruni e Nicolas Sarkozy. Poi coltelli a scatto da avventura nei boschi da mettere in tavola per tagliare la carne e trofei di caccia in plexiglas, sdrammatizzati e un po’ Damien Hirst, da appendere sopra il camino.
JULIEN OPPENHEIM/MARIE CLAIRE/IPA
ALLE PARETI STAMPE DEL FOTOGRAFO PATRICK BLIN E QUADRI A OLIO. POI PELLI DI VOLPI COME COPRILETTO, TESSUTI ARPIN 1817, LEGNO, FERRO. milionari dalle vite professionali estremamente stressanti, che a Megève amano stare in casa e organizzare le feste e le cene private», racconta Catherine Navarro, proprietaria dell’omonimo negozio d’arredo e decoratrice tra le più richieste in città insieme a Olivier Chetail e Astrid Maillet-Contoz. Miscelare legno e ferro, questo è il trend. Appendere alle pareti d’abete stampe del fotografo naturalista Patrick Blin prese nella terra dei lupi in Siberia e quadri a olio di placidi montoni. «Poi pelli di volpe come copriletto e antichità trovate nei mercati
Un luogo alla moda e di contaminazioni, dove però ci sono ancora 38 fattorie che producono il latte da trasformare in toma savoiarda, in reblochon e Beaufort (per degustazioni con champagne: Laiterie Gaiddon). E dove Emmanuel Renaut, chef del tristellato ristorante Flocons de Sel, ogni mattina va nell’orto a cogliere fior di cipolla, d’aglio, d’achillea e cerfoglio per i suoi piatti pluripremiati. Megève est simple et naturelle, scriveva cent’anni fa nel suo articolo Mathilde Maige-Lefournier, perché è in grado di completare se stessa. FINE
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Io e gli angeli di RAFFAELE PANIZZA
M
atteo Thun è di umore r a g g i a nt e . Stato che si traduce in una postura d ’animo gentilmente sorniona, sardonica qua e là ma senza spigoli, da adulto sazio sdraiato davanti a un camino, con brandy sul tavolino, e conversazione soddisfacente a portata di mano. Il suo lungo nome di battesimo gli gira intorno rivelandolo a intermittenza, come fa una luminaria col suo abete
non è confezionato a dovere», suggerisce per esempio, pregustandosi una gag da realizzare alla sartoria Larusmiani di via Montenapoleone a Milano, allestita per le settimane che precedono le feste coi suoi iconici uccellini di cristallo. Artista del legno e delle nevi, sessantatré anni, nato nel castello gotico di Sant’A ntonio a Bolzano, figlio dell’inventrice degli angioletti Thun e di una dinastia che risale fino a San Vigilio, è il più natalizio, e caldo, degli architetti italiani. Creatore di luoghi-rifugio come gli hotel Vigilius e Pergola in Alto Adige, che sembrano tronchi di legno adagiati in un bosco, spazi cavi
tello che gestisce l’azienda. Che tra l’altro continua a crescere in modo prodigioso, producendo oggetti inutili». Che però compiono un gesto che ha qualcosa di metafisico, intuito persino da chi li snobba. Con la bocca, “flautano l’anima”. «Bella espressione, non ci avevo mai pensato. Anche se dietro in realtà ci sono scelte tecniche per produrre ceramica seriale: gli occhi son chiusi per evitare di dover disegnare le pupille ad esempio, col rischio di strabismo e inespressività. Il naso è a patata perché mamma usava un legnetto per bucarlo, creando così le
ARTISTA DEL LEGNO E DELLE NEVI, NATO IN UN CASTELLO GOTICO, FIGLIO DELL’INVENTRICE DEI CELEBRI PUTTI E DISCENDENTE DI UNA DINASTIA CHE RISALE A SAN VIGILIO, MATTEO THUN È IL PIÙ NATALIZIO DEGLI ARCHITETTI ITALIANI. addobbato: Matthäus Antonius Maria Graf von Thun und Hohenstein. Thun da parte di padre. Von Grabmayr da parte di madre. Genealogia di giuristi i cui membri di sesso femminile, tirannizzati nella gestione dell’hotel Scala di Bolzano, per decenni non avevano potuto né innamorarsi né prendere marito. Una discendenza nobile che dopo trentacinque anni vissuti a Milano emerge solo a tratti, in alcuni “vorrei” che suonano come ordini, se non addirittura capricci. «Le chiedo un favore: al cocktail di domani si avvicini a Philippe Daverio e, toccandogli il revers, gli faccia notare che il suo abito
all’interno dei quali famiglie di scoiattoli hanno raccolto le provviste e, chissà come, acceso un lumino che si vede in lontananza. Una ricerca di pienezza polisensoriale che lui indica con un parola tedesca, intraducibile in italiano, ma che Matteo Thun ritiene invece pienamente traducibile in architettura. Casa sua era tappezzata di angioletti? «Ma no! Nelle stanze di Castel Sant’Antonio, sinceramente, non sono mai entrati». Come spiegavate il loro successo planetario, in famiglia? «Le ragioni sfuggono a chiunque, a mia madre che li ha inventati come a mio fra-
narici. E a quel punto ne usava un altro più grande, per realizzare il foro della bocca, che sembra cantare. Un lavoro che tra l’altro ho fatto anch’io, tra i dieci e i quattordici anni: mi pagavano cinquecento lire al giorno». Il volto del puttino archetipo, l’“Angelo di Bolzano”, di chi è? «Nessuno lo sa veramente. Mamma ha lasciato intendere di essersi ispirata al mio viso, intorno ai 13 mesi, quando ero ciccione coi capelli ricci e la bocca sempre pronta a succhiare. Ma non l’ha mai confermato davvero, tant’è che qualcun altro sospetta che si tratti di mio fratello Peter».
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bambini, le donne di casa lo addobbavano, con candele vere e oggetti tramandati dai bisnonni: sfere di vetro di Boemia, uccellini di cristallo oppure palle d’oro antiche, le stesse che vengono messe nei giardini di rose per tenere lontani i volatili. Non c’era limite alla fantasia della padrona di casa. Poi, appena diventava buio, prima di cena, qualcuno faceva tintinnare un campanello che indicava l’arrivo di Gesù Bambino: la porta della sala si apriva e tutti ci si raccoglieva intorno all’albero, in semicerchio, a cantare Stille Nacht, Heilige Nacht. Di solito c’erano dei fili d’oro appoggiati al davanzale, i capelli persi da Gesù mentre fuggiva volando fuori dalla finestra. E quindi, ci si lanciava sui regali». Oggi che i suoi figli hanno quasi trent’anni è tutto uguale? «Sì. Trascorriamo il Natale a Sankt Moritz, perché il connubio con la neve
La sua opinione? «Diciamo che la data di realizzazione del primo angioletto, il 1954, è più coerente con la mia venuta al mondo, nel 1952». Perché non avevate ceramiche Thun, in casa vostra? «Per lo stesso motivo per cui oggi evito di possedere oggetti disegnati da me: è una questione di principio. Ho creato decine di tazzine ma non ci penso proprio a usarne una mia, per bere un caffè. Amo le cose di lunga durata, gli oggetti di antiquariato o le porcellane di famiglia. Vedere e utilizzare se stessi, non aiuta a pensare al futuro». Non si rimane un po’ sospesi, senza terra sotto i piedi, facendo così? «Al contrario. Si ha molta più terra quando si sta seduti sulla sedia della nonna». Quali sono le sue porcellane preferite? «Quelle realizzate da Josef Hoffmann
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negli anni Venti e Trenta per le Wiener Werkstätte ad esempio, così sottili da essere traslucenti. Amo molto quelle di Augarten, poi. Mentre mia moglie predilige Meissen». Com’era la tavola di Natale, al castello? «Si festeggiava solo la notte del 24, mentre il 25 era una giornata normale, in cui fare una passeggiata o andare a sciare. Era una tavola semplice, con porcellane a fiori dell’Ottocento. Come del resto era semplice il cibo: l’opulenza, la gran mangiata, va in direzione contraria alla nostra percezione del Natale. Con tutto il rispetto verso l’Italia più mediterranea, ovviamente». L’albero, invece? «L’albero doveva arrivare al soffitto, che in casa nostra era alto quasi otto metri. Mentre gli uomini tenevano occupati i
per noi è imprescindibile. L’albero lo compriamo il 23, sempre dallo stesso contadino, nella piazza del paese. Un abete che per essere quello giusto deve avere i rami perfettamente ortogonali e scaturire alla stessa altezza del tronco, in modo che gli aghi facciano piattaforma e le candele stiano ben dritte. Anche per evitare incidenti spiacevoli, che pur capitano. Dopo il 25 lo si pianta nella neve, in giardino. E quando inizia a sfiorire, si taglia per il camino». Sostenibili. In alto: l’architetto Matteo Thun. Pagina a lato, dall’alto: tre progetti ideati dallo studio Matteo Thun & Partners. L’hotel Pergola a Lagundo, presso Merano. L’Hugo Boss Business Unit a Coldrerio, in Svizzera. Il Vigilius Mountain Resort a Lana (BZ). Pagina precedente: un angioletto in legno della Thun.
NACHO ALEGRE. ©PERGOLA RESIDENCE. ©ENRICO CANO. ©VIGILIUS MOUNTAIN RESORT
«CIÒ CHE CERCO È LO SPIRITO DI UNA PAROLA BELLISSIMA, INTRADUCIBILE: GEMÜTLICHKEIT, CHE INDICA UNA PERCEZIONE DI BENESSERE PROFONDO E PLACIDO. IL CONTRARIO DI UN CERTO DESIGN CONTEMPORANEO».
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Progettando edifici, quanto le è utile richiamare alla memoria queste sensazioni? «Molto. Perché ciò che cerco di incarnare è lo spirito di una parola bellissima, non traducibile in italiano: Gemütlichkeit, che indica una percezione di benessere profondo e placido legato alla polisensorialità. Se questo ufficio per esempio fosse una Stube rivestita di legno, con un lumino acceso sul tavolo e una stufa all’angolo che emanasse un certo tipo di calore, allora la pelle, il naso e il cervello proverebbero nello stesso istante un benessere completo, e molto intenso». Non da hotel a cinque stelle, parrebbe. «Lo vivi pienamente nelle case umili dei contadini. E più sono umili, più intensamente lo percepisci. Luoghi dove i sensi si scambiano di posto, tocchi con gli occhi e guardi con le mani. Dove lo spazio ha una patina antica. Nei masi di Sankt Martin im Kofel in Val Venosta, o nelle case Walser, si sperimenta in modo inequivocabile». E nelle sue creazioni? «C’è una casa che costruirò ad Appenzell, in Svizzera, uno degli ultimi luoghi al mondo dove una volta l’anno il popolo vota in piazza per alzata di mano, soltanto gli uomini però. Il mio committente ha accettato che gliela costruissi senza mobili, una casa dove le esigenze dello star seduti, o dello stare a letto e del cucinare saranno incorporate in un guscio architettonico fisso, senza ingerenze estetiche di altro tipo». E del design cosa resta, in tutto ciò? «Rovina tutto, strilla. Provi ad andare in uno showroom di via Durini o via Turati a Milano e mi dica se sente la Gemütlichkeit, in luoghi così. Il design è un deterrente al benessere, per come lo intendo io. Quando creo, cerco di infastidire il meno possibile con la sua presenza. E questo è un messaggio piuttosto polemico, in caso non si fosse capito». FINE Alpine. In alto: le residenze edel:weiss, Katschberg, in Austria, progetto di Matteo Thun. A destra: regesto figurato delle opere di Vico Magistretti dal 1953 al 1980.
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Disegnavamo alla milanese di FR ANCESCA MOLTENI
©JENS WEBER. FONDAZIONE STUDIO MUSEO VICO MAGISTRETTI
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a voce, roca e seducente, con la “erre” francese, tanto lombarda. I calzini rossi, il loden, la bicicletta, il telefono e la finestra. Tanti lo ricordano così, Vico. Le sue ossessioni, il suo modo di essere, senza fronzoli, un po’ british, essenziale nella vita e nel lavoro. In bicicletta, per le strade del centro di Milano, al telefono a raccontare i suoi progetti, o alla finestra dello studio in via Conservatorio, davanti alla chiesa di Santa Maria della Passione. Per Patricia Urquiola, che gli deve molto, è la voce. Vico e la sua voce. Per Stefano Boeri, che lo ha conosciuto davvero da direttore di Domus, è la finestra. Quanto mondo è entrato, in quella finestra, quanta Milano ha guardato, attra-
versandola come se non ci fossero confini. Da lì, Vico osservava l’opera del suo bisnonno, l’architetto Gaetano Besia, autore di Palazzo Archinto nel 1837, poi Collegio Reale delle Fanciulle. Continuità nella tradizione, una passione di famiglia. Magistretti lo ricordano così, Patricia Urquiola e Stefano Boeri, con affetto e riconoscenza, nei video che accompagnano la mostra Ho girato il mondo… Magistretti Viaggi Progetti, aperta fino al 29 dicembre 2015 alla Fondazione Magistretti. Un luogo incantato, tre piccole stanze dense di storie, lo studio museo dove Vico ha lavorato per sessant’anni, dal 1946 al 2006. Lo aveva ereditato dal padre, Pier Giulio, architetto anche lui, che negli anni 20 costruisce l’edificio all’angolo tra via Conservatorio e via Bellini. Sarà poi Vico a progettare, nel 1966, la casa
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Dall’album dei ricordi. Alcune foto dall’archivio della Fondazione studio museo Vico Magistretti. A Zermatt, nel 1955. A pesca. Con la moglie, Paola Rejna Magistretti a Ischia, nel 1949.
d’abitazione a ridosso dell’edificio del padre, una preesistenza importante, un rapporto ancora da indagare. Tre generazioni di architetti, la professione come destino. Ludovico, per tutti Vico, nato a Milano nel 1920, il padre lo aveva conosciuto poco. Nel ’39, dopo il liceo classico al Parini, si iscrive al Politecnico. Pier Giulio è a Napoli, sta per imbarcarsi per l’Africa ma, durante la visita medica di leva, gli viene scoperta una malattia che di lì a pochi anni se lo porterà via. Vico, nell’ottobre del ’43, si rifugia in Svizzera, dove segue i corsi del Champ Universitaire Italien di Losanna. E lì incontra il suo maestro, Ernesto Nathan Rogers, fondatore dello studio BBPR. Tornato in Italia nel ’45, si laurea al
ricostruzione, di fratture con il passato. Vico è tra i promotori del Movimento Studi Architettura (MSA), un gruppo di giovani architetti che si incontrano per discutere del lavoro, si impegnano per l’architettura moderna, vogliono riformare la società e la cultura, partecipano alle Triennali e ai concorsi, come quello per il nuovo quartiere QT8. Per Magistretti, i progetti per l’INA-Casa, le case prefabbricate e le costruzioni “per il popolo”, cui si dedica per una decina d’anni, sono anche un’educazione al progetto. È un Magistretti prima di Magistretti, come lo conosciamo oggi. È un modo per imparare l’attenzione al dettaglio, l’esecuzione accurata, la semplicità e il buon senso. E, insieme, un esercizio per trovare lo scarto,
Politecnico e condivide per pochi mesi lo studio con il padre, che aveva partecipato con Portaluppi, Griffini e Muzio alla progettazione dell’Arengario di piazza Duomo. Pier Giulio è «uno degli architetti più raffinati del Novecento milanese», secondo Virgilio Vercelloni, «fra i meno noti proprio per la difficoltà della sua architettura e per l’assenza sistematica di ogni compiacenza didascalica nella sua ricerca». Un padre che aveva contribuito, come i maestri della sua generazione, a ridefinire l’immagine della nuova borghesia metropolitana, disegnando, per esempio, la facciata su piazza Beccaria della Galleria del Corso. Nel dopoguerra tutto cambia, è tempo di
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il segno dell’architetto, l’espressività con pochi mezzi. Ben presto, con questi strumenti, affronta due progetti importanti per Milano, la Torre al Parco in via Revere del 1953-56, con Franco Longoni, e il palazzo per uffici in corso Europa (195557). La prima è ancora oggi, uno degli “edifici alti” che più caratterizzano lo skyline della città. «L’avevo fatto marrone, color tronco d’albero», racconta Vico, «ma nessuno comprava gli appartamenti e allora l’abbiamo sbiancato». Ecco un esempio del suo pragmatismo “lombardo” che, negli anni a venire, sarà tanto apprezzato dalla committenza, insieme alla capacità di sintesi tra la nuova architettura e la tradizione classica, tra
FONDAZIONE STUDIO MUSEO VICO MAGISTRETTI
IL DOPOGUERRA, UN NUOVO SKYLINE PER LA CITTÀ, L’ALBA DEL DESIGN: CON VICO MAGISTRETTI, «IL PALLADIO DELLA BRIANZA», CONTINUA IL PERCORSO DI «AD» TRA LE VITE FORMIDABILI DEI MAESTRI DEL 900.
Figlio d’arte. Sopra: Pier Giulio Magistretti, padre di Vico. Architetto, partecipò tra l’altro alla progettazione dell’Arengario di Milano, con Giovanni Muzio e Piero Portaluppi. A destra: Vico Magistretti impegnato in una partita di golf a Madonna di Campiglio.
memoria e moderno. Due elementi in parte mutuati dal padre Pier Giulio. Dagli anni 60, infatti, Vico progetta soprattutto per i privati. L’abitare diventa il suo tema privilegiato, come dimostra la piccola casa Arosio ad Arenzano (1956-59). Il “Palladio della Brianza”, così lo ha definito Fulvio Irace, diventa l’architetto della villeggiatura dell’aristocrazia lombarda, con la Club House del Golf Club di Carimate, le case Bassetti ad Azzate, Schubert a Ello, Muggia a Barzate, Cassina a Carimate. Si ispira al paesaggio locale, lo modella, con libertà. «È venuto da me Cesare Cassina», racconta con ironia, «e mi ha detto: “Ma architetto, potremo mica farla noi questa sedia?”. Così è nata una lunga storia di collaborazione. Ma devo dire che io non
tanti e cose superflue. Come nei suoi lavori per Artemide, Flou, Oluce, De Padova, Schiffini, e tante altre aziende, oltre alla nota collaborazione con Cassina. Gli interessa la necessità, il bisogno di oggetti per le nuove case, non disegnare per il salotto della contessa, ma l’industria che raccoglie questa necessità, quando il progetto diventa prodotto, e chiunque può entrare in un negozio e comprarlo. Il contatto con le persone e la riproducibilità lo affascinano e lo portano, da architetto, verso il design. Come nascono i progetti? Parlando, discutendo. «A me piace il concept design, quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo. Molti dei miei progetti li ho trasmessi al telefono», dice Vico. Niente disegni tecnici, qualche schizzo e via, verso
L’INSEGNAMENTO CRUCIALE, PIÙ CHE DALL’UNIVERSITÀ, GLI VIENE DAL LATINO: IMPARA INFATTI A DISTINGUERE CHE CI SONO COSE FONDAMENTALI, COSE POCO IMPORTANTI, COSE SUPERFLUE. ho iniziato quella storia per danaro. Negli anni Cinquanta io ho progettato quasi unicamente architetture. Ricordo benissimo che nel 1960 dovevo progettare una casa e mi è venuto un esaurimento nervoso. E ricordo che ho pensato: be’, facendo il design, mi pago il gioco del golf». Così nasce la celebre sedia Carimate del 1960, con understatement e consapevolezza del proprio mestiere. È la svolta che lo porterà lontano, verso l’industrial design. Un insegnamento cruciale, più del suo percorso universitario, ricorda la nipote Margherita, responsabile della Fondazione Magistretti, gli viene dal latino. Per imparare a distinguere che ci sono cose fondamentali, cose poco impor-
la Brianza, dove ci sono i produttori, gli artigiani, gli inventori di prototipi. Le icone del nostro industrial design sono figlie di questa visione, si sono impresse nella nostra memoria e hanno contagiato il mondo, fino a conquistare la regina d’Inghilterra che lo chiama, alla fine degli anni 70, al Royal College of Art di Londra come visiting professor. Perché, se ti chiama The Queen vai, anche se «chi sa fare fa, chi non sa fare, insegna». Pragmatismo del Palladio della Brianza. FINE Sulla mostra «Ho girato il mondo... Magistretti Viaggi Progetti» alla Fondazione Magistretti, vedi «Backstage» p.163
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Ma che bel castello di MARIAE GLORIA THURN UND TAXIS — fotografie di TODD EBERLE
L
a prima volta che entrai nella corte di St. Emmeram fui travolta dalle dimensioni e dalla grandeur del palazzo. Non riuscivo a credere che era la casa dell’uomo con cui dovevo uscire, Johannes – il principe Johannes Thurn und Taxis, per essere precisi – undicesi-
rabili. E poi mi chiese di accompagnarlo a Regensburg. Avevo vent’anni. Lui cinquantatré. Il guardiano mi portò in giro per la casa, un tour che durò circa tre ore. Poi incontrai suo padre – un anziano e minuto signore di circa 85 anni. Mi ricevette nel suo salotto privato, che era pieno di uccelli, compresi pappagalli e un corvo che continuò a gracchiare durante la nostra conversazione. Il padre di Johannes parlava fluentemente otto lingue, e a me si
matrimonio da favola fu un sogno e gli anni trascorsero meravigliosi, senza un problema né una preoccupazione, solo divertimento e avventure. Johannes era un uomo generoso. Era felice del mio entusiasmo quando incontrai per la prima volta Keith Haring. I suoi lavori furono la mia prima acquisizione. Comprai il mio primo Basquiat alla galleria di Tony Shafrazi. E così cominciai la mia collezione, sponsorizzata da mio
mo principe della casata. Johannes e io ci eravamo incontrati la prima volta un paio di settimane prima a Monaco. Era il 1979. Lui dava un lunch al Bratwurst Glöckl, tipico ristorante bavarese, e suo nipote mi ci aveva portata insieme ad altri amici. Qualche giorno dopo Johannes si era fatto vedere al Café Reitschule. Avevo dei biglietti per un concerto, quella sera, ma Johannes mi aveva invitato a cena, così andai con lui. Diventammo insepa-
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rivolse in ungherese, la mia lingua madre. Io ero cresciuta senza soldi perché entrambi i miei genitori avevano lasciato le loro proprietà per sfuggire ai bolscevichi. Mio padre era partito con un cavallo e un carretto insieme alla madre e ai fratelli e aveva poi trovato da lavorare in un obitorio per pagarsi gli studi di politica e diventare giornalista. (...) Capii immediatamente che Johannes era l’amore della mia vita. Il nostro
marito. Amava molto sia Andy (Warhol) sia Keith (Haring) e li invitò a palazzo. Vennero entrambi e Keith conquistò i miei figli. Prese il suo pennarello e gli disegnò tutta la stanza dei giochi. (...) Quando Johannes si ammalò, mi resi conto che i suoi amministratori se ne A palazzo. A destra: la principessa Mariae Gloria Ferdinanda Joachima Josephine Wilhelmine Huberta Thurn und Taxis.
COURTESY SKIRA RIZZOLI
LA FAVOLA (VERA, PERÒ) DI UNA PRINCIPESSA E DELLA SUA GLORIOSA MAGIONE, RACCONTATA DA LEI MEDESIMA: UN LIBRO RIPERCORRE PER PAROLE E IMMAGINI L’EPOPEA DEI THURN UND TAXIS. ECCONE UN’ANTEPRIMA.
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«AVEVO VENT’ANNI, LUI CINQUANTATRÉ. MI FECE FARE IL TOUR DELLA CASA. DURÒ CIRCA TRE ORE». stavano approfittando. E proprio nel mezzo di tempi difficili, Johannes morì. Io e i miei figli, che erano ancora molto giovani, rimanemmo tutti soli nell’enorme St. Emmeram. Quando i miei figli andarono a studiare all’estero, cominciai a pensare a come rendere attraente per il pubblico il palazzo. (...) Oggi le facciate sono state completamente restaurate e il palazzo ha un nuovo tetto di ventimila metri quadrati. Abbiamo inventato un festival all’aperto, il Thurn und Taxis Schloss Festival. E per quattro settimane nel cortile e nei giardini del palazzo c’è il nostro mercatino di Natale. La maggior parte delle stanze sono aperte al pubblico. (...) Quando ero piccola, vivevamo in una meravigliosa, piccola casa prefabbricata ma ognuno di noi quattro figli aveva la sua stanza. Certo, avevo le mie fantasie e i miei desideri di bambina e mi vedevo sposata a un principe. Ma se devo essere onesta, ero così impegnata a lavorare, a cogliere mele e ciliegie in una fattoria o a fare ceramiche per guadagnare qualche soldo, che mi rimaneva ben poco tempo per sognare. Quando arrivò il mio principe, mi ero dimenticata del mio sogno di bambina. Finché, quando divenne realtà, me ne ricordai. FINE Sul libro House of Thurn und Taxis, vedi anche «Backstage» p.166
Generazioni. In alto: la principessa Elisabeth Margarethe Maria Anna Beatriz Thurn und Taxis. A sinistra: un ritratto del principe Johannes Thurn und Taxis di Gottfried Helnwein, 1988. La residenza di St. Emmeram è ricca di opere di maestri dell’arte contemporanea.
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SUGGERIMENTI, INDIRIZZI, CURIOSITÀ, DETTAGLI: DIETRO LE QUINTE DI QUESTO NUMERO DI «AD».
BACKSTAGE. PAG. 134 Drink serale. Il set in acciaio e cuoio Polaris di Santa Design Studio per De Vecchi Milano 1935, per degustare distillati, 435 ¤.
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PAG. 106 Inedite cromie. La macchina di cottura in acciaio ad alto spessore di Officine Gullo Firenze, con 4 fuochi e maxiforno professionali, da 25.620 ¤.
Sedute soft. Il divano Land di Giuseppe Bavuso per Alivar, qui nella versione in pelle, è disponibile anche in tessuto: il prezzo parte da 4.320 ¤.
PAG. 94 Icona del relax. La chaise-longue LC4 di Le Corbusier, Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret: collezione I Maestri di Cassina, prezzo a richiesta.
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DOPPIA IDENTITÀ
Caldo d’autore. È una vera scultura, il camino a legna HŽtŽrofocus 1400, numerato e firmato da Dominique Imbert per Focus. Viene realizzato in acciaio grezzo, cerato, e costa circa 8.390 ¤.
PAG. 106 Dentro il paesaggio. Il massimo della luce, con finestre e portefinestre di Essenza, adatte agli stili più vari. Scorrevoli, come il modello sotto, oppure a battente, o con cornice ridotta al minimo. Prezzo a richiesta.
Nelle case di montagna di «AD» CLASSICO E CONTEMPOR ANEO
dialogano con intense suggestioni. L’anima delle dimore d’alta quota ha due facce: questo raccontano gli interni delle case selezionate per il numero di dicembre di AD. I dettami costruttivi e lo spirito della tradizione montanara incontrano gli stili architettonici e le esigenze contemporanei, offrendo molti spunti d’ispirazione. Per rivestimenti e arredi, il legno, con la sua calda, insostituibile accoglienza, trionfa sempre: e ci sono interessanti proposte dal mondo dell’arredamento, in alternativa agli elementi d’epoca, da scovare tra rustici diroccati e mercatini dell’antiquariato.
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BACKSTAGE. PAG. 94 Animalier. Il pouf Limbo è in legno, rivestito in seta maculata chocolate, della collezione Silk Satin: una proposta di Roberto Cavalli Home. Costa 1.790 ¤.
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L’idea del comfort. Un’altra icona dell’arredo: la poltrona inclinabile P40, progettata da Osvaldo Borsani per Tecno nel 1955. Il prezzo parte da 6.110 ¤.
Di rigore. Essenziale il tavolo LessLess disegnato da Jean Nouvel per Molteni & C. In metallo, disponibile anche in versione colorata, prezzo a richiesta.
PAG. 126 Cromia shocking. La credenza in abete spazzolato di Scandola è composta dalla base Ariette, con 2 ante e 2 cassetti, e dall’alzata con frontali modello Karen, 2.448 ¤.
PAG. 134 Nuance delicate. Plaid (599 ¤) e cuscino (59 ¤) in pelliccia ecologica, della collezione Pernula. Di La Perla Home Collection by Fazzini.
PAG. 94 Evergreen. La forma rigorosa del lavabo Acquagrande (1997) di Ceramica Flaminia, in varie soluzioni, misure, finiture, da 666 ¤.
PAG. 118 Dettagli neoclassici. Allure d’epoca per la vasca della collezione Magnifica di Gianni Pareschi, Scavolini Bathrooms. Prezzo a richiesta.
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Per i pavimenti, tra i marchi del settore c’è una vasta scelta di essenze, anche di recupero, per un effetto antico. O, per cucine e living, le madie in abete, però dipinte con cromie vivaci, come il color fragola. Nuance inedite, del resto, caratterizzano persino le macchine di cottura più classiche, come quelle firmate La Cornue: adatte a case alpine che vogliano mantenere il sapore della tradizione, miscelato però allo stile contemporaneo. Con risultati estetici forti. È il caso dello chalet, a Gstaad, di un’arredatrice d’interni parigina: in questa dimora seicentesca
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Trasformabile. Di Team 7, il letto medio “mobile” a soppalco (questo modello può diventare anche a castello) con tenda coordinata. Costa 1.741 ¤.
Capitonné. La forma classica e confortevole della poltrona Iulius C. in pelle verde impunturata, realizzata da Mascheroni. Il prezzo è a richiesta.
PAG. 126 Fascio luminoso. Lampada a sospensione Projecteur 365: da un progetto di Le Corbusier del 1954, rimasto inedito fino al 2012. Di Nemo Lighting, 793 ¤.
PAG. 106 Per lo studio. Scrivania Avatar di Umberto Asnago per I 4 Mariani: piano in finitura ebano, bordi e gambe in pelle. 9.595 ¤.
PAG. 126 French Touch. Ha già festeggiato gli 80 anni, ma la sedia in metallo di Tolix, creata da Xavier Pauchard, è un’icona per chi sa guardare avanti. Prezzo a richiesta.
PAG. 106 All’essenza. Tavolino sfaccettato in legno di pino vecchio, di Dialma Brown, costa 975 ¤.
non mancano icone del design, come la poltrona P40, ideata da Osvaldo Borsani per Tecno nel 1955, inclinabile e rivoluzionaria per l’epoca; da riscoprire. Altre citazioni, per il relax fra le nevi: la chaise-longue LC4 di Le Corbusier, Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret (ideata nel 1928, ma prodotta da Cassina dal 1965) della casa nell’A lta Val di Susa ristrutturata da Fabrizio Giugiaro: questo chalet, pur conservando la forma esterna originaria, esprime, con grandi vetrate, e funzionalità e rigore all’interno, i concetti dell’architettura moderna. A.V.
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Fiori da montagna. Il tessuto in lino Les Colonies del marchio Braquenié di Pierre Frey, con motivi floreali ricamati, nello stile della seconda metà dell’Ottocento. Il prezzo è circa 275 ¤ al metro.
Pavimenti d’atmosfera. Parquet Castagno del Tempo, della collezione Listoni d’Epoca di Cadorin: il marchio offre un’ampia selezione di essenze, lavorazioni e sfumature, e anche legni di recupero. Prezzo a richiesta.
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B A CK S TA G E. DA AD CHRISTMAS PAG. 74 DA PAG. 64
GIOIELLI DEL NORD
FIOR DI MUSICA Un incredibile LOCALE GREEN a Milano è il set del Portfolio di «AD Christmas». Un luogo dalle molte vocazioni, il Potafiori, aperto di recente a Milano. L’idea è di Rosalba Piccinni, flower designer ma anche affermata cantante jazz. In questo spazio, progettato da Storage Associati, e accogliente come una casa, ci si immerge innanzitutto nella vegetazione: dalle orchidee alle alzate di verdure variopinte. Ci si può poi dedicare a varie attività: acquistare fiori, ma anche seguire corsi per apprendere tutti i segreti di una perfetta composizio-
Multifunzionale. Il segno ornamentale del verde domina il negozio floreale-bistrot Potafiori, arredato con pareti grigie, tavoli e sedie neri, tocchi di oro.
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Scatti d’architetto intorno al mondo Una mostra racconta, con foto e disegni, i viaggi e i progetti di VICO MAGISTRETTI , protagonista del ritratto di questo mese.
CASA DI FAVOLA Nel volume (Skira Rizzoli, 240 pagine, 85 $), la principessa Mariae Gloria Thurn und Taxis si racconta a Sir John Richardson e a Martin Mosebach, sullo sfondo del palazzo bavarese di Sankt Emmeram. www.rizzoliusa.com
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Lo sguardo di un grande architetto sul pianeta Terra: nella mostra, curata da Rosanna Pavoni “Ho girato il mondo...” Magistretti Viaggi Progetti (a Milano, fino al 29 dicembre), suoi scatti nei vari continenti del periodo che va dal 1947 al 1960. Esposti anche tre progetti (1959 -1986) in Argentina, Francia, Giappone: molti concetti e ispirazioni di Magistretti sono nati dai viaggi, passione di tutta la vita. vicomagistretti.it;
[email protected] Universo creativo. Sopra: il letto Nathalie, disegnato per Flou. In alto: Magistretti in un’illustrazione di Emanuela Ligabue.
PAOLA PANSINI. TODD EBERLE. ARCHIVIO STUDIO MAGISTRETTI-FONDAZIONE MAGISTRETTI
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ne decorativa. Non è tutto. Aperto dalle 8 alle 24, il negozio è concepito anche come ristorante, con specialità per i vari momenti. E in alcune sere, si trasforma in un ritrovo d’eccezione per gli appassionati di musica, con esibizioni della proprietaria. www.potafiori.com
Copenhagen, culla del design nordico e base operativa di GamFratesi. Qui, nel 1976, l’orafo Søren Nielsen crea un ciondolo d’argento ispirato ai troll, esseri della mitologia nordica. Oggi Trollbeads è un’azienda internazionale, ma realizza ancora a mano i bracciali in materiali preziosi, con tanti beads diversi, ognuno con una storia. www.trollbeads.com
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L’ARCHITETTURA È UN LUSSO Storia di una famiglia e della sua espansione attraverso gli spazi più fashion del Nord-Est. Da Dobbiaco a Cortina, i Kraler hanno progettato luoghi dove la SHOPPING EXPERIENCE è un rito davvero contemporaneo. di GIOVANNI AUDIFFREDI
p.79 Architecture is luxury Per godersi il lusso c’è bisogno di spazio. Quello temporale, ovvietà. Ma anche spazio fisico e architettonico. Perché il vuoto non assicura il concetto di esperienza, mentre l’idea di strutturato, meglio ancora se arredato, presuppone un pensiero. Che più facilmente entra in sintonia con l’esclusività, che genera piacere. E la shopping experience questo dovrebbe essere. Così, non è affatto banale ragionare su una casa per il lusso. Negli ultimi 15 anni questa idea ha tenuto impegnati Daniela e Franz Kraler, che hanno sperimentato, investito ingenti capitali e poi trovato diverse soluzioni. «Perché le mode cambiano per definizione e gli
ambienti che le ospitano devono saper tenere il passo. Solo così restano attraenti, capaci di trasmettere il senso dell’abitare un luogo anche se è solo di passaggio», spiega Daniela Kraler. È nato così un insieme di architetture con un ruolo fondamentale nella definizione dei criteri dello spazio commerciale: i negozi Franz Kraler a Dobbiaco – con nascente Fondazione culturale annessa – e a Cortina, in tre spazi lungo l’asse di corso Italia. Nelle sue lezioni al Politecnico di Milano, il grande Achille Castiglioni insegnava, parlando di design, che non si progettano prodotti ma comportamenti. Nel senso che ogni progetto
Tempi che cambiano. Il disegno del nuovo spazio di magazzini interrati del Franz Kraler di Dobbiaco che si fonde con la forza della natura circostante. Parlano le montagne attorno, mentre il progetto – che prevede nuove vetrine di uno spazio polifunzionale – vive la sua bellezza sotto un mantello di erba.
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floor is like a wonderland, where they can dress up, or be simply pampered. The themes of the architecture never put themselves above the objects on sale. It is the poor materials that become important, because they are versatile, while not being distracting. The oak walkways, that become more aesthetically pleasing as they get dirtier. The milled rods with insertion of LEDs in the boutique in Cortina (restructured in 2013) where the ceiling is a criss-cross of grid construction. And then, in the pearl of the Dolomites, the new tradition will arrive; the newest release from the Kralers, the shop on c. Italia 92, ex Ritz Saddler, where time will be precious, and luxurious, because it is there that it is stopped.
words GIOVANNI AUDIFFREDI
FROM DOBBIACO TO CORTINA, THE KRALERS HAVE DESIGNED PLACES WHERE THE SHOPPING EXPERIENCE IS A TRULY CONTEMPORARY RITUAL.
Io e gli angeli di RAFFAELE PANIZZA
M
atteo Thun è di umore r a g g i a nt e . Stato che si traduce in una postura d ’animo gentilmente sorniona, sardonica qua e là ma senza spigoli, da adulto sazio sdraiato davanti a un camino, con brandy sul tavolino, e conversazione soddisfacente a portata di mano. Il suo lungo nome di battesimo gli gira intorno rivelandolo a intermittenza, come fa una luminaria col suo abete
non è confezionato a dovere», suggerisce per esempio, pregustandosi una gag da realizzare alla sartoria Larusmiani di via Montenapoleone a Milano, allestita per le settimane che precedono le feste coi suoi iconici uccellini di cristallo. Artista del legno e delle nevi, sessantatré anni, nato nel castello gotico di Sant’A ntonio a Bolzano, figlio dell’inventrice degli angioletti Thun e di una dinastia che risale fino a San Vigilio, è il più natalizio, e caldo, degli architetti italiani. Creatore di luoghi-rifugio come gli hotel Vigilius e Pergola in Alto Adige, che sembrano tronchi di legno adagiati in un bosco, spazi cavi
tello che gestisce l’azienda. Che tra l’altro continua a crescere in modo prodigioso, producendo oggetti inutili». Che però compiono un gesto che ha qualcosa di metafisico, intuito persino da chi li snobba. Con la bocca, “flautano l’anima”. «Bella espressione, non ci avevo mai pensato. Anche se dietro in realtà ci sono scelte tecniche per produrre ceramica seriale: gli occhi son chiusi per evitare di dover disegnare le pupille ad esempio, col rischio di strabismo e inespressività. Il naso è a patata perché mamma usava un legnetto per bucarlo, creando così le
ARTISTA DEL LEGNO E DELLE NEVI, NATO IN UN CASTELLO GOTICO, FIGLIO DELL’INVENTRICE DEI CELEBRI PUTTI E DISCENDENTE DI UNA DINASTIA CHE RISALE A SAN VIGILIO, MATTEO THUN È IL PIÙ NATALIZIO DEGLI ARCHITETTI ITALIANI.
To enjoy luxury, it requires space. Space of time. But also space that is physical and architectural. In the last 15 years this idea has occupied Daniela and Franz Kraler. «Fashions change, and the environments that host them must always keep up. Only in doing so can they remain attractive , capable of transmitting the feeling of living in a place even if it’s only a fleeting visit», says Daniela Kraler. Hence a collective of architecture was born whose fundamental role was to address the definition of commercial space, as seen in Franz Kraler’s shops in Dobbiaco and their cultural foundation, and in Cortina, in their three spaces throughout Corso Italia. Achille Castiglioni pointed out that you don’t design a product, but you design a behaviour, thus ensuring that it always generates a reaction from the person it was intended to please. This was to come a lesson that the Kralers treasured when they decided that their first shop in Dobbiaco (l’A lexanders) would become strictly dedicated to communicating the idea of luxury. In 1989 this boutique was selling crocodile skin bags and the first items of clothing that Loro Piana and Prada were putting out into the market. Then came “The castle of light”, the idea to transform old stables into a concept store dedicated to the most important international brands. «It was a very ambitious project which initially we thought of in iron and cast iron, reinterpreting the original design of 1910. Then we became aware of the difficulty of executing this; we had a very strict timeframe and the Kralers would not allow suspending sales during the period of construction. They were reckless», explains the architect Andrea Marastoni. «So for this we deviated to wood and flexed larch and modelled it in every way possible. Thanks to the pragmatism of Franz we had already created the basement storage, and there we laid the moquette and created an industrial design space for where the shop would be transferred. It was a public success. At the same time, with Daniela’s positivity and heart we elaborated upon the furniture on the first and ground floor, which had been designed by the master of woodwork, Ivo Barth». The family lives on the top floor: «I wanted it to be completely different, as whenever I enter I have to feel as if I am on holiday» continued Daniela. In the store, the environments are more voyeuristic and ordered when they must communicate to a woman, and more labyrinthine, silent, almost shy, in the male selection. The children’s
addobbato: Matthäus Antonius Maria Graf von Thun und Hohenstein. Thun da parte di padre. Von Grabmayr da parte di madre. Genealogia di giuristi i cui membri di sesso femminile, tirannizzati nella gestione dell’hotel Scala di Bolzano, per decenni non avevano potuto né innamorarsi né prendere marito. Una discendenza nobile che dopo trentacinque anni vissuti a Milano emerge solo a tratti, in alcuni “vorrei” che suonano come ordini, se non addirittura capricci. «Le chiedo un favore: al cocktail di domani si avvicini a Philippe Daverio e, toccandogli il revers, gli faccia notare che il suo abito
all’interno dei quali famiglie di scoiattoli hanno raccolto le provviste e, chissà come, acceso un lumino che si vede in lontananza. Una ricerca di pienezza polisensoriale che lui indica con un parola tedesca, intraducibile in italiano, ma che Matteo Thun ritiene invece pienamente traducibile in architettura. Casa sua era tappezzata di angioletti? «Ma no! Nelle stanze di Castel Sant’Antonio, sinceramente, non sono mai entrati». Come spiegavate il loro successo planetario, in famiglia? «Le ragioni sfuggono a chiunque, a mia madre che li ha inventati come a mio fra-
narici. E a quel punto ne usava un altro più grande, per realizzare il foro della bocca, che sembra cantare. Un lavoro che tra l’altro ho fatto anch’io, tra i dieci e i quattordici anni: mi pagavano cinquecento lire al giorno». Il volto del puttino archetipo, l’“Angelo di Bolzano”, di chi è? «Nessuno lo sa veramente. Mamma ha lasciato intendere di essersi ispirata al mio viso, intorno ai 13 mesi, quando ero ciccione coi capelli ricci e la bocca sempre pronta a succhiare. Ma non l’ha mai confermato davvero, tant’è che qualcun altro sospetta che si tratti di mio fratello Peter».
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words R AFFAELE PANIZZA
BORN IN A CASTLE, SON OF THE INVENTOR OF THE FAMOUS CHERUBS, MATTEO THUN IS THE MOST “CHRISTMASSY” OF ITALIAN ARCHITECTS. Matteo Thun is in a radiant mood. A state which comes out in a politely mischievous manner, sardonic here and there but not sharp, of a sated adult lying in front of a fireplace, with brandy on the table, and satisfactory conversation at hand. His full name is Matthäus Antonius Maria Graf von Thun und Hohenstein: artist of the wood and snow, sixty-three, born in the Gothic castle of Sant’A ntonio in Bolzano, son of Thun the inventor of the little angels and a dynasty that dates back to St. Vigilius, he is the most christmassy and warm of the Italian architects. Creator of places of refuge like the Hotels Vigilius and Pergola in Alto Adige, that seem like wooden logs lying in a forest, hollow spaces within which families of squirrels have collected supplies and, somehow, lit a candle that you see in the distance. A search for multi-sensory fullness that he indicates with a German word, untranslatable into Italian, but that Matteo Thun believes is fully translated into the architecture instead. Was your house filled with little angels? «Not at all! In the rooms of Castel Sant’Antonio we never had any». How do you explain their global success, in the family? «The reasons defy anyone, from my mother who invented them to my brother who runs the business. A business that continues to grow prodigiously, producing useless little objects». Why were there no Thun ceramics, in your house? «For the same reason that I avoid having objects designed by myself
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today: it’s a matter of principle. I have created dozens of cups but i do not think to use one my own, to drink a coffee. I love things that last, the antiques or the porcelains of the family. Viewing and using the same things, does not help to think about the future». Does it not keep you a bit suspended, without the ground beneath your feet, being like that? “On the contrary. One has much more ground when seated in the chair of his grandmother». Which are your favourite porcelains? «Those made by Josef Hoffmann in the twenties and thirties for the Wiener Werkstätte, for example, so thin that they are translucent. Then I love those by Augarten. While my wife prefers Meissen». How was the Christmas table, in the castle? «We celebrated only on the night of the 24th. It was a simple table, with porcelain flowers from the nineteenth century. The food was just as simple: opulence, the big feast, goes against our idea of Christmas. With all due respect to the more Mediterranean Italy, of course». How about the tree? «The tree had to reach the ceiling, which in our house was almost eight meters high. While the men kept the kids occupied, the women of the house decked the tree, with real candles and decorations passed down from great-grandparents: Czech glass beads, crystal birds or antique gold balls, the same ones that were put in the rose gardens to keep away the birds. There was no limit to the imagination of the hostess». Designing buildings, how useful is it to recall these feelings? «Very. Because that which I try to embody is the spirit of a beautiful word: Gemütlichkeit, indicating a perception of profound and placid well-being linked to polysensoriality. If this office for example was a wood-panelled parlour, with a lit lamp on the table and a corner stove that emanated a certain type of heat, then the skin, the nose and the brain all at the same time would conjure a complete and intense sense of well-being». No five-star hotel, it would seem. «They live richly in the humble homes of peasants. And the more humble they are, the more intensely they are perceived. Places where the senses switch places, touch with the eyes and sight with the hands. Where space has an old patina. The farms of St. Martin im Kofel in Val Venosta, or the Walser houses, one can experience unequivocally». And your creations? «There is a house that i will build in Appenzell, Switzerland, one of the last places on earth where once a year the people vote in the square by a show of hands, only men, however. My client has agreed that I will build it for him without furniture, a house where the needs of sitting, or of being in bed and cooking will be incorporated into an architecturally fixed shell, without otherwise aesthetic interference». And what is left of design, in all this? «Design ruins everything. Try to go into a showroom in Via Durini or Via Turati in Milan and tell me if you feel the Gemütlichkeit, in places like this. Design is a deterrent to well-being, for as I understand it. When I create, I try to disturb as little as possible with its presence. And this is a rather controversial message, in case it hadn’t been understood».
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Progettando edifici, quanto le è utile richiamare alla memoria queste sensazioni? ÇMolto. PerchŽ ci˜ che cerco di incarnare • lo spirito di una parola bellissima, non traducibile in italiano: Gemütlichkeit, che indica una percezione di benessere profondo e placido legato alla polisensorialitˆ. Se questo ufficio per esempio fosse una Stube rivestita di legno, con un lumino acceso sul tavolo e una stufa allÕangolo che emanasse un certo tipo di calore, allora la pelle, il naso e il cervello proverebbero nello stesso istante un benessere completo, e molto intensoÈ. Non da hotel a cinque stelle, parrebbe. ÇLo vivi pienamente nelle case umili dei contadini. E pi• sono umili, pi• intensamente lo percepisci. Luoghi dove i sensi si scambiano di posto, tocchi con gli occhi e guardi con le mani. Dove lo spazio ha una patina antica. Nei masi di Sankt Martin im Kofel in Val Venosta, o nelle case Walser, si sperimenta in modo inequivocabileÈ. E nelle sue creazioni? ÇCÕ• una casa che costruir˜ ad Appenzell, in Svizzera, uno degli ultimi luoghi al mondo dove una volta lÕanno il popolo vota in piazza per alzata di mano, soltanto gli uomini per˜. Il mio committente ha accettato che gliela costruissi senza mobili, una casa dove le esigenze dello star seduti, o dello stare a letto e del cucinare saranno incorporate in un guscio architettonico fisso, senza ingerenze estetiche di altro tipoÈ. E del design cosa resta, in tutto ciò? ÇRovina tutto, strilla. Provi ad andare in uno showroom di via Durini o via Turati a Milano e mi dica se sente la Gemütlichkeit, in luoghi cos“. Il design • un deterrente al benessere, per come lo intendo io. Quando creo, cerco di infastidire il meno possibile con la sua presenza. E questo • un messaggio piuttosto polemico, in caso non si fosse capitoÈ. FINE
©JENS WEBER. FONDAZIONE STUDIO MUSEO VICO MAGISTRETTI
ENGLISHTEXTS.
p.154 We designed in the Milanese way Alpine. In alto: le residenze edel:weiss, Katschberg, in Austria, progetto di Matteo Thun. A destra: regesto figurato delle opere di Vico Magistretti dal 1953 al 1980.
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Disegnavamo alla milanese di FR ANCESCA MOLTENI
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a voce, roca e seducente, con la “erre” francese, tanto lombarda. I calzini rossi, il loden, la bicicletta, il telefono e la finestra. Tanti lo ricordano così, Vico. Le sue ossessioni, il suo modo di essere, senza fronzoli, un po’ british, essenziale nella vita e nel lavoro. In bicicletta, per le strade del centro di Milano, al telefono a raccontare i suoi progetti, o alla finestra dello studio in via Conservatorio, davanti alla chiesa di Santa Maria della Passione. Per Patricia Urquiola, che gli deve molto, è la voce. Vico e la sua voce. Per Stefano Boeri, che lo ha conosciuto davvero da direttore di Domus, è la finestra. Quanto mondo è entrato, in quella finestra, quanta Milano ha guardato, attra-
versandola come se non ci fossero confini. Da lì, Vico osservava l’opera del suo bisnonno, l’architetto Gaetano Besia, autore di Palazzo Archinto nel 1867, poi Collegio Reale delle Fanciulle. Continuità nella tradizione, una passione di famiglia. Magistretti lo ricordano così, Patricia Urquiola e Stefano Boeri, con affetto e riconoscenza, nei video che accompagnano la mostra Ho girato il mondo… Magistretti Viaggi Progetti, aperta fino al 29 dicembre 2015 alla Fondazione Magistretti. Un luogo incantato, tre piccole stanze dense di storie, lo studio museo dove Vico ha lavorato per sessant’anni, dal 1946 al 2006. Lo aveva ereditato dal padre, Pier Giulio, architetto anche lui, che negli anni 20 costruisce l’edificio all’angolo tra via Conservatorio e via Bellini. Sarà poi Vico a progettare, nel 1966, la casa
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words FR ANCESCA MOLTENI
VICO MAGISTRETTI, THE POSTWAR ERA, A NEW MILAN SKYLINE: ÇADÈ CONTINUES TO EXPLORE THE LIVES OF THE 20TH-CENTURY MASTERS. His voice, hoarse and seductive, with the ‘r’ as much French as Lombard. The red socks, the loden, the bicycle, the phone and the window. Vico, many people remember him like this. His obsessions, his way of being that was without finery, a bit British, simple and essential in both life and work. On his bicycle on the streets of Milan, on his phone recounting one of his projects, or at the window of his studio on Via Conservatorio, behind the church of Santa Maria della Passione. An enchanted place, three small rooms packed with history, now a museum. Here Vico worked for 60 years, from 1946 until 2006. He had inherited it from his father Pier Giulio, also an architect himself. Ludovico, Vico to everyone, was born in Milan in 1920. In 1939, after classical school, he applied to the Politecnico. In October 1943, he took refuge in Switzerland, where he followed the course of the Champ Universitaire Italien di Losanna. And it was there he met his mentor, Ernest Nathan Rogers, the founder of the studio BBPR. He returned to Italy in 1945, graduated at the Politecnico, and for a few months shared the studio with his father. Pier Giulio was “one of the most refined architects of the Milanese 20th century’” according to Virgilio Vercelloni. A father who had contributed to redefining the images of the new metropolitan bourgeoisie. After the war, everything changed, the time of reconstruction, of fracturing from the past. Vico was a part of the the promoters of the Movimento Studi Architettura (MSA), a group of young architects who met to discuss work, who wanted to reform society and culture. For Magistretti, the projects and the constructions “for the people”, which he dedicated himself to for decades, were also an educational project. It was a way to learn attention to detail, simplicity and common sense. And at the same time, an exercise to pinpoint the waste, the sign of the architect; expressiveness with few means. Very soon after, with these instruments , he confronted two important projects for Milan, the tower in the park at Via Revere between 195356, with Franco Longoni, and the palace for the offices on Corso Europa (1955-57). «I made it brown, the colour of the trunk of the tree», recounted Vico, «but no-one bought the apartments and so we bleached it».
ENGLISHTEXTS. Here we have an example of his “Lombardo” pragmatism which, in the years to come, would be appreciated both for the commission, and the capability to synthesize new architecture with classical tradition. The “Palladio della Brianza”, defined so by critic Fulvio Irace, became the architect of the holidays of the Lombardy aristocracy, with the Golf Club of Carimate, the house of Bassetti in Azzate, Schubert in Ello, Muggia in Barzate, Cassina in Carimate. «Cesare Cassina came to me» Vico said with irony «and he said to me: “but architect, couldn’t we just make this chair?’. And with this a long story of collaboration was born. In the 50s I designed almost exclusively architecture. I remember well that in 1960 I was supposed to design a house and I had a nervous breakdown. And I remember I thought: well, doing design, I get paid a game of golf». And so was born the celebrated Carimate chair of the 1960s, with understatement and awareness of his own craft. It was the turning point that would take him further afield, towards industrial design. He was interested by necessity, the needed objects for new houses, not designing the living rooms of countesses. Contact with people and reproducibility entranced him. How were his designs born? Through talking, through discussion. «I like the design concept which is completely clear to the extent that you cannot even design it. Many of my projects I have described on the telephone», said Vico. No technical designs, only some sketches and off he went, towards la Brianza, where there are the producers, the artisans, the inventors and the prototypes. The icons of our industrial design are children of this vision, they have ingrained themselves in our memory, getting as far as conquering the queen of England who name him, at the end of the 70s, in the Royal College of Art in London, as visiting professor. Because, if you are titled by the Queen you accept, even if “he who knows how to do, does, he who does not know how to do, teaches”. Pragmatism from the Palladio della Brianza.
Ma che bel castello di MARIAE GLORIA THURN UND TAXIS — fotografie di TODD EBERLE
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a prima volta che entrai nella corte di St. Emmeram fui travolta dalle dimensioni e dalla grandeur del palazzo. Non riuscivo a credere che era la casa dell’uomo con cui dovevo uscire, Johannes – il principe Johannes Thurn und Taxis, per essere precisi – undicesi-
rabili. E poi mi chiese di accompagnarlo a Regensburg. Avevo vent’anni. Lui cinquantatré. Il guardiano mi portò in giro per la casa, un tour che durò circa tre ore. Poi incontrai suo padre – un anziano e minuto signore di circa 85 anni. Mi ricevette nel suo salotto privato, che era pieno di uccelli, compresi pappagalli e un corvo che continuò a gracchiare durante la nostra conversazione. Il padre di Johannes parlava fluentemente otto lingue, e a me si
matrimonio da favola fu un sogno e gli anni trascorsero meravigliosi, senza un problema né una preoccupazione, solo divertimento e avventure. Johannes era un uomo generoso. Era felice del mio entusiasmo quando incontrai per la prima volta Keith Haring. I suoi lavori furono la mia prima acquisizione. Comprai il mio primo Basquiat alla galleria di Tony Shafrazi. E così cominciai la mia collezione, sponsorizzata da mio
LA FAVOLA (VERA, PERÒ) DI UNA PRINCIPESSA E DELLA SUA GLORIOSA MAGIONE, RACCONTATA DA LEI MEDESIMA: UN LIBRO RIPERCORRE PER PAROLE E IMMAGINI L’EPOPEA DEI THURN UND TAXIS. ECCONE UN’ANTEPRIMA.
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rivolse in ungherese, la mia lingua madre. Io ero cresciuta senza soldi perché entrambi i miei genitori avevano lasciato le loro proprietà per sfuggire ai bolscevichi. Mio padre era partito con un cavallo e un carretto insieme alla madre e ai fratelli e aveva poi trovato da lavorare in un obitorio per pagarsi gli studi di politica e diventare giornalista. (...) Capii immediatamente che Johannes era l’amore della mia vita. Il nostro
marito. Amava molto sia Andy (Warhol) sia Keith (Haring) e li invitò a palazzo. Vennero entrambi e Keith conquistò i miei figli. Prese il suo pennarello e gli disegnò tutta la stanza dei giochi. (...) Quando Johannes si ammalò, mi resi conto che i suoi amministratori se ne A palazzo. A destra: la principessa Mariae Gloria Ferdinanda Joachima Josephine Wilhelmine Huberta Thurn und Taxis.
COURTESY SKIRA RIZZOLI
p.158 Quite a castle mo principe della casata. Johannes e io ci eravamo incontrati la prima volta un paio di settimane prima a Monaco. Era il 1979. Lui dava un lunch al Bratwurst Glöckl, tipico ristorante bavarese, e suo nipote mi ci aveva portata insieme ad altri amici. Qualche giorno dopo Johannes si era fatto vedere al Café Reitschule. Avevo dei biglietti per un concerto, quella sera, ma Johannes mi aveva invitato a cena, così andai con lui. Diventammo insepa-
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words MARIAE GLORIA THURN UND TAXIS – photos TODD EBERLE
THE (TRUE) FABLE OF A PRINCESS AND HER MANSION: A BOOK RETRACES THE EPIC OF THURN AND TAXIS. HERE’S A PREVIEW. The first time I drove into the courtyard of St. Emmeram, I was totally overwhelmed by the size and grandeur of the palace. I could hardly imagine that this was the home of my date, Johannes—Prince Johannes Thurn und Taxis, to be precise—the eleventh Prince of the
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House of Thurn und Taxis. Johannes, my late husband, and I had met just a couple weeks before in Munich in 1979. He had given a luncheon at Bratwurst Glöckl, a typical Bavarian restaurant, and his nephew Johannes Schoenborn brought me there, along with other friends. A few days later, Johannes walked into Café Reitschule, an afternoon hangout. My friends and I had concert tickets that night, but Johannes asked me to dinner, and so instead I decided to go with him. We had a wonderful time together and from that evening on, we were inseparable. One day he asked me to drive to Regensburg. He was fifty-three; I was twenty. The palace guardian showed me around the house, a tour that took about three hours. Then I met his father — a skinny, short gentleman with a huge nose — who was about eighty-five years old. He welcomed me in his drawing room, which was filled with birds, including parrots and a crow who screamed and croaked while we conversed. He spoke about eight languages fluently, and so we talked in Hungarian, my mother tongue. I grew up with no money at all because both of my parents had fled their families’ estates to escape the Russian Bolsheviks. My father left in a horse and carriage with his mother and very young brothers and sisters. Later, my father worked in a morgue to finance his political studies and then he became a journalist. I knew instantly that Johannes was the love of my life. Our fairy-tale wedding passed by like in a dream. The years went by in our wonderfully pampered life. No worries, no problems—just fun and adventure. My husband was very generous. He was amused by my enthusiasm when we first met Keith Haring. Keith Haring’s works were my first art acquisitions. I bought my first Basquiat at Tony Shafrazi’s gallery. This is how I started to collect. He sponsored my new passion. He was very fond of Andy and Keith and invited them to visit Regensburg Palace. They both came and Keith got a real kick out of my kids—he loved to play with them and, of course, to paint with them. He took his Edding marker and drew all over the door of the playroom. One day, Johannes started to feel ill. It was at this time that I realized that his administration was taking advantage of him. In the midst of this rough patch, my darling Johannes passed away. My children, who were still very young, and I were left in the huge St. Emmeram all by ourselves. And when my children went abroad to study, I remained in my east wing apartment thinking about the future, including how to make the palace more attractive for the public. Today, the palace has fully renovated facades and a new twenty-thousand-square-meter roof. We founded an open-air summer festival, the Thurn und Taxis Schlossfestival. We also established a Christmas market, which is held in the palace’s courtyard and gardens for four weeks before Christmas. Most of the rooms in the palace are open to the public. We lived in a very wonderful, small, prefabricated house, and we four children all had our own rooms. Of course, I had my fantasies and dreams as a little girl and I always saw myself married to a prince. But to be honest, I was so busy trying to work, by picking apples and cherries at a farm or making pottery for a little bit of money, that I had little time to dream. By the time my real prince came, I had forgotten my childhood dream. After it had come true, I remembered. THE END
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FINALE.
UN OGGETTO, UNA CASA, UNA STORIA.
“ .” PATRICK TUTTOFUOCO: LA MISTERIOSA RAGAZZA DELLA SENNA «La trovai in un mercatino, l’Inconnue de la Seine. Mi dissero che si chiamava così, “la Sconosciuta della Senna”, e già sembrava l’inizio di un film. È una storia nota: secondo la leggenda si tratta della MASCHERA MORTUARIA di una ragazza rinvenuta senza vita nel fiume, che un dipendente dell’obitorio trovò talmente bella da volerne fare un calco. L’immagine cominciò a circolare fino a diventare una specie di archetipo. In realtà, molto probabilmente, questa giovane dai tratti angelici era una prostituta, una donna di strada, poiché nessuno era venuto a reclamarne il corpo. Ma è proprio il contrasto tra la serena delicatezza dei suoi tratti e del sorriso – sembra stia dormendo – e la sua fine violenta ad affascinarmi tanto. Ora la sculturina è installata sulla parete del salotto e io, che spesso nel mio lavoro riproduco volti umani, mi sono sorpreso più volte a studiarne la fisionomia e a ripensare a quella vicenda dolce e truce».
PATRICK TUTTOFUOCO, 1974, è un artista italiano di casa a Berlino. Ha appena inaugurato l’opera Welcome all’HangarBicocca di Milano. Pagina a cura di Marta Galli.
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N.1 - DICEMBRE 2015
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
EDITORIALE. Da quando abbiamo deciso di dedicare su «AD» uno spazio fisso ai GIOIELLI NASCOSTI del patrimonio architettonico e artistico italiano, i nostri cassetti scoppiano di bellezza: un continuo flusso di segnalazioni e proposte, un’ inesauribile carrellata di piccoli musei, chiese, case, nuove strutture e angoli solo apparentemente dismessi. Sono luoghi che, pur lontani dai riflettori, celano il senso autentico del nostro Paese, e ne sanciscono un ruolo nel mondo. Impossibile trovare spazio per tutti nel nostro mensile. Così nasce «AD Collection». Questo Speciale, dunque, è solo l’inizio di un viaggio potenzialmente lunghissimo. Contiene foto d’autore e racconti su alcuni di questi gioielli, e una prima selezione di CREATORI DI BELLEZZA : artigiani e aziende che, con il loro lavoro, riempiono di significato - ciascuno secondo il proprio stile - la promessa di copertina. Qui c’ è un pezzo del meglio d’Italia, almeno secondo «AD». Buon divertimento. Ever since we decided to create a regular space in «AD» for THE HIDDEN GEMS of Italian architectural and artistic heritage, our desktops have been cluttered with beauty: an endless flow of indications and proposals, a treasure trove of small museums, churches, houses, new structures and corners only apparently forgotten. Places far from the spotlights that conceal the authentic meaning of our country, and ratify its role in the world. It is impossible to find room for them all in our monthly
magazine. So we have come up with «AD Collection». This special issue, then, is only the beginning of a potentially very long journey. It contains fascinating photographs and narrations of some of these gems, and an initial selection of CREATORS OF BEAUTY : artisans and companies that with their work bring meaning – each with their own style – to the promise on our cover. Here’s a piece of the best of Italy, at least according to «AD». Enjoy.
SOMMARIO. PRIMO PI A NO.
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ARTIGIANI D’ITALIA
Diversi per stili e provenienza, uniti dalla ricerca dell’eccellenza: dodici interpreti della migliore manifattura artistica selezionati e raccontati da AD. CRAFTSMEN OF ITALY. Different in style and background, united by the pursuit of excellence: twelve exponents of the finest crafts, selected and narrated by AD.
STORIE .
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I GIOIELLI DI CASA NOSTRA
Quattro meraviglie di architettura e design, dal Museo del Vetro di Venezia alla chiesa di San Lorenzo a Porto Rotondo; dal labirinto della Masone a Fontanellato al Museo Alfa ad Arese. OUR VERY OWN JEWELS. Four wonders of
architecture and design, from the Venice Glass Museum to the church of San Lorenzo at Porto Rotondo, the Masone Labyrinth at Fontanellato to the Alfa Romeo Museum in Arese.
DOSSIER .
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VIAGGIO NEL MADE IN ITALY
Un percorso alla scoperta di aziende prestigiose, nei mondi più vari, dagli arredi ai gioielli, fra tradizioni secolari e sapienze produttive. VOYAGE IN MADE IN ITALY. A path in search of prestigious companies, in a wide range of worlds, from furniture to jewelry, amidst age-old traditions and productive know-how.
EMANUELE FARNETI
[email protected] Direttore Responsabile EMANUELE FARNETI
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In copertina. Un’applique di Peppino Campanella, foto di Stefania Giorgi. Nella seconda e terza di copertina, due fasi della lavorazione del vetro nella fornace Ferro & Lazzarini di Murano, foto di Isabella De Maddalena. Quarta di copertina: una creazione di Costanza Algranti, foto di Denise Bonenti. On the cover. Applique by Peppino Campanella, Ph. Stefania Giorgi. Front/ back inside covers, phases of glassmaking at Ferro & Lazzarini, Murano, ph. Isabella De Maddalena. Back cover: creation by Costanza Algranti, ph. Denise Bonenti.
Creative Director CHRISTOPH RADL Hanno collaborato a «AD Collection»: Denise Bonenti, Ferdinando Cotugno, Mario Davoli, Nicoletta del Buono, Isabella De Maddalena, Luigi Fiano, Marta Galli, Stefania Giorgi, Alessandra Ianniello, Giovanni Montanaro, Gloria Pasquinelli, Filippo Romano, Franca Rottola, Antonio Saba, Matteo Sartori, Barbara Vergnano; Stephen Piccolo e Richard Peace (traduzioni); Studio Diwa (revisione testi). Direttore Responsabile: Emanuele Farneti. Copyright © 2015 per le Edizioni Condé Nast. Registrazione del Tribunale di Milano n. 98 del 7.3.1981. La Edizioni Condé Nast S.p.A. è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 6571. Stampa: Elcograf S.p.A. Beverate (Lc) - Printed in Italy.
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ART IGIANI D’ITALIA testi di BARBAR A VERGNANO
In queste pagine «AD» ha selezionato dodici interpreti della più sofisticata manifattura artistica nel settore dell’arredamento. È il racconto di una produzione orgogliosamente di nicchia, che sposa eccellenza tecnica, qualità progettuale e sensibilità contemporanea con le nobili tradizioni del nostro savoir-faire. An itinerary through a selection of exponents of the most sophisticated artistry in the furnishings sector. Niche production that combines technical excellence, design prowess and contemporary sensibilities with the noble traditions of our national savoir-faire.
Una lastra, usata per il piano di un tavolo, realizzata con grondaie di recupero da Costanza Algranti. A plate, used for a table top, made with gutters recovery from Constanza Algranti.
Laboratorio. Gennaro Avallone nel suo atelier nella vecchia Milano (a sinistra). Al centro: pannello con decorazione a trame. In basso a destra: un’opera recente.
Workshop. Gennaro Avallone in his atelier on a courtyard of old Milan (left). To his right: a panel with a decorative pattern. Right, below: a recent work.
RESTANDO DI STUCCO ispirazione dal passato per rivestire oggetti d’uso con una patina di magia.
ALESSANDRA IANNIELLO
GENNARO AVALLONE trae
Da 25 anni lavora nel suo loft di Milano. Gennaro Avallone è tra gli artigiani-artisti italiani più celebrati a livello internazionale. Realizza arredi con la tecnica dello stucco, di seicentesca memoria. Quest’arte consiste nell’applicazione di una sottile patina di calce e gesso su delle armature lignee e fili metallici tenuti insieme da un impasto di calce e sabbia. La difficoltà è accentuata dalla rapida essiccazione dell’impasto di grassello che non lascia margini d’errore. Il laboratorio Avallone rinnova questo materiale nelle patine, finiture, forme e modelli. □ gennaroavallone.com
¿ PLASTERED Renaissance inspiration prompts Gennaro Avallone to coat useful objects with archaic surfaces. For 25 years, he has worked in his loft in Milan. Gennaro Avallone is one of the most famous Italian artisan-artists, on an international level. He makes furnishings with the stucco technique, dating back to the 1600s. This art involves the application of a thin layer of lime and plaster on wooden framework and metal wires held together by a mixture of lime and sand. The difficulty lies in the rapid drying of the slaked lime, which leaves no margin of error. The Avallone workshop renews this material in terms of finishes, forms and models.
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ANIMA FRAGILE Scultore di luce, PEPPINO CAMPANELLA crea oggetti luminosi con vetri riciclati e materiali poveri in un laboratorio affacciato sul mare.
Miscele. Dall’alto in senso orario: Peppino Campanella; un particolare della lavorazione di una lampada; lampada Cuore in vetro e lega di stagno; Polignano dalla terrazza del laboratorio.
L’antico frantoio di famiglia, a Polignano (BA), è diventato il luogo della creazione di sculture luminose dalle forme ispirate a elementi della natura. È qui che i vetri di riciclo, usati per crearle, vengono sfaccettati e smussati a mano, assemblati con lo stagno, alternati a pietre locali e ad altri elementi poveri come le conchiglie. Questa lavorazione esalta la naturale luminescenza, dando una nuova vita al vetro. Il risultato è una serie di pezzi unici: plafoniere, lampadari, appliques e luci da tavolo e da terra. □ peppinocampanella.it
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¿ FRAGILE SOUL A sculptor of light, Peppino Campanella creates luminous objects with recycled glass and humble materials in a workshop facing the sea, an inspiration for his work. An old family olive oil mill in Polignano (BA) has become the place of creation of luminous sculptures with forms based on nature. This is where recycled glass is shaped and polished by hand, assembled with tin, alternated with local stones and other humble parts like seashells. The work brings out the natural glow, giving new life to the glass. The pieces are one-offs: ceiling lamps, chandeliers, appliques, table and floor lamps. □
STEFANIA GIORGI
Mixtures. Clockwise from top: Peppino Campanella; close-up of the making of a lamp; the Cuore lamp in glass and tin alloy; Polignano seen from the workshop.
Sabbie. Ritratto di Giorgia Brunelli. Sopra: piattini da dolce, ciotoline e una foglia per la marmellata. Sotto: caraffe, tazze e bottiglie. Sands. Portrait of Giorgia Brunelli. Above: dessert plates, bowls and a leaf for jam. Below: carafes, cups and bottles.
LA TAVOLA NEL BOSCO
DENISE BONENTI. ITALIAN STORIES
Ceramiche per addolcire il quotidiano: sono le poesie di GIORGIA BRUNELLI . Un maso in Trentino è il laboratorio dove Giorgia Brunelli sperimenta cotture a temperature elevate, ottenendo una materia speciale molto simile alla porcellana. Produce così una collezione di oggetti d’uso con un impasto di terra finissima, usando una tecnica che affonda le sue radici nella storia dell’arte applicata del Nord Italia. Il bosco ispira le sue creazioni, di stagione in stagione. Ma permane negli oggetti, che mutano forma e uso, un’identità fortissima fatta dallo speciale colore blanc cassé e dalla materia sabbiosa, che trasmette autenticità. □ giovelab.it
¿ THE HOUSEHOLD TABLE CONCEIVED IN THE WOODS Ceramics to sweeten everyday life. The poetry of Giorgia Brunelli. A farmstead in Trentino is the workshop where Giorgia Brunelli experiments with high-temperature firing, obtaining a special material that is very similar to porcelain. She makes a collection of useful objects with very fine clay, using a technique with deep roots in the history of crafts in Northern Italy. She looks to the forest for inspiration, season after season. The objects change their forms and uses, but a very strong identity remains, made of the special blanc cassé color and the sandy material that conveys a sense of authenticity. □
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Riconversione. A sinistra: ritratto di Davide Grosso, nel suo laboratorio (qui sopra). In alto: tavolo in lamiera accostato a una lampada di ferro, ingentilita da un “cappello” di paglia. Sotto: scrivania oversize, citazione dell’antiquariato francese. Conversion. Left: portrait of Davide Grosso in his workshop (above). Top: a sheet metal table combined with an iron lamp, enhanced by a “straw hat”. Oversized desk, a French antique.
MACCHINA DI FERRO
L’originalità delle creazioni di Davide Grosso parte dalla conoscenza del ferro e della tradizione del mobile. «Il progetto è frutto di un serrato confronto con la storia», dice Davide, che nel 1998 ha aperto il laboratorio GLab, a Milano. Ai materiali ferrosi, addomesticati da macchine laser a controllo numerico nate per la produzione seriale di pezzi per l’indotto dell’auto, nel lavoro di Grosso si accoppiano la laccatura veneta settecentesca e la doratura a guazzo. Oggi propone una collezione di arredi arricchiti da ossidazioni o interventi pittorici. □ glab.it
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¿ IRON MACHINE Laser-turned sheet metal meets lacquer and gilding. And then painting and oxidizing... The furniture of Davide Grosso. The originality of the creations of Davide Grosso starts with knowledge of iron, and the tradition of furniture. «The project is the result of constant research on history», says Davide, who opened the GLab in Milan in 1998. Ferrous materials tamed by numerically controlled laser machinery invented for mass production of automotive parts are combined, in Grosso’s work, with 18th-century Venetian lacquer and gouache gilding. Today he offers a collection of furnishings enhanced by oxidizing and painting. □
DENISE BONENTI
Lamiere tornite dal laser si fondono con lacche e dorature. E poi la pittura, l’ossidazione... Nascono così i mobili di DAVIDE GROSSO.
VECCHIE RUGGINI Cere, patine, segni del tempo nelle mani di NICOLA FRIGNANI danno nuova forma alla materia. Fin dalla sua comparsa sul palcoscenico dell’arte applicata italiana Nicola Frignani brilla per originalità di forme e di materiali. Siamo negli anni 90 quando la prima collezione di Wunderkammer Studio, il marchio di Nicola e dei suoi fratelli Claudia e Mattia, stupisce con forme zoomorfe, fusioni in alluminio, uso di legni con patine ricercate, superfici trattate con ripetuti passaggi, perché gli ossidi e le cere diano il risultato desiderato. E anche la ruggine viene piegata ai desideri del maker. Oggi Nicola propone una nuova linea, NB Milano. □ nbmilano.com ¿ OLD RUST Waxes, patinas, signs of time, in the hands of Nicola Frignani. Since his debut on the Italian crafts scene Nicola Frignani has stood out for originality of forms and materials. The first collection of Wunderkammer Studio, the brand of Nicola and his siblings Claudia and Mattia, dates back to the 1990s, with its amazing zoomorphic forms, aluminium castings, the use of wood with refined patina, surfaces treated in repeated steps to achieve the desired results from oxides and waxes. Even rust is placed at the service of the maker’s urges. Today Nicola offers a new line, NB Milano. □ Interni. Nicola Frignani nella sua casa milanese. Sotto: oggetti e mobili di Frignani nelle stanze dell’abitazione.
DENISE BONENTI
Interiors. Nicola Frignani in his home in Milan. Below: objects and furnishings by Frignani.
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Animals. A sinistra: Massimo Lunardon. Sopra e sotto: tre pezzi della sua collezione in vetro soffiato. Animals. Left: Massimo Lunardon. Above and below: three pieces from his collection in blown glass.
SOTTO VETRO SPINTO
«La mia necessità di sperimentazione», spiega Lunardon, «è lo stimolo a vivere, raccogliere le sfide delle aziende con cui collaboro, e superare i limiti della materia, il vetro». Apre nel 1996 un suo laboratorio, oggi factory, a San Giorgio di Perlena (VI), dove si sperimenta per portare le capacità plastiche del vetro fino al limite costituito dal materiale. Il risultato è una collezione di bicchieri, tazze, caraffe, ciotole, alzate, cupole vasi e centrotavola, piatti e altri oggetti d’uso di vetro soffiato. Nel 2015 nasce la collezione Poets. □ massimolunardon.it
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¿ UNDER GLASS Nails, flatware, sheaths, the most curious forms, become cages and guardians of transparencies taken to extremes in the work of Massimo Lunardon. «My need to experiment is a stimulus to live», says Massimo, «approaching the challenges posed by companies, and surpassing the limits of the material, glass». In 1996 he opened his workshop, now a factory, at San Giorgio di Perlena (VI), where he conducts research to take the plastic possibilities of glass to new extremes. The result is a collection of glasses, cups, carafes, bowls, bell jars, vases and centerpieces, plates and other useful objects in blown glass. The Poets collection begins in 2015. □
MARCO ZANIN/fabrica
Nell’opera di MASSIMO LUNARDON chiodi, posate, guaine diventano gabbie e guardiani di inedite trasparenze.
ARTE ETN(IC)A Nella sartoria di EUGENIO VAZZANO, dove stoffe introvabili sono cucite all’americana. Eugenio Vazzano, siciliano, racconta: «Dopo gli studi a Firenze e una lunga permanenza a Miami, sono tornato a Melilli», e qui, in provincia di Siracusa, ha dato vita a una collezione tra fashion e home collection con la tecnica quilt propria dei nativi americani. I tessuti sono di recupero, sete italiane e lane con trame spesse. Colore dominante il “nero Etna” e il “maltinto”, pittura schizzata a mano con un occhio rivolto all’arte contemporanea. Copriletti, plaid e tovaglie “fatte in Sicilia con le mani e con il cuore” partono per il mondo con eleganza italiana. □ eugeniovazzano.it
¿ETNA ART The tailor shop of Eugenio Vazzano where the rarest fabrics are sewn in American style. Eugenio Vazzano, from Sicily, recalls: «After studying in Florence and a long stay in Miami, I came back to Melilli (SR)», where he created a fashion and home collection using the quilting technique borrowed from the Native Americans. The fabrics are recycled, Italian silks and wools with thick weaves. The dominant color is “Etna black” and “maltinto”, paint daubed by hand with an eye on contemporary art. Bedspreads, blankets and throw cushions, tablecloths “made in Sicily with hands and heart” set forth to fill the world with Italian elegance. □
Handmade. A destra: Eugenio Vazzano nel giardino del suo laboratorio di Melilli (SR). In alto: sciarpe di velluto. Sopra: l’archivio delle pezze. Sotto: un cuscino cucito con tecnica quilt.
STEFANIA GIORGI
Handmade. Right: Eugenio Vazzano in the garden of his workshop in Melilli (SR). Top: velvet scarves. Above: the remnants archive. Below: a quilted cushion.
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CUORE DI PIETRA estrae la natura del design.
RENZO BUTTAZZO
Renzo Buttazzo, artista leccese di fama internazionale, scultore e designer, è autore di una collezione di lampade pezzi unici e una di sedute e complementi di arredo: fermalibri e vasi. Interprete, sempre, la pietra. E lui racconta: «La materia va trattata con amore e rispetto. Prima conosci il suo respiro, poi la puoi ascoltare». Il suo atelier è Petre a Lecce. Buttazzo collabora con i più importanti brand italiani del living, da B&B Italia ad Armani Casa, da Boffi a Poltronova. □ renzobuttazzo.it ¿ HEART OF STONE In his works, Renzo Buttazzo extracts the nature of design. Renzo Buttazzo, the internationally acclaimed artist from Lecce, sculptor and designer, is the maker of a collection of one-off lamps, and another of seating and furnishing accessories: bookends and vases. He always works with stone. In his words: «Material, treated with love and respect. First you have to know how it breathes, then you can listen». His atelier is Petre, in Lecce. Buttazzo works with leading Italian brands, from B&B Italia to Armani Casa, Boffi to Poltronova. □ Ottico. A sinistra: Renzo Buttazzo. Sotto da sinistra: l’interno del suo laboratorio, un antico arco nel centro storico di Lecce, vasi decorati e un particolare della lavorazione della pietra.
STEFANIA GIORGI
Optical. Left: Renzo Buttazzo. Below from left: the interior of his workshop, an old arch in the historical center of Lecce, decorated vases and a detail of the working of stone.
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Camouflage. Sopra: Costanza Algranti. In alto a sinistra: fasi di lavorazione. A sinistra: armadio a parete e scrivania di legni riciclati. Camouflage. Above: Costanza Algranti. Upper left: phases of workmanship. Left: wardrobe and desk in recycled wood.
TUTTO SI TRASFORMA
DENISE BONENTI
Bancali, grondaie, botti: raccoglie materiali di ogni genere COSTANZA ALGRANTI . E con arte applica l’estetica del riciclo per mobili, lampade, specchi, pavimenti. Dice di lei Michele De Lucchi: «E poi c’è… la mano, la mente, la filosofia, il gusto, la poesia della toscanaccia che tutto questo combina insieme nella maniera apparentemente più naturale in forma di mobili, sculture, arte, design e di cose che servono nelle case». Dunque il plus dei manufatti di Costanza Algranti non è il riciclo, ma i risultati che ottiene, ai loro massimi livelli nei lavori su commissione: le lamiere, le lastre di rame e i legni usati e rovinati dall’uso vengono riprogettati con scrupolo e riadattati a nuovi spazi e a nuove esigenze. Raccontano una storia, hanno già avuto una vita, sono sopravvissuti. □ costanzaalgranti.it
¿ EVERYTHING IS TRANSFORMED Pallets, gutters, barrels, materials of all kinds, gathered by Costanza Algranti. With art, she applies the aesthetic of recycling. Michele De Lucchi says: «Then there is… the hand, the mind, the philosophy, the taste, the poetry who puts all this together in the apparently most natural way, in the form of furniture, sculptures, art, design, things that are useful in the home». What is prized about the creations of Costanza Algranti is not the fact that they are recycled, but the results she achieves, at the highest levels in the commissioned works: sheet metal, plates of copper, wood used and ruined by use, redesigned with great care and adapted to new spaces. □
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NUOVE STRADE PER ANTICHI IMPASTI Dall’arte sacra a trame “tessute”, FRANCESCA CARALLO fa rivivere la via della cartapesta. Nascono in Salento le opere manufatte di Francesca Carallo, che dal 1995 crea una collezione di complementi d’arredo, sculture “da casa”, luci e oggetti con la cartapesta, materiale adottato per quattro secoli dagli artisti leccesi, che la utilizzavano per realizzare arte sacra salvo poi abbandonarla perché considerata poco nobile. Nelle mani di Carallo questo impasto assume la matericità del tessuto e veste quindi gli oggetti con forme, intrecci, frange, plissé e ricci. I colori usati sono vivacissimi e l’effetto è scenografico. La più nota delle sue opere è la Bola luminosa, una grande palla traforata dall’interno della quale filtra la luce, creando sul muro ombre teatrali. □ francescacarallo.it
¿ NEW PATHS FOR ANCIENT MIXTURES From religious art to “woven” patterns, Francesca Carallo brings the art of papier mâché back to life. In Salento, since 1995 Francesca Carallo has created a collection of furnishings, “home” sculptures, lights and objects in papier mâché, a material used for four centuries by artists from Lecce, mostly for religious art. It was later considered insufficiently noble, and abandoned. This mixture takes on the materic virtues of fabric and clothes the objects created by Francesca with forms, weaves, fringes, pleats, ruffles. The colors are very lively, the effect theatrical. Her most famous work is the Bola luminosa, a big ball perforated from the inside through which light filters, creating striking shadows on the wall. □
Merletti. A sinistra: Francesca Carallo ritratta nel suo studio sotto la sua Bola luminosa. Sopra e in basso: vasi di cartapesta. Sotto: particolare della materia.
STEFANIA GIORGI
Lace. Left: Francesca Carallo in her studio, beneath the Bola luminosa. Above and bottom: vases in papier mâché. Below: detail of the material.
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Materici. Sopra: i fratelli Francesco e Giuseppe Emblema. A sinistra dall’alto: il giardino espositivo del laboratorio, pannelli luminosi, un tavolo dell’ultima collezione.
Materice. Above: the brothers Francesco and Giuseppe Emblema. Left, from top: the garden of the workshop, luminous panels, a table from the latest collection.
CREATIVITÀ VULCANICA
DENISE BONENTI
Lapilli e pomici nella colata lavica che forgia i mobili di FRANCESCO E GIUSEPPE EMBLEMA. Francesco e Giuseppe Emblema, ideatori del marchio Emblema Opificio di Terzigno (NA), progettano e costruiscono mobili e complementi. Il loro lavoro parte dall’essenza del territorio vesuviano: la pietra lavica. Con questa materia ostile e malleabile sin dal 1987 toccano orizzonti d’avanguardia per immagine e per approccio creativo. L’impasto lavico, costituito da lapilli, pomici, pozzolane, schiume e sabbie, viene modernizzato nelle possibilità espressive: l’accento dai barocchi rigorismi formali della tradizione napoletana si pone sul gusto contemporaneo. □ opificioemblema.it
¿VOLCANIC CREATIVITY Lapilli and pumice, in the lavic pour that forms the furnishings. Francesco and Giuseppe Emblema, creators of the brand Emblema Opificio of Terzigno (NA), design and make furniture and accessories. Their work starts with the essence of the Vesuvian territory: lavic stone. With this hostile and malleable material, since 1987 they have been in the vanguard in terms of imagery and creative approach. The lavic mixture composed of lapilli, pumices, pozzolanas, foams and sands, gets modernized in terms of expressive potential: the accent of Baroque formality of the Neapolitan tradition meets with contemporary taste. □
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LU CE La sabbia, il mare, il calore della fornace, il bolo: così, da secoli, prende forma il prodigio del VETRO . Uno scrittore visita il museo dedicato a quest’arte antica, fatta di leggerezze e infinite trasparenze. testo di GIOVANNI MONTANARO fotografie di ISABELLA DE MADDALENA
Translation: see page 92.
M
i stupisco sempre a guardarle, nella prima sala del museo, nera, con tutta questa luce chiara che viene dalle teche. Sono bottiglie, ampolle, brocche. Sono piccole; ce ne sono di bizantine, di medievali, ma altre di romane, ancora più antiche. Non hanno fregi né decorazioni, talvolta sono storte, al massimo con colli lunghi, o basi larghe, o sono blu, o gialle. Sembrano essersi incurvate, rimpicciolite. Hanno la fragilità e la strana grazia della vecchiaia. Sono belle. Stupisce che siano ancora qui, così delicate, che basterebbe niente per romperle, eppure non è mai successo, in centinaia e centinaia di anni, anche se sono state magari sottoterra, o di casa in casa, tra eredità e furti, doni e compravendite. A vederle, si capisce che il vetro è umano, è creato. È stata forse un’invenzione, o un dono. La leggenda vuole che alcuni mercanti fenici, in riva al fiume Nahr-Halu, in Siria, una sera fredda, senza legno, per scaldarsi e cuocere abbiano infuocato dei blocchi di salnitro; al risveglio, si accorsero che la sabbia sotto il falò si era fatta di tante scaglie di un materiale nuovo, trasparente, inspiegabile. È una reazione chimica,
che la presiede; sparse in mezzo all’acqua c’erano isole per far crescere frutta e verdura, come Sant’Erasmo, o per aspettare e immagazzinare il sale, come Torcello, e poi anche isole per pregare, come San Francesco o San Lazzaro, o per tenere i malati e i marinai in quarantena, come le due isole chiamate Lazzaretto, Vecchio e Nuovo. A Murano, invece, si produce. E si protegge il vetro. Anche qui, in questo Palazzo Giustinian (Fondamenta Giustinian, 8), bianco, gotico fiorito, leggero, che ha riaperto a febbraio con un nuovo allestimento. Era una dimora patrizia, e mi immagino qui dentro, e fuori nel giardino antico, le feste, e lampadari dove ardevano candele, labbra che cercavano bicchieri, mani salde sui manici di caraffe piene di vini pastosi. Nel 1689, questo palazzo diventa la sede della Diocesi di Torcello, che poi è stata abolita, e quindi la sede del Comune di Murano, abolito anch’esso. Era una casa, e ancora oggi si entra in una casa, con lo scalone e gli affreschi settecenteschi di Francesco Zugno, gli ambienti dove un tempo si dormiva e si aspettava, si piangeva e si mangiava, e tutte le finestre che danno sul canale. Dall’Ottocento, Palazzo Giustinian diventa il baricentro del vetro di Murano. È il periodo più buio, caduta la Serenissima. Ma c’è un gruppo di muranesi, in particolare un religioso, l’abate Vincenzo Zanetti, convinti che il vetro non
«Stupisce che siano ancora qui, così delicate, che basterebbe niente per romperle, eppure non è mai successo, in centinaia d’anni, anche se magari sono state sottoterra, o di casa in casa, tra eredità e furti». in fondo, niente di più. Ma è come una poesia. Il vetro nasce per impazzimento, perché la sabbia silicea, resa incandescente, viene raffreddata così velocemente che non ritrova la struttura originaria, e gli atomi si dispongono dove capita, creando una struttura fragilissima, come se si fossero arresi alla luce. La sabbia, il mare. Qui c’è l’Adriatico che sa di sale, e la laguna che lo accoglie. Murano, però, non è fragile; i canali, il sapore di Venezia, le logge dell’antica basilica di Santa Maria e Donato stanno vicine alle fornaci, solide, che sanno di industria, con i mattoni rossi, i fumi, i tubi, i forni. Non è un caso, che il vetro sia qui. I “fiolari”, i soffiatori di “fiole”, ossia di bottiglie con un lungo collo e un corpo arrotondato, erano a Rivoalto, il primo insediamento veneziano. Ma, nel 1295, la Serenissima dispose il trasferimento di tutte le fornaci a Murano. C’era il rischio degli incendi, prima di tutto, in città fatte di legno. C’era l’inquinamento. Ma c’era anche la furbizia; confinare i maestri vetrai significava proteggere i loro segreti. Ai maestri la Serenissima dava privilegi, tra cui la possibilità di sposarsi con i patrizi. Ma comminava severe punizioni per chi esportava allume e sabbia o espatriava, proibendone anche il rientro. E c’è, soprattutto, da considerare che Venezia non si capisce senza la sua laguna, e l’organizzazione sociale ed economica
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è ancora finito. Così si rivolgono al Comune, che dà loro l’uso di una stanzetta, qui, per raccogliere un archivio, e fare una piccola esposizione, per ricordare, ritrovare quello che è stato Murano, e che nessuno vede più da secoli, chiuso nelle case private. I donatori sono numerosi, capiscono l’importanza che tutti vedano cos’era, l’eccellenza, cos’era, Murano; presto lo spazio non basta più, e ci si allarga, di stanza in stanza fino a tutto il palazzo. E allora non solo si fonda un vero e proprio museo, ma si decide anche di fare una scuola, perché il vetro non muoia, perché il vetro ricominci. Qui dentro, nel museo, uno dei musei civici veneziani, oggi si fa un viaggio nel tempo, e si capisce che il vetro è sempre lo stesso, ma è sempre diverso. Dalle prime, umili, utili creazioni medievali (segue a pagina 20) Virtuosismi. A destra: nella Sala del 700, un trionfo da tavola del 1760 in cristallo e vetro raffigurante un giardino all’italiana. In apertura: nel Salone centrale, un lampadario in cristallo con 60 bracci, Murano, 1864. Virtuosity. Right: in the Hall of the 1700s, a centerpiece from 1760 in crystal and glass showing an Italian garden. Opening page: in the central Hall, a crystal chandelier with 60 arms, Murano, 1864.
Forme. Particolari di vasi e sculture nella Sala ex Conterie. Dall’alto a sinistra, in senso orario: Ondina di Luciano Vistosi, 1982; Incisi in vetro blu di Paolo Venini per Venini, 1956; Baboke bianco di Luciano Vistosi, 1983; Incisi in vetro acquamarina di Paolo Venini per Venini, 1956. A destra: Ghost di Luciano Vistosi, 2009. Forms. Details of vases and sculptures in the “Ex Conterie” Hall. Clockwise from upper left: Ondina by Luciano Vistosi, 1982; Incisi in blue glass by Paolo Venini for Venini, 1956; Baboke bianco by Luciano Vistosi, 1983; Incisi in aquamarine glass by Paolo Venini for Venini, 1956. Right: Ghost by Luciano Vistosi, 2009.
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si passa al Quattrocento, al Rinascimento, e sembra che il vetro diventi diverso, che qualcosa succeda, che, all’improvviso, si possa fare tutto, come in una gioventù che esplode vigorosa, senza più infanzia. Bisanzio è caduta, nel 1453, e il meglio si concentra a Murano, e tutti, anche fuori da qui, cominciano a soffiare “a la façon de Venise”. Il pezzo più bello del periodo, e forse dell’intero museo, è di Angelo Barovier, una coppa blu, probabile dono nuziale, con decorazioni di cavalcate e boschi, e foglie, a celebrare l’amore di due sposi. Ma è tutto un tripudio di piatti, di stemmi, di coppe e lampadari, di bottiglie a corpo a forma di cipolla, le “inghistere”, e poi brocche di cristallo piene di smalti policromi, racemi floreali, vezzose decorazioni sul bordo, dette “rosette”. Ma non è solo la bellezza; è l’epoca delle invenzioni tecniche, quelle che durano, con poche eccezioni, ancora oggi. Proprio quel Barovier trova un vetro cristallino, trasparente. Ma poi viene inventata anche la filigrana, con la quale si creano delle composizioni “a reticello”, di tanti colori e materiali affiancati o intrecciati; al museo ci sono coppe, caraffe e una splendida compostiera, tutte percorse da questa rete sottile, leggiadra. E poi c’è il vetro ghiaccio, e allora bacili, secchielli, di questo materiale che sem-
cosa sono le crisi; è quando non si capisce più dove va il mondo, è quando si perde la leggerezza, la grazia. Il primo Ottocento è cupo, la gente si è impoverita, l’Austria è un governo opprimente. Si salva il lavoro di Bigaglia: le sue bottiglie e coppe policrome hanno dentro il futuro. E il futuro arriva, di lì a poco. Non è solo l’A rchivio, il Museo, la Scuola. Nel 1864 viene indetta la prima Esposizione Vetraria Muranese, e un premio lo vince il gigantesco lampadario, di Toso e Santi, a 60 braccia, più di 360 pezzi, 330 chili. Anche se è enorme, non pesa più, è chiaro, lieve. Lì vicino, passando per i calici di Salviati e i vasi di vetro mosaico di Vincenzo Moretti, c’è il Novecento, il secolo gigantesco. Un secolo che comincia da una lastra in vetro mosaico di Zecchin per Artisti Barovier, di vago sapore klimtiano, del tutto inusitata, ma ha l’esplosione con il lavoro di Cappellin e Venini, prima in coppia, poi separati; da lì non ci si ferma più, i piatti di Carlo Scarpa, i colori di Tomaso Buzzi, le bottiglie di Bianconi, le forme e gli animali di Martinuzzi. Ma non è solo quello, è tutta l’isola che rinasce; è l’incessante succedersi di generazioni di Seguso, Nason, Moretti, Ferro, oltre agli infiniti Toso e Barovier e tanti altri. Il vetro, tra Biennali e Triennali, esposizioni e mostre, di-
«Il Seicento è maestoso, carico, spesso soffocato, di virtuosismo. Il Settecento è lezioso, anche se monumentale. Il primo Ottocento è cupo. E poi c’ è il Novecento, il secolo gigantesco». bra davvero ghiaccio, che sembra proprio la materia, che non è domabile, come si può vedere solo in certe creazioni artistiche del 900. E poi c’è il calcedonio, verdissimo come un sasso di mare, e irreale. E il lattimo, più smunto, fatto per le decorazioni, ma così utile nei secoli a venire per il dilagare della moda delle porcellane cinesi. E in quest’epoca si riscoprono le perle e le murrine, che saranno anch’esse necessarie, per sopravvivere nelle crisi successive. È, in fondo, l’età della grazia, di una stupefacente modernità, e lo si vede anche da alcuni calici semplici, solo con un bordo blu applicato a caldo, come immortali. Il Seicento è simile, maestoso, ma è facile da distinguere perché diventa, ovviamente, barocco, carico, spesso soffocato, di virtuosismo. Cominciano creste sui manici, nuove forme stravaganti, decorazioni complesse. Lì, si vede l’inizio di una crisi, di uno smarrimento, pur nella strepitosa avanzata della tecnica. Si perde l’essenza. E, anche, la ricerca sui materiali. Così, si soffre la spietata concorrenza della Boemia, che si inventa un cristallo più nitido, fatto con il potassio, e dell’Inghilterra, che elabora il vetro piombato. Venezia, lentamente, appassisce. Il Settecento è lezioso, anche se monumentale. Spicca il lavoro di Briati, di cui al museo c’è un bel reliquiario con fiori in paste vitree. E resta indimenticabile un gigantesco trionfo da tavola a forma di giardino all’italiana in vetro e lattimo. Al di là delle eccellenze, però, Murano si salva soprattutto con gli specchi, industria sempre fiorente. A percorrere questi corridoi, a perdersi in queste sale, è facile distinguere le epoche, e capire
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venta non solo oggetto d’arte ma anche arte e basta, una forma pura, scultura, materia in sé che rimane tale, non è nemmeno da plasmare, è da lasciare a vivere. Uscendo da qui, si è solo ansiosi di sapere cosa aggiungeranno i prossimi secoli. Perché Murano continuerà. Perché ci sono le fornaci che, da secoli, sono sempre le stesse, sempre con la “piazza” dove lavorano il maestro, il servente, il serventin e i garzoni, tra canne da soffio, borselle per modellare il vetro, compasso tondo per le misure, palette per rendere le superfici piane, tagianti per asportare il vetro in eccesso. E perché non finirà la sabbia, il mare, e non finirà il bolo, sempre da levare, quella massa arancione, informe, che esce dalla fornace, che è luce, e calore, e può sempre, in ogni momento, diventare tutto. FINE Trasparenze. Pagina seguente: particolari di vasi e sculture nella Sala vetri del 900. Dall’alto a sinistra in senso orario: vaso di Napoleone Martinuzzi per V.S.M. Venini & C., 1926; vasi Goccia alto e Goccia basso di Alfredo Barbini, 1962; scultura con murrine iridescenti di Alfredo Barbini, 1996; pesci stilizzati in vetro ambra e cristallo di Alfredo Barbini, 1960. Transparencies. Following page: details of vases and sculptures in the Hall of the 1900s. Clockwise from upper left: vase by Napoleone Martinuzzi for V.S.M. Venini & C., 1926; Goccia alto and Goccia basso vases by Alfredo Barbini, 1962; sculpture with iridescent murrines by Alfredo Barbini, 1996; stylized fish in amber glass and crystal by Alfredo Barbini, 1960.
PER CHI SUONA testo di ELENA DALLORSO — fotografie di ANTONIO SABA
Translation: see page 92.
IL CAMPANILE
La carena di una nave rovesciata, centinaia di figure lignee e poi pietra e vetro nella chiesa in cui due grandi artisti hanno reso omaggio alla MAESTRIA ARTIGIANALE .
U
n paesaggio di rocce, spiagge e f lora spettacolari. Poi, un giorno di ormai cinquant’anni fa, in questo paesaggio ancestrale spunta una polis: un porto, l’agorà e il teatro. E infine, dato che si tratta di Italia, una chiesa. La genesi di San Lorenzo a Porto Rotondo affonda le radici nel sogno immobiliare realizzato dai conti Luigi e Nicolò Donà dalle Rose nel 1964 ispirandosi «alle linee delle case povere che si affacciano sulla rete dei canali di Venezia: porto, ponti e banchine a pelo d’acqua». Edificata su progetto dello scultore Andrea Cascella, con gli interni di Mario Ceroli, San Lorenzo è un’architettura piuttosto avveniristica, con una facciata rivolta al mare e l’altra alla montagna in modo da legarsi da una parte al porto e alla piazza, dall’altra al teatro. «La chiesa, con la sua croce antistante, è opera di Andrea Cascella, che aveva già realizzato la cosiddetta piazzetta San Marco,
versale, rimandi all’appartenenza geografica dell’edificio e alla sua funzione. «Ceroli la ideò come un gozzo rovesciato e a noi piacque molto. Siamo al mare, in più la chiesa è vagamente gotica ed essendo il soffitto a volta permette delle tridimensionalità che non sarebbero state possibili altrimenti», dice Donà dalle Rose. L’interno della chiesa, realizzato in legno di pino russo, è teatrale e opulento, ma contemporaneamente suggerisce anche un’idea di semplicità, quasi di povertà. «Il rimando pauperista è nei materiali, pino, vetro e pietra, ma l’edificio in sé è una ricca e certo non minimale opera teatrale, in continua evoluzione». Esempio perfetto è l’A lbero della vita nella parete sinistra dell’abside, una sorta di albero genealogico della famiglia Donà dalle Rose, quasi una versione contemporanea delle rappresentazioni dei committenti negli affreschi rinascimentali. Ma non solo: «Tutte le figure lignee, incluse l’Ultima Cena e il Giudizio Universale, corrispondono a soggetti che gravitavano al tempo a Porto Rotondo (OT): famiglia,
L’ULTIMA ARRIVATA È LA TORRE CAMPANARIA, 24 METRI IN LEGNO DI PINO CON SCALA ELICOIDALE CHE NE RAGGIUNGE LA CIMA: PER REALIZZARLA CI SONO VOLUTI 40 ANNI, TRA TEMPESTE DI VITA E LENTEZZE BUROCRATICHE.
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un’ispirazione del tutto unica. La piazza è unita alla chiesa da una lunga scalinata che ne esalta la prospettiva. Ceroli allora era un giovanissimo artista amico di Cascella che lo chiamò a completare la sua opera. Insieme, spesso, progettavano e disegnavano con un bastoncino sulla spiaggia. Non bisogna dimenticare che quelli erano gli anni delle grandi biennali di Venezia. Il fermento artistico italiano era di alto spessore», racconta Luigi Donà dalle Rose. «E Mario Ceroli a mio giudizio è uno dei migliori artisti italiani viventi, per la maestosità delle sue opere, per la varietà dei materiali, la grande immaginazione e modernità, sempre legate ai canoni della proporzione classica. La cooperazione di questi due artisti ha creato la più bella chiesa moderna degli ultimi cinquant’anni». Che oggi, come all’epoca della sua costruzione, provoca stupore non appena se ne varca il portale: la navata è una carena rovesciata, affollata di sagome umane che compongono il Giudizio Uni-
amici, semplici collaboratori e personaggi famosi. Per fare un esempio la Madonna della Deposizione ha il volto di Stefania Sandrelli, il centurione in cima alla scala della croce è Marco Ferreri e colui che indica Cristo, ai suoi piedi, è Guttuso. E la forte radice che sostiene l’albero è l’omaggio dell’artista a mia madre che fortemente volle e rese economicamente possibile la realizzazione di San Lorenzo», spiega il conte. Ultima arrivata nel 2008, nonostante ne fosse stata prevista l’esistenza fin dall’inizio, è la torre campanaria, 24 metri in legno di pino con una scala elicoidale che ne raggiunge la cima. «Ogni piazza, borgo, villaggio, agglomerato di case italiane ha una chiesa e un campanile che ne indica il centro della vita. La torre è ora visibile da ogni prospettiva, anche da chi arriva dal mare», dice Donà dalle Rose. «Mi è mancata per quarant’anni, il tempo che mi è stato necessario a realizzarla attraverso tempeste di vita e lentezze burocratiche. Ne sono molto fiero». FINE
Profili lignei. Pagina accanto: la torre campanaria alta 24 metri, è stata realizzata in Austria e assemblata in loco. Doppia precedente, a destra: la Deposizione di Cristo e tre rappresentazioni stilizzate del villaggio sormontate dalla stella cometa e dal rosone di vetro di Murano, con i profili di personaggi illustri del nostro tempo. A sinistra, in senso orario dall’alto: il soffitto della chiesa con il Giudizio Universale. Il profilo di Madre Teresa di Calcutta, opera in vetro di recente realizzazione. La Scala di Giacobbe è il simbolo elicoidale dell’ascesa dell’uomo verso Dio. Otto colonne di granito formano il prònao. La seduta di Giuda irta dei cunei del tradimento. In apertura: l’Ultima Cena. I profili lignei ritraggono i fondatori di Porto Rotondo Luigi e Nicolò Donà dalle Rose e personaggi famosi vicini a loro e all’artista.
Wooden profiles. Facing page: the bell tower, 24 meters high, was made in Austria and assembled at the site. Previous two pages, right: the Deposition of Christ and three stylized representations of the village overlooked by the guiding star and the rose window in Murano glass, with profiles of celebrities of our time. Left, clockwise from top: the ceiling of the church with the Universal Judgment. The profile of Mother Teresa of Calcutta, a recently made work in glass. Jacob’s Ladder is the helical symbol of man’s ascent towards God. Eight granite columns form the pronaos. The seat of Judah bristling with the wedges of betrayal. Opening page: the Last Supper. The wooden profiles depict the founders of Porto Rotondo, Luigi and Nicolò Donà dalle Rose, and famous personalities close to them and to the artist.
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L AB I R I N TO
A Fontanellato ha appena aperto IL LABIRINTO DELLA MASONE . Il più grande (e green) del mondo. Lo ha creato Franco Maria Ricci, per mantenere una promessa fatta ad un certo amico argentino.
testo di NICOLETTA DEL BUONO — fotografie di MARIO DAVOLI
Translation: see page 92.
C
reato da Franco Maria Ricci nella campagna di Fontanellato, presso Parma, il labirinto della Masone è il più grande del mondo. Progettato in collaborazione con l’architetto Davide Dutto, che per lui aveva curato le ricostruzioni virtuali del giardino di Polifilo, occupa un’area di otto ettari, il suo percorso misura tre virgola due chilometri di lunghezza, e per delineare vie, incroci, cul de sac, si affida a oltre 200.000 piante di bambù di venti
suo centro prevedeva l’icona della Gerusalemme celeste; e pure la visione degli antichi che, come nel labirinto di Cnosso architettato da Dedalo, voleva, al cuore del manufatto, un Male da sconfiggere. C’è, come in tutti i labirinti, un intento formativo (se ne esce “altri” da come si è entrati), c’è la metafora della vita, c’è il valore iniziatico ricordato dal filosofo e mitografo Mircea Eliade («A mio avviso il labirinto è per eccellenza l’immagine di una iniziazione»), ma soprattutto, e più che in ogni altro suo analogo, c’è qui un intento laico, ludico e di acculturazione che
La gestazione è durata decenni. Alla fine è scaturita una vera eccellenza che arricchisce di una pagina importante la già gloriosa tradizione italiana del labirinto e, in qualche modo, la supera. specie differenti, dalle nane alle giganti. Più che un labirinto in senso stretto, con una sola entrata e un unico gomitolo di strade che conduce ineluttabilmente al centro, è un dedalo, detto anche, tecnicamente, “Irrweg”: un’inestricabile ragnatela di scelte alternative e vicoli ciechi, un divertissement quasi enigmistico tra essoterico ed esoterico, tra ragione ed emozione, un’allusione alla contraddittoria e instabile psicologia dell’uomo postmoderno. Una continua tensione tra stupore e angoscia, insomma, che soppianta la simbologia salvifica del labirinto medievale che al
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si manifesta concretamente nella piazza centrale perimetrata da edifici echeggianti le forme architettoniche dell’A ntico Egitto e le settecentesche fantasie costruttive di Étienne-Louis Boullée: spazi e volumi dedicati alla cultura materiale e immateriale, luoghi, scanditi da grandi sale colonnate, da cortili, porticati, persino da una cappella piramidale, dove trovano collocazione le collezioni d’arte di Franco Maria Ricci e la sua biblioteca di capolavori bodoniani, dove si allestiscono mostre, si celebrano eventi, concerti, spettacoli teatrali, performance e feste, dove si
mangia e si beve coccolati da chef stellati, dove si acquistano specialità gourmet oppure libri. Nasce tutto questo dalla mente visionaria di Franco Maria Ricci, designer e raffinato editore di volumi e riviste di eccezionale qualità (quante scoperte ci ha regalato...). Nasce soprattutto da una promessa fatta a Jorge Louis Borges, geniale autore argentino ossessionato dal mito del labirinto a cui dedica racconti capolavori come Il giardino dei sentieri che si biforcano e Il filo della favola. Ha raccontato Ricci all’inaugurazione del suo dedalo padano: «Sognai per la prima volta di costruire un labirinto qualche decennio fa, nel periodo in cui fu spesso ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo della mia casa editrice: Jorge Louis Borges. Credo che, parlando con lui degli strani percorsi degli uomini, si sia formato l’embrione del progetto». La gestazione è durata decenni, c’era la forma stellata, nuova per un labirinto, da impostare nel verde incolto della pianura, c’erano i tracciati da disegnare senza perdere il filo della loro soluzione, c’erano da piantumare e far crescere fino a farne compatte e insieme ariose pareti vegetali, i bambù, una passione botanica sviluppata da Ricci in seguito all’incontro casuale con un giardiniere giapponese. Alla fine è scaturito un manufatto che merita, senza tema di retorica, l’aggettivo straordinario. Una vera eccellenza che arricchisce di una pagina importante la già lunga e gloriosa tradizione italiana del labirinto, e, in qualche misura, la supera. I capisaldi che
si trovano nei giardini di Villa Pisani a Stra (VE), di Villa Barbarigo a Valsanzibio (PD), di Palazzo Giusti a Verona, di Villa Garzoni a Collodi (PT), per citarne qualcuno, testimonianze irripetibili di quella grande stagione labirintica che dal Manierismo arriva al Secolo dei Lumi, passando per le vertigini barocche, erano in effetti elemento semplicemente esornativo del complesso architettonico: nel caso della Masone è il labirinto in sé a farsi monumento. Una esuberante scenografia tridimensionale che con le sue alte e fitte cortine di bambù suggerisce, tra l’altro, una maniera discreta e intelligente per ridare dignità al paesaggio italiano. FINE
Unico. A sinistra: il labirinto copre 8 ettari. Qui sopra: l’accesso alla piazza centrale. Pagina a fianco: la cappella e la piazza nel cuore del dedalo. Le architetture sono di Pier Carlo Bontempi. Unique. The maze covers 8 hectares. Above: the access to the central square. Previous page: the chapel and the square at the core of the maze. The architectures are by Pier Carlo Bontempi.
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UNA PENNELLATA ROSSO ALFA Abbiamo chiesto a uno scrittore “di famiglia” di guidarci nella casa di un mito, il rinnovato MUSEO ALFA ROMEO di Arese. Dove si racconta un’epopea di bellezza, design e velocità.
testo di MATTEO SARTORI* — fotografie di FILIPPO ROMANO
Translation: see page 92.
L
e palazzine brutaliste di quella che fu la mitologica Alfa Romeo di Arese mi accolgono, si fa per dire, senza cerimonie nella tarda mattina di settembre. Sotto a una pioggia sottile sono arrivato a quello che fu uno dei fuochi più vividi e caldi della storia industriale d’Italia, un luogo apparentemente svanito con il chiudersi del Novecento, oggi definito principalmente dai circuiti chiusi delle villette e delle filiali bancarie. Giro lo sguardo intorno al piazzale sgocciolante. Quasi vuoto. Mi esorto a non recriminare sulle potenzialità della messa in mostra del mito Alfa Romeo in un luogo più accessibile. Quante volte lo si è sentito dire nei circoli eruditi. «Ah! Se il museo si trovasse in città! Che gran disco volante incantato si sarebbe potuto creare al Portello… al posto di quell’ennesimo centro commerciale». Bene, rassegniamoci perché non è così. Non c’è un museo dell’A lfa Romeo al Portello e in nessun’altra area cittadina toccata da recente, sacra coolness. No. Il Museo Storico è ad Arese, compresso tra l’Autostrada dei Laghi e le macerie vagamente minacciose dei vecchi stabilimenti industriali, dunque chi vuole bersi d’un fiato la rinnovata leggenda meccanica e sportiva dell’A lfa Romeo deve avventurarsi fino a là.
Quindi, incassato un sorriso chiaro dalla ragazza alla cassa, mi rilasso e gironzolo tra gli scaffali minimali del bookshop. È un lunedì di ugge personali e meteorologiche e sono contento di essere in pratica l’unico visitatore in vista, se si esclude un piccolo gruppo di aficionados inglesi. Bevo un bel bicchier d’acqua e sono pronto a lasciarmi assorbire dal bagaglio d’ingegni che qui è stato raccolto e lucidato, dal tesoro che si nasconde nella pancia del museo. La struttura si svela a poco a poco, in crescendo. Il primo ambiente riserva impressioni di una certa freschezza, dire freddo pare brutto. Ditemi di più!, viene da pensare, raccontatela bene questa timeline, questo marchio da più di cent’anni sempre uguale e sempre diverso a se stesso. Invece finisce che la gloriosa storia di croce, biscione e allori vari sfila via un po’ in superficie e si è portati a passare svelti, anche se là ci sono dei motori per aviazione abbastanza sensazionali. Un tubo ombroso che ricorda una galleria del vento proietta nella prima area propriamente dedicata alle automobili. Qui i materiali si fanno più ricchi, ma è dopo le vetrate asettiche e i cromi delle prime stanze che il rosso cuore, quel tono di rosso per cui molti verranno qui da tutto il mondo, prende il sopravvento. Nella sala che racconta la nascita della leggenda della velocità a quattro ruote vengo sbilanciato da un accenno di sindrome
Nel museo le forme aerodinamiche progettate da Bertone e Pininfarina evocano l’estetica utopistica degli anni 60, che celebrava anche sulla terra l’entusiasmo per la corsa alla conquista dello spazio. Ho sete. La sera che precede la mia escursione un vecchio amico, noto architetto non compromesso dal successo ma carico di finezze, da me grezzamente interrogato mi annuncia che il progetto del nuovo museo non può essere definito rivoluzionario. Lo guardo dubbioso e prima che io possa parlare aggiunge che data la struttura preesistente, muta e sorda, l’intervento di Arese rappresenta comunque un soffio d’aria fresca. Benvenuta aria fresca, dico io allora. Credo che alla prova del tempo si rivelerà “corretto”, aggiunge l’architetto, versando due generosi bicchieri di whisky. Sarà il liquore, ma al risveglio sento che la parola “corretto” mi sta ancora rimbalzando tra le tempie. Ho lasciato la mia Giulia Sprint Veloce nel parcheggio. La pensilina che conduce all’ingresso è un bel biscione rosso e sinuoso, pieno di promesse. Comunque, la misura del contrasto tra il piazzale umido e l’atmosfera rarefatta che si schiude dietro alle vetrate brunite si fa da subito spessa, palpabile, con sensazioni da salto dimensionale. Lo stile degli addetti al museo non delude. Non ci credevo troppo, ma un po’ ci speravo. Anglosassone, discreto, le informazioni vengono date con gentilezza ma senza zelo, il contrario di quanto avviene presso certi musei pretenziosi e senza storia visti di recente in città.
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di Stendhal. I pannelli luminosi dicono 8C 2300 Monza, RL Targa Florio, 8C 2900 Tipo Speciale Le Mans. Gira la testa, l’occhio colpito dallo sfrecciare delle immagini sulle pareti arcuate contro le silhouette impeccabili. A questo punto posso dire che il curatore del museo ha disposto le opere d’arte in modo competente, come una nella scia dell’altra sul rettifilo centrale. In testa la regina, la P2 imbattuta che affronta già l’ultima curva e si prepara a piombare sul traguardo. È nel fantasticare di questa sala che dopo qualche minuto noto un gentiluomo dall’aspetto curioso e antico. Sorride appena quando i nostri sguardi s’incontrano. Istintivamente (segue a pagina 38) Immortali. A destra: l’Alfa Romeo Bertone Carabo, del 1968. Deve il suo nome a un coleottero dalla corazza di un verde luminoso. A destra in alto: la 33/2 Pininfarina Speciale, 1969. In apertura: la scala mobile nell’ingresso del Museo Storico Alfa Romeo ad Arese (Milano). Immortal. Right: the Alfa Romeo Bertone Carabo, 1968. The name refers to a beetle with an iridescent green shell. Upper right: the 33/2 Pininfarina Speciale, 1969. Previous pages: the escalator in the hall of the Museo Storico Alfa Romeo in Arese (Milan).
alzo una mano in segno di saluto e durante il breve scambio ho il tempo di accorgermi che i suoi occhi in apparenza sornioni emanano dal fondo un luccichio febbrile. Sta seduto composto su un divano sistemato in prossimità di un prototipo imponente, porta baffi leggermente asimmetrici e ha l’aria di essere angustiato da questioni importanti. Ho l’impressione di averlo già visto, ma non saprei… cerco di non farmi distrarre dal suo quadernetto, dal movimento delle
creativo. Ripete il gesto due volte. Mi avvicino di qualche passo per sentire cos’abbia infine da dire. «Le interessa la meccanica, la matematica?», mi domanda fissandomi. «Abbastanza, ma più che altro le corse», rispondo io. Si guarda intorno. «Le corse», mormora tra sé e sé. «Sono un affare di estrema durezza, le corse…», e così dicendo un’espressione di granito arriva sul suo viso con chissà quale lontano pensiero. Poi torna a incrociare il mio sguardo e senza particolare inflessione mi
Al rosso, il colore distintivo della casa automobilistica lombarda, si affiancano altre tonalità. Soprattutto quelle sgargianti dei prototipi, pezzi unici che hanno una vita a sé e seguono regole proprie. labbra e da un annotare esitante. A più riprese strizza gli occhi verso un punto indistinto e sembra che conti. Torno alle automobili. Avverto che il signore di tanto in tanto si distrae e mi osserva, come se a sua volta si chiedesse dove mi possa aver conosciuto prima, ma questa sensazione singolare non m’impedisce di perdermi dentro i dettagli dell’abitacolo della Grand Prix Tipo C, le mie braccia esauste di vibrazioni sulla curva sopraelevata di Montlhéry. Quando sollevo la testa dal contagiri della C il signore mi sta apertamente osservando. A quel punto mi fa un cenno con la mano, uno svolazzo da
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prega di scusarlo che ora sta cercando di risolvere questo piccolo calcolo. Picchietta con la matita sul quaderno. Lo scuso, certo, ben volentieri, che tipo! Ho comunque da scendere ancora un mezzo piano IO, dove mi attende altra Storia ben allineata, forse la parte più spettacolare del museo, con le Formula 1 e le vetture Sport e i filmati interattivi. Guardo l’orologio mentre mi scorre davanti agli occhi la grande proiezione circolare che racconta le gesta dell’A lfa Romeo e dei grandi piloti. Due ore. A fatica mi strappo al viaggio. È tempo che io visiti la caffetteria e che poi prosegua per la mia strada. Bevo un caffè con calma, alla mia destra va tranquilla la
conversazione di una coppia di signori tedeschi, felici, entrambi in elegante polo marchiata Alfa Romeo Club Koblenz. Attraverso la vetrata ammiriamo insieme la curva avveniristica del tubo rosso che visto dall’esterno spiazza e risveglia le finestre attonite della costruzione anonima. Be’! Intervento corretto penso io con soddisfazione, prima di tornare alla mia macchina punteggiata di foglie bagnate. Non piove più. Appoggiato a una canna da passeggio il gentiluomo coi baffi sta osservando con gravità un dettaglio della Sprint Veloce, una ghiera nella zona frontale. «Questa è stata fatta ancora con la tecnica artigianale dei miei tempi», mi dice. «Ancora buonasera», dico io. «E lei che Alfa Romeo guida?», domando così, un po’ per scherzo. «Io non guido», mi risponde lui. È uscito un bel pomeriggio limpido e decido di aprire la capote della Giulia. «Mi potrebbe accompagnare?», mi chiede mentre metto in moto. «Avrei la necessità di raggiungere entro sera la mia dimora». Esito. Dovrei tornare in città, ho da lavorare, ho da riposare. Ma il signore dall’aria familiare mi guarda incoraggiante. «Non saprei come fare altrimenti», mi dice con aria furba. Crollo due volte la testa in segno di resa e apro un braccio invitante. «Grazie, vedrà che è un bel viaggio», mi dice il gentiluomo accomodandosi sul sedile del passeggero. Poco dopo, seguendo sue precise indicazioni, sto guidando
verso Magreglio, un villaggio tra i boschi a picco sul lago di Como. Il motore della mia Giulia riposa ticchettando sotto gli alberi secolari di un giardino silenzioso; il tramonto sorprende i miei pensieri mentre fumo da solo, seduto sulla scalinata liberty dell’antica villa Romeo. Sulle montagne del lago si stende un riflesso di sole scuro, una pennellata rosso Alfa, mentre da lontano mi giunge l’eco sommessa di colpi e rimbombi. Un nuovo temporale. O forse è solo quel signore baffuto, l’ingegnoso Nicola Romeo, che mi saluta giocando a bocce. FINE * Matteo Sartori, scrittore. È discendente di Nicola Romeo. Museo Storico Alfa Romeo, v.le Alfa Romeo, 20020 Arese (MI). tel 02 44425511.
[email protected] Da record. In alto: l’8C 2900 B Lungo con carrozzeria Touring Superleggera, 1938. Pagine precedenti, dall’alto a sinistra, in senso orario: la RL Targa Florio, 1923. L’Iguana, 1969. La Bimotore, del 1935, con cui Tazio Nuvolari batté il record sul chilometro e sul miglio lanciato, toccando i 321,426 km/h sull’autostrada Firenze-Mare. L’Alfa Romeo Carabo, del 1968. Records. Top: the 8C 2900 B Lungo with Touring Superleggera body, 1938. Previous pages, clockwise from top: the RL Targa Florio, 1923. The Iguana, 1969. The Bimotore, 1935, with which Tazio Nuvolari broke the flying mile and km records, reaching 321.426 km/h. The Alfa Romeo Carabo, 1968.
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Nuovi classici. In alto: alcuni colori della collezione Pelle Frau Color System che conta 96 nuance. Realizzazione della plissettatura del divano Chester. Poltrona Archibald. Libreria Albero. A sinistra: un artigiano copre il Chester col “mantello” di pelle già cucito che sarà lavorato per la creazione del capitonné. New classics. Top: hues from the Pelle Frau Color System of 96 tones. Pleating of the Chester sofa. Archibald armchair. Albero bookcase. Left, an artisan covers the Chester with its “cloak” of already stitched leather, which is then worked to create the capitonné finish.
¿ SKIN TALES Over time, Poltrona Frau has expanded its range with a series of iconic pieces that stand out for the high quality of their workmanship and materials. For over a century, the expert hands of craftsmen have produced the icons that make Poltrona Frau famous in Italy and the world. Historic and contemporary furnishings created by internationally acclaimed architects and designers, based on ongoing pursuit of perfection, and research on details and materials. Products that belong to design history, like the Chester sofa and the Vanity Fair armchair, designed by the founder Renzo Frau, the Dezza armchair by Gio Ponti, the Antropovarius chaise longue by Ferdinand A. Porsche and the Titanio table by Pierluigi Cerri, the company’s first Compasso d’Oro winner, all the way to current successes like Archibald by Jean-Marie Massaud and Ginger by Roberto Lazzeroni. Contemporary design talents, alongside the original signatures of the Icone collection. Historic, excellent pieces brought back to life through research and philological reconstruction. A vision of style that evolves over time but remains firmly connected to its roots. Since 1912, a heritage of knowledge whose fulcrum is leather. The elegant, distinctive raiment of the production, crafted with exclusive treatments developed in collaboration with historic Italian tanneries, technologies and working processes that bring out softness and stabilize colors. At Tolentino, inside the company, visitors can visit the Poltrona Frau Museum, a space designed by Michele De Lucchi, presenting furnishings, drawings and images for a contemporary interpretation of the brand’s history and products. poltronafrau.com
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SENZA TEMPO REINVENTARE IL CONCETTO DI CLASSICO, RILEGGENDO LA TRADIZIONE IN CHIAVE CONTEMPORANEA. QUESTA È LA MISSIONE CHE SI È DATA MAXALTO, MARCHIO DI B&B ITALIA NATO 40 ANNI FA. CHE OGGI CONTINUA A RACCONTARE NEL MONDO UNA STORIA FATTA DI STILE E DI ELEGANZA. di RUBEN MODIGLIANI
¿ Quarant’anni sono un traguardo importante, e Maxalto lo ha appena superato. È il 1975, infatti, quando Afra e Tobia Scarpa propongono a Piero Ambrogio Busnelli di creare una nuova collezione di mobili di pregio. Il nome Maxalto, suggerito da Scarpa stesso, è una contrazione del veneto “massa alto”: il meglio, qualcosa di qualità superlativa. È una scelta controcorrente per allora, periodo ancora di grande entusiasmo verso le plastiche. Gli Scarpa invece si rifanno alle tradizioni dell’ebanisteria, della liuteria. Il legno è il grande protagonista e l’obiettivo, centrato con
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tanti prodotti (uno per tutti: la sedia Africa), è creare oggetti iconici. Nel 1993 per Maxalto si apre una nuova fase: Antonio Citterio entra nella progettazione delle nuove collezioni, diventandone l’unico autore. «C’è un filo che ho seguito nel disegnarle», afferma Citterio, «il senso della stanza borghese e della tradizione del secolo scorso. La memoria da cui nasce Maxalto si ritrova nelle proporzioni serene, nel valore tattile dei materiali, sia esso legno, oppure lacca o marmo, ma è una memoria attraversata da un vento contemporaneo che si riconosce nella lezione dei più grandi inte-
Progetti. In questa pagina, dall’alto: sgabelli Lithos; tavolo Pathos e sedie Musa; una suite del Mandarin Oriental Milano arredata da Maxalto. Pagina accanto: divano Solatium, tavolo basso Pathos, sedia e sgabello Febo, lampade Leukon, tavolino Elios, tutti firmati da Antonio Citterio. In basso: la sedia Africa di Afra e Tobia Scarpa. Projects. On this page, from top: Lithos stools, Pathos table and Musa chairs. Below, a suite of the Mandarin Oriental in Milan furnished by Maxalto. Facing page: Solatium divan, low Pathos table, Febo chair and stool, Leukon lamps, Elios table, all by Antonio Citterio. Below, the Africa chair by Afra & Tobia Scarpa.
rior decorator del Novecento». Il senso “borghese” di cui parla Citterio si traduce quindi nella preziosità dei materiali, nella ricerca dei dettagli. Nel saper creare un’atmosfera calda, avvolgente, capace di valorizzare ogni tipo di architettura, dalla più moderna alla più tradizionale. Nascono così cinque collezioni ben distinte, ma estremamente coerenti tra loro e coordinabili: Apta (1996), Simplice (2000), AC (2002), Acro (2010), Lux (2012). Quella che Citterio mette in opera è una rivisitazione del concetto di “classico”, che evolve nel corso degli anni interpretando le tendenze estetiche contemporanee. Al legno si affiancano altri materiali, la proposta si allarga comprendendo anche elementi imbottiti. Quello di Maxalto diventa un mondo sempre più completo. Che oggi, a quarant’anni dalla sua nascita, è diventato un interlocutore ideale per i progettisti di interni, ai quali viene offerta una grande capacità di personalizzazione sul prodotto. Sono nati così progetti contract di altissimo prestigio internazionale, di cui molti nel campo dell’hôtellerie: hanno un’anima Maxalto l’A man Canal Grande di Venezia, il W di San Pietroburgo, il Barvikha a Mosca, a Milano il Mandarin Oriental e l’Excelsior Hotel Gallia. Il motto “massa alto” è più che mai d’attualità. 40.maxalto.it
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Eleganza contemporanea. In alto: divano Dives con tavolini Lithos; qui sopra e nel dettaglio a destra, letto Erik. Pagina accanto, in alto il tavolo Pathos con poltroncine Febo; in alto a destra il tavolino Recipio; in basso la console Alcor (tutti progetti di Antonio Citterio). Nelle altre immagini: la cucitura a punto cavallo, segno caratteristico di Maxalto, e una fase di lavorazione. Contemporary elegance. From top: Dives sofa with Lithos tables and Erik bed (right, headboard detail). Facing page, from top left: Pathos table, Febo chairs, Recipio small table and Alcor console. All designed by Antonio Citterio. In the other images, special blanket stitching, a characteristic Maxalto feature, and a workmanship phase.
¿ TIMELESS. To reinvent the concept of the classic, reading tradition in a contemporary way. This is the mission of Maxalto, the brand of B&B Italia founded 40 years ago, as it continues to narrate a history made of style and elegance. It was in 1975 that Afra & Tobia Scarpa suggested that Piero Ambrogio Busnelli create a new collection of fine furniture. The name Maxalto, suggested by Scarpa himself, is a contraction of the Venetian term “massa alto” which means the best, something of superlative quality. The Scarpa duo wanted to get back to the tradition of cabinet and instrument making. Wood was the leading player and the goal, achieved in so many products (one example will suffice: the Africa chair), was to create iconic objects. A new phase began for Maxalto in 1993: Antonio Citterio became the sole designer of the new collections. «I have followed a thread in their design», Citterio says, «namely the sense of the bourgeois room, the tradition of the last century. The memory behind Maxalto is reflected in serene proportions, the tactile value of materials, wood, lacquer or marble. But it is a memory crossed by a contemporary breeze that identifies with the example of the greatest interior decorators of the 20th century». The “bourgeois” sense of which Citterio speaks translates into precious materials and attention to detail. Knowing how to create a warm, enveloping atmosphere to enhance any type of architecture, modern or traditional. The results are five collections, distinct but also very consistent and easy to coordinate: Apta (1996), Simplice (2000), AC (2002), Acro (2010), and Lux (2012). Citterio activates a reinterpretation of the concept of “classic”, which evolves over the years, adapting to contemporary aesthetic trends. Wood is joined by other materials, the offerings expand. And today the firm has become the ideal counterpart for interior designers, thanks to its great ability to customize products. This has led to contract projects of great international prestige: Maxalto creations are now found in the Aman Canal Grande in Venice, the W in St. Petersburg, the Barvikha in Moscow, and the Mandarin Oriental and Excelsior Hotel Gallia in Milan. The motto “massa alto” is more timely than ever today. 40.maxalto.it
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IL CAPITALE UMANO LA CAPACITÀ DI ASCOLTARE, RISOLVERE, FARE SQUADRA. LE COMPETENZE, LA TRADIZIONE, LA VISIONE PROGETTUALE. TUTTO QUESTO HA FATTO DI POLIFORM UN DISTRETTO NEL DISTRETTO. DOVE I LAVORATORI SONO “UNA FAMIGLIA”, CHE GARANTISCE LA QUALITÀ. di GIOVANNI AUDIFFREDI
¿ Da 30 a 598. Non sono numeri. Sono persone. Professionisti con identità preziose. È la dimensione artigiana che dal 1942 si trasforma in fabbrica nel 1970, fino ad assumere le dimensioni contemporanee di un microindustrial district. I confini si allargano fino a creare un’enclave con 7 sedi, che abbraccia quattro comuni, in 5 chilometri di Brianza, nel prestigioso distretto del mobile italiano.
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Eppure tutto questo continua a volersi fregiare del sostantivo di “famiglia”. È Poliform, che ha la sua eccellenza nel capitale umano: quello che valorizza l’azienda con il lavoro. «La differenza la fanno le persone, che prendono e restituiscono valore, che contano per il loro sapere che diventa struttura della qualità, per l’ingegno creativo nel saper applicare le linee e gli stili che ci rendono inconfondibili,
per la capacità di ascoltare linguaggi diversi, dagli architetti ai consumatori, e tradurli in arredamenti. Si può automatizzare, innovare e velocizzare un processo produttivo, ma se manca la ricerca su materiali, volumi, proporzioni, tutto si disperde», racconta Marta Anzani, corporate manager di Poliform. Carlo Colombo, Rodolfo Dordoni, Daniel Libeskind, Paola Navone, Marcel Wanders, sono tanti gli
Accoglienza. In questa pagina, da sinistra in senso orario: la sede Poliform di Arosio (CO), una fase di lavorazione, dettaglio del divano Bristol. Al centro: zona giorno Poliform con libreria Wall System, divani e pouf Tribeca, poltrone blu Santa Monica Home. Nella pagina accanto dall’alto: poltrone Mad Chair e Mad King. Welcome. On this page, clockwise from left: the Poliform headquarters in Arosio (CO), a workmanship phase, and a detail of the Bristol sofa. Center: a Poliform living area with the Wall System bookcase, Tribeca sofa and ottoman, Santa Monica Home armchairs. Facing page, from top: Mad Chair and Mad King armchairs.
architetti e designer che hanno collaborato con Poliform. Ma l’azienda non ha mai avuto una firma di riferimento. Proprio perché la capacità di dialogare e fare squadra c’è sempre stata, ma l’identità e il patrimonio culturale sono considerati prioritari. Come quando nel 2008 è nata la divisione imbottiti con lo scopo di non disperdere, anzi di acquisire conoscenze. Ma soprattutto di poterne controllare la qualità.
«E diventare sempre più versatili e completi. Capaci di passare con agilità da un’idea proporzionata e confortevole a una dritta e armoniosa», continua Anzani. È forti di questo stile che si è fatto metodo e poi azione, che Poliform ha affrontato l’avvento della customizzazione, che nel suo caso offre possibilità vastissime. Così come l’attenzione al dettaglio sostanziale, che diventa soluzione pratica: dal vetro
frontale di un cassetto a un portaborse per un armadio, fino alle lavorazioni e alla selezione dei materiali su commessa del cliente. Dietro i mobili e gli arredi ci sono competenze infinite, saperle riunire e valorizzare ha determinato il successo di Poliform nel mercato del contract, ma anche nel mondo degli esigenti consumatori anglosassoni e nei mercati come Malesia, Singapore, Filippine. poliform.it
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¿ HUMAN CAPITAL. The ability to listen, to solve problems, to work as a team. Expertise, tradition, design vision. All this makes Poliform a district in a district, where employees are a “family” that guarantees quality. From 30 to 598. Not just numbers, but people. Precious professional resources. This is the artisanal dimension starting in 1942, transformed into a factory in 1970, and now having the dimensions of a micro-industrial district. Yet all this continues to belong to the category of the “family firm”. The excellence of Poliform lies in its human capital: a resource that brings value to the company. «People make the difference, taking and restoring value, bringing knowledge that becomes the structure of quality, creative ingenuity to apply lines and styles that make us unique and recognizable, for the capacity to listen to different languages, those of architects and consumers, and to translate them into furnishings. You can automate, innovate and speed up a production process, but if the research on materials, volumes
and proportions is missing, then all is lost», says Marta Anzani, corporate manager of Poliform. Colombo, Libeskind, Paola Navone, Wanders are just some of the many architects and designers who have worked with Poliform. But the company has never had one name of reference. Because the ability to establish dialogue and work as a team has always been there, and the cultural heritage and identity as seen as main priorities. As in the case of the creation of the upholstered furniture division, in 2008, seen as a way of acquiring rather than squandering knowledge. And above all, as a way of maintaining control over quality. «Always becoming more versatile, more complete», Anzani explains. Relying on this style, Poliform has approached the era of customization. Substantial attention to detail becomes a practical solution. Behind the furnishings there are infinite zones of expertise, and the ability to combine and apply them has been the key to the success of Poliform on the contract market. poliform.it
Abitabilità. In questa pagina: tavolo da pranzo Opéra, poltroncine Guest, pouf Onda. Nella pagina accanto, dall’alto in senso orario: cabina armadio Senzafine, cucina Phoenix e una fase di lavorazione. Liveability. On this page: Opéra dining table, Guest chairs, Onda ottoman. On the facing page, clockwise from top: Senzafine wardrobe, Phoenix kitchen, and a phase of workmanship.
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DOSSIER . Modulari. A sinistra: cassettiera a isola Gliss Master. Qui sotto: griglia portamaglioni e camicie Gliss Master. Al centro, fasi della lavorazione. In basso, dettaglio dell’anta Strip. Pagina accanto: armadio Gliss Master con ante battenti Plaster. Poltrona D.154.2. Modular. Left: Gliss Master dresser island. Below: Gliss Master sweater and shirt grid. Workmanship phases. Detail of the Strip door. Right page: Gliss Master wardrobe with Plaster hinged doors. D.154.2 armchair.
¿ NIGHT & DAY. The story of Molteni & C crosses the entire home. From the first steps as a crafts workshop, many things have changed over the 80 years of our history», says Giulia Molteni, director of marketing and communication of Molteni & C and Dada. «Today we have industrial production, international distribution, an ability to innovate thanks to constant R+D investments. One thing hasn’t changed: quality, the fil rouge that joins three generations in the evolution of a group whose four companies (Molteni&C, Dada, Unifor and Citterio) make it one of the world leaders in the sector of furniture and design». Since the 1960s Molteni & C has paid close attention to the design of wardrobes for the bedroom zone, offering innovative modular systems. The new Gliss Master system designed
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by Vincent Van Duysen features avant-garde overlapping and coplanar sliding devices, silent magnetic buffers, with LED lighting built into the structure. A system that combines advanced technologies and refined stylistic and ergonomic research. A flexible, functional project where the visual and tactile aspects are important, a game of visible and invisible spaces, of glass and transparencies with architectural details, materials and solutions that permit production of nine different types of doors, with recessed or built-in handles. Molteni&C also updates its focus on the living area, expanding the collection of furnishings design from 1935 to 1970 by Gio Ponti, with the reissue – in collaboration with the Gio Ponti Archives – of the D.154.2 armchair from 1954. molteni.it
NIGHT & DAY È SINONIMO DI PEZZI ICONICI. MA ANCHE DI SOLUZIONI EFFICACI E VERSATILI. È IL BELLO MA ANCHE L’UTILE. LA STORIA DI MOLTENI & C ATTRAVERSA TUTTA LA CASA. VERTICALMENTE CON I SUOI ARMADI, ORIZZONTALMENTE CON LE SUE POLTRONE. di FR ANCA ROTTOLA ¿ «Dai primi passi di impresa artigianale, tante cose sono cambiate nel corso degli 80 anni della nostra storia», spiega Giulia Molteni, responsabile marketing e comunicazione Molteni & C e Dada. «La produzione, oggi industriale. La distribuzione, oggi internazionale. La capacità d’innovazione, con investimenti costanti in ricerca e sviluppo. Una cosa è rimasta invariata: la qualità, fil rouge che unisce da tre generazioni l’evoluzione di un Gruppo che, con le sue quattro aziende (Molteni & C, Dada, Unifor e Citterio), è fra i leader mondiali nel settore dell’arredo di design».
È dagli anni 60 che Molteni & C pone una particolare attenzione alla progettazione di armadi per la zona notte offrendo innovativi sistemi modulari e componibili per le differenti esigenze del vivere contemporaneo. Il nuovo sistema Gliss Master, firmato Vincent Van Duysen, propone dispositivi di scorrimento sovrapposti e complanari all’avanguardia, silenziosi ammortizzatori magnetici e nuove soluzioni di contenitori e accessori con illuminazione a led integrata nella struttura. Un sistema che coniuga tecnologie avanzate e una raffinata ricerca stilistica ed ergonomica. Un progetto fles-
sibile e funzionale dove l’aspetto visivo e tattile ricopre una posizione di rilievo, un gioco di spazi visibili e invisibili, di vetri e trasparenze con dettagli architettonici, materiali e soluzioni che hanno permesso di realizzare nove tipologie di ante differenti con finiture e maniglie incassate o integrate. Molteni & C rinnova anche l’attenzione per la zona living ampliando la collezione di mobili e arredi progettati tra il 1935 e il 1970 da Gio Ponti, con la riedizione, in collaborazione con Gio Ponti Archives, della poltrona D.154.2 del 1954, progettata per Villa Planchart a Caracas. molteni.it
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IL SUCCESSO DEI VALORI PRIMA IL DESIGN, ORA L’ARTE: È A MIAMI ART BASEL LA PROSSIMA TAPPA DEL PROGETTO NATUZZI. ECCO IL PERCORSO DI UN’AZIENDA, CON FORTI RADICI PUGLIESI, CHE HA FATTO DEL DIVANO UN SIMBOLO PER TUTTI. di FERDINANDO COTUGNO
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¿ A dicembre, con lÕapertura del nuovo store di Miami e in contemporanea con Art Basel, Natuzzi Italia presenta per la prima volta in America il progetto Open Art, che prevede la collaborazione con artisti contemporanei a cui viene chiesto di realizzare opere dÕarte site-specific da far vivere allÕinterno degli store Natuzzi. UnÕidea che, come tutte le attivitˆ progettate dallÕazienda, prende forma in Puglia, la regione in cui ha sede il quartier generale del pi• grande produttore italiano di arredamento. A Pasquale Natuzzi piace pensare allÕazienda che ha fondato 56 anni fa come a un grande albero, con le radici in Puglia e i rami che ar-
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Comfort. Sopra: Pasquale Natuzzi al lavoro nel Centro Stile di Santeramo in Colle (BA). In alto a destra: il flagship store di Natuzzi Italia, in Madison Avenue a New York. Nella pagina accanto: il divano Long Beach, fotografato a Polignano a Mare in Puglia.
rivano in tutto il mondo, con uffici commerciali in 12 Paesi e 1.155 punti vendita sparsi in ogni continente. Visto che il quartier generale di Natuzzi è a Santeramo in Colle (BA), quell’albero sarebbe sicuramente un ulivo. Anche gli altri simboli di Natuzzi richiamano la Puglia, “musa e casa per l’azienda”: il riccio di mare e il sole. Ma in fondo tutto quello che è Puglia, i muretti a secco, la calce bianca, il focolare domestico delle masserie e dei trulli, la magnificenza dei castelli e l’eleganza senza tempo delle cattedrali romaniche, è la linfa vitale di Natuzzi. Essere diventata il leader mondiale dei divani in pelle, senza aver mai smesso di essere fortemente pugliese, è uno dei
Comfort. Top: Pasquale Natuzzi at work in the Design Center of Santeramo in Colle (Bari). Upper right: the Natuzzi Italia flagship store on Madison Avenue in New York. Facing page: the Long Beach divan, photographed at Polignano a Mare.
suoi motivi di eccellenza. Una Puglia che viene anche profondamente rispettata da Natuzzi: sugli stabilimenti produttivi, dove lavorano 1.700 persone, sono installati 21mila moduli fotovoltaici e l’intera produzione in Italia viene realizzata grazie all’energia solare. La storia del primo produttore italiano nel settore dell’arredamento comincia quando Pasquale, figlio di un ebanista, apre il suo primo laboratorio artigianale a Taranto. La svolta è negli anni 80 quando, durante un viaggio negli Stati Uniti, Pasquale Natuzzi capisce che il futuro sarà democratizzare il divano in pelle, all’epoca un prodotto per pochi, per venderlo in tutto il mondo. Grazie a quell’intuizione, oggi l’offerta
si è ampliata, si va dal living ai letti, dal dining ai complementi d’arredo. La scelta dei prodotti che entrano a far parte della collezione viene fatta sulla base di un unico principio, ovvero l’armonia che rappresenta l’archetipo su cui si sviluppa il dna del brand. Un’armonia tra oggetti, un’armonia da vivere in casa, che fa di Natuzzi un “Harmony Maker”. Per raccontare il suo dna, Natuzzi ha scelto la lingua dell’arte contemporanea, la prima scintilla è stata la collaborazione con Arnaldo Pomodoro, partita nel 2007, che ha dato vita al progetto Natuzzi Open Art, inaugurato ufficialmente per il Salone del Mobile del 2009. “Open” perché l’idea di Natuzzi era portare l’arte contemporanea nei negozi, renderla accessibile a tutti, democratizzarla come era stato fatto anni prima proprio con i divani. Il primo protagonista di Natuzzi Open Art è stato Giacomo Benevelli, dopo di lui, Nicola Del Verme, Gianni Basso e Fabrizio Plessi. Tutti con il compito di trasformare l’armonia Natuzzi in opere d’arte. Quest’anno la voce artistica dell’azienda sarà Missika, che durante la sua residenza artistica è entrato nei laboratori di Santeramo in Colle, dove ha visto la produzione artigianale e la sperimentazione tecnologica, partendo dal Centro Stile, il luogo dove ogni prodotto Natuzzi viene concepito. Nel Centro Stile 120 tra architetti, interior designer, coloristi, specialisti nella pelle, nei tessuti e nel legno elaborano oltre 6.000 bozzetti ogni anno. Di queste idee soltanto una piccola parte diventeranno prodotti che
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entreranno a far parte del total harmony Natuzzi Italia. Per realizzare questo ideale estetico, fatto di armonie delicate, di forme eleganti e smussate, di accostamenti morbidi e mai urlati, spesso Natuzzi ha collaborato con importanti designer esterni: Manzoni e Tapinassi, Studio Dror, Claudio Bellini, Bernhardt-Vella, Michelangelo Sciuto, Paola Navone e Formway Design Studio. Proprio dal lavoro fatto insieme a Kent Parker, capo designer del Formway Design Studio, è nata Re-vive, poltrona reclinabile ad alte prestazioni, prodotto di punta Natuzzi, pluripremiato nel mondo, ultimo il Design Award del Designers Institute of New Zealand. Re-vive è figlia della capacità di innovazione di Natuzzi: tre anni di ricerca, due
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brevetti e oltre 200 componenti individuali. Gli otto modelli di Re-vive rappresentano alla perfezione la capacità di Natuzzi nel coniugare “design e funzione”: basti pensare al suo nuovo rivestimento manopesca, che supera il concetto tradizionale di pelle o tessuto. Un materiale forte e resistente e al tempo stesso soffice al tatto. La cura quasi ossessiva del dettaglio e la continua ricerca della qualità, con oltre 200 test di qualità per ogni singolo pezzo e con il 92% delle materie prime acquistate sui mercati d’origine, fanno di Natuzzi il brand Made in Italy del settore arredamento più conosciuto a livello globale tra i consumatori di beni di lusso, secondo un sondaggio Ipsos. Oggi il futuro è sviluppare sempre più globalmente il
marchio, già conosciuto e amato in ogni continente: nei primi mesi del 2015 il gruppo è cresciuto del 22,4% sui mercati asiatici e del 20,2% negli Stati Uniti. A ottobre è stato aperto il negozio di Hong Kong, in uno spazio di 4.000 metri quadrati affacciato sulla Horizon Plaza: è il settimo aperto in Estremo Oriente solo quest’anno. In Cina i punti vendita Natuzzi sono arrivati a 60, in Nord America a 252. Merito della qualità e anche dello sforzo, come spiegano in Natuzzi, di rendere “percepibile” il valore aggiunto del design e della lavorazione made in Italy. Uno sforzo che non è solo produttivo ma anche di comunicazione, marketing, racconto e arte contemporanea. natuzzi.it
Sapienza artigianale. In queste pagine: alcune fasi del taglio del rivestimento e dell’assemblaggio di poltrone e divani Natuzzi, che vantano sempre pelli molto morbide al tatto. Il Gruppo Natuzzi è proprietario di una conceria (Natco) a Udine, in Friuli, terra di antica tradizione conciaria.
Skilled craftmanship. On these pages: phases of the cutting of the covers and assembly of the Natuzzi armchairs and sofas, always in leather that is soft to the touch. Gruppo Natuzzi owns a tannery (Natco) in Udine, Friuli, a region with an ancient tradition of fine leather.
¿ THE SUCCESS OF VALUES. First design, now art. The path of a company with deep roots in Apulia, which has made the sofa a symbol for all. During Art Basel Miami, with the new phase of the Natuzzi project. In December, with the opening of the new store in Miami, and at the time of Art Basel, Natuzzi Italia presents – for the first time in America – the project Open Art, involving collaboration with contemporary artists, asked to make site-specific works for the interiors of Natuzzi stores. An idea that like all the company’s activities takes form in Apulia, the region of the headquarters of Italy’s largest furniture manufacturer. Pasquale Natuzzi likes to think of the firm he founded 56 years ago as a big tree, with roots in Apulia and branches that stretch all over the world, thanks to sales offices in 12 countries and 1,155 points of sale scattered on all continents. Given the fact that the Natuzzi headquarters is in Santeramo in Colle (BA), the tree must be an olive tree. The other Natuzzi symbols are also reminders of Apulia, “the muse and home of the company”: the sea urchin and the sun. But in the end everything that is Apulia, the stone walls, the white lime, the domestic hearth of farmhouses and trulli, the magnificence of castles and the timeless elegance of Romanesque cathedrals, is the life’s blood of Natuzzi. Having become a world leader in leather sofas, without ever ceasing to nurture local roots, is a reason behind its excellence. And this homeland is also fully respected by Natuzzi: its production plants, employing 1,700 persons, have 21,000
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Internazionale. In questa pagina, a sinistra: il flagship store di Natuzzi Italia a Dubai. Sotto: la poltrona reclinabile Re-vive. Nella pagina accanto: la sede di Natuzzi Americas a High Point (North Carolina), progettata dall’architetto Mario Bellini. International. On this page, left: the flagship store of Natuzzi Italia in Dubai. Below: the Re-vive recliner. Facing page: the Natuzzi Americas headquarters at High Point (North Carolina), designed by the architect Mario Bellini.
photovoltaic modules, and all the production in Italy is done with solar energy. The history of the leading Italian producer in the furnishings sector began when Pasquale, son of a cabinet maker, opened his first crafts workshop in Taranto. The breakthrough came in the 1980s, when during a trip to the United States Natuzzi understood that the future lays in making leather sofas more democratic, though they were elite products at the time. Today the product range has expanded from living rooms to beds, dining rooms to accessories. The products selected to become part of the collection are based on a single principle: harmony. This is the archetype in the brand’s dna. To narrate its genetic make-up, Natuzzi has chosen the language of contemporary art. The first spark was the collaboration with Arnaldo Pomodoro, which gave rise to the Natuzzi Open
Art project. “Open” because the idea of Natuzzi was to bring contemporary art into stores, to make it accessible to all, to democratize it, just as the company had done years earlier with sofas. This year the artistic voice of the company will be Missika, who during his residency entered the workshops at Santeramo in Colle, observing the craftsmanship and technological experimentation, starting with the Design Center. In the Design Center 120 architects, interior designers, color experts, specialists in leather, fabrics and wood, develop over 6,000 draft projects every year. Natuzzi has often worked with important external designers: Manzoni e Tapinassi, Studio Dror, Claudio Bellini, Bernhardt-Vella, Michelangelo Sciuto, Paola Navone and Formway Design Studio. From the work done together with Kent Parker, head designer of Formway Design Studio, Re-
vive was created, a high-performance reclining armchair and one of Natuzzi’s top products. The eight Re-vive models perfectly represent Natuzzi’s talent for combining “design and function”. The almost obsessive attention to detail and ongoing pursuit of quality, with over 200 tests for each piece, and 92% of raw materials purchased at their markets of origin, make Natuzzi the best known brand on a global level of Made in Italy in the furnishings sector. The future calls for increasing global growth of the brand: in the first months of 2015 the group grew 22.4% on Asian markets and 20.2% in the Usa. In October a store was opened in Hong Kong: this is the seventh unit opened in the Far East in this year alone. In China the Natuzzi points of sale are now 60 in number, while in North America there are 252. natuzzi.it
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Forma e funzione. Nella foto in alto il Technogym Village a Cesena. Sopra: Kinesis permette di eseguire 200 diversi esercizi. In basso: la cyclette Recline. Pagina seguente: un’altra immagine del Technogym Village e alcuni schizzi di progetto per attrezzi Technogym. Form and function. Top: the Technogym Village in Cesena. Above: Kinesis offers 200 different exercises. Below: the Recline exercycle. Following page: another image of the Technogym Village and design sketches for Technogym equipment.
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¿ HOME COLLECTION. Technogym has turned to the architect Antonio Citterio to create its Personal Line. A series of refined equipment for a home fitness space of haute design. «Fitness gear can be as beautiful as a Porsche or a smartphone». This sums up the thoughts of the designer Antonio Citterio on the creation of the Personal Line, a series of “apartment” products by Technogym, the Italian wellness multinational founded in Cesena in 1983, which has supplied equipment for 65,000 fitness centers and 100,000 homes around the world. Ten years ago Technogym decided to focus on beauty, to save exercise gear from its reputation as something to be hidden. For the mission of beautifying the machinery we use to sweat, company owner Nerio Alessandri called on Antonio Citterio, who had designed the new headquarters of Technogym. Since 2005 Citterio has worked with physicians and biomechanical engineers: the first result was Kinesis, the compact gym that in just one device, and one square meter of space, provides 200 different exercises, thanks to the Fullgravity patent, a system of rotating pulleys permitting fluid 360° movement without adjustments. After Kinesis came Run (the treadmill), Cross and Recline, the exercycle whose back is that of a Vitra chair. The Personal Line look does not come just from form, but also from the materials. Injection-moulded plastic tubes, die-cast aluminium frames and micro-polished mirror-finish steel allow the design of the equipment to shift from one material to another without sacrificing elegance. technogym.com
HOME COLLECTION AL TRATTO DELL’ARCHITETTO ANTONIO CITTERIO TECHNOGYM HA AFFIDATO LA CREAZIONE DELLA SUA PERSONAL LINE. UNA SERIE DI RAFFINATI ATTREZZI PER ARREDARE UNA PALESTRA DOMESTICA CON ALTO DESIGN. NON SOLO FORME, MA ANCHE MATERIALI INNOVATIVI. di FERDINANDO COTUGNO
¿ «Gli attrezzi da palestra possono essere belli come una Porsche o uno smartphone». È solo una sintesi, quella del designer Antonio Citterio, ma racconta bene la creazione di Personal Line, la serie di prodotti “da appartamento” Technogym, la multinazionale Made in Italy del wellness nata a Cesena nel 1983, presente in 65mila centri benessere e 100mila abitazioni nel mondo. Dieci anni fa Technogym ha deciso di puntare sulla bellezza, di innovare unendo forma e funzione, di togliere all’attrezzo per allenarsi la reputazione di oggetto da nascondere, il «pudore della macchina». Per la missione di ingentilire il macchinario che usiamo per sudare, il patron Nerio Alessandri ha chiamato l’architetto-designer Antonio Citterio, che di Technogym aveva già progettato la nuova sede, la “fabbrica del benessere” da 150mila metri quadrati. Dal 2005 Citterio lavora con medici e ingegneri biomeccanici: il primo risultato è
stato Kinesis, la palestra compatta che in un solo strumento e occupando un solo metro quadrato di spazio permette 200 esercizi diversi, grazie al brevetto Fullgravity, un sistema di pulegge rotanti che consente di eseguire movimenti a 360° con fluidità e senza cambiare regolazione. Dopo Kinesis, sono arrivati Run (il tapis roulant), Cross e Recline, la cyclette i cui schienali sono quelli delle sedie Vitra, con la sola aggiunta di microfibra per renderli lavabili. L’estetica di Personal Line non deriva però solo dalla forma, ma anche dai materiali. I tubi in plastica stampata a iniezione, i telai in alluminio pressofuso, l’acciaio a specchio microlucidato permettono al disegno della macchina di passare da un materiale all’altro senza perdere l’eleganza del tratto: «La bellezza oggi è questo», spiega il designer di Technogym, «il massimo della tecnologia nel massimo della semplicità nel disegno». technogym.com
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CREATIVITÀ NATURALE
LA NATURA COME RIFERIMENTO DI STILE. IL VALORE DELL’ARTIGIANALITÀ COME PUNTO D’ORGOGLIO. LA TECNICA, QUELLA DEL BULINO, TRAMANDATA IN FAMIGLIA COME TRATTO DI DISTINZIONE DELL’AZIENDA. SU QUESTI CARDINI MARCO BICEGO HA COSTRUITO LA SUA CREATURA. di FERDINANDO COTUGNO
¿ Nascono sempre da uno sguardo che osserva la natura: il profilo di un fiore, il colore di una pietra. È il momento in cui Marco Bicego, che nel 2000 ha fondato il marchio che porta il suo nome (ereditando l’esperienza orafa dell’azienda di famiglia, fondata dal padre), nota una forma e decide che quella forma diventerà un gioiello con la sua firma. Come Lunaria, la collezione più venduta degli ultimi due anni, ispirata alle foglie della pianta che cambiano colore quando seccano, da verdi a bianco argento, e prendono un aspetto che racchiude la leggerezza, la delicatezza e l’eleganza di Marco Bicego. O Marrakech, con le sue onde irregolari e sinuose, forse quella a cui Marco è più affezionato: la collezione ha compiuto 15 anni, un successo timeless che è stato da poco celebrato insieme alla cantante Malika Ayane nella boutique di via
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della Spiga a Milano. «L’ispirazione naturale può venirmi da un viaggio, da un paesaggio, da un’esperienza», racconta Bicego. «Le idee prendono forma nella mia testa: ne parlo con il mio ufficio stile, con il quale cerco di trasferirle su carta, ma spesso diventano anche direttamente prototipo». In mezzo, tra l’ispirazione iniziale e l’oggetto, ci sono una «lavorazione artigianale e una cura per i dettagli maniacale», spiega. «I gioielli passano attraverso molti passaggi di perfezionamento, non solo estetico ma anche funzionale. Finché non mi convincono in ogni aspetto non escono dalla prototipazione». Perché la creatività e l’immaginazione da sole non bastano: la “firma” Marco Bicego è anche nelle tecniche di lavorazione esclusive dei suoi artigiani, tramandate a Bicego dal padre. Come quella del “bulino”, un’incisione
eseguita interamente a mano, che conferisce al suo tipico oro giallo a 18 carati un effetto setoso e non lucido, e quella “a corda di chitarra”, fatta di fili d’oro che si avvolgono. Una produzione interamente italiana, nelle sede di Trissino (VI), dove lavorano gli 80 dipendenti. «La vera sfida non è stata tanto trovare degli artigiani che fossero giovani e bravi, quanto piuttosto riportarli al lavoro artigianale con orgoglio, cercando di trasmettere loro la nobiltà e l’unicità dell’attività che svolgono e dell’arte antica che rappresentano». I risultati si vedono: i gioielli Marco Bicego sono un’eccellenza italiana, indossata e amata ovunque nel mondo, l’ultimo dei sette negozi monomarca è stato aperto lo scorso luglio a Istanbul, in tutto i punti vendita globali sono circa 1.000. marcobicego.com
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Orafi. Sopra: l’artigianalità del bulino. A sinistra: una fase di lavorazione. A destra: in alto orecchini Diamond Lunaria, qui a fianco bracciale della storica collezione Marrakech. Pagina accanto: collier Diamond Lunaria. Goldsmiths. Above: craftsmanship with the burin. Left: a workmanship phase. Upper right: Diamond Lunaria earrings; lower right: bracelet from the Marrakech collection. Opposite page: Diamond Lunaria necklace.
¿ NATURAL CREATIVITY. Nature as a stylistic reference. The value of craftsmanship as a point of pride. Technique – that of the burin – passed down through a family, a distinctive trait of the firm. These are the principles around which Marco Bicego has built his creation. They always come from a gaze that observes nature: the profile of a flower, the color of a stone. The moment in which their creator, who founded the brand that bears his name in 2000 (inheriting the goldsmithery experience of the family company created by his father), notices a form and decides that it will become a piece of jewelry signed by Marco Bicego. Like Lunaria, the best selling collection of the last two years, inspired by the leaves of a plant that when they dry take on an appearance that sums up the lightness, delicacy and elegance of Marco Bicego.
Or Marrakech, with its irregular, sinuous waves, perhaps the collection Marco is most fond of: it is now in its 15th year, a timeless success recently celebrated with the singer Malika Ayane in the boutique on via della Spiga in Milan. «Inspiration from nature can happen on a trip, from a landscape, an experience», Marco says. «Ideas take form in my mind: I talk it over with the in-house design division, trying to get the idea onto paper, but often it directly becomes a prototype». Between the initial inspiration and the object come «craftsmanship and maniacal attention to detail», he explains. «The jewelry goes through many phases of refinement, not just aesthetic but also functional. Until I am finally convinced that every aspect is perfect». Because creativity and imagination cannot suffice on their own: the “signature” of Marco Bicego also lies in the exclusive tech-
niques of his artisans, passed down to Marco by his father. Like the “burin” technique, engraving done entirely by hand, that gives his typical yellow 18k gold a silky, not shiny effect, and the “guitar string” technique, with gold threads that wrap the piece. Entirely Italian production, in the headquarters at Trissino (VI), with 80 employees. «The real challenge was not to find talented young craftsmen, but to restore their pride in what they do, transmitting the nobility and uniqueness of their work and the ancient art they represent». The results are visible: the jewelry of Marco Bicego represents an Italian excellence, worn and loved all over the world. The latest of seven monobrand stores was opened in July in Istanbul, and today the firm has about 1,000 points of sale around the planet. marcobicego.com
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¿ A GENTLE SOUL. After having furnished the most refined events, the delicate elegance of Tearose takes on a spirit of welcome. For guests and friends, a hotel in Monza. Ephemeral comes from Greek, meaning: that which lasts one day. Like flowers and events, arts in which Tearose is an exponent of excellence. It all started in 1994 when Alessandra Rovati Vitali opened her botanical workshop. Around the first boutique, lifestyle shops and installations in Italy’s most beautiful buildings, she developed a design approach for special days. «Clients come to us for baptisms or weddings, important moments of their lives. We accompany them with delicacy». Starting in the summer, Tearose will also be a hotel, The Albergo Casa Tearose, facing the cathedral of Monza. There will be fifteen rooms, a restaurant, a boutique and a wellness store, with juices prepared by Alessandra’s daughter,
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a detox expert. «We are opening a hotel to expand the Tearose experience, to open it to the world, according to our guidelines: democratic and sustainable luxury, without any need to show off». This is the Tearose Way created by Alessandra Rovati Vitali, who works on events and installations like a dressmaker: «We want everything to be made to measure, tailored to the dreams of the person, the client. Actually, rather than “client” I prefer the word “guest”, or even the word “friend”. The Tearose Hotel will be halfway between a hotel and a home, and those who stay there will feel pampered and protected». It will also be designed for women. Every room will have a buffer space, to leave or receive room service trays without getting out of bed. Butler service will be optional, and the rooms will be modular, built to become larger or smaller, depending on needs. tearose.it
Gusto. A sinistra: la suite Library (vista sul Duomo di Monza) del nuovo Hotel di Tearose che nascerà nell’estate 2016. Più a sinistra: il giardino d’inverno e la reception. Al centro: un’immagine evocativa del mondo di Tearose, fatto di flower design, fashion, fairytale. Taste. Left: the Library suite, with a view of the Cathedral of Monza, in the new Tearose Hotel. Further left: the winter garden and the reception. Center: an evocative image of the world of Tearose, composed of flower design, fashion and fairytales.
ANIMA GENTILE DOPO AVER ALLESTITO GLI EVENTI PIÙ RAFFINATI E GLI ATTIMI DI VITA PIÙ PREZIOSI, ORA LA DELICATA ELEGANZA DI TEAROSE HA SCELTO DI ACCOGLIERE: OSPITI COME AMICI. IN UN HOTEL A MONZA DOVE SENTIRSI PROTETTI. E COCCOLATI DA UN INSIEME DI DOLCEZZE. di FERDINANDO COTUGNO
¿ Effimero viene dal greco, vuol dire: ciò che dura un giorno. Come i fiori o come gli eventi, entrambe arti in cui Tearose è un’eccellenza. Tutto comincia nel 1994, quando Alessandra Rovati Vitali apre la sua officina botanica. Intorno alla prima boutique si sono sviluppati i negozi di lifestyle, gli allestimenti nei palazzi più belli d’Italia, gli eventi più glamour negli ultimi anni e il design per giorni speciali. «I clienti ci affidano il battesimo o le nozze, sono i momenti più importanti della loro vita. Noi li accompagniamo con delicatezza». Dalla prossima estate, Tearose sarà anche Albergo Casa Tearose, di fronte al Duomo di Monza: «Sarà un resort in città, secondo lo spirito di Monza, città che vive su due velocità, quella frenetica di Milano e quella più compassata della Villa Reale, sede di campagna delle aristocrazie europee». Ci saranno quindici camere, un ristorante, una boutique e un negozio di wellness, con i succhi preparati dalla figlia di Alessandra, esperta in detox. «Apriamo l’albergo per allargare l’esperienza Tearo-
se, aprirla al mondo secondo le nostre linee guida: lusso democratico e sostenibile, senza alcun bisogno di ostentare». È il Tearose way creato da Alessandra Rovati Vitali, che sugli eventi e sugli allestimenti lavora come una sarta, con la stessa dedizione al dettaglio che si respirerà nel suo hotel: «Vogliamo che tutto sia su misura, cucito sui sogni della persona che è nostra cliente. E poi, a “cliente” io preferisco la parola “ospite”, e a “ospite” la parola “amico”. Sarà una via di mezzo tra un hotel e una casa, chi ci dormirà si sentirà accolto, protetto». Sarà anche a misura di donna, ogni camera avrà uno spazio franco che consentirà di lasciare o ricevere i vassoi del servizio in camera senza alzarsi dal letto, si potrà scegliere di avere il servizio di maggiordomo, le stanze saranno modulari, costruite per diventare più grandi o più raccolte a seconda delle esigenze. «Sono piccole gentilezze, manifestazioni di empatia. Se c’è un valore aziendale in cui crediamo sopra tutti è trattare con le persone partendo dalla loro anima». tearose.it
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Inside. In queste immagini vedute interne del nuovo spazio Fantini in via Solferino 18 a Milano. Inside. Interior views of the new Fantini space at via Solferino 18 in Milan.
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¿ HOUSE OF WATER. There is a new island of serendipity in the center of Milan. A meeting point for architects, designers and clients. The new Fantini space has a domestic identity. From water by water is the constant theme of the history of Fantini. Founded at the end of the 1940s on the shores of Lake Orta, at Pella (NO), Fantini makes faucets and accessories for the bath environment with high quality, design, technology and passion. Innovative products that have become international reference points for design in this sector, thanks to collaboration with famous Italian and foreign designers and a strategy of research and development to give the “best form to water”. In Brera, at the historical and artistic center of Milan, in a courtyard with cobblestones of a 19th century building, Fantini Milano greets visitors with a large window display. A new comfortable, welcoming “domestic” space, a gathering place for designers, clients and sector professionals, with theme areas and evocating atmospheres where water is the protagonist. Designed by the Studio Lissoni Associati as a residential space, the subdivision of the spaces takes certain elements of memory of the site into account, including the original architectural structure and materials. The white of the walls and furnishings, the dark Avola stone and pastel gray of the drapes, and the balanced use of natural and artificial materials, enhance each space through contrast, in a gallery of products displayed like collectibles in vitrines. Luminous walls and technological screens with home furnishings, a dialogue between contemporary style and tradition, allegories that underscore the evolution of products and the company. Fantini, a factory of Italian design, combining fine craftsmanship with the most advanced industrial processes. fantini.it
LA CASA DELL’ACQUA C’È UNA ISOLA FELICE NEL CENTRO DI MILANO. PUNTO D’INCONTRO DI ARCHITETTI, PROGETTISTI E COMMITTENTI. È IL NUOVO SPAZIO DI FANTINI. UN LUOGO DALL’IDENTITÀ DOMESTICA, PENSATO COME UN’ABITAZIONE PER RICEVERE. di FR ANCA ROTTOLA
¿ Dall’acqua per l’acqua è il tema costante della storia di Fantini. Nata sul finire degli anni 40, sulle rive del lago d’Orta a Pella (NO), Fantini realizza rubinetti, accessori e complementi per l’ambiente bagno con qualità, design, tecnologia e passione. Prodotti innovativi che sono diventati punti di riferimento internazionali per il design di settore, grazie alla collaborazione con famosi progettisti italiani ed esteri e una strategia di sviluppo e ricerca per dare la “forma migliore all’acqua”. A Brera, nel centro storico e artistico di Milano, in un cortile acciotto-
lato di un palazzo ottocentesco, attraverso un’ampia vetrata si accede a Fantini Milano. Uno nuovo spazio “domestico” confortevole e accogliente, punto d’incontro per progettisti, committenti e addetti ai lavori, con aree tematiche e suggestive atmosfere dove l’acqua è protagonista. Progettato dallo Studio Lissoni Associati come uno spazio abitativo, una suddivisione di ambienti che tiene conto di alcuni elementi della memoria del luogo, dei materiali e della struttura architettonica originaria. Il bianco delle pareti e degli arredi, la scura
pietra d’Avola e il grigio pastello delle tende e un bilanciato utilizzo di luci naturali e artificiali esaltano ed evidenziano per contrasto ogni spazio e la galleria dei prodotti con le teche che li custodiscono come oggetti da collezione. Pareti luminose e schermi tecnologici con arredi domestici, un dialogo tra contemporaneità e tradizione, allegorie che evidenziano e segnano l’evoluzione dei prodotti e dell’azienda. Fantini, una fabbrica del design italiano, che coniuga la propria capacità produttiva artigianale con i processi industriali più attuali. fantini.it
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¿ COME ON IN. If the home is a coordinated whole, the entrance door should establish a dialogue with the garage door. Founded over 50 years ago to develop age-old woodworking methods, Silvelox has formulated a perfect blend of passion for wood, traditional craftsmanship, technological research and continuous innovation. The brand offers exceptional collections of garage doors and entrance doors. Wood is the raw material with which every door is made. Silvelox is flexible and sensitive to the requirements
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of the most demanding clients, offering the opportunity to create doors in collaboration with their own designers or the in-house technical staff, in keeping with the technical-constructive characteristics and modular sizes of the panel components, for garage doors or entrance doors. In the Silvelox garage doors the focus on details is also evident in the view from the inside, thanks to the lack of tracks mounted on the ceiling. The motor, in the case of motorized doors, is inserted in the upper crossbeam of the doorframe. The in-
ternal design of the garage door brings clean lines and rigor to an important space in the home, the garage, often used as a second entrance. Further specialization has allowed Silvelox to expand its range of offerings to include security entrance doors. The latest Silvelox creation is the Medea 3T armored entrance door, which combines high security standards, advanced technological solutions and electronic locks with numerical keypads or biometric fingerprint sensors. silvelox.it
VOGLIA DI ENTRARE SE LA CASA È UN INSIEME COORDINATO, ALLORA LA PORTA D’INGRESSO DEVE DIALOGARE CON QUELLA PER IL GARAGE: IL KNOW-HOW TECNOLOGICO DELLE COLLEZIONI FIRMATE SILVELOX.
di FR ANCA ROTTOLA Alta sicurezza. Sopra: una fase di lavorazione. A sinistra: porta per garage blindata Secur con finestre personalizzate. Sotto, da sinistra: il sistema W_Concept progettato su misura; porta per garage blindata Secur Plus e porta d’ingresso coordinata; porta blindata d’ingresso. In basso: vista interna della porta per garage di Silvelox.
High security. Top, a phase of workmanship; top left, Secur garage security door with custom windows. Above, from left: the W_Concept system, made to measure; Secur Plus garage security door and coordinated entrance door; armored entrance door. Right: interior view of the Silvelox garage door.
¿ Nata oltre 50 anni fa sviluppando i più antichi metodi di lavorazione del legno, Silvelox ha saputo fondere in un perfetto legame la passione per il legno, la maestria tradizionale, la ricerca tecnologica e la continua innovazione, creando prodotti originali e curati in ogni dettaglio, ponendo la stessa attenzione che contraddistingue il mobile d’alto artigianato. Questo marchio dà vita a particolari collezioni di porte per garage e porte d’ingresso. L’innovazione, la ricerca del particolare e la cura nei dettagli di alta falegnameria costituiscono il successo di una strategia aziendale che sa unire tecnica e design, garantendo una vasta scelta fra diversi modelli personalizzabili in ogni minimo dettaglio. Il legno, da sempre parte integrante della vita umana, è la materia prima con cui ogni porta viene realizzata. Viene utilizzato con sapienza e profondo rispetto per la natura, fornendo tutto il calore e la qualità di rifinitura che garantiscono l’eccellenza in ogni prodotto. Silvelox, dutti-
le e sensibile alle richieste della clientela più esigente, offre l’opportunità di creare porte su disegno del progettista, del cliente finale o dello staff tecnico interno, compatibilmente con le caratteristiche tecnico-costruttive e le modularità dei pannelli componibili che siano porte per garage o porte d’ingresso. Nelle porte per garage Silvelox l’attenzione al particolare viene coniugata in modo eccellente anche nella vista interna grazie alla mancanza delle guide di scorrimento a soffitto e al minimalismo del pannello interno. La motorizzazione, nel caso di porta motorizzata, è inserita nella traversa superiore del telaio perimetrale della porta garantendo funzionalità e mancanza di scomodi ingombri. Il design interno della porta per garage è sinonimo di pulizia e rigore e trasferisce a un ambiente importante della casa come il garage, utilizzato spesso come secondo ingresso o come accesso diretto a spazi di convivialità. Una successiva specializzazione, forte di un solido know-how, ha permesso a Silvelox di ampliare la propria offerta con la porta d’ingresso blindata. Un prodotto d’avanguardia che sposa la tecnologia antieffrazione con la cura del dettaglio. Le porte d’ingresso Silvelox si presentano con un’ampia gamma di modelli e in infinite possibilità di personalizzazione. Ultima nata in casa Silvelox è la porta d’ingresso blindata Medea 3T che coniuga i più alti standard di sicurezza, soluzioni tecnologiche avanzate e l’utilizzo di innovative serrature elettroniche a tastiera numerica o lettore biometrico di impronte digitali. silvelox.it
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Lavorazioni. In questa pagina, dall’alto in senso orario: fase di lavorazione con bordatrice; progetti per tappeti; tappeto della collezione New Feelings; rocche di filati. Nella pagina accanto: pavimentazione verde Silk Line collezione Prestige; tappeto Bond Street. Workmanship. On this page, clockwise from top: work phase with binding machine; designs for carpets; carpet from the New Feelings collection; spools of yarn. Facing page: Silk Line carpet, Prestige collection; Bond Street rug.
¿ HORIZONTAL WEAVES. New custom collections reveal the evolution of Besana Moquette, based on extensive experience with fine yarns for the creation of carpeting. The company now brings its innovative approach to the world of tailor-made rugs. Soft carpets made by hand in Italy, with passion, care and expertise, by Besana Moquette. Furnishing complements for the various spaces of the home, indoors and outdoors, from the living room to the bedroom, from the winter garden to the terrace, bringing character to any space with their forms, decorations and colors. A company with
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almost 30 years of experience in the world of decor textiles, based in the heart of Brianza, with passion and an “artisan” approach passed down through generations. The extensive knowledge of treatments and transformations of fine yarns to make soft, sturdy, natural and non-allergenic wall-to-wall carpeting and runners, has led to an evolution of the product line in recent years, with the creation of new custom rug collections, personalized decor pieces offering limitless design solutions based on multiple forms, chromatic effects and shadings, juxtapositions of different weaves, piles and textures. The essence of every
carpet by Besana Moquette lies in craftsmanship, in a tailor-made approach where every product is done by hand, totally Made in Italy. The rugs are also made with advanced technologies and subjected to selective quality testing to guarantee durability and flameproofing certification, with treatments to prevent allergies. A balance of tradition and innovation, where the production of carpeting and runners, used in homes, hotels and offices, and the manufacture of decor rugs alternate in synergy, always with a focus on high quality of raw materials and finished products. besanamoquette.com
TRAME ORIZZONTALI NUOVE COLLEZIONI CUSTOM MADE SEGNANO L’EVOLUZIONE DI BESANA MOQUETTE. FORTE DELL’ESPERIENZA NELLA LAVORAZIONE ARTIGIANALE DI FILATI PREGIATI PER RIVESTIMENTI, L’AZIENDA CONSOLIDA LA SUA POSIZIONE NEL MONDO DEI TAPPETI D’ARREDO PERSONALIZZATI. di FR ANCA ROTTOLA
¿ Soffici tappeti realizzati artigianalmente in Italia con passione, cura e competenza da Besana Moquette, complementi d’arredo dedicati ai vari ambienti della casa, interni ed esterni, dal soggiorno alla camera da letto e per giardini d’inverno o terrazzi, capaci di caratterizzare con le loro forme, decori, colori gli spazi in cui vengono vissuti. Un’azienda con un’esperienza di quasi 30 anni acquisita nel mondo dei filati per arredamento, nata nel cuore della Brianza, con un’attenzione e una sapienza “artigianali” tramandate da generazioni. L’ampia conoscenza di trattamenti e trasformazioni di pregiati
filati in morbide e resistenti moquette naturali e anallergiche, oltre alla storica produzione e commercializzazione di moquette e passatoie, ha portato negli ultimi anni a una evoluzione della produzione e alla realizzazione di nuove collezioni custom made dedicate alla realizzazione di tappeti d’arredo personalizzati, con illimitate soluzioni creative progettate su disegno con molteplici forme, effetti cromatici e gradazioni, accostamenti di differenti trame, spessori e morbidezze. L’essenza di ogni tappeto di Besana Moquette sono l’artigianalità, il lavoro manuale e la sartorialità dove ogni prodotto è
realizzato a mano e totalmente Made in Italy. I tappeti sono inoltre creati con tecnologie avanzate e sottoposti a selettivi test di qualità e resistenza all’usura anche con certificazioni ignifughe e trattamenti anallergici. Un equilibrio tra tradizione e innovazione, dove la produzione di moquette e passatoie, utilizzate negli ambienti residenziali, nei progetti di alberghi e uffici, e la produzione di tappeti d’arredo si alternano in modo sinergico, con un occhio sempre attento alla ricerca della qualità delle materie prime e del prodotto finito. besanamoquette.com
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DENTRO LA STORIA OGNI AMBIENTE PUÒ DIVENTARE UN CLASSICO: QUESTA L’IDEA DI PROVASI. SINONIMO DI MOBILE IN STILE, ORA L’ELEGANZA PROGETTUALE DELL’AZIENDA RAGGIUNGE TUTTA LA CASA. E POI SI TRASFERISCE DAGLI YACHT AGLI HOTEL. CON ESTETICA E ARTIGIANALITÀ SU MISURA. di FR ANCA ROTTOLA
¿ La storia di Provasi è quella di una famiglia che si tramanda da generazioni la creazione di mobili e complementi d’arredo classici. I fratelli Provasi, Enrico, Roberto, Paolo e Giovanni, all’inizio degli anni 70 iniziano la produzione a Cabiate, distretto industriale del mobile lombardo, con realizzazioni ispirate a epoche stilistiche, dal 500 all’800 italiano ed europeo. L’azienda affianca stili diversi reinterpretando i canoni tradizionali con eleganti suggestioni e atmosfere inusuali. Ogni collezione è caratterizzata da una particolare cura per il dettaglio, proporzioni e cromatismi realizzati da artigiani specializzati, maestri di intaglio e intarsio, custodi di una tradizione di alta ebanisteria radicata da oltre due secoli. Ogni prodotto è unico e non seriale, realizzato manualmente e riconoscibile in ogni dettaglio dove la passione per l’artigianalità risalta in ogni elemento e dove il gusto per la qualità si fonde con la raffinatezza dei particolari. Negli ultimi anni la creatività della produzione di Provasi si è evoluta percorrendo le varie trasformazioni delle tendenze dell’arredamento classico, mantenendo la tradizione delle lavorazioni e delle geometrie come riferimento di ogni realizzazione. Le collezioni sono coordinate tra loro, con un’ampia selezione e ricerca di materiali, di essenze, combinazioni di colori e abbinamenti, produzione di boiserie e tessuti di pregio. Un’offerta di arredamenti e complementi di arredo di lusso per tutti gli spazi dell’abitare, per yacht, per hotel e anche per i grandi
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progetti internazionali tra cui diversi palazzi presidenziali nel mondo. Ogni spazio è curato e personalizzato per ricreare atmosfere e ambienti, dalla tenda al lampadario, dalla boiserie ai tessili. Le texture, le fantasie e i colori dei tessuti donano un’impronta distintiva a ogni singolo elemento dell’ampia collezione di Provasi. L’azienda vanta un dipartimento di progettazione capace di offrire al cliente un’assistenza qualificata e personalizzata e che attinge, nella creazione di ambienti esclusivi, alla divisione Provasi Home Collection di complementi e accessori: lampadari, vasellame, cristalleria, posate, biancheria e tappeti. Ultima nata è la nuova divisione Kitchen Line
dedicata alla cucina, che sviluppa e realizza soluzioni su misura attraverso tecnici e designer specializzati. Lo spazio cucina richiama un concetto di arredamento che si adatta a diverse soluzioni progettuali con un inconfondibile appeal classico rivisitato. Racconta Roberto Provasi, amministratore unico: «Gli obiettivi futuri consistono nell’allargare sempre più l’offerta, per soddisfare le esigenze di mercato e le richieste dei nostri clienti. I settori delle cucine, dei grandi progetti e la Home Collection verranno arricchiti e saranno sviluppati maggiormente». Provasi è presente da Mosca a Pechino, da Kiev a Los Angeles, con showroom monobrand e le prossime sfide coinvolgono nuovi Paesi e mercati. provasi.com
Eleganza. Qui sopra a sinistra: letto Alexander Sopra: la poltrona Antigua. In piccolo a sinistra: una fase di lavorazione. Nella pagina accanto, in alto: la credenza in acero con la specchiera oro e argento patinato. In basso: divanetto Matisse con struttura intagliata a mano, rivestito di velluto. Elegance. Upper left: the Alexander bed. Upper right: the Antigua armchair. Further left: a phase of workmanship. Facing page, top: the maple credenza with gold and silver patina. Below: Matisse sofa with handcarved structure, covered in velvet.
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Classico. In alto: sala da pranzo con pannelli di alta qualità in rovere tinto scuro e, al centro, tavolo in ebano con piano intarsiato in radica di betulla. Sotto: cabina armadio in sicomoro. Classic. Top: dining room with high-quality paneling in dark stained oak, and (at the center) ebony table with birch briar inlaid top. Below: wardrobe in sycamore.
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Finiture. Sopra: elegante salotto dai colori chiari con divani Emerald in capitonné, rivestiti in velluto con cuscini in velluto e seta; al centro, il pouf-tavolino in ottone con pelle ricamata. A lato: una fase della lavorazione. Finishes. Above: an elegant living room in pale tones, with Emerald capitonné sofas covered in velvet, and velvet-silk cushions; at the center, ottoman-table in brass with embroidered leather. To the side: a phase of workmanship.
¿ INSIDE HISTORY A synonym for style, now the design elegance of Provasi extends throughout the home and travels on yachts and in hotels. The story of Provasi is that of a family that passes down, across generations, the skills for making classic furnishings. At the start of the 1970s the Provasi brothers Enrico, Roberto, Paolo and Giovanni began production in Cabiate, the Lombard furniture district, with creations inspired by different stylistic epochs. Each collection is marked by particular attention to detail, proportions and color effects, done by specialized artisans, masters of carving and inlay work, standard bearers of a tradition of cabinet making stretching back for over two centuries. Every product is unique, made by hand, recognizable in each detail, where the passion for craftsmanship enhances every
feature, and the taste for quality blends with the refinement of every touch. The collections are coordinated, with a fine selection of materials, types of wood, color combinations, boiseries and precious fabrics. A range of furnishings and accessories for all the spaces of life, from yachts to hotels and major international projects, including several presidential palaces around the world. Every space is crafted and personalized to generate atmospheres and settings, from the drapes to the chandeliers, from the paneling to the fabrics. The textures, patterns and colors of the fabrics add a distinctive touch to every product. The company has an in-house design division ready to offer customers qualified and personalized assistance, creating exclusive spaces with the help of the Provasi Home Collection
division, for the complements and accessories: chandeliers, tableware, vases, crystal, flatware, linens and carpets. The latest development is the new Kitchen Line division, which develops and produces custom solutions with specialized technicians and designers. The kitchen space calls for a furnishing concept that adapts to different design solutions with unmistakable reinterpreted classic appeal. Roberto Provasi, Ceo, explains: «Our future objective is to offer an increasingly wide range of products, to respond to the needs of the market and the requests of our clients. The kitchen, major projects and Home Collection divisions will be reinforced and developed». Provasi is a presence from Moscow to Beijing, from Kiev to Los Angeles, with monobrand showrooms. provasi.com
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Thirties. Clockwise from top: Paris sofa with matelassé work; detail of the Prestige bed, designed by Carlo Colombo; Kenya bed, designed by Carlo Colombo; detail of the Empire sofa; Flambè fireplace by Rugiano Design Lab. The creations of Rugiano often reinterpret Art Deco style in a contemporary way.
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NOI ABITIAMO QUI LE FORME DELL’ART DÉCO HANNO SEGNATO LA SUA STORIA. METALLI, PIETRE, LEGNI HANNO SAGOMATO UN’IDEA DI DESIGN SIGNORILE. OGGI, SU PROGETTO DI CARLO COLOMBO, RUGIANO ARREDA LA SUA CASA: UN NUOVO CONCEPT ABITATIVO E COMMERCIALE. di FR ANCA ROTTOLA
Anni Trenta. Dall’alto a sinistra in senso orario: divano Paris con lavorazione matelassé; particolare del letto Prestige, design Carlo Colombo; Letto Kenya, design Carlo Colombo; particolare del divano Empire; camino Flambè Rugiano Design Lab. Spesso i mobili di Rugiano reinterpretano in chiave contemporanea il gusto degli arredi del tempo dell’Art Déco.
¿ Passione e artigianalità italiana, creazioni fatte su misura, a mano, cura dei dettagli e della qualità, sono i valori che da 35 anni Luigi Rugiano trasmette alla sua azienda. Inizia la produzione a Mariano Comense (CO), realizzando arredi in metallo e fusioni in bronzo affiancati a collezioni esclusive e crea un nuovo marchio di mobili raffinati ispirati all’Art Déco e alle suggestioni degli anni 40. Manifatture di lusso per i vari ambienti della casa, preziosi arredi da collezionare e tramandare, realizzati su disegno e distribuiti in tutto il mondo. Lavorazioni sartoriali e artigianali: trapuntature, ricami e decorazioni particolari, pellami impreziositi
da texture, abbinati a metalli, pietre e legni di pregiate essenze. Le recenti collezioni, progettate da Carlo Colombo e dallo Studio Viganò, uniscono la conoscenza artigianale alle più moderne tecnologie produttive. Da qualche anno Rugiano si è trasformata da azienda di complementi in metallo lavorato a manifattura di lusso con proposte coordinate dedicate agli spazi living, sala da pranzo e alla zona notte. Una realtà produttiva, di 10.000 metri quadrati, con specializzate aree operative: falegnameria, decorazione, tappezzeria e pelletteria, reparti per la lavorazione dei metalli e l’assemblaggio dove tutti
i prodotti vengono creati da abili artigiani. L’azienda dispone al suo interno di un ufficio stile che collabora con designer interni e professionisti esterni seguendo i processi d’innovazione e ricerca. Rugiano sta realizzando, su progetto di Carlo Colombo, un nuovo edificio che sorgerà a fianco della sede principale, su tre piani con al suo interno: un centro ricerche, uno showroom di 1.400 metri quadrati e Casa Rugiano, dove sarà possibile immergersi in ambienti domestici ideali, spazi in cui verranno esposti anche arredi per il bagno e la cucina. Ricreando così una vera e propria abitazione di lusso. rugiano.com
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DOSSIER . Versatili. In questa pagina: fasi della lavorazione. In basso a sinistra: due sedie Aria. Nella pagina seguente: la console Zoe, disegnata da Carlo Colombo. La base è in bronzo, il piano è disponibile in vari materiali, dal legno al marmo, al cuoio. Versatile. On this page: phases of workmanship. Lower left: two Aria chairs. On the following page: the Zoe console by Carlo Colombo. The base is in bronze, while the top comes in different materials, from wood to marble or cowhide.
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¿ WE LIVE HERE. Its history is marked by the forms of Art Deco. Metals, stones, woods shape an idea of refined design. Today, in a project by Carlo Colombo, Rugiano decorates its own home. A new approach to living and commerce. Passion and Italian skills, custom creations, made by hand, with a focus on details and quality: these are the values Luigi Rugiano has transmitted to his company for 35 years. At Mariano Comense (CO), production began with metal furnishings and bronze castings, in exclusive collections, to create a new brand of refined furnishings inspired by Art Deco and the atmospheres of the 1940s. Luxurious items for the various spaces of the
home, precious furnishings to collect and pass down through generations, custom-made and distributed all over the world. Tailor-made craftsmanship: quilting, embroidery, particular decorations, leathers enhanced by textures, combined with metals, stones, the finest woods. The recent collections, designed by Carlo Colombo and Studio Viganò, combine manufacturing skills with the latest production technologies. Rugiano has been transformed from a maker of crafted metal accessories to a luxury manufacturer with coordinated offerings for the living, dining and bedroom zones. A production facility of 10,000 square meters, featuring specialized operative areas:
woodworking, decoration, upholstery and leather, metalwork and assembly, where all the products are created by skilled craftsmen. The company has an in-house design division that collaborates with external designers, monitoring processes of innovation and research. Rugiano, based on a project by Carlo Colombo, is making a new building next to the headquarters, a three-story facility containing a research center, a showroom with an area of 1.400 square meters, and Casa Rugiano, where visitors can enter ideal domestic spaces, also displaying bathroom and kitchen furnishings. A truly luxurious home. rugiano.com
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Estro da virtuosi. A sinistra: un’ambientazione dove spiccano i divani Amalfi e una vetrina realizzata in ebano e legno intagliato finito in foglia oro. In basso: fasi della lavorazione di una poltrona interamente eseguita a mano. Tutti i mobili e i complementi in legno vengono decorati a mano da maestri artigiani. Virtuoso verve. Left: a setting featuring Amalfi sofas and a display case in ebony and carved wood, finished in gold leaf. Below: phases of workmanship of an armchair, made entirely by hand. All the wooden furniture and complements are decorated by hand.
TRA CLASSICO E MODERNO GLI ABBINAMENTI ESCLUSIVI, LE INEDITE INTERPRETAZIONI DEGLI STILI, UNA CONTINUA RICERCA SUI MATERIALI CARATTERIZZANO LE CREAZIONI DI ZANABONI, CHE NON HA MAI SMESSO DI SPERIMENTARE, VALORIZZANDO LE INFINITE POTENZIALITÀ DEL MOBILE D’ALTA GAMMA. di FR ANCA ROTTOLA ¿ Mobili e complementi di arredo senza tempo, pensati per ambienti eclettici ed esclusivi per una casa dove classico e moderno si armonizzano in una nuova sintesi di elementi e linee reinterpretate. Zanaboni, dagli anni 60, riedita e realizza mobili coniugando qualità e sofisticate lavorazioni artigianali, un ricercato lavoro sui dettagli fatto d’insoliti abbinamenti, esclusivi tessuti, essenze pregiate e intarsi in madreperla, metalli e legni. Sete, cashmere e preziosi filati rivestono i divani con soffici cuscini in piuma ricamati, pietre levigate, oro zecchino e passamanerie fatte a mano, morbidi e pregiati pellami esaltano il carattere delle collezioni, risultato di una continua ricerca su decoro e texture come elementi primari per una originale interpretazione di stile. «Le nostre collezioni abbracciano diversi
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stili: classico, neoclassico e transitional, lo stile che rappresenta la transizione tra il classico e il moderno», racconta Massimo Zanaboni. «Abbiamo una varietà di prodotti molto ampia e trasversale, siamo in grado di soddisfare le esigenze abitative più diverse, sempre con un prodotto di alta gamma che esportiamo in tutto il mondo». I divani Eden, Epoca, realizzati tra gli anni 80 e 90 e Atlantique del 2000, dalla forma squadrata e con lavorazione capitonné, rappresentano l’evoluzione dell’azienda in un continuo studio e sviluppo stilistico e formale di elementi classici e contemporanei. Nel centro di Milano, a pochi passi dal quartiere Brera, Zanaboni ha aperto un nuovo flagship store, dove professionisti e clienti possono visionare una selezione di prodotti. zanaboni.it
Per intenditori. In alto: una boiserie neoclassica in un appartamento parigino sugli Champs-Élysées. Una realizzazione in stile contemporaneo in una penthouse di New York. Al centro: divano Lara, con schienale capitonné. Qui sopra: credenza della collezione Masterpiece in radica e madreperla.
For connoisseurs. Top: neoclassical paneling for a Parisian apartment on the Champs-Élysées. Contemporary style for a penthouse in New York City. Center: the Lara sofa with capitonné back. Above: credenza from the Masterpiece collection in briar and mother-of-pearl.
¿ BETWEEN CLASSIC AND MODERN. Exclusive combinations, original stylistic interpretations, ongoing research on materials, in the creations of Zanaboni. Timeless furniture and accessories, conceived for eclectic, exclusive settings, in a home where classic and modern harmoniously blend. Zanaboni, since the 1960s, produces and reissues furniture, combining quality and sophisticated workmanship, great attention to detail based on unusual combinations, exclusive fabrics, fine woods and inlays in mother-of-pearl, metal and wood. Silk, cashmere and precious fibers cover sofas with soft embroidered down-filled cushions, along with polished stones, pure gold, handmade trim and the finest soft leathers to bring out the character of the collections, based on continuous research on decoration and textures as the basic ingredients of an original take on style. «Our collections embrace a range of styles: classical, neoclassical and transitional, the style that represents the link between classic and modern», says Massimo Zanaboni. «We have a very wide variety of versatile products, to satisfy the widest range of habitat needs, always with the highest quality, exported around the world». The Eden and Epoca sofas, covering the 1980s and 1990s, and the Atlantique model of the 2000s, with its squared form and capitonné workmanship, represent the company’s evolution in the ongoing stylistic and formal study of classic and contemporary pieces. In the center of Milan Zanaboni has opened a new flagship store where professionals and clients can experience a selection of products. zanaboni.it
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DOSSIER . Prima fila. A sinistra: la camera Versailles in decoro Antico Veneziano. Sotto: Roberto Giovannini all’opera con il suo assistente modellista Fabrizio. In basso: una fase della lavorazione di un mobile. Front row. Left: the Versailles bedroom with Antico Veneziano decoration. Below: Roberto Giovannini at work with his assistant Fabrizio. Below: the crafting of a detail.
IN LEGNO VERITAS DA OLTRE MEZZO SECOLO L’ARTE DELL’INTAGLIO E DEL DECORO DI ESSENZE CARATTERIZZA L’UNICITÀ DELLE OLTRE 1.200 CREAZIONI FIRMATE ROBERTO GIOVANNINI. A FIRENZE, CULLA DELL’ANTIQUARIATO, VIENE TRAMANDATA UN’ESPERIENZA DI GUSTO. di FR ANCA ROTTOLA
¿Dalla passione, dalla manualità, dalla ricerca e cura dei particolari prendono vita gli elementi di arredo di Roberto Giovannini, Maestro d’intaglio ed erede naturale della tradizione fiorentina dell’arte del legno dal 1958. Una produzione di mobili classici esclusivi, conosciuti in tutto il mondo, realizzati in legno su scala semiartigianale e decorati a mano. Repliche fedeli di manufatti storici dal Rinascimento fino all’Art déco. Pezzi unici che poche realtà artigianali possono realizzare con armonia di forme e composizioni e innumerevoli decori, da motivi floreali e vegetali a ornamenti statuari. L’azienda si estende su una superficie di 7.000 metri quadrati con una collezione composta da più di 1.200 prodotti, pensata per soddisfare e ispirare progetti residenziali e hotel di lusso, per ricreare atmosfere cariche di contenuti, suggestioni e memorie classiche. «Ho dedicato
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più di mezzo secolo a realizzare mobili e complementi in legno massello dando vita a una realtà unica nel settore dell’arredamento classico di lusso; ho fatto dell’arte dell’intaglio la mia ragione d’essere tramandando nel tempo una tradizione tipica della mia terra. Firenze, città da sempre sinonimo di cultura e arte, patria dell’antiquariato, è ancora oggi il luogo dove disegno e realizzo le mie collezioni, orgoglioso di appartenere al mondo dell’eccellenza italiana», racconta Giovannini. La ricerca di dettagli, materiali e qualità, il rigore tecnico-progettuale con i vantaggi delle tecnologie attuali, sommati all’esperienza e alla tradizione, danno luogo a una realtà produttiva raffinata. Elementi e accessori in equilibrio tra la creatività e il rigore dei canoni classici, arredi senza tempo che possono essere inseriti in ogni contesto anche contemporaneo. robertogiovannini.com
Particolari. Nelle immagini di questa pagina, particolari dell’impeccabile lavorazione artigianale. In basso, scorcio dell’elegante e raffinato Salone Augustus. Particulars. In this page: details of the craftsmanship. Bottom: the Salone Augustus, view of the elegant and refined living area.
¿ IN LIGNO VERITAS. For over half a century the art of carving and decoration with fine woods has been the unique feature of the over 1.200 creations signed by Roberto Giovannini. In Florence, the cradle of antiquarian excellence, a legacy of taste. Manual skills, passion, research and attention to detail are the ingredients of the furnishings by Roberto Giovannini, master carver and natural heir to the Florentine tradition of the art of wood since 1958. A producer of exclusive classic furniture, renowned all over the world, made in wood on a semi-artisan scale and decorated by hand. Accurate replicas of historic pieces, from the Renaissance to Art Deco. One-of-a-kind creations few workshops can produce with such harmony of form and composition, and countless decorations, from floral and botanical motifs to statuary ornaments. The production facility has an area of 7.000 square meters, for a collection composed of over 1.200 products conceived for projects of luxurious residences and hotels, to create atmospheres charged with contents, suggestions and classical memories. «I have devoted over half a century to making furniture and accessories in solid wood, creating a company that is unique in the sector of classic luxury furnishings; I have made the art of carving my reason for being, passing on a tradition typical of my homeland. Florence, a city that has always been synonymous with culture and art, the home of antiquarianism, is still the place where I design and produce my collections, proud to belong to the world of Italian excellence», Roberto Giovannini says. Ongoing research on details, materials and quality, technical and design rigor, with the advantages of today’s technologies, combine with experience and the crafts tradition to generate a refined approach to manufacturing. Pieces and accessories balanced between creativity and respect for classical canons, timeless furnishings that can be inserted in any context, even in contemporary decors. robertogiovannini.com
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Eclettico. In alto: una fase della decorazione a mano. A fianco: vetrinetta Claridge’s Hotel realizzata in ebano e palissandro con decorazione in foglia argento lucida. Sotto: porta Carracci con finitura “gesso e argento”.
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Eclectic. Above: a phase of workmanship. To the side: Claridge’s Hotel armoire in ebony and rosewood with glossy silver leaf decoration. Below: Carracci door with “plaster and silver” finish.
¿ GATEWAYS TO STYLE. Essential or lavishly decorated, always finely crafted, the creations of New Design Porte open a new world. Doors created not just as functional elements of separation between rooms, but as true works of craftsmanship from the skilled hands of Tuscan master cabinet makers. Lorenzo and Cinzia Cortigiani, the founders of New Design Porte in 1996, entrepreneurs with solid experience in the furniture and decor sector, have put all their passion into this company. Constant pursuit of a balance between tradition and innovation, technology and age-old crafts techniques, to achieve greater productive flexibility and personalization of products. Attention to detail, decorations packed with detail, patinas, carving, the use of gold leaf and noble types of wood are the earmarks of the various New Design Porte collections, which combine the ease of reproduction of industrial processes with the uniqueness of handmade finishes. The doors in classical style reproduce motifs of historical reference without contaminations, while the modern lines welcome the influences and dynamics of Italian and international trends. Lorenzo Cortigiani explains: «The creation of a unique object starts with careful research on aesthetics and materials, lines and workmanship, finishes and details. The main difference between an exclusive creation and an industrial product is the indispensable added value of skillful handiwork, which cannot be replaced even by the most innovative machinery». Over the years the company has expanded its production, also creating decor accessories, coordinated panels and doors, custom furnishings and complete settings in traditional or modern style, with consulting services for design, supply and installation. newdesignporte.com
PORTATORI DI STILE LE ATTRAVERSI MA NON PUOI NON GUARDARLE. HANNO UN’ARIA STATUARIA. PIÙ ESSENZIALI O RICCHE DI DECORI, HANNO SEMPRE UN CONTENUTO ARTIGIANALE: LE CREAZIONI NEW DESIGN PORTE APRONO UN MONDO. di FR ANCA ROTTOLA
Soluzioni. Dall’alto in senso orario: boiserie attrezzata con libreria e parete Carracci; parete con boiserie, armadio a muro e porta Twist; porta Expo 1925 in mogano e radica lucida. Qui sopra: una fase della lavorazione del legno. Solutions. Clockwise from top: paneling accessorized with the Carracci wall-mounted bookcase; wall with paneling, cabinets and Twist door; Expò 1925 door in mahogany and glossy briar. Above: a woodworking phase.
¿ Porte create non solo come elementi funzionali di separazione tra gli ambienti ma come vere e proprie opere di artigianato nate dalle abili mani di maestri ebanisti toscani. Lorenzo e Cinzia Cortigiani, fondatori della New Design Porte nel 1996, imprenditori con maturata esperienza nel settore dell’arredamento e del mobile, trasferiscono la loro passione nell’azienda. Una continua ricerca di equilibri tra tradizione e innovazione, tecnologia e antiche tecniche artigianali, per una maggiore flessibilità produttiva e personalizzazione dei prodotti. Cura del dettaglio, decori di pregio ricchi di particolari, patine, intagli, l’uso della foglia oro e l’utilizzo di essenze nobili sono le peculiarità delle varie collezioni di New Design Porte che coniugano la riproducibilità della realizzazione industriale con l’unicità delle finiture manuali. Le porte in
stile classico riproducono gli stilemi di riferimento storico senza contaminazioni mentre le linee moderne colgono le influenze e le dinamiche delle tendenze italiane e internazionali. Lorenzo Cortigiani racconta: «La creazione di un oggetto unico parte dall’attenta ricerca estetica e dei materiali, delle linee e delle lavorazioni, delle finiture e dei dettagli. La differenza principale tra il prodotto esclusivo e quello industriale è l’indispensabile valore aggiunto conferito dal sapiente lavoro manuale, che non potrà mai essere sostituito neppure dal macchinario più innovativo». L’azienda nel corso degli anni ha ampliato la sua produzione realizzando anche complementi d’arredo, boiserie e pareti coordinate, arredi su misura e ambienti completi in stile o di design con servizi di consulenza progettuale, fornitura e installazione. newdesignporte.com
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¿ THE ART OF INLAY. The Florentine mosaic by Baldi, where craftmanship meets history. Since 1867 Baldi, the prestigious Florentine brand of furniture and accessories, has been the heir to the 16th century Medicean cesello technique, lost-wax bronze casting and the inlay work called “pietre dure”, also known as “Florentine mosaic”. In the most highly evolved and refined mosaic procedure, starting from a basic figure, a design is formed in stone, featuring many portions of multicolored natural stones, including marble (black Portoro, Sicilian yellow, Siena yellow, Arno green, red Collemandina, Volterra chalcedony), and gemstones (lapis lazuli, malachite, amethyst, jasper, tiger’s eye), with decorative motifs of flowers, animals, traditional or invented landscapes. Baldi has operated for some time as a sponsor for the restoration of artworks with Galleria Palatina of Palazzo Pitti, the home of timeless masterpieces, with the historic, inter-
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nationally renowned Opificio delle Pietre Dure of Florence, and in a specific collaboration for “commesso fiorentino”. Every element of the production of furniture and accessories of the exclusive Home Jewels collection stands out for the painstaking precision of the inlay work. Baldi is famous around the world for iconic works like the Rock Crystal bathtub, the pianoforte in malachite or lapis lazuli, and the monumental clocks, and for its talent in approaching new, complex creative challenges. baldi.biz
Ricerca. A sinistra: dettaglio del tavolo in mosaico di occhio di tigre, commesso di marmo giallo di Sicilia. In alto: tavolo in mosaico di occhio di tigre e commesso di calcedonio di Volterra. Sopra: fasi di lavorazione e vaso monumentale in mosaico di lapislazzuli. A destra: tavolino in mosaico di lapislazzuli e commesso di calcedonio di Volterra. Research. Left: detail of the tiger’s eye mosaic table, with Sicilian yellow marble inlays. Above: the tiger’s eye mosaic table with inlays of Volterra chalcedony. Above: phases of workmanship and monumental vase in lapis lazuli mosaic. Right: lapis lazuli mosaic table with inlays of Volterra chalcedony.
L’ARTE DEL COMMESSO GIALLO DI SICILIA E VERDE ARNO: MARMI POLICROMI SI RITAGLIANO IL LORO SPAZIO CREATIVO TRA LAPISLAZZULI E AMETISTE. E INSIEME DANNO VITA A DISEGNI RARI, PEZZI UNICI DEL MOSAICO FIORENTINO FIRMATI BALDI. DOVE L’ARTIGIANATO INCONTRA LA STORIA.
di FR ANCA ROTTOLA
¿Firenze, culla del Rinascimento e di antiche e preziose tecniche dell’antiquariato italiano, custode di segreti e tradizioni delle più raffinate arti dell’intarsio e dell’intaglio di pietre e legni. Dal 1867 Baldi, prestigioso marchio fiorentino di mobili e complementi d’arredo, è l’erede delle antiche tecniche cinquecentesche medicee del cesello, fusione del bronzo a cera persa e del “commesso fiorentino di pietre dure”, arte conosciuta anche come “mosaico
fiorentino”. Procedimento più evoluto e raffinato del mosaico, partendo da una figura di base si realizza un disegno in pietra, formato da tanti porzioni di pietre dure naturali policrome, come marmi (nero portoro, giallo di Sicilia, giallo Siena, verde Arno, rosso Collemandina, calcedonio di Volterra), e come gemme (lapislazzuli, malachite, ametista, diaspro, occhio di tigre) con motivi e decorazioni floreali, animali, paesaggi tradizionali o su disegno. Il “maestro artigiano” durante la lavorazione dei decori deve tenere conto delle tonalità, venature e sfumature naturali delle pietre, accostandole l’una all’altra, per ricreare l’effetto “pittorico” voluto. Baldi collabora da tempo come sponsor nel restauro di opere d’arte con la Galleria Palatina di Palazzo Pitti, dimora di molte intramontabili opere artistiche, con lo storico e internazionale Opificio delle Pietre Dure di Firenze, laboratorio, museo e scuola di restauro, e con una specifica collaborazione per il “commesso fiorentino”. Ogni elemento della produzione di mobili e complementi d’arredo dell’esclusiva collezione Home Jewels è caratterizzato da una meticolosa accuratezza nei dettagli degli intarsi e dall’uso sapiente di materiali preziosi. Baldi è conosciuta nel mondo anche per alcune opere iconiche come la vasca di cristallo di Rocca, il pianoforte in malachite o lapislazzuli e gli orologi monumentali, e per la sua inclinazione ad affrontare nuove e complesse sfide creative. baldi.biz
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GRAZIE AI SUOI ARTIGIANI OFFRE UNA NUOVA VITA, A VOLTE È LA SECONDA, A VOLTE LA QUARTA, AI PEZZI D’AUTORE DI CUI SI INNAMORA. CHE POI CONQUISTANO CLIENTI CURIOSI E SET DA OSCAR. È LA PASSIONE CHE SI RESPIRA DA ROBERTAEBASTA. di FERDINANDO COTUGNO
¿ Dire che Robertaebasta è una galleria di arte e arredamento del XX secolo sarebbe come dire che gli Uffizi sono un museo di Firenze o che Miles Davis era un suonatore di tromba. Vero, ma molto riduttivo. Nei cinque negozi di Milano, e in ciascuno degli ottomila oggetti in vendita, ci sono la storia e l’estetica del Novecento. Pezzi d’autore, da Alighiero Boetti a Gio Ponti, ma anche cassettiere, lampade, angoliere, armadi di un’epoca che va dall’A rt Déco al design degli anni 80. Roberta Tagliavini, la fondatrice, e Mattia Martinelli, suo figlio, li comprano personalmente nei loro viaggi per i mercati d’Europa, o li valutano quando sono proposti da svuotatori e intermediari, che arrivano ogni mat-
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tina da loro con i camion pieni: «Sembra una scena da mercato del pesce, ma quando va bene ne scegliamo uno a settimana», racconta Mattia. «Non seguiamo il gusto collettivo o la moda, ma solo i nostri innamoramenti. Perché se non ti innamori non puoi raccontare, e se non puoi raccontare non puoi vendere», spiega Roberta, accarezzando i suoi due Jack Russell. Ha aperto il primo negozio nel 1967, in San Babila, perché aveva passione e occhio per l’arredamento. Era una figlia di operai del Bolognese, poco più che ventenne, ma aveva già disegnato una sua linea di mobili. Oggi, molti anni dopo, non smette di essere elettrizzata quando racconta le sue scoperte. Alcune sono notevoli e rubano lo sguardo, come l’Eagle Man gigante nel negozio di via Fiori Chiari: viene dal primo Air Terminal di New York, è del 1940, scolpito da Rene Paul Chambellan, un Icaro di alluminio proteso verso il volo, in un’altra epoca dell’aviazione. Ma ogni tavolo e ogni armadio qui hanno una storia da raccontare. Per rimettersi in viaggio verso il futuro ed essere pronti per gli acquirenti, possono subire fino a 50 trat-
LUIGI FIANO
TIME TO TIME
Affinità. Sopra: nella galleria spiccano Emotta-2 di Victor Vasarely (1983) e due poltrone anni 50 di Gio Ponti. A sinistra: alla parete, Paesaggio occidentale di Emilio Tadini (1982). In alto: un particolare di un tavolo di Jacques Duval Brasseur. Pagina precedente, dall’alto: Perrier di Andy Warhol (1987) sopra un mobile di Eugène Printz e Jean Dunand; Les connaissances humaines di Raymond Delamarre (1937). Affinities. Above: Emotta-2 by Victor Vasarely and two 1950s armchairs by Gio Ponti. Left: on the wall, Paesaggio occidentale by Emilio Tadini. Top: detail of a table by Duval Brasseur. Previous page, from top: Perrier by Andy Warhol on a cabinet by Printz and Dunand; Les connaissances humaines by Raymond Delamarre.
tamenti diversi. Per Robertaebasta lavorano in esclusiva decine di artigiani specializzati in tutta la Lombardia: restauratori, lucidatori, vetrai, falegnami, esperti nel restauro di carta o pergamene. «L’importante è che alla fine l’oggetto mantenga le sensazioni originali, il senso di avere un passato», spiega Mattia, che dagli anni 90 ha collaborato con sua madre all’espansione della galleria. Per i milanesi del centro, queste sono le vetrine più belle di Brera. Per gli stranieri sono invece tappa necessaria delle visite in città. Tom Cruise, George Clooney, Cate Blanchett sono stati clienti: quest’ultima è arrivata con una referenza importante, Giorgio Armani. L’attrice gli aveva chiesto cosa ci fosse da ve-
dere a Milano e nella lista del re della moda c’era anche Robertaebasta. Clooney è arrivato perché molti arredi del film Ocean’s Twelve, di cui era il protagonista, venivano da qui, ed era in cerca di pezzi unici per la sua villa sul Lago di Como. Anche alcune delle scenografie da Oscar di The Aviator sono state noleggiate da Robertaebasta. I film e il passaparola d’élite hanno portato lontano le scoperte di Roberta e Mattia: oggi il primo mercato è la Cina, il secondo la Russia. «I nostri clienti sono in fuga dalla banalità e cercano due cose: il gusto e il piacere», spiegano. Capita che abbiano bisogno di arredamenti per il locale bar di un Boeing 787 o la sala giochi di uno
yacht da 50 metri, dove ora c’è un tavolo di Willy Rizzo del 1970 scovato da Roberta in un castello francese. O ancora: un miliardario londinese ha comprato un camino, realizzato da un artigiano di Cortina e pescato da Roberta Tagliavini in una replica della Casa Bianca nella campagna francese. Ora è nel salone di un castello dello Yorkshire, in Inghilterra. In piccolo, nella storia di questo camino c’è tutta la passione che si respira in questa galleria: «Il nostro lavoro ha due picchi di gioia: quello in cui compriamo e quello in cui vendiamo. Non c’è niente di più bello che dare una seconda, terza o quarta vita a oggetti così belli». robertaebasta.com
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Insoliti. Sopra: una delle sculture del gruppo Connaissances humaines di Raymond Delamarre (1937) e un altro ambiente della galleria, con un divano anni 30 di Guglielmo Ulrich. Qui a destra: lampada in bronzo e pietre dure anni 70 di Jacques Duval Brasseur. Unusual. Above, one of the sculptures of the group Connaissances humaines by Raymond Delamarre (1937) and another space in the gallery with a 1930s sofa designed by Guglielmo Ulrich. Right: lamp in bronze and precious stones from the 1970s by Jacques Duval Brasseur.
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Passione di famiglia. A sinistra: un angolo della galleria. Sul fondo, una console con specchiera di Carlo Bugatti con struttura a castello di gusto moresco. Sotto: Roberta Tagliavini e il figlio, Mattia Maurizio Martinelli. Family passion. Left: a corner of the gallery. In the background, a console with mirror by Carlo Bugatti with a moorish inspiration. Below: Roberta Tagliavini and her son, Mattia Maurizio Martinelli.
¿ TIME TO TIME. Thanks to her craftsmen, she offers a new life to the signature pieces that seduce her. And the conquer curious clients and Oscar-winning sets. The excitment of Robertaebasta. Saying that Robertaebasta is a gallery of art and furnishings of the 20th century is like saying that the Uffizi is a museum in Florence or that Miles Davis was a trumpeter. True, but very limited. The five stores in Milan, and each of the 8.000 objects on sale, represent a concentrate of the history and aesthetics of the last century. Signature pieces, from Alighiero Boetti to Gio Ponti, but also chests of drawers, lamps, corner units, wardrobes, from Art Deco to Eighties design. Roberta Tagliavini, the founder, and Mattia Martinelli, her son, buy the items personally during their travels through markets in Europe, or from the offerings of house clearers and middlemen, who drop by every morning with truckloads of stuff: «It looks like a fish market, but if we’re lucky we find one good item in a week», Mattia says. «We don’t think about widespread tastes or fashion. We have to fall in love with things. Because if you don’t, you can never tell a story, and without a story you can’t sell things», Roberta explains. She
opened the first store in 1967, at San Babila, because she had a passion and an eye for furnishings. From a working class family in Bologna, just into her twenties, she had already designed a line of furniture. Today, many years later, she still gets excited talking about her discoveries. Some are remarkable indeed, like the giant Eagle Man in the shop on via Fiori Chiari: he comes from the first Air Terminal of New York, 1940, sculpted by Rene Paul Chambellan, an aluminium Icarus poised for flight, from another era of aviation. Every table, every wardrobe has a tale to tell. To make their voyage into the future, ready for purchase, the pieces can go through up to 50 different treatments. Robertaebasta employs specialized craftsmen from all over Lombardy: restorers, polishers, carpenters, experts on restoration of paper or parchment. «The important thing is to conserve the original sensations, the sense of having a past», Mattia, who has worked with his mother since the 1990s on the expansion of the gallery, explains. For residents of the center of Milan, these are the most beautiful shop windows in Brera. For foreigners, they are a must-visit location. Tom Cruise, George Clooney, Cate Blanchett
have been clients: the latter showed up with an important introduction, from Giorgio Armani. The actress had asked what she should see in Milan, and the king of fashion put Robertaebasta on his list. Clooney arrived because many of the furnishings for the sets of his film Ocean’s Twelve came from here, and he was looking for unique items for his villa on Lake Como. Some of the Oscar-winning props of The Aviator were also supplied by Robertaebasta. The films and elite word of mouth have taken the discoveries of Roberta and Mattia on long journeys: today the main market is China, followed by Russia. «Our clients are trying to escape from banality, and they want two things: taste and pleasure», they explain. They might need furnishings for the bar on a Boeing 787 or the game room on a 50-meter yacht, which now hosts a table by Willy Rizzo from 1970, found by Roberta in French château. A London billionaire purchased a fireplace made by a craftsman in Cortina and dug up by Roberta in a replica of the White House in the French countryside. Today it stands in the living area of a castle in Yorkshire. robertaebasta.com
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ENGLISHTEXTS. LU CE La sabbia, il mare, il calore della fornace, il bolo: così, da secoli, prende forma il prodigio del VETRO . Uno scrittore visita il museo dedicato a quest’arte antica, fatta di leggerezze e infinite trasparenze. testo di GIOVANNI MONTANARO fotografie di ISABELLA DE MADDALENA
Translation: see page 92.
p.14
Light! words GIOVANNI MONTANARO – photos ISABELLA DE MADDALENA
SAND, SEA, THE HEAT OF THE FURNACE, THE BOLUS: FOR CENTURIES THE WONDER OF GLASS HAS TAKEN FORM IN JUST THIS WAY. A WRITER VISITS THE MUSEUM OF THIS ANCIENT ART OF LIGHTNESS AND INFINITE TRANSPARENCIES. I am always amazed when I see them, in the museum’s first room, a black space with all this light glowing from the display cases. Bottles, vials, pitchers. They are small. Some are Byzantine, others medieval, others still Roman, or even more ancient. They have no friezes or decorations. At times they are crooked, with long necks, or they have wide bases. They are blue or yellow. They seem almost hunched, shrunken, with the fragility and strange grace of old age. They are lovely. It is amazing that they are still here, so delicate that it would take nothing to break them, yet it has never happened, in hundreds and hundreds of years, though they might have been buried, taken from home to home, inherited or pilfered, traded or given as gifts. Looking at them, you understand that glass is human, it is created. It’s a chemical reaction, in the end. But it’s like poetry. Glass comes from something akin to derangement, when silica sand is made incandescent and then cooled so quickly that it can no longer find its original structure, and the atoms position themselves here and there to create a very fragile structure, as if they had surrendered to the light. Sand, the sea. Here we have the Adriatic, that tastes of salt, and the lagoon that welcomes it. Murano, however, is far from fragile; the canals, the flavor of Venice, the loggias of the old basilica of San Donato, are close to the glassworks, which are solid, with an industrial air, all red brick, smoke, pipes, ovens. It is no coincidence that glass lives here. The “fiolari”, the blowers of “fiole”, namely bottles with a long neck and a rounded body, were at Rivoalto, the first Venetian settlement. But in 1295, the Most Serene Republic ordered the transfer of all the glassworks to Murano. The Republic granted them privileges, including the possibility of marriage into patrician families. But it also levied harsh punishments on those who exported alum and sand, and glassmakers who emigrated were not allowed to return. Above all, we should remember that Venice cannot be understood without its lagoon, and the social and economic organization of the place; scattered across its waters there were islands for growing fruit and vegetables, like Sant’Erasmo, or for extracting and storage of salt, like Torcello, and then also islands for prayer, like San Francesco or San Lazzaro, or for keeping sick people and sailors in quarantine, like the two
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islands called Lazzaretto, Vecchio and Nuovo. Murano, on the other hand, is a place of production. And the glass is protected. Here too, in Palazzo Giustinian (Fondamenta Giustinian, 8), white, High Gothic, light, which reopened in February with a new arrangement of the interiors. This was a patrician dwelling. In 1689 this palace became the headquarters of the Diocese of Torcello, since abolished, and then of the municipality of Murano, abolished as well. Starting in the 1800s, Palazzo Giustinian became the center of gravity of Murano glass. It was the darkest period, after the fall of the Republic. But a group of inhabitants of Murano were convinced that glass was still alive. They turned to the municipal government, which offered them the use of a small room here to contain an Archive, and to make a small exhibition, to remember, to rediscover what Murano had been in the past, thanks to articles no one had seen for centuries, since they were closed off in private homes. Many donations arrived. Soon the space no longer sufficed, and it expanded from room to room, until it occupied the whole Palazzo. Not only was a true Museum created, but it was also decided to found a School. Here inside the Museum, one of the Venetian Civic Museums, today you can travel back in time. From the first humble, useful medieval creations you proceed to the Quattrocento, the Renaissance, and the glass does seem to change. Something happens, and suddenly it seems to be possible to do anything, like an explosion of youth, vigorous, no longer mere childhood. Byzantium falls in 1453, and the best is concentrated in Murano, and everyone, even elsewhere, starts to blow glass “à la façon de Venise”. The most beautiful piece from this period, and perhaps of the entire Museum, is by Angelo Barovier, one of his blue cups, probably a wedding present, with decorations showing riders, woods and leaves, a tribute to the love of the newlyweds. But the whole place is a jubilee of delightful plates, blazonry, cups and chandeliers, onion-shaped bottles, “inghistere” with flattened sides, crystal pitchers with multicolored enamel, floral racemes, charming border decorations known as “rosettes”. But it is not only about beauty; this was also the era of technical inventions, which with few exceptions have survived all the way to the present. Precisely Barovier found a crystalline, transparent glass. Then filigree was also invented, with which to create “reticello” compositions, with many colors and material juxtaposed or interwoven; at the Museum there are cups, carafes and a splendid compotier, all crossed by this thin, light web. Then there is the “ice glass”, basins, buckets in this material that truly looks like ice, and seems to insist that it cannot be tamed, a sensation conveyed later only by certain artistic creations of the 20th century. Followed by chalcedony, green as a stone in the sea, unreal. And milk glass, more waxen, made for decorations, but very useful in the centuries to follow due to the spreading vogue for Chinese porcelain. This was also the period of the rediscovery of pearls and murrines, other necessary features to survive the crises of the centuries to come. Basically this is the age of grace, of astonishing modernity, as can also be seen in certain simple chalices, but with a blue bordered applied hot, like immortals. The 17th century is similar, majestic, but easy to distinguish because it becomes – obviously – Baroque, laden with and often suffocated by virtuoso workmanship. Crests appear on handles, along with new, outlandish forms and complex decorations. We can see the start of a crisis, a bewilderment, in spite of the dazzling advances of technique. The essence gets lost. Along with the research on materials. This opens the way for the ruthless com-
petition of Bohemia, where they invent a clearer crystal made with potassium, and of England, where lead crystal is invented. Venice slowly wilts. The 18th century is affected, though monumental. The work of Briati stands out, represented in the Museum by a fine reliquary with glass paste flowers. And the gigantic centerpiece in the form of an Italian garden, in glass and milk glass, is still unforgettable. Beyond such peaks of excellence, however, Murano was saved above all by mirrors, an always flourishing industry. The early 19th century is gloomy; people were poorer, the Austrian rule was oppressive. The work of Bigaglia rises above the rest: his multicolored bottles and cups contain the seeds of the future. And the future arrives, shortly thereafter. In 1864 the first “Esposizione Vetraria Muranese” is organized, with a prize won by the gigantic chandelier of Toso & Santi, with sixty arms, over 360 pieces, weighing 330 kilos. Nearby, passing through the goblets of Salviati and the glass mosaic vases of Vincenzo Moretti, we reach the 20th century, that begins with a sheet of glass mosaic by Zecchin for Artisti Barovier, and then explodes with the work of Cappellin and Venini, first as a duo, then separately. After this the flood begins, the plates of Carlo Scarpa, the colors of Tomaso Buzzi, the bottles of Bianconi, the forms and animals of Martinuzzi. Not just glass is reborn, but the entire island itself, in an incessant succession of generations of the Seguso, Nason, Moretti and Ferro families, the infinite Tosos and Baroviers and many others. Glass, in Biennials and Triennials, expositions and exhibitions, becomes not just an art object but art pure and simple, sculpture, a material in its own right that remains such, not even requiring shaping, but simply allowed to live its own life.
PER CHI SUONA testo di ELENA DALLORSO — fotografie di ANTONIO SABA
IL CAMPANILE
La carena di una nave rovesciata, centinaia di figure lignee e poi pietra e vetro nella chiesa in cui due grandi artisti hanno reso omaggio alla MAESTRIA ARTIGIANALE .
p.22 For whom the bell (tower) tolls Translation: see page 92.
words ELENA DALLORSO – photos ANTONIO SABA
THE OVERTURNED HULL OF A BOAT, HUNDREDS OF WOODEN FIGURES, THEN STONE AND GLASS IN A CHURCH WHERE TWO GREAT ARTISTS PAY HOMAGE TO FINE CRAFTSMANSHIP. A rocky landscape, spectacular beaches and flora. Then, one fine day, fifty years ago, a polis sprouted up in this ancestral landscape: a port, the agora, the theater. And finally, since we’re in Italy, a church. The genesis of San Lorenzo at Porto Rotondo has roots in the development
dream come true of the counts Luigi and Nicolò Donà dalle Rose in 1964, inspired by the «lines of humble homes facing the network of canals in Venice: a port, decks and wharfs, right on the water». Designed by the sculptor Andrea Cascella, with interiors by Mario Ceroli, San Lorenzo is a rather futuristic work of architecture, with one facade that looks to the sea, the other towards the hills, connected on one side to the port and the plaza, on the other to the theater. «The church, with its cross in front, is a work by Andrea Cascella, who had already made Piazzetta San Marco, so the overall inspiration is the same. The plaza is connected to the church by a long flight of steps to enhance the perspective. Ceroli was a very young artist at the time, a friend of Cascella, who asked him to complete the work. They often made drawings in the sand on the beach, with a stick. We should remember that those were the years of the great Venice Biennale exhibitions. The artistic ferment in Italy had great depth», says Luigi Donà dalle Rose. «And Mario Ceroli, in my view, is one of the best living Italian artists, for the majestic quality of his works, the variety of materials, the great imagination and modernity, always connected to the canons of classical proportion. The cooperation between these two artists led to the most beautiful modern church of the last fifty years». Which today, as at the time of its construction, amazes visitors as soon as they enter: the nave is an overturned hull, crowded with human figures of the Last Judgment, reminders of the geographical identity of the building and its function. «Ceroli thought of it as an overturned skiff, and we liked the idea very much. We’re by the sea, and furthermore the church is vaguely Gothic. The vaulted ceiling permits three-dimensional effects that would not have been possible otherwise», says Donà dalle Rose. The church interior, made with Russian pine, is theatrical and opulent, but at the same time it also suggests an idea of simplicity, almost of poverty. «The reminder of humility is in the materials, pine, glass and stone, but in itself the building is a rich and certainly not minimal theatrical work, in constant evolution». One perfect example is the “Tree of Life” in the left wall of the apse, a sort of genealogical tree of the Donà dalle Rose family, almost a contemporary version of the representations of patrons in Renaissance frescoes. And there’s more: «All the wooden figures, including the Last Supper and the Last Judgment, correspond to subjects who gravitated around Porto Rotondo at the time: family, friends, collaborators, celebrities. For example, the Madonna of the Deposition has the face of Stefania Sandrelli, the centurion at the top of the steps of the cross is Marco Ferreri, and the figure indicating Christ, at his feet, is Guttuso. The strong root that supports the tree is a tribute by the artist to my mother, who strongly urged and supported the creation of San Lorenzo», the count explains. The last part to arrive, in 2008, though it had been planned from the outset, is the bell tower, 25 meters in pine with a helical staircase leading to the top. «Every square, village, settlement, gathering of houses in Italy has a church and a steeple to indicate the focal point of its life. The tower can be seen from any angle, also by those arriving by sea», says Donà dalle Rose. «I’ve waited forty years to see it, the time required to make it in the midst of the tempests of life and bureaucratic delays. I am very proud of it».
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ENGLISHTEXTS. L AB I R I N TO
A Fontanellato ha appena aperto IL LABIRINTO DELLA MASONE . Il più grande (e green) del mondo. Lo ha creato Franco Maria Ricci, per mantenere una promessa fatta ad un certo amico argentino.
testo di NICOLETTA DEL BUONO — fotografie di MARIO DAVOL
Translation: see page 92
p.28
Labyrinth words NICOLETTA DEL BUONO – photos MARIO DAVOLI
AT FONTANELLATO, THE MASONE LABYRINTH IS THE BIGGEST (AND GREENEST) IN THE WORLD. CREATED BY FRANCO MARIA RICCI, TO KEEP A PROMISE MADE TO HIS FRIEND, JORGE LUIS BORGES. Created by Franco Maria Ricci in the countryside at Fontanellato, near Parma, “Labirinto della Masone” is the largest maze in the world. Designed in collaboration with the architect Davide Dutto, who also worked on the virtual reconstructions of the garden of Poliphilus for Ricci, it covers an area of 8 hectares, with a path 3.2 kilometers long. The straightaways, intersections and dead ends are bordered by over 200,000 bamboo plants of 20 different species, from dwarf to giant. More than a labyrinth in the strict sense of the term, with a single entrance and a single though possibly intricate path leading inevitably to the center, it is a maze, also known in technical terms as an “Irrweg”: a complex tangle of alternative choices and dead ends, a puzzling divertissement between exoteric and esoteric, reason and emotion, an allusion to the contradictory and unstable psychology of post-modern man. An ongoing tension between wonder and anguish, in short, that supersedes the redemptive symbolism of the medieval labyrinth whose center harbored the icon of Heavenly Jerusalem, as well as the vision of the ancients, epitomized by the labyrinth of Knossos designed by Daedalus, whose innermost space contained a force of Evil to be vanquished. All labyrinths have an educational intent (one emerges “other than” one was upon entering). There is the metaphor of life, the value of initiation evoked by the philosopher and mythographer Mircea Eliade («the labyrinth is the image of an initiation, par excellence»), but above all, and more than in any other version, here there is a secular, playful intent of acculturation that is concretely manifested in the central plaza bordered by buildings that echo the architectural forms of ancient Egypt and the 18th century constructive fantasies of Étienne-Louis Boullée: spaces and volumes devoted to material and immaterial culture, places paced by large colonnades, courtyards, porticos, even a pyramid-shaped chapel, containing the art collections of Franco Maria Ricci and his library of Bodoni masterpieces, places for exhibitions, events, concerts, theater, performances and celebrations, where one dines and drinks, pampered by award-winning chefs, before purchasing gourmet specialties or books. All this springs from the visionary mind of Franco Maria Ricci, designer and refined publisher of books and magazines of exceptional quality (who has helped us to discover so many things). And it springs above all from a promise he made to Jorge Luis Borges, the brilliant Argentine writer
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obsessed by the myth of the labyrinth, to which he devoted exceptional stories like The Garden of Forking Paths and The Thread of the Fable. At the opening of his Po Valley maze Ricci recalled: «I dreamt for the first time of building a labyrinth several decades ago, in the period in which I often welcomed to my country house near Parma a friend and very important figure for my publishing house: Jorge Luis Borges. Talking with him about the strange paths of men, I think the embryo of the project was already born, back then». The gestation took decades. There was the star-shaped design, new for a labyrinth, to insert in the unkempt greenery of the plain. There were the paths to design, without losing track of the solution to the puzzle. Planting had to be done, and it took time for the plants to grow, to form compact yet airy botanical walls in bamboo, a passion of Ricci’s after a chance encounter with a Japanese gardener. In the end, without exaggerating, this creation can be said to be extraordinary. A true feat that adds yet another important chapter to the already long and glorious Italian tradition of the labyrinth, and to some extent tops it all. The forerunners are found in the gardens of Villa Pisani in Stra, Villa Barbarigo at Valsanzibio, Palazzo Giusti in Verona, Villa Garzoni at Collodi, just to name a few, irreplicable examples of that great age of labyrinths that extends from Mannerism to the Enlightenment, by way of dizzying Baroque, when such creations were, effectively, simply ornamental adjuncts to the architectural complex: in the case of the Masone, on the other hand, the labyrinth is a monument in its own right. An extravagant three-dimensional set whose tall, dense curtains of bamboo suggest, en passant, a discreet and intelligent way of restoring dignity to the Italian landscape.
UNA PENNELLATA ROSSO ALFA Abbiamo chiesto a uno scrittore “di famiglia” di guidarci nella casa di un mito, il rinnovato MUSEO ALFA ROMEO di Arese. Dove si racconta un’epopea di bellezza, design e velocità.
p.32 Alfa red glow testo di MATTEO SARTORI* — fotografie di FILIPPO ROMANO
Translation: see page 92.
words MATTEO SARTORI – photos FILIPPO ROMANO
WE ASKED A WRITER TO GUIDE US THROUGH THE HOUSE OF A MYTH, THE UPDATED ALFA ROMEO MUSEUM IN ARESE. AN EPIC OF BEAUTY, DESIGN AND SPEED. The brutalist buildings of what was the legendary Alfa Romeo plant in Arese welcome me, so to speak, without ceremony, late on a September morning. Braving drizzle, I have reached what was one of the liveliest and brightest flames of Italian industrial history, a flame apparently extinguished by the closing in the 20th century. Today the place is mainly embodied by the closed circuits of suburban homes and bank branches. I look around the puddled plaza. Nearly empty. I promise myself not to complain about the
potential benefits of displaying the myth of Alfa Romeo in a more accessible place. It’s been said often enough, already, in erudite circles. “If only the museum were in the city! They could have made a magical flying saucer at Portello… instead of the umpteenth shopping center”. We might as well resign ourselves to the fact that that is not the case. There is no Alfa Romeo museum at Portello, or in any other area of the city impacted by recent, sacred coolness. No. The historical museum at Arese is squeezed between the highway to the lakes and the vaguely menacing ruins of old factories, so anyone hoping to quaff a good draught of the renewed mechanical and sporting legend of Alfa Romeo had better make the pilgrimage. Which reminds me, I’m thirsty. On the evening prior to my excursion an old friend, a well-known architect not tarnished by success but full of subtleties, coarsely prompted by my questions, informs me that the design of the new museum cannot be defined as revolutionary. I look doubtful, but before I can say anything he adds that given the existing deaf and dumb structure, the project at Arese in any case represents a breath of fresh air. «Well, I’m all for fresh air», I say. I believe that the test of time will show that the project is “correct”, the architect concludes, pouring two abundant glasses of whisky. Maybe it’s the drink, but when I wake up that word “correct” is still buzzing between my temples. I leave my Giulia Sprint Veloce in the parking lot. The canopy leading to the entrance is sinuous, full of promise, in vivid Alfa red. Someone, somewhere, however, has lavished little affection on the canopy, I see, since the late summer rain is seeping right through it. Which is not “correct”, I think to myself. The style of the museum staff is not disappointing. I wasn’t really expecting it, but I had nurtured some faint hopes. The first space offers impressions of a certain freshness, since to say coldness might be too brutish. Tell me more!, one thinks, give me a proper narrative of this timeline, this trademark always equal for over one hundred years, yet always different from itself. Instead the glorious tale of the cross, the serpent and the laurels winds up sliding somewhat over the surface, and I’m inclined to stride past it rather fast, though there are some quite sensational motors for aviation. A shady tube that reminds me of a wind tunnel blasts me into the first area set aside for the automobiles. Here the materials get richer, but it is after the aseptic glass and chrome of the first rooms that the red heart, that shade of red that will attract people here from all over the world, gets the upper hand. In the room that narrates the birth of the legend of four-wheeled speed I am knocked off balance by a slight attack of Stendhal syndrome. The luminous panels say 8C 2300 Monza, RL Targa Florio, 8C 2900 Tipo Speciale Le Mans. My head is spinning, eyes struck by the hurtling images on the walls bent against the impeccable silhouettes. At this point I can say that the curator of the museum has arranged the works of art in a competent way, as if he were in the wake of others, on the main straightaway. Leading the pack, the undefeated P2 is already approaching the final curve, ready to flash across the finish line. Fantasizing in this room, after a few minutes I notice a gentleman with a curious, antique appearance. He smiles as soon as our gazes cross. I instinctively raise a hand in greeting, and during this quick exchange I have time to realize that his apparently benevolent eyes are actually emitting
a feverish gleam from their depths. He is seated on a sofa placed near an impressive prototype. He has a slightly asymmetrical moustache and the air of someone troubled by important interrogatives. I have the impression of having already seen him somewhere, but I can’t be certain… I try not to get distracted by his little notebook, the movement of his lips, the hesitant notes he is making. He squints to peer repeatedly at an unknown point, and he seems to be counting. I concentrate on the cars. I sense that every so often the gentleman shifts his focus, and observes me, as if he too were wondering where he has seen me before. But this singular sensation doesn’t prevent me from getting lost in the details of the interior of the Grand Prix Tipo C, imagining my arms exhausted by the vibrations of the elevated curve of Montlhéry. When I raise my head from the tachometer of the C the man is openly staring at me. At that point there is a movement of his hand, the flourish of a creative person. He repeats the gesture twice. I approach him to find out what’s on his mind. «You are interested in mechanical things, in mathematics», he asks, staring at me. «To some extent, but mostly I’m interested in racing», I reply. He looks around. «Racing», he murmurs, almost to himself. «Racing is a very tough business…» and as he speaks, a stony expression takes over his face, as if gripped by some distant thought. He looks back at me, and without any particular inflection asks me to excuse him, since he is trying to make a little calculation. Why of course I will excuse him; what a character! In any case, I still have to go down to the next level, where another well-ordered History awaits me, perhaps the most spectacular part of the museum, with the Formula 1 racers and the Sport models and the interactive films. I look at my watch as the large circular projections flash before my eyes, narrating the feats of Alfa Romeo and its great drivers. Two hours. I tear myself away from the spectacle, with effort. It’s time for a visit to the cafe, then I’ll be on my way. I sip a coffee slowly. The rain has stopped. Leaning on a walking stick, the gentleman with the moustache is gravely observing a detail of my Sprint Veloce, a ferrule in the frontal zone. «This was still done with the crafts technique of my day», he tells me. «Good day to you again», sir, I say. «Which Alfa Romeo model do you drive?», I ask, a bit in jest. «I don’t drive», he replies. It is now a fine afternoon, so I decide to put the top down on the Giulia. «Could you give me a lift?», he asks, as I start the engine. «It would be best if I could reach my abode before nightfall». I hesitate. I should really get back to town, I have to get some work done, and I need my rest. But the gentleman who seems familiar has an encouraging look on his face. «Otherwise I don’t know how I can get there, he says slyly». I nod twice, a sign of surrender, and wave an arm to invite him to join me in the car. «Thanks… you’ll see, it’s a lovely trip», the gentleman says as he settles into the passenger seat. Following his precise directions, I am soon driving towards Magreglio, a village in the woods, overlooking Lake Como. The motor of my Giulia is resting, emitting ticking sounds under the ageold trees in a quiet garden; sunset surprises me, lost in thought as I smoke, alone, seated on the Liberty steps of venerable Villa Romeo. A dark glow of the sun extends over the mountains by the lake, an Alfa red brushstroke, while from afar the mumbling echo of thunder reaches my ears. Another rainstorm. Or perhaps it is only that man with the moustache, inTHE END genious Nicola Romeo, bidding me farewell while playing bowls.
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FINALE.
BUON COMPLEANNO, ARNALDO.
“
”. DI GIUSEPPE MARANIELLO
¿HAPPY BIRTHDAY, ARNALDO. «In 2001 Arnaldo Pomodoro asked me to collaborate with him on a work for the Milwaukee Cathedral, which was a chance to get to know him better in professional and human terms. He insisted in setting the alarms for eight in the morning, with a temperature of 20° below outside: he was strict, but courteous with everyone, just like his work, gentle and fierce at the same time. ARNALDO LOVES ART AND THOSE WHO MAKE IT, and his Foundation proves it, hosting artists of all generations. His sculpture lives in the squares of the entire world. He is versatile, and has also done set designs and works of architecture, gaining honors and acclaim. Thanks for everything, my friend, and best wishes for your 90th birthday».
ARNALDO POMODORO, qui ritratto nel 1961 a Milano di fronte al suo studio di via Orti, compirà 90 anni il prossimo 23 giugno. GIUSEPPE MARANIELLO (1945) con Pomodoro collaborò all’opera Corona radiante nella Cattedrale St. John the Evangelist di Milwaukee. ARNALDO POMODORO, shown here in 1961 in Milan in front of his studio on Via Orti, celebrates his 90th on June 23rd next year. GIUSEPPE MARANIELLO (1945) collaborated with Pomodoro on the work Radiant Crown for the Cathedral of St. John the Evangelist in Milwaukee. (Pagina a cura di Marta Galli)
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© MARIO DONDERO
«Arnaldo Pomodoro nel 2001 mi chiamò per realizzare un’opera a quattro mani per la Cattedrale di Milwaukee, fu occasione di conoscerlo meglio da un punto di vista professionale e umano. La sveglia alle otto del mattino con una temperatura di 20 gradi sotto zero fu indiscutibile: era severo, ma gentile con tutti, proprio come il suo lavoro, dolce e graffiante nello stesso tempo. ARNALDO AMA L’ARTE E CHI LA FA, la sua Fondazione lo dimostra ospitando artisti di tutte le generazioni. La sua scultura vive nelle piazze in tutto il mondo. Artista poliedrico, ha realizzato anche opere per la scenografia e l’architettura con importanti riconoscimenti. Grazie di tutto amico mio e auguri per i tuoi 90 anni».
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ARCHITECTURAL DIGEST. LE PIÙ BELLE CASE DEL MONDO
Christmas
EDIZIONI CONDÉ NAST
Feste. Sopra, dettaglio di un carillon dell’assortimento di EclissHome&Decor, foto di Luigi Fiano. In copertina, foto di Luca De Santis, Meraviglia Paper.
EDITORIALE.
SOMMARIO.
C’ è un tempo per VIAGGIARE . Un tempo per uscire la sera. Un tempo per passeggiare senza meta per le strade della città. Un tempo per tirare tardi in ufficio. Un tempo per lo shopping in centro, le corse al parco, le passeggiate sulla spiaggia. E poi c’ è un giorno che è fatto apposta per STARE A CASA , goderne tutto il calore, lasciare che il mondo resti fuori. «AD» è, si sa, il giornale delle case, e questo primo «Quaderno Christmas» ne celebra proprio il momento in cui esse festeggiano la loro essenza: il giorno di Natale. Lo facciamo certo con la consueta guida ai REGALI (associati allo stile di sette interni che abbiamo pubblicato nel 2015, piccolo ricordo di un anno pieno di bellezza); ma soprattutto con un viaggio a tappe tra le luci, i luoghi, le tradizioni, le tendenze, gli oggetti che rendono così speciali le nostre case durante LE FESTE . A tutti i lettori, auguri di cuore dalla redazione di «AD». EMANUELE FARNETI
Direttore di «AD»
IN COPERTINA .
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ADDOBBI D’AUTORE
Una ghirlanda creata per AD da Rosalba Piccinni, con cardi, mele, fiori di rosa e d’amaranto, foglie di cineraria e alocasia.
NEWS.
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VARIAZIONI SU UN SOGNO
L’incanto del Natale: alberi, luci, palline, oggetti, vetrine, mercatini, hotel e tutte le tendenze per viverlo. Dentro e fuori casa.
STORIE .
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LA PAROLA AGLI ESPERTI
I nuovi stili d’arredo delle case di montagna; gli hotel più cool dell’arco alpino; e qualche idea d’autore su come allestire la tavola delle feste.
G I F T.
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NATALE A CASA «AD»
Eclettici, esotici, minimal, barocchi, invernali, contemporanei o semplicemente... rossi, come le feste: ecco la guida ai regali firmata AD.
Direttore Responsabile EMANUELE FARNETI
[email protected] Creative Director CHRISTOPH RADL Hanno collaborato al Quaderno: Micol Bozino-Resmini, Alessandro Colombini, Paola Corini, Nicoletta del Buono, Fiammetta Fadda, Massimo Leonardelli, Lulu* (illustrazioni), Raffaele Panizza, Silvia Paoli, Gloria Pasquinelli, Laura Taccari, Valeria Vantaggi; Studio Diwa (revisione testi). Fotografie per «AD» di Luca De Santis e Luigi Fiano.
D i r e t t o r e R e s p o n s a b i l e : E m a n u e l e Fa r n e t i . C o p y r i g h t © 2 0 1 5 p e r l e E d i z i o n i C o n d é N a s t . R e g i s t r a z i o n e d e l Tr i b u n a l e d i M i l a n o n . 9 8 d e l 7 . 3 . 1 9 8 1 . L a E d i z i o n i C o n d é N a s t S . p . A . è i s c r i t t a n e l R e g i s t r o d e g l i O p e r a t o r i d i C o m u n i c a z i o n e c o n i l n u m e r o 6 5 7 1 . S t a m p a : E l c o g r a f S . p . a B e v e r a t e ( L c ) - P r i n t e d i n I t a l y.
3
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UNA PICCOLA GUIDA A RITI, TRADIZIONI E TENDENZE DELLE FESTE.
XMAS.
VARIAZIONI SU UN SOGNO Suggestioni, consigli, curiosità e racconti per vivere UN MAGICO NATALE in stile «AD». A partire da qualche idea per allestire casa come un decoratore professionista.
di NICOLETTA DEL BUONO
Ricercato. In apertura: ghirlanda e albero dorato con gioielli americani anni 40, fiori e nastri di ispirazione rétro. In alto a sinistra: una composizione da console con vasi in ceramica artigianali. A lato: particolare di un albero decorato con gorgonie cristallizzate.
MARCO PITTALUGA
C’
è un mese durante il quale la casa si fa teatro. In dicembre, dall’Avvento in poi, come scenografiche quinte gli interni di tutto l’Occidente e del Grande Nord si vestono di luce e di promesse, una ola di festa e di attese irrompe con magica irruenza nel paesaggio domestico, accendendolo di fiaba e di emozione. Nastri d’oro, d’argento, rossi e verdi, ghirlande di pigne e pungitopo, candele e pendenti di vetro, profumi di mandarini, cannella e cera calda; e poi l’abete, luccicante, vero, che sparge aghi dappertutto ma stilla sentori resinosi. «Si tratta di una tradizione senza tempo, risale addirittura ai saturnali degli antichi romani, alle feste del raccolto, ai riti egizi e babilonesi che celebravano il solstizio d’inverno», racconta Alessandra Rovati Vitali, interior e set designer, cool hunter, anticipatrice di stili, di gusto e di tendenze, fondatrice di quell’edonistico microcosmo di natura che è Tearose (www.tearose.it). «In realtà, il decoro natalizio nell’accezione moderna, come lo intendiamo noi oggi, seppure carico di leggende e di valenze simboliche, è un retaggio del Romanticismo germanico, della consuetudine di decorare l’albero e l’abitazione per festeggiare in famiglia la Natività e Santa Claus, scambiandosi doni con sentimenti di amicizia, simboleggiata dall’agrifoglio, e auguri di prosperità e longevità, rappresentati dal vischio». Una tradizione nordica quindi: Johann Wolfgang Goethe, in effetti, ne scrive ne I dolori del giovane Werther, dove, oltre una porta apertasi inaspettatamente, vede “un abete vestito con candele, dolci e mele”, mentre E.T.A. Hoffmann nella favola Schiaccianoci e il re dei topi del 1816 parla di un albero di Natale scintillante di luci e traboccante di caramelle e mele d’oro. In quello stesso anno l’abete addobbato compare a Vienna nella suite della principessa Henriette von Nassau-Weilburg, mentre in Francia l’usanza di ornare la casa per le feste è introdotta dalla duchessa di Orléans nel 1840, e in Italia dalla regina Margherita nella seconda metà dell’Ottocento. E oggi? Tutto come allora. Forse però con simbologie più sottese e con progetti decorativi più articolati che ben misurano la temperatura estetica del Natale. Spiega Alessandra Rovati: «Quest’anno non è lo sfarzo, un po’ alla Russia degli zar, a essere protagonista del décor natalizio. I tempi chiedono più
attenzione a varie problematiche, lo spirito del Natale significa anche rispettare i valori etici della natura, del mondo, dell’ambiente e dell’altro. Per il 2015 individuerei due grandi tematiche: anzitutto una nuova sorta di lusso che scaturisce dalla natura, dal sublime, e che dura nel tempo, pochi oggetti preziosi che portano luce come un raggio di sole e ci regalano un potere magico e poetico. Poi il mito del rétro contemporary, ossia colori e materie iconiche che ricordano altri tempi». Un Natale quindi più pensato, rispettoso, all’insegna dell’usa e non getta? «Ogni famiglia custodisce con cura i propri addobbi natalizi da riciclare, aggiungendo qualcosa ogni anno per arricchirli di emozione. Oltre all’albero, suggerisco di decorare angoli topici della casa, come una scala, un camino, se si ha la fortuna di possederli. Ogni dimora è un caso a sé, esige un lifestyle personalizzato, quello che conta è l’armonia, l’equilibrio di forme, colori, suoni, profumi; tutti i sensi devono essere sollecitati, è un lavoro sottile e delicato, che richiede grande attenzione all’ambiente e a mille aspetti creativi e compositivi: la luce, i punti focali, i pieni e i vuoti. In fondo non esiste una regola, mi piace avere una visione d’insieme ma mi lascio poi condurre dall’istinto. La scintilla scaturisce da una passeggiata nel bosco, una visita a un mercatino vintage, una mostra d’arte. In definitiva: da una reazione chimica». □
Poetico. Per le feste natalizie, la natura può diventare ispirazione per dar vita ad atmosfere magiche e preziose. Al centro di questa stanza, arredata in stile classico contemporaneo, spicca un albero di Natale cristallizzato, pezzo unico di Alessandra Rovati Vitali. Mobile bar di Paul Evans, candelabri in stile, lampada di modernariato. Sopra: Alessandra Rovati Vitali, interior e set designer, fondatrice e direttore artistico di Tearose.
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STORIA DI UNA PALLINA Dalle ORIGINI , 200 anni fa, alla produzione di massa cinese, senza perdere la magia. di ELENA DALLORSO
MONDADORI PORTFOLIO/RUE DES ARCHIVES
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on sono sempre esistite: le palline che ornano gli abeti stanno per compiere 200 anni di vita. E prima? A Natale dagli alberi pendevano frutta secca, fiori, candele, praticamente ciò che la natura può offrire nel momento dell’anno in cui comincia a rinnovarsi. Le prime palline storicamente attestate fecero la loro apparizione a Vienna nel 1816, grazie alla principessa Henriette von Nassau-Weilburg, che lanciò la moda in Austria da dove, in protestante contrapposizione con gli alberi della vita di origine cattolica, si diffuse in tutto il mondo germanico (e poco dopo anche in Gran Bretagna, a sottolineare le origini teutoniche di Alberto, principe consorte della regina Vittoria). Poi, nella seconda metà del XIX secolo, approdò in Italia, con la regina Margherita. «Fu grazie a lei che la piazza del Quirinale ebbe il suo primo abete addobbato», racconta Marco Romani, giornalista e fondatore di Sempre Natale Roma, il primo Christmas shop aperto in Italia. «Le palline di vetro più belle continuano ad arrivare dagli stessi produttori ottocenteschi, e vengono fatte con le stesse tecniche: a soffiatura libera e a soffiatura negli stampi. Il processo di argentatura dà la lucidità e poi arriva la colorazione a mano». Il costo, ovviamente, non è dato dal materiale, ma dalla decorazione. Il
miglior vetro di Natale continua ad arrivare dal Glassware Art Studio di Czestochowa (il più grande fornitore del mercato americano e australiano) e da Komozja, azienda famigliare (polacca anche lei) che da generazioni fabbrica le Ferrari delle palline, con pezzi da 400 euro. «Certo, la produzione di massa cinese ha invaso anche questo settore, ma resistono i pezzi di altissimo artigianato», continua Romani. Come quelli che escono dalla soffieria De Carlini di Macherio (MB), che dal 1947 ha un enorme catalogo di personaggi natalizi a soffiatura libera, ognuno un’opera a sé, con serie limitate da 200 pezzi: «Hanno anche i vestiti fatti a mano». Le palline alimentano un collezionismo furibondo. «Conosco persone che ne possiedono oltre 6.000. Io stesso ne ho 2.300», dice Romani. La ricerca prende due strade: quella degli addobbi più assurdi e quella dei più antichi. Il valore, però, è meramente virtuale. Del resto basta trovare il rigattiere giusto e appostarsi verso le 6 del mattino a Porta Portese per conquistarsi blocchi da 30 vecchie palline a meno di 20 €. Quelle che valgono l’alzataccia? «Al massimo due o tre. Ma è la caccia che conta». E la differenziazione. Oggi, dopo anni di alberi monocolore spersonalizzati, si tende al mix. «Anche un po’ pacchiano, sì», commenta Romani, «ma che trasforma l’abete in albero della memoria personale e famigliare». □
Vintage. In alto: decorazioni per l’albero del 1900, due versioni di Babbo Natale con slitta. A sinistra: una foto d’epoca (anni Cinquanta).
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TUTTI FRUTTI Romantiche o naturali, nordiche o gourmet. Ispirazioni e tendenze per le DECOR AZIONI del 2015. di RUBEN MODIGLIANI foto LUIGI FIANO
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er quest’anno il Natale trae ispirazione dagli elementi della natura. Con uno sguardo rivolto alla tradizione nordica». A parlare è Vincenzo Dascanio, flower designer (suoi, per esempio, gli allestimenti degli Hotel Four Seasons di Milano e di Firenze) che ha appena aperto uno spazio nel cuore di Milano (piazza Velasca 6). «Il legno è protagonista assoluto, insieme ai materiali di riciclo: rametti, alberi e fiori si trasformano in elementi decorativi perfetti, anche per realizzare decorazioni fai da te», prosegue. Per evocare il grande Nord ci sono fiocchi di neve, sfere vestite di maglia o pelliccia, ornamenti fatti di sonagli. Ma c’è anche una tendenza food, con frutti coperti di brina scintillante o effetto zucchero candito. Per un albero da gourmet. □
Boules. Dai cristalli di neve alle palline con slogan, dai sonagli al più classico vetro a specchio: l’albero oggi si decora così.
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PIÙ VERO DEL VERO Teoria e pratica dellÕ ABETE ARTIFICIALE: iper-realistico, grazie ai nuovi materiali. Ecco come trovare quello pi• adatto. di VALERIA VANTAGGI foto LUIGI FIANO
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into, certo, è meno scenografico, ma sembra che ormai vinca su quello vero: perché è più ecologically-correct, più facile da riporre e non perde aghi dappertutto. E così, oggi, si preferisce l’albero di Natale in pvc: «L’effetto più o meno realistico dipende da quanto sono fitti i rami. Adesso ci sono anche gli alberi in pe, il polipropilene stampato, un materiale bellissimo da vedere e da toccare. Il difetto: costa il doppio degli altri», spiega Carlo Teruzzi di Agri Brianza, oltre 30mila articoli natalizi venduti tra novembre e dicembre. «Per trovare un compromesso tra estetica e prezzo, molti fanno le punte in pe e l’interno in pvc. Quanto al colore: verde scuro, sempre». Da Ecliss, luxury shop milanese di riferimento durante il periodo natalizio, l’albero più venduto per ora rimane quello con la floccatura, che sembra innevato di fresco. Ha un’aria molto delicata, ma le apparenze ingannano: può stare anche all’esterno, purché non sotto la pioggia, e in caso di incidenti sono comunque previsti trattamenti per la rimessa a punto. Secondo Marco Pangallo, direttore di Ecliss, la vera novità di quest’anno è però «l’abete argentato, con gli aghi cangianti. Elegantissimo». □
Fitto e morbido. Il colore più amato resta quello classico, ma spesso impreziosito dalla floccatura che evoca la neve. Alternative di grande effetto: l’albero “ghiacciato”, con gli aghi di brina, e quello minimal, solo un gioco di rami illuminati da microluci.
TI ILLUMINO D’IMMENSO Più chiare, più sicure: così cambiano LE LUMINARIE ai tempi dei led di ultima generazione. Qualche consiglio per la scelta e il montaggio. di VALERIA VANTAGGI — foto LUIGI FIANO
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è stata davvero una rivoluzione, in tema di luci. Intanto: ormai si usano solo versione led. Se una volta davano un’illuminazione fredda, che virava sull’azzurro, oggi sono calde, identiche nell’aspetto a quelle d’antan, ma consumano molto meno, durano di più e non si scaldano. Qualità tecniche ed estetiche le rendono così interessanti che vengono proposte perlopiù in bianco o comunque monocolore, e alla luce alternata si preferisce quella fissa: «Il movimento dà allegria per i primi cinque minuti, poi crea irritazione», spiega Marco Pangallo, direttore dello store milanese Ecliss. Altro effetto della rivoluzione led: i fili si sono fatti molto più lunghi, sui 36 metri di media. «Per illuminare bene un albero di due metri, sono necessarie almeno 700 luci. Un aspetto importante è anche quello di evitare l’errore comune di
passare il filo tutt’intorno perché così non si ottiene la giusta omogeneità: bisognerebbe invece andare lungo il ramo, dentro e fuori, dentro e fuori. Un lavorone». Anche per questo vengono proposti gli abeti preilluminati, con funzione easy-plug: una fatica in meno, con risultato finale garantito. E se si brucia una lampadina, salta tutto? «No», assicurano da Ecliss, «basta solo cambiarla. Sono agganciate con delle clip: è facilissimo». □
Monocromatiche. La luce bianca (con sfumature più o meno calde) resta la base più semplice, ma tinte accese possono ravvivare lo spazio. Non intermittente stanca meno: i fili sempre più lunghi aiutano a ottenere il massimo effetto scenografico.
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UNA CANDELA NON BASTA Come utilizzare LA LUCE per creare scenografie di festa: esaltandola, moltiplicandola, amplificandola. di ALESSANDRO COLOMBINI uce come colore; luce come emozione e pathos; luce come atmosfera: è nella festa – sia religiosa sia laica – che la componente luministica acquista un ruolo essenziale e si rende capace di regalare allo spazio quella suggestione che inevitabilmente viene percepita da chi in esso si muove. Da sempre, in ogni epoca, la luce è traslata negli ambienti con infiniti stratagemmi che la esaltano, la moltiplicano e la amplificano. Le dimore di sovrani e aristocratici di un tempo ne sono ancora oggi un
JEANETTE STEVENSON/GALLERY STOCK
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esempio eloquente. Nel percorrere le sale delle regge e delle residenze aristocratiche di tutta Europa, da Versailles all’Amalienburg, dai palazzi in città alle ville in campagna, è facile immaginare quale dovesse essere il fascino di questi ambienti illuminati – in occasione di feste e banchetti – da centinaia di candele, riflesse all’infinito da specchi, cristalli e vetri, moltiplicate dagli stucchi dorati e argentati che si arrampicavano sulle pareti e sulle volte, esaltando al massimo il contributo luministico di ogni singola fiamma. In contesti e in spazi differenti, lo
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stesso approccio si può rintracciare ai nostri giorni nel momento in cui l’abitazione diventa il fondale di momenti particolarmente significativi quali, per esempio, le celebrazioni natalizie, in cui la ricerca di una dimensione intima e coinvolgente può essere massimizzata con la luce. All’aspetto più tradizionale, che ancora si può ricreare facilmente con l’utilizzo di candele e luminarie, oggi si abbinano le infinite Riflessi. In occasioni speciali, come il Natale, la luce permette di aumentare lo spazio e sottolineare la personalità, regalando calore ed emozione.
Contrasti. Sopra: l’illuminazione molto teatrale dell’Asian Civilisations Museum di Singapore (progetto di GSM Design in collaborazione con Lightemotion e François Roupinian). A destra: la luce delle candele è replicata e amplificata da quella d’ambiente creata dalla piantana con fonti indirette e dirette di Artemide.
stanza, una dimensione luminosa di profonda suggestione. La possibilità di “miscelare” differenti tonalità di luce – da quelle più fredde a quelle più morbide, fino a quelle colorate – consente quindi di impostare per ogni situazione l’atmosfera luminosa più adatta e desiderata. A lampadari a sospensione nei materiali più classici, della tradizione, possono così abbinarsi sistemi di cambia-colore a led, che riplasmano completamente la dimensione dello spazio in cui si inseriscono. Allo stesso modo la più tradizionale delle tavole, imbandita con vasellame di metalli preziosi, porcellane e cristalli e illuminata da candele, si
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può corredare di lampade tecnologiche che replicano la tonalità prodotta dalle fiamme dei ceri. Un’altra possibilità è l’utilizzo di strumenti remotati, miniaturizzati e, aspetto molto interessante, resi invisibili, che saturano lo spazio di colore e di toni accattivanti, costruendo un’identità inedita e sorprendente. Senza dimenticare la magia che può derivare dall’utilizzo di corpi illuminanti realizzati con materiali traforati, in cui inserire fonti di luce di ultima generazione: i riflessi che si proiettano su pareti e soffitti, virati in colori e quantità regolabili, riescono a trasformare lo spazio in un infinito caleidoscopio emozionale.
GETTY. ALESSANDRO COLOMBINI
possibilità consentite da una luce ad altissima tecnologia: contesti luminosi di ogni genere e atmosfera possono essere creati e pianificati ad hoc, per essere declinati in differenti situazioni e in ambienti sia pubblici che privati, replicando e originando uno spettro infinito di scenografie. Fonti all’avanguardia, apparecchi elettronici e sistemi di gestione sono i nuovi strumenti che consentono di plasmare la luce secondo i nostri desideri, di dosarla e caratterizzarla con diverse sfumature di colore e di bianco. Dimmer, Rgb, sistemi Dmx e Dali, per esempio, possono rimpiazzare ceri e candele o a essi coniugarsi al fine di ottenere, anche nello spazio abitativo e in una determinata circo-
Memorie. Reggia di Versailles: specchi, cristalli, stucchi e intagli dorati e argentati sono i trucchi da sempre utilizzati per moltiplicare la luce. In alto: a Milano, nel ristorante Acanto, applique di stoffa e sospensioni in vetro di Murano sono abbinate a led bianchi e Rgb (progetto Celeste Dell’Anna; illuminotecnica Studio Corelli; fari Simes; moduli a led Osram).
MINI MONDI Nuovi feticci: I CARILLON in stile anni 50 invadono i negozi. Protagonisti, a sorpresa, i papà. di R AFFAELE PANIZZA foto LUIGI FIANO
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molto conservatore il mondo dei carillon musicali, elettronici o meccanici che siano. Sono perennemente gli anni Cinquanta, laggiù. I ruoli son chiari. Le eccezioni pure. Basta guardare le scene rappresentate dai “piccoli mondi” creati da aziende come Mr. Christmas e Lemax, per rendersene conto. Dove in giro son sempre più numerosi i papà, e fanno le cose più divertenti: la partita a hockey, il tiro alla fune sulla neve, la discesa in bob. I bambini si uniscono al gioco oppure ne rimangono ai bordi, mano per mano con mamma, che incita il marito mentre si scalmana. Sono gli uomini che pagano allo stand della cioccolata. E sempre loro che lavorano alla fabbrica dei giocattoli illuminata, al piano terra di una casetta edoardiana. Che salgono sulla ruota panoramica vittoriana e persino sulla giostrina dei cavalli fatta sul modello di quella comparsa a New York City, nel 1939, durante l’Esposizione universale. Perché un papà che lavora, e sta serio col giornale tutto l’anno, e fuma la pipa, fa più tenerezza quando si lascia andare. Comprando un carillon ci si porta in casa un mondo scomparso. Un presepe della famiglia laica, da mettere di fianco al presepe di quella santa. □ Multisoggetto. Alcuni carillon animati prodotti da Mr. Christmas e Lemax.
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RICORDANDO MONTALE Chiesa di San Pietro, Porto Venere (Sp). È il “cristiano tempio” citato da Eugenio Montale. Salire le scale in pietra che portano alla chiesa, a strapiombo sul mare, è come una processione. La sacralità del posto inizia fuori, con la facciata in bianco e nero a strisce, decorazione che si ripete all’interno. Sulla destra, di fronte all’altare, è molto particolare il terrazzino da cui si gode un panorama incredibile. Affacciatevi ed esprimete un desiderio (santo), poi accendete la candela a San Pietro.
A MEZZANOTTE Tra canti e tradizioni, in montagna, in riva al lago, su un’ isola: sei luoghi dove architettura e paesaggio rendono indimenticabile LA MESSA DELLA VIGILIA . di MASSIMO LEONARDELLI — illustrazioni di LULU *
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STORIA E MISTERI SUL MARE Abbazia di San Michele Arcangelo, Procida (Na). A picco sul mare a 90 metri di altezza, è un luogo magico e misterioso, con atmosfere da Codice da Vinci. La chiesa si sviluppa su tre livelli, di cui l’ultimo ospita l’ossario (attenzione: si possono ancora vedere resti mummificati). Tra teschi e bare, ma anche affreschi e splendidi sedili lignei del Settecento, si apre invece il luogo di preghiera detto della Segreta, un tempo cappella di culto della confraternita dei Rossi. Nel prezioso pavimento, una lastra tombale permette l’accesso alla sala sottostante, luogo di sepoltura dei fratelli Rossi. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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PORTICATO CON VISTA Eremo di Santa Caterina del Sasso, Leggiuno (Va). Il complesso, a picco sul lago Maggiore, è molto scenografico e ogni angolo ha una sua storia. Assistere alla messa guardando fuori dagli archi del porticato rinascimentale è come viaggiare nel tempo. Altre possibili occasioni di distrazione: le bellissime vetrate istoriate e, sulla destra, l’organo napoletano del 700.
INNI GREGORIANI E FINESTRE D’ALABASTRO Abbazia di Casamari (Fr). Questo è uno degli esempi più importanti di architettura gotica cistercense, con lastre di alabastro alle finestre al posto dei vetri, che danno una luce molto suggestiva. La notte di Natale la messa è accompagnata dai canti gregoriani eseguiti dai frati vestiti di bianco. In un’abbazia non può mancare la farmacia: vista la stagione, miele e Gocce imperiali sono un toccasana. SOTTO LE STELLE, SOTTO LA NEVE Santuario di San Romedio (Tn). Arrivare nell’atmosfera natalizia in Val di Non e vedere le cinque chiese (collegate da una ripida scalinata) arroccate sotto la neve, è come entrare in una favola. Per la messa di Natale il santuario apre eccezionalmente al pubblico; al termine vengono offerti vin brûlé e cioccolata calda nel refettorio.
E POI LA NENIA PER LE STRADE Cattedrale di Cefalù (Pa). Visitando Kephaloidion, nome della città siciliana in greco, si ha l’impressione di tornare indietro negli anni della classicità ellenica. Se poi il periodo è quello di Natale, la notte della vigilia si ha anche l’occasione di assistere alla nenia festiva “Ninnariedda”, che viene eseguita per le strade di Cefalù da tempi immemorabili. La cattedrale, luogo di una bellezza unica con gli splendidi mosaici bizantini come quello del Cristo Pantocratore, ha sempre il suo fascino misterioso. Osservate attentamente il fonte battesimale, ricavato da un unico grande blocco di lumachella. 24
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L’ARCHITETTO La bozza. Poi un prototipo 3D, una scultura in creta, uno stampo in silicone. E solo allora la colata di cioccolato. È italiano IL RE DEI PASTICCIERI . Il suo lavoro ha molto a che fare con design e decorazione. di FIAMMETTA FADDA
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iente esprime meglio la natura operosa e frugale dei milanesi che il loro dolce natalizio: il panettone. Un pane grande, reso ghiotto per l’occasione straordinaria da uova, burro, uvette e canditi; ma sempre semplice, concreto, con i piedi per terra. Eppure, o forse proprio per questo, il panettone è sceso lungo la Penisola passando da dolce lombardo a dolce nazionale, meritevole di almeno un paio di leggende sulla sua ori-
gine, fino alla prima, blasonata certezza storica: durante l’occupazione austriaca Ficquelmont, governatore di Milano, a Natale lo offriva come dono personale al principe di Metternich. Ma era ancora lui, il panetùn, senza smanie decorative. D’altra parte allora, e ancora per più di un secolo, la protagonista indiscussa dell’alta pasticceria era la Francia. Solo lì, all’interno delle grandi brigate di cucina, esisteva l’alto ruolo del pâtissier, dotato del gusto estetico del décorateur. E, all’interno di questa
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nicchia, la specializzazione più preziosa e rarefatta: il chocolatier. Trasformare la massa del cacao in lucide lastre, in sculture, in paesaggi, è un’arte che discende in linea diretta da Carême, il codificatore della Grande Cuisine, che aveva perfezionato il suo stile riproducendo in pasta di zucchero e cioccolato i disegni dei fregi, delle sculture e delle architetture conservati alla Bibliothèque Nationale di Parigi. Una tradizione che continua anche oggi perché la gastromania porta molti studenti dell’Accademia
di Belle Arti a passare dal design o dalla moda all’arte del dolce. Così fino a una decina di anni fa. Perché poi la pasticceria italiana, da Cenerentola che era, ha fatto un balzo arrivando a portare a casa nel 2013 il trofeo di miglior “pâtissier et chocolatier” del mondo al World Chocolate Masters, la competizione biennale che si svolge a Parigi, dove si confronta il meglio del meglio mondiale. Protagonista dell’exploit è Davide Comaschi, solo 35 anni, al lavoro a Milano da quando ne aveva 13 sotto il tetto della pasticceria Martesana dove, dal 1966, il panettone si fa con la ricetta originale. Vincenzo Santoro, il proprietario, si complimenta ancora adesso con se stesso per aver capito che quel ragazzino arrivato da Vignate, tra Pioltello e Melzo, aveva le mani d’oro e un’autentica vena artistica. «Sei bravo?», gli chiese. Risposta di Davide: «Me lo dirà lei». Come a dire, umiltà e voglia di lavorare.
«La mattina andavo a scuola, il pomeriggio aiutavo in pasticceria, di notte provavo a trasformare i disegni di carta in figure con lo zucchero e il cioccolato». Soggetto prediletto il panettone festosamente decorato e farcito di ganache al cioccolato, obbligatorio sulle tavole delle agiate famiglie meneghine degli anni Settanta. Deus ex machina del salto di qualità Iginio Massari, che dal suo laboratorio/negozio Veneto a Brescia è stato per la pasticceria italiana quello che Gualtiero Marchesi è stato per la cucina. Ed ecco la meraviglia dei panettoni kitsch e fiabeschi, tutti in cioccolato modellato e dipinto a mano. Stile cake design? «Ah, no, se per cake design s’intende una struttura in legno coperta da impasti immangiabili. Ma dico sì alla decorazione in stile italiano: bella e buona», dichiara Davide al timone della squadra che ha
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lavorato un anno con lui per il World Chocolate Masters. L’opera premiata è una sorta di sirenetta formato reale in cioccolato bianco sospesa al vertice di una spirale a incastro di cioccolato: «Una volta creata la bozza, l’abbiamo realizzata in 3D e scolpita in creta. Il passo successivo è stato realizzare lo stampo in silicone alimentare, dove colare il cioccolato. Tolto lo stampo l’abbiamo lisciata con le mani e spruzzata di altro cioccolato». Banale decorare panettoni dopo avventure così? «No, io e i ragazzi ci divertiamo a creare soggetti nuovi ogni anno per far fare “oh” ai piccoli e ai grandi», dice il metro e novanta di uomo con le mani più delicate del mondo.
Nelle foto, alcune creazioni di Davide Comaschi per Pasticceria Martesana, via Cardinale Cagliero 14, Milano. martesanamilano.com
MILANO, AMERICA A Milano, Ecliss Home&Decor da ottobre a metà gennaio si dedica completamente al Natale, con allestimenti spettacolari (quest’anno domina lo stile americano). In caso di dubbi si può chiedere aiuto a un personal shopper, prenotabile sul sito o in negozio. ecliss.it
TRE VOLTE QUÉBEC Noël Eternel a Montréal, in Canada, è specializzato in addobbi e dintorni. Dopo 20 anni di grandi soddisfazioni (turisti e locali apprezzano in egual modo), ha traslocato in uno spazio tre volte più grande. noeleternel.com
È SEMPRE FESTA C’ è la boutique, il mall, il magazzino specializzato. Da Berlino a Hollywood, passando per Montréal, qui addobbi e presepi si comprano TUTTO L’ANNO. di ALESSANDR A VALLI
GIRO D’ITALIA Con 8 negozi tra Lombardia, Piemonte e Veneto, Viridea Garden Center è un punto di riferimento per il verde. Da ottobre a metà gennaio apre il villaggio di Natale, che offre anche corsi a tema: dal presepe al décor della tavola. viridea.it
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LUIGI FIANO. SERGE GUÉNETTE
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i sono posti dove ogni giorno è il 25 dicembre: negozi scintillanti di luci e decori natalizi tutto l’anno, come in un interminabile Avvento. L’usanza viene naturalmente dal Nord, ma si è diffusa con grande rapidità a latitudini impensate e con un successo che non conosce crisi. Il caso più clamoroso è quello del gruppo tedesco Käthe Wohlfahrt, che solo in Germania ha aperto sette store a tema. Catene specializzate in addobbi e presepi si trovano anche oltreoceano, persino in Stati assolati come la California. E in Italia gli specializzati si moltiplicano: eclatante a Milano il caso di Ecliss, gran bazaar sui Navigli adorato dalle signore milanesi che già a novembre affrontano pazienti code chilometriche. □
SURFANDO CON SANTA CLAUS Christmas and City è una catena americana con Temporary Shop e nove negozi dedicati al Natale tutto l’anno: da New York (dove c’è anche l’Holiday Shop al Bryant Park, dal 30 ottobre al 3 gennaio) alle Cascate del Niagara. In quello di Hollywood, ci sono anche addobbi e gadget ispirati alla solare California. christmasandcity.com/our-stores
GRANDE GERMANIA Käthe Wohlfahrt è, dal 1963, il simbolo della decorazione natalizia tedesca (ma il gruppo è presente anche in Belgio, Francia e Stati Uniti), con negozi dove il calendario è fermo sul 25 dicembre. Quello più straordinario si trova a Rothenburg, cittadina medioevale sulla Strada Romantica che ospita anche la sede principale del marchio (a destra). Nel 2011 è stato inaugurato lo store di Berlino (a destra, sotto) sulla Kurfürstendamm, la via dello shopping. Fil rouge dei negozi: oggetti artigianali, in esclusiva, in legno, vetro, latta, paglia: l’emozione delle feste celebrate con il calore della tradizione. wohlfahrt.com/en/christmas-stores
LE LUCI DELLA VILLE LUMIÈRE Dal 2008 anche la capitale francese ha il suo store, Christmas à Paris. L’assortimento prevede tre scelte: Natale religioso, tradizionale e parigino, con un trionfo di Tour Eiffel addobbate, in palle di vetro e con Babbo Natale. christmas-a-paris.com
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NON SONO IN VENDITA C’è chi si ispira al cinema, chi cerca giochi speciali: le VETRINE DELL’AVVENTO, spettacolo nello spettacolo.
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alcoscenico sul quale mettere in scena il grande spettacolo del Natale o strumento di metaforici negozianti-burattinai per muovere i fili degli acquisti? Sebbene molti ritengano che ci sia un legame diretto tra il tempo passato da una persona a osservarle e la probabilità che alla fine decida di comprare, le vetrine natalizie restano prima di tutto un regalo fatto ai clienti (anche futuri) di quel determinato negozio. Il primo a mettere nero su bianco le regole della vetrina perfetta è stato L. Frank Baum, noto ai più come l’autore del Mervavglioso Mago di Oz, che già nel 1900, nel suo
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libro The Art of Decorating Dry Goods Windows and Interiors, spiegava l’importanza dell’utilizzo di effetti teatrali, raccomandando l’uso di oggetti animati meccanicamente. Un consiglio ancora valido visto che Harrods, presentando il nuovo allestimento, ha sottolineato con orgoglio il fatto che ognuna delle vetrine del department store inglese mette in mostra da anni questa caratteristica. Se l’obiettivo è trasportare l’osservatore in una nuova realtà, chi meglio del cinema può fare da spunto per scegliere il tema da trattare? Così, per il Natale 2014, Barneys New York si è affidato al regista de Il grande Gatsby, Baz Luhrmann, mentre quest’anno la tradizionale parata del giorno
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LUIGI FIANO. RAY TANG/REX/SHUTTERSTOCK
di MICOL BOZINO-RESMINI
del Ringraziamento, con cui Macy’s svela le sue vetrine natalizie, vede in prima fila i Peanuts. Il vero protagonista dell’anno è però Star Wars, nelle sale dal 16 dicembre ma già in mostra nelle parigine Galeries Lafayette, che sul boulevard Haussmann rileggono con ironia l’idea di un paesaggio intergalattico con l’obiettivo di risvegliare la forza (d’acquisto) dei consumatori. Porta nello spazio anche Selfridges, a Londra, con dodici vetrine dedicate ai segni zodiacali: «Per realizzarle lo staff che ha lavorato a questo progetto ha partecipato a corsi di astrologia dell’osservatorio di Greenwich», spiega Hannah Emslie, senior creative manager della catena britannica. «Volevamo creare qualcosa che rimandasse più a un’installazione artistica che a un prodotto commerciale». □
A Milano, alla galleria d’arte antiquaria Robertaebasta di via Fiori Chiari 2 si comincia a pensare alla vetrina già da gennaio. «In questo modo siamo riusciti ad avere ancora dei pezzi di Fao Schwarz, il leggendario negozio newyorkese di giocattoli che ha chiuso i battenti dopo 153 anni», spiega Mattia Martinelli, general manager del negozio.
Stellari. Pagina a lato: Selfridges, a Londra, reinterpreta i segni dello zodiaco. I vetrinisti hanno seguito un corso di astrologia a Greenwich. In questa pagina in alto: due foto di Harrods, a Londra, che ha scelto il tema Once Upon a Christmas, dove ogni vetrina diventa un palcoscenico con pupazzi animati; sotto: le Galeries Lafayette, a Parigi, puntano sul film del 2015, il nuovo Star Wars.
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METTI UNA SERA D’INVERNO Giro d’Europa per MERCATINI : in cerca di stranezze, artigianato colto e popolare, sapori della festa. di ELENA DALLORSO BERLINO Eccentrico il Voodoo Market sulla Sprea: una selezione di designer e creativi indipendenti che vendono décor, prodotti alimentari e cosmetici eco. Voodoo Market, Warschauerstr/Revalerstr (dal 29 novembre). Invece il Weihnachtsrodeo si svolge da 7 anni in un vecchio magazzino del Mitte: 170 espositori di design, arte, moda e street food. Un mercatino del design che occupa i tre piani del Kaufhaus Jandorf, gemma architettonica. Weihnachtsrodeo, Brunnenstrasse 19 (5-6 dicembre)
COPENHAGEN Il mercatino dei Giardini di Tivoli è una tradizione per la Danimarca, sia tra gli abitanti sia tra i turisti. Bancarelle di addobbi in legno, luci, dolci e un intero parco dei divertimenti dedicato alla magia natalizia, un musical e il lago trasformato da installazioni luminose. Vesterbrogade 3 (dal 15 novembre al 4 gennaio) GÖTEBORG Il parco divertimenti Liseberg (le montagne russe sono in legno), invece, è sede del mercatino più grande e spettacolare della Svezia,
illuminato da cinque milioni di lucine. Circa un’ottantina le bancarelle, che vendono gnomi “tomtar”, specialità gourmet, caramelle, artigianato, pelli di renna. E, nella torre, c’è un mercatino di design. Örgrytevägen 5 (dal 20 novembre). Nell’ex sala caldaie del centro d’arte Röda Sten nel weekend di santa Lucia viene organizzato un mercatino di oggetti di design e artigianato. Röda Sten konsthall, Röda Sten 1 (11-13 dicembre) STOCCOLMA Pezzi unici di artigianato di alta qualità a prezzi modici nei mercatini degli alunni dell’Accademia di design Beckmans. Brahegatan 10 (12 e 13 dicembre) DORDRECHT A poca distanza da Rotterdam, è il più grande d’Olanda
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con le sue 200 bancarelle e un percorso di 2,5 chilometri che conduce fino nel centro della città e nel porto antico. Ha un’intera sezione dedicata al design e all’antiquariato natalizio. Dordrecht Christmas Market (dall’11 al 13 dicembre) LONDRA Dura un weekend il Monocle Christmas Market che trasforma l’immacolata sede del magazine in un set festivo, con tanto di renne (vere) e Babbi Natale. Curioso il parterre, divertenti gli acquisti di marchi di design (Marimekko, Trunk Clothiers, Norway, Hentsch Man e MagCulture). L’ingresso è gratuito, ma è gradita un’offerta per il Comitato di protezione dei giornalisti. Monocle Christmas Market, Midori House, 1 Dorset Street (5-6 dicembre) □
TIM GRAHAM/GETTY IMAGES
DRESDA Punto focale dello Striezelmark, il mercatino più antico della Germania, è la piramide di Natale, che con i suoi 14 metri è anche la più alta del mondo. Tradizionale la scelta (giocattoli in legno, addobbi in vetro soffiato di Lauscha, schiaccianoci, stelle dell’Avvento di Herrnhut), storica e centralissima la location. Striezelmarkt, Altmarkt (dal 26 novembre al 24 dicembre)
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PARIGI POP Nel 2014 Jeff Leatham, art director dell’Hotel George V, ha tenuto fede al suo nome di rock’n’roll florist piazzando nella hall due giganteschi orsi di specchi rossi. Anche quest’anno celebrerà le feste con un’installazione pop: enormi pinguini blu. Per ammirarli, prenotare il pacchetto Romance. Da 1.365 € con fiori, champagne e ovviamente colazione a letto. (fourseasonshotels.com)
MERRY HALL Quindici milioni di italiani passano le feste in una grande città. E gli HOTEL DI LUSSO creano l’atmosfera di casa. A partire dall’albero. di ELENA DALLORSO
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pesso è il momento migliore: mentre tutti gli altri restano a casa, a festeggiare in famiglia, o vanno in montagna, da una ricerca di eDreams spicca un 24 per cento di italiani che approfitta delle feste per concedersi un lungo weekend urbano, preferibilmente nelle capitali. Due giorni soli, magari, ma in strutture di lusso dove sono garantite anteprima assoluta sui saldi e atmosfera natalizia, grazie ad allestimenti spettacolari. Come quello del George V di Parigi, tema il grande freddo: statue alte 13 metri, completamente coperte di specchi, accoglieranno gli ospiti in una versione artica del Natale. Iconica la scelta dell’Hotel de Russie di Roma, dove l’albero è allestito anche quest’anno dalla Maison Fendi, che alle palline preferisce, ovviamente, le borsette. Tradizionale ma fashion quello del Claridge’s di Londra, che da tempo chiede ai suoi clienti più famosi un layout per l’albero della lobby. □ 36
NELLA MAGIA DI LONDRA L’albero del Claridge’s, negli ultimi tre anni firmato Dolce&Gabbana, sarà addobbato con 9.000 luci e 3.000 palline. Due notti da 2.420 €: ci si sveglia a Natale con coro, doni e giro in calesse per Mayfair. (claridges.co.uk)
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FOOD AND FASHION A ROMA Anche quest’anno è Fendi a decorare l’albero nel giardino dell’Hotel de Russie. Che per il suo Festive City Break (da 595 €) organizza un brunch di Natale (85 €) firmato da Fulvio Pierangelini. (roccofortehotels.com)
SENTIRSI DEL CLAN A EDIMBURGO All’Hogmanay Gala Ball dell’Hotel The Balmoral si festeggia il vero Capodanno scozzese con musica e danze. E menu dello chef Jeff Bland. Da 1.000 €. (roccofortehotels.com)
IN PRIMA FILA A NEW YORK Il Plaza è un’istituzione. Per le feste, il pacchetto Radio City Christmas Spectacular offre due ottimi biglietti (centrali, davanti all’orchestra) per le matinée e una notte a partire da 1.000 €. (fairmont.com/the-plaza-new-york) BOBOLI STYLE A FIRENZE Come una favola: l’allestimento di Palazzo Scala della Gherardesca, sede del Four Seasons Hotel, si deve anche quest’anno al genio di Vincenzo Dascanio. Il Christmas Package comprende colazione, cena della Vigilia e pranzo o cena di Natale. Da 864 €, minimo due notti. (fourseasons.com)
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A QUALCUNO PIACE CALDO Architetture sostenibili, servizi personalizzati, menu gourmet. Se proprio la neve non fa per voi, ecco qualche idea per una vacanza ai TROPICI . di ELENA DALLORSO
P TURKS & CAICOS CON I BAMBINI 19 km di spiaggia, un parco acquatico di 4.100 metri quadrati e i protagonisti di Sesamo apriti per i più piccoli. Al resort, che poi sono tre, di Turks & Caicos si festeggia in famiglia (suite fino a 5 persone) da 9.000 € a settimana, trattamento Luxury incluso (beachesresorts.it). 38
i• che di una tendenza si pu˜ parlare di abitudine: secondo lÕIsnart (Istituto nazionale ricerche turistiche) oltre 10 milioni di italiani scelgono di spezzare lÕinverno con una vacanza e il 12 per cento vola allÕestero. Non • solo il clima perfetto (gli operatori del settore lo chiamano fattore Ò+20¡Ó) a piacere: sabbia candida e acque cristalline a parte, quello che aspetta il turista invernale è una serie di servizi speciali. Cene per due a lume di candela sulla spiaggia, esperienze enogastronomiche di altissimo livello a latitudini insolite, attività fisiche che spaziano dallo yoga al diving, percorsi Spa: il tutto in resort tropicali con il dono dell’esclusività e dell’armonia architettonica, con ampio uso di materiali locali e un’attenzione particolare alla sostenibilità. Questi paradisi sono abitati da concierge, butler, chef privati che hanno un unico obiettivo, assicurare la soddisfazione degli ospiti. A partire dall’alta gastronomia: nel resort vietnamita di Con Dao (Six Senses) il maître pâtissier Chris Long ha studiato la lista dei dessert di una cena natalizia che si preannuncia indimenticabile. Anche per chi viaggia con i bambini esistono soluzioni luxury mirate. Per esempio al Turks & Caicos Beachresort, che mette a disposizione delle famiglie tre villaggi, un parco acquatico e perfino i personaggi di un famosissimo programma tv. □
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VIETNAM PRIVATO Sull’isola di Con Dao si festeggia con sessioni di yoga direttamente sulla spiaggia chilometrica, degustazioni di liquori locali e il più grande tartufo (dolce) del mondo, opera dello chef Chris Long. Da 1.100 € a notte (sixsenses.com). MAURITIUS DI LUSSO Sulla costa protetta a nord-ovest, il Royal Palm ha il pallino dell’eccellenza, dai menu stellati alla Spa Clarins. Da 860 € a testa per notte (beachcomber-hotels.it).
CARAIBI CON LO CHEF LaSource di Grenada con il Natale Discovery Dining punta sul menu. Da unire al pacchetto Luxury, una settimana da 4.040 € a coppia (sandalsresorts.it). PARADISO PER DUE ALLE MALDIVE Cena a lume di candela in spiaggia e lo champagne in fresco all’arrivo sono solo alcuni dei benefit del pacchetto Romance Escape Island nel resort maldiviano di Kuda Huraa, dove i bungalow sono tutti immersi in un giardino tropicale. Da 1.000 € a notte (fourseasons.com).
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A.D. Sintony - Ph. Paolo Golumelli
Living area La qualità, lo stile e la creatività Twils anche nel living. Twils quality, style and creativity in the living area too. Set collection: design Studio Viganò
CHALET 2016
Che forme e decori hanno le case di montagna contemporanee? Cosa chiedono oggi i committenti? Risponde l’architetto autore di alcuni dei più prestigiosi progetti alpini degli ultimi anni. una conversazione con NATALIA BIANCHI di RUBEN MODIGLIANI
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egno, tanto, sempre. Anche antico, recuperato da vecchie costruzioni montane ammodernate. Poi pietra, tappeti, tessuti usati spesso per rivestire pareti, pezzi di design moderno oppure mobili antichi, arte contemporanea. E spazi speciali: palestre, piscine, spa. Le case di montagna progettate da Natalia Bianchi, architetto che con l’alta quota ha una lunga storia di frequentazione e di passione («Vado a St. Moritz da quando avevo un anno»), sono diverse tra loro. Ma, viste tutte insieme, raccontano una storia di stile molto coerente. Qual è il filo conduttore dei suoi progetti? «Il taglio degli spazi, che considero fondamentale. E la qualità, alta anche dal punto di vista formale, dei servizi offerti dalla casa. Per me l’architettura ha muri ben isolati, angoli perfettamente a 90°, impianti nascosti,
salto nell’eccentricità. Tessuti particolari, rivestimenti che rievocano gli anni 70: la moquette a nodo grosso oppure il cavallino (come nella casa che Gunter Sachs aveva in quegli anni proprio a St. Moritz). Per un camino, a Gstaad, ho fatto realizzare una quinta in bronzo martellato che sembra una vecchia campana. Ho cercato di creare interni eleganti, senza tempo. Dove lo charme è dato dai dettagli: un quadro, un tessuto, un oggetto. È importante saper mescolare: per esempio accostare un tappeto grezzo, povero, a un divano in cashmere. Oppure mettere una coperta peruviana o scozzese su un letto di linea contemporanea. Ci vuole un pizzico di curiosità, riconoscere il valore aggiunto delle cose». Come si è evoluto il modo di vivere la casa sulla neve? «Molte cose sono cambiate negli ultimi vent’anni. Le nuove tecnologie, per esempio, hanno permesso di trasformare cantine o sottotetti, spazi magari utilizzati poco
LA TRADIZIONE VA RISPETTATA. LA MODERNITÀ, POI, PUÒ ESSERE UN PAVIMENTO IN TEAK E GOMMA CHIARA: MATERIALI MARINI, DA BARCA, IN CONTRASTO CON UN SOFFITTO IN LEGNO ANTICO. interruttori invisibili. Tutto deve essere disegnato con attenzione. A livello estetico ho sempre scelto di lavorare seguendo i canoni costruttivi del luogo: la tradizione va rispettata». Quali elementi contemporanei predilige? «La modernità può essere un pavimento in teak e gomma chiara, materiali marini, da barca, in contrasto con un soffitto in legno montano antico». Racconti alcune delle case che ha disegnato. «C’è quella a St. Moritz presa in società da due amici e pensata con tante camere per gli ospiti; il grande appartamento a Gstaad su più livelli, in un edificio di nuova costruzione, per una coppia che aveva deciso di trasferirsi lì; un vecchio chalet, sempre a St. Moritz, dove in passato soggiornavano i bambini di una grande famiglia, riconvertito in casa, rivedendo gli ambienti». C’è una linea comune anche a livello decorativo? «Sui materiali mi allineo alla tradizione, con qualche
o niente, in media room dove guardare un film su grande schermo. In tanti, poi, scelgono di avere una piccola spa/ palestra: oggi la cura della persona è centrale; una casa attrezzata permette anche di risparmiare tempo». Su quali altri ambienti si concentra la sua attenzione? «Molto rivalutata è la cucina: in passato era un locale destinato alle persone di servizio, oggi è un luogo dove il padrone di casa spesso trascorre volentieri del tempo. E quindi è, sempre di più, messa in relazione con gli ambienti della zona giorno, primo tra tutti il living. Un’altra tendenza importante, a livello di taglio, riguarda i bagni. Molto spesso davano sui corridoi, oggi trovo più logico – e rispettoso della privacy – crearli con accesso diretto dalle camere. Nelle case tradizionali, poi, le finestre sono sempre state piccole: l’importante era tenere fuori il freddo, non far vedere il paesaggio. Oggi invece è possibile realizzare grandi vetrate perfettamente isolanti: così la natura diventa parte integrante di questi spazi». FINE
Atmosfera. Dettagli di una casa a Gstaad. A destra, dall’alto in senso orario: per la camera pareti e soffitto in legno antico, alle spalle del letto una coperta di pelliccia; bagno con lavello in pietra scolpita; specchio in legni di recupero; sulla scala, travi in legno, pareti con patina bronzo e applique su disegno. In apertura: per la zona giorno, soffitto in abete e pavimenti in teak o in pietra d’epoca. 44
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Relax. Nel living di questo progetto (a St. Moritz) il tradizionale soffitto a travi è accostato a pezzi di design moderno e a una moquette a nodo grosso, stile anni 70. Accanto, echi Seventies anche per la piscina asimmetrica in marmo, sempre a St. Moritz: pavimenti in pietra o in larice sbiancato per la zona relax, con area conversazione ribassata, divani in muratura e camino dalla forma morbida.
LE FOTOGRAFIE DEL SERVIZIO SONO DI STUDIO SANCASSANI E ALESSANDRO BELGIOJOSO
Materiali. Dall’alto in senso orario: a St. Moritz, una media room attrezzata con bar; a Gstaad, legno di recupero, pietra e acciaio per la cucina; vasca di ispirazione giapponese per un bagno a Megève; sempre a St. Moritz, la grande doccia dai volumi architettonici al piano interrato di una torre. Accanto, pareti in tessuto e mix di epoche diverse per l’arredo di una camera da letto (St. Moritz).
C’erano una volta gli chalet delle favole. Che un giorno tentarono di trasformarsi in castelli. Ma alla fine trionfarono le autentiche case di montagna. testo di MARIO GEROSA
Boiserie. Sopra: in questo chalet di Méribel gli interni sono realizzati in legno di larice, che è stato usato anche per la testiera del letto. Più in alto: in una casa di Megève, legno e pietra declinano le varie tonalità del grigio; sedie Harry Bertoia per Knoll. In apertura: è completamente in legno la struttura portante di una residenza di Megève, che punta sull’autenticità dei materiali. 52
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Contrasti. Sopra: ad Alagna, in Valsesia, il progettista ha voluto dare un tocco contemporaneo alla classica architettura alpina. L’idea di modernità è riservata soprattutto al camino, tradizionalmente a vista ma con una struttura in legno dalla geometria inedita. Più in alto: pareti con pietre a vista, grandi travi in legno e arredi di design in una casa di Saint-Christophe, in Valle d’Aosta. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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Benessere. Nelle case in alta quota da tempo si tende a riservare uno spazio importante alla spa. Qui, nella zona wellness di uno chalet di Megève, la piscina, rivestita in pietra di Vals, contrasta con le travi in larice antico del soffitto.
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e avete sempre pensato che uno chalet sia un incrocio tra le architetture degli orologi a cucù e la casetta di Heidi, dovrete ricredervi. I nuovi diktat dell’architettura contemporanea sono arrivati anche in vetta: minimalismo chic, domotica all’ultimo grido, geometrie ardite, contrasti netti tra materiali semplici e preziosi. È questo quanto emerge dalle pagine di Images, la rivista consacrata alle case di montagna, che compie 18 anni. La dirige Marinella Vaula, che da allora continua a contrastare i luoghi comuni dei progetti d’alta quota. «Tutti pensano che nelle case di montagna siano fondamentali le scale», esordisce. «E invece se ne vedono sempre meno: la gente tende a far installare l’ascensore. In una casa con 14 livelli ho visto addirittura la funicolare. E lungo tutto il percorso si passava in rassegna una galleria di animali imbalsamati». Torinese, 51 anni, Vaula ha trascorso metà della sua vita in Valle d’Aosta, viaggiando in lungo e in largo per
più vero, che assume diverse forme a seconda della latitudine. «In Valle d’Aosta chi arreda la propria casa tende a ricreare la semplicità delle dimore dei contadini e cerca un pezzo di storia, come la vecchia cassapanca o l’armadio antico mostrato con orgoglio. Invece nell’area dolomitica prevale il senso della decorazione: lì c’è la tradizione della Stube, il soggiorno di gusto austro-ungarico, con i mobili dipinti». Il compito di unificare il gusto in tutto l’arco alpino è riservato alle porte antiche. «In montagna c’è un vero e proprio culto della porta d’epoca», spiega Vaula. «Sia per il significato intrinseco che per le decorazioni». Qualcuno poi predilige un’interpretazione più libera, accostando una sedia di plexiglas a una madia restaurata oppure un pezzo di design scandinavo («si vedono molti oggetti di Eva Solo e di Normann Copenhagen») alla classica collezione di orsetti in legno intagliato. Non si discute invece sulla scelta dei colori degli interni. «Per tanti anni la gente ha privilegiato case con legni tutti bianchi. Col tempo questo approccio ha
DA 18 ANNI UNA RIVISTA RACCONTA COME CAMBIA IL GUSTO D’ARREDO SULLE ALPI. QUI IL DIRETTORE SPIEGA LE NUOVE SENSIBILITÀ. E LE DIFFERENZE CULTURALI TRA VAL D’AOSTA E DOLOMITI.
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QUOI DE NEUF AUTOUR DU FEU?
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Meraviglie alpine. A sinistra: la copertina del numero 36 della rivista Images diretta da Marinella Vaula, che da 18 anni racconta le nuove tendenze dell’architettura alpina. A destra: il tipico soggiorno di uno chalet, a Méribel. I pavimenti, la libreria, le boiserie sono in larice, il lampadario è realizzato con palchi di cervo, e il divano in pelle è un classico Chesterfield.
©ANTEPRIMA SRL - WWW.IMAGES.IT
dimostrato i suoi limiti, anche perché in montagna il legno ingiallisce. Così si è passati al grigio. Adesso vanno di moda i colori naturali, con pietre in grandi formati tagliate al laser, legni con venature in evidenza non impregnati, doghe a contrasto chiare e scure». Il punto d’arrivo di questo profondo rinnovamento dell’architettura di montagna probabilmente sarà un iperminimalismo quasi monastico. «Il mio ideale è una baita di pietra semplicissima, con una madia con sopra una candela, un tavolo, tre sedie e una finestrina. È quello il lusso più sfrenato». FINE
ANNO 18 · N° 36 · INVERNO 2015/16 · € 9,00 CONTIENE I.P. · POSTE ITALIANE SPA SPED. A. P. · D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMM. 1 DCB · AO
le Alpi, da Megève a Cortina, in cerca di interni di tendenza. «Da quando ho iniziato questa avventura editoriale, ho pubblicato più di 500 case. Ho assistito a cambiamenti radicali, e se rivedo adesso quello che pubblicavo nei primi numeri, inorridisco». Oggi sono protagoniste le case dalla forte personalità che hanno rinunciato alla dimensione caramellosa di una volta. «Niente più fronzoli. È cambiato il modo di esibire l’agio: non va più di moda l’atmosfera fiabesca, quella tutta cuoricini, decori leziosi e tovagliette rosse e oro». La fase romantica è ormai démodé. Prima l’ha soppiantata l’eccentricità sfrenata degli chalet «con piscine in onice, statue rinascimentali e pianoforti in vetro». Adesso si va verso un nuovo lusso minimalista, che ha il sapore dell’autenticità. «Prima di tutto, però, bisogna fare una precisazione», spiega. «Non rientrano in questo discorso le case in affitto. Sono fuori dagli schemi, pensate solo per colpire l’immaginario e non hanno nessun riferimento: potrebbero tranquillamente essere ad Aspen, in Colorado, come a Méribel, in Alta Savoia. Le case di proprietà invece generalmente rispecchiano lo spirito del luogo». Queste residenze – «mi raccomando, si dice case, non chalet, a meno che non ci si riferisca alle dimore costruite in Francia» – ora stanno vivendo la fase della riscoperta dell’interior design
pieni di gioielli design, MAISON D’HÔTES centenarie appena rivoluzionate, VILLE in Jugendstil con il camino sempre acceso. Un itinerario tra i nuovi CONCEPT MOUNTAIN HOTEL . Che, a due passi dal cielo, reinterpretano la tradizione in chiave contemporanea. RIFUGI
di MER AVIGLIA PAPER
TESTI LAURA TACCARI E PAOLA CORINI. FOTO MARTIN MORRELL. REFUGIO LAUDEGG E FLORIAN KLOTZ. MANOLO YLLERA. IMAGE COURTESY DESIGN HOTELS (TM). TERMINAL NEIGE – TOTEM / C. ARNAL & DR
Alpine Nights
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er una volta partiamo dalla fine. Ci met tiamo in ma cchina verso le nostre città e il pensiero è uno: torneremo presto. Per la neve, certo. Ma anche per una colazione condivisa tra le mura di una dimora patrizia, per la beatitudine di una Spa ricavata in una vecchia stalla, per una cioccolata calda al chartreuse sorseggiata di fronte al camino. Dall’Alta Savoia al Salisburghese, attraverso il Trentino-Alto Adige, ecco i migliori lodge alpini 2.0. Dove a cambiare non sono i rituali e neppure le location, ma il design e l’atmosfera. CHALET 1864. La meraviglia dei piccoli numeri, dei riti dell’inverno savoiardo. Il villaggio di Le Grand-Bornand (Francia) è un manifesto di vita pastorale. Qui si trova lo Chalet 1864, già fattoria operosa e residenza di famiglia. Un luogo che viene subito voglia di chiamare casa. chalet1864.com BRÜCKE 49. A Vals, Svizzera, una villa primi 900 dove si riuniscono per affinità elettiva piccole tribù di viaggiatori moderni. Una casa di montagna arredata con design vintage, che traduce gli elementi naturali locali – il granito grigio, il legno – in un linguaggio moderno. brucke49.ch
Rigeneranti. Da sinistra in senso orario: una delle stanze di Le Chalet Zannier, a Megève; alcuni interni del San Luis, vicino a Merano: chalet di vari tagli e superfici e case sull’albero, articolati su più livelli. Nella pagina precedente, dall’alto in senso orario: Le Chalet Zannier, Brücke 49, Chalet 1864, Refugio Laudegg, Villa Flor, Wiesergut, Villa Bergmann, Terminal Neige. Al centro, San Luis.
MANOLO YLLERA. TERMINAL NEIGE – TOTEM / C. ARNAL & DR
LE CHALET ZANNIER. A Megève, in Francia, una maison d’hôtes stellata ed esclusiva, che quest’inverno festeggia i suoi primi cinque anni. Fuoco acceso in ogni stanza, cucina alpina gourmet. E il fascino di una dimora privata. lechaletzannier.com VILLA BERGMANN. Cinque suite in una villa con giardino nel cuore di Merano. Atmosfere Belle Époque con stufe di maiolica, porte e finestre belle come gioielli, delizie di carte da parati. villabergmann-meran.it SAN LUIS. Nuovissimo (inaugurazione il 3/12), è un rifugio incastonato in una foresta di larici che si specchia su un grande lago, vicino a Merano. Chalet di legno e case sull’albero per riscoprire l’emozione del contatto con la natura. La cucina raw è dello chef Arturo Spicocchi. L’orto di casa è curato da Harald Gasser, coltivatore di verdure rare. sanluis-hotel.com TERMINAL NEIGE. Monte Bianco, versante francese. La bellezza incondizionata dell’architettura Bauhaus, la montagna, lo stupore del paesaggio, l’essenza della vera vacanza sportiva d’inverno. Terminal Neige, posato sulle piste di Flaine, è l’esempio della nuova generazione di careless ski resorts, un concept hotel costruito attorno all’elemento neve. terminal-neige.com VILLA FLOR. In Engadina, Svizzera, una dimora fascinosa e inusuale. Sette stanze dove si inseguono boiserie e decori Jugendstil, stile alpino e design del Novecento, canzoni folk
Eclettici. In questa pagina: il legno della tradizione convive con lampadari design e arte d’oggi a Villa Flor, a S-chanf. Pagina accanto: tessuti neofolk e design nordico al Terminal Neige, in Alta Savoia.
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REFUGIO LAUDEGG. Dalla collezione di Urlaubsarchitektur.com, un lodge in Tirolo (Austria) che reinterpreta l’estetica alpina senza perdere il dialogo con natura e tradizione. Nato dall’idea di due fratelli appassionati di montagna: Florian, musicista
e guida alpina a disposizione degli ospiti, e Thomas, che rifornisce la cucina del ristorante Raut Hof con delizie raccolte nei boschi circostanti. urlaubsarchitektur.de/en/refugiolaudegg
to, modernità versus carattere rustico regionale. In ambienti dove il panorama austriaco, attraverso le vetrate, è il vero protagonista degli ambienti. designhotels.com/hotels/austria/hinFINE terglemm/wiesergut
WIESERGUT. Santuario di luce, aria e natura, Wiesergut è un ensemble armonico di edifici minimalisti. Dove vengono proposti contrasti stimolanti: erbe selvatiche e pane di fattoria accanto a candelabri di vetro soffia-
Minimal. In alto: una delle stanze del Refugio Laudegg, a Ladis. Pagina accanto: un angolo del Wiesergut, design hotel realizzato con pietre locali e legni naturali. Entrambi in Austria.
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IMAGE COURTESY DESIGN HOTELS (TM). REFUGIO LAUDEGG E FLORIAN KLOTZ
e incursioni artistiche: gli spazi comuni sono una galleria d’arte contemporanea, curata da Ladina Florineth, che cambia in continuazione a beneficio degli ospiti. villaflor.ch
HAUTE COUTURE Curare cromie e dettagli, in sintonia con la storia della casa. Giocare con oggetti, forme, materiali. È festa: la DECORAZIONE non può essere minimal. Un’esperta racconta l’arte della tavola. di SILVIA PAOLI
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a 10 anni Nanà Bottazzi entra nelle case più belle del mondo e le fotografa per il suo giornale, Hola. Visita principesse europee, jet setter messicane, nobildonne delle più prestigiose famiglie del pianeta e, col suo tocco discreto ma emozionante (in pochi hanno questo talento) e la complicità di abiti haute couture, rende – case e signore – ancora più sfolgoranti. Figurarsi che cosa può fare per le tavole del momento più magico dell’anno, il Natale: i suoi consigli in 4 passi. Prima di cominciare. «Il decoro natalizio deve essere coerente con la casa, rispettarne i colori e il mood. Una casa di montagna, una rustica, un loft in una metropoli hanno esigenze diverse, tranne una: sorprendere e far sognare. Bisogna anche considerare se i padroni di casa hanno bambini o sono single: il decoro è come un abito su misura, si crea ad hoc. Non bisogna fare l’errore di decorare a profusione solo la tavola: perché diventi veramente il gioiello del tema natalizio ha bisogno di avere un contesto
tovaglia, i sottopiatti, i bicchieri (almeno uno particolare), le candele, e un segnaposto originale che dimostri la personalità della padrona di casa. Quanto più scintillante e luminosa sarà la tavola, tanto più sarà bella. I panettoncini monodose, le piccole corone brillantate, le renne, i biscotti Christmas, i campanelli sono dettagli che dimostrano la cura e l’amore che si sono messi nel decorarla. I dettagli sono infiniti messaggi e sorprese che suscitano emozioni e raccontano storie, e quante storie si raccontano a tavola! Si può anche scegliere un tema: dolci natalizi, oppure candele e lucine, e dare al decoro un mood nuovo e personale. Per aggiungere qualcosa di contemporaneo si possono usare le lucine a batteria, anche per decorare i piatti da portata. E le tovaglie che si illuminano con le fibre ottiche, che danno magia brillando nel buio». Mise en place. «Il sottopiatto lo scelgo quasi sempre trasparente, magari con un bordo ricamato argento ma non troppo evidente; a volte lo appoggio su una decorazione, per definirlo meglio. I bicchieri li preferisco grandi, mai flûte. Anche questi trasparenti, perché il Natale riflette le
studiato per enfatizzarla, intorno deve crearsi l’atmosfera giusta. Fiori, candele, lanterne, ghirlande completano e focalizzano l’attenzione sulla tavola. Il modo più semplice per renderla il centro dell’interesse? Posizionare l’albero di Natale proprio accanto, meglio due se la casa lo consente». Colori in pendant. «Sono importantissimi, mai sceglierne uno che non si accordi con la palette di quelli della casa. Si possono considerare differenti sfumature, che sono molto importanti nei decori sofisticati (come le rose di tre nuance diverse nella tavola “rosa”). Io amo molto il Natale rosso: mi regala sempre emozione, ma può capitare che non si intoni con l’atmosfera di una casa e quindi opto per il bianco, che dà un effetto neve, o il rosa, come in una fiaba moderna. Mai usare il blu, il nero e il viola scuro. Pur amando il nero, anche nell’arredo, non lo posso pensare come colore di Natale. Nemmeno se coperto da mille diamanti (che invece amo per un importante ricevimento black tie)». Gusto da favola. «Il Natale può essere più o meno elegante o romantico, mai troppo minimalista. Gli elementi irrinunciabili del decoro sono quelli della tradizione: la bella
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sue lucine per tutta la casa. Se il tema della tavola è molto speciale, come quello rosa, si può optare anche per un bicchiere colorato, ma solo uno. Questa è anche l’occasione per usare gli argenti: posate, brocche e vassoi, schiariti con fiori bianchi o accesi con fiori rossi. Uso sempre fiori freschi e invernali. Non amo i verdi, rendono la tavola pesante, antica. Mi piace mettere in tavola piccole brocche, coppette, zuppiere con amaryllis, bucaneve, narcisi, mughetti, bacche di rose, elleboro. E mi piace metterli tutti: una tavola monotematica è noiosa e impersonale». FINE
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Cosmopolita. Un ritratto di Nanà Bottazzi. Nella pagina precedente, a sinistra: un dettaglio della tavola rosa (fotografata anche in apertura), che riprende la palette di colori di una casa in Svizzera. Nell’immagine a destra: in un’antica dimora italiana, la brillantezza degli argenti si sposa con il bianco dei fiori d’inverno.
LE FOTOGRAFIE DEL SERVIZIO SONO DI GIORGIO BARONI PER HOLA
«MI PIACE METTERE IN TAVOLA BROCCHE, COPPETTE, ZUPPIERE CON AMARYLLIS, BUCANEVE, BACCHE DI ROSE, ELLEBORO: AMO MESCOLARLI TUTTI, UNA TAVOLA MONOTEMATICA È NOIOSA E IMPERSONALE».
PORTFOLIO.
Tartan. Piatti Duke in porcellana, Ralph Lauren Home, da 110 €; bicchieri in acrilico Milly (trasparenti, 14 €) e Victoria and Albert (rossi, da 12 €), Mario Luca Giusti; tovaglioli in lino, Merci. Come tovaglia, tessuto della collezione
Xmas Dinner L’euforia del folk, l’eleganza formale, il lusso metropolitano, il classico spirito nordico, la fiaba cangiante, il minimal rurale: 6 PROPOSTE DI STILE per la tavola delle feste. servizio di MER AVIGLIA PAPER
Refuge de L’Opificio (102,48 €/metro). Portasale/pepe anni 30, da Robertaebasta (prezzo su richiesta). Posate Yonah, Flamant (da 6,90 €). Champagne Diamant Brut, con astuccio deluxe, 47,90 €. Servizio realizzato da Potafiori, Milano.
MERAVIGLIAPAPER.COM: FOTO LUCA DE SANTIS. STYLING LAURA TACCARI. HA COLLABORATO ANNA BERNASCONI
Candore. Piatti Oriente Italiano (da 45 €) e decorazioni Les Merveilles: stella con fiocco (29 €) e foglie d’ulivo intrecciate (32 €), tutto Richard Ginori; bicchieri in cristallo Harcourt di Baccarat (175 € il calice, 200 € la flûte); servizio di posate Cheron con stemma punzonato, Visionnaire (da 22 €). Tovaglia e tovaglioli in lino ricamato all-over della linea Quintessential di Mastro Raphaël, disponibile in quattro colori (122 €/metro).
Preziosa. Bicchieri Harcourt Darkside di Bacarat in cristallo nero (cofanetto da 6, 2.830 €); minicocotte in grès smaltato di Le Creuset (21,90 €); stelle e lettere da appendere in ceramica smaltata e dorata, MV% Ceramics Design (da 25 €); candelabro in bronzo anni 70, da Robertaebasta (prezzo su richiesta); posate Cheron, Visionnaire (da 22 €); tessuto Gelo in misto lino, Christian Fischbacher (h 300 cm, 95 €/metro). Casetta stilizzata in ottone, e15 (195,20 €).
Classico. Piatti in porcellana bianca con decoro a rilievo (da 17,50 €), bicchieri in vetro cristallino (da 23 €), posate in acciaio inox con decoro a rilievo (a partire da 8 € al pezzo): è la collezione Dressed, disegnata da Marcel Wanders
per Alessi, un progetto completo per la tavola. Casetta Haus realizzata in ottone lucido, e15 (195,20 €); tovaglioli in lino Mastro Raphaël; sul tavolo, tessuto in cotone/lino della collezione Paris Texas di Casamance (54,70 €/metro).
Riflessi. Piatti Jellies Family in acrilico colorato in massa, disegnati da Patricia Urquiola per Kartell (set da 4 pezzi, da 64 €); bicchieri Polaris a sezione ovale, realizzati con la tecnica tradizionale “balloton”, Carlo Moretti (68 €); tessuto Barchester Plaid, disponibile in 4 varianti colore, Zimmer + Rohde (108,75 €/metro); stelle fatte a mano in ceramica smaltata e dorata, con foro sul retro per essere appese a parete, MV% Ceramics Design (25 €).
Essenziale. Versione rivisitata in chiave moderna per la flûte, senza stelo: è il bicchiere da champagne in cristallo O di Riedel (19,90 € per la confezione da due calici); candela Vintage in cera effetto satinato, Bitossi Home (26,70 €); vassoio circolare (esiste anche in forma ellittica) Copernico di Alberto Meda in Pietra di Stazzema, materiale proveniente dalle Alpi Apuane di colore grigio scuro tendente al turchino, Luce di Carrara (296 €).
«AD» PER BIRRA FORST
Mentre fuori nevica DEGUSTARE PRELIBATEZZE DI UNO CHEF STELLATO NELLE STORICHE CANTINE: QUESTA L’IDEA PER UNA MAGICA SERATA D’INVERNO NEL FELSENKELLER, IL TEMPORARY RESTAURANT FIRMATO FORST.
I
naugurato il 26 novembre 2014, il Felsenkeller è il temporary restaurant di Birra Forst che quest’anno apre le sue porte dal 25 novembre 2015 al 6 gennaio 2016. Dare nuova vita alle antiche cantine laddove nel 19° secolo venivano conservati blocchi di ghiaccio per il raffreddamento del mosto: questo è stato il pensiero che ha spinto Cellina von Mannstein a trasformarle nel Felsenkeller, un luogo all’interno del quale si respira la storia e la tradizione della Spezialbier-Brauerei Forst e in cui gli ospiti possono ora degustare prelibatezze gastronomiche. Il progetto di Cellina von Mannstein è stato realizzato in tempo record da artigiani e imprese altoatesine. Le antiche cantine e la più antica Sala Cottura di Birra Forst ancora esistente (costruita nel 1959) sono state
completamente ristrutturate e adibite a ristorante all’interno del quale vengono serviti piatti di alta gastronomia. L’interior design è stato curato da Cellina von Mannstein che ha arredato con molto gusto e allo stesso tempo con semplicità il nuovo locale. I colori, che spaziano dai diversi toni di grigio al rosso vivo, dominano gli spazi. Nonostante la linearità degli ambienti, l’atmosfera percepita è calda e invitante. I materiali utilizzati sono legno di quercia, legno di noce, zinco e pesanti stoffe di lino con peltro Jacquard. Dei sentieri di ghiaia chiaramente tracciati, come si trovano solitamente nei giardini all’inglese, conducono attraverso le antiche arcate. Il desiderio di Cellina von Mannstein era di integrare la natura all’interno della struttura, per questo motivo il sentiero costeggia molti alberi. Centinaia di lanterne trasmettono calore e invitano il visitatore a soffermarsi per ammirarle. Gli antichi specchi riflettono all’infinito le luci e gli spazi, valorizzando in modo particolare la roccia. Durante le sei settimane di apertura del ristorante, lo chef stellato Michelin Luis Haller preparerà particolari piatti partendo dalle caratteristiche delle specialità birrarie Forst. Ma per ogni appassionato di birra il culmine è il banco spillatura forgiato nel granito, fissato al soffitto da quattro cavi in acciaio. Una delle cinque colonne di spillatura è riservata alla novità birraria creata appositamente per
il nuovo locale: la Felsenkellerbier. Questa specialità birraria, naturalmente torbida e non pastorizzata, sorprende con il suo sapore pieno, corposo e con un retrogusto morbido che invita a berne un altro sorso. Coloro che volessero assaggiarla, possono farlo solamente presso il Felsenkeller, dal momento che questa birra sarà disponibile solo ed esclusivamente in questa particolare location. Di grande impatto è anche la palla di Natale appesa al soffitto alto otto metri. Questo oggetto del diametro di 4,58 metri e un peso totale di 481 chilogrammi è stato realizzato in legno e plexiglas; all’interno della gigantesca palla di Natale si trovano altre 24 piccole sfere. Nel 2014 Birra Forst ha ottenuto l’omologazione del Guinness World Record per la palla di Natale più grande al mondo. □
Nelle immagini, alcuni degli interni di Felsenkeller, il temporary restaurant di Birra Forst nato da un'idea di Cellina von Mannstein (nella foto qui sopra). Il ristorante si trova in Via Venosta 9, 39022 Foresta/Lagundo (BZ). Orari di apertura dalle ore 18.00 alle ore 24.00; inoltre di domenica anche dalle ore 11.00 alle ore 15.30. Giorni di riposo: 30/11, 1/12, 14-15/12 e 24/12.
GIFT. NATALE A CASA «AD» SETTE APPARTAMENTI, SETTE COPERTINE DEL 2015, SETTE DIVERSI STILI DI VITA E D’A RREDO: QUESTA L’ISPIRAZIONE PER LO SPECIALE REGALI. a cura di MICOL BOZINO RESMINI 83
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
DOVE SI ELOGIA LA FUSIONE: DI STILI, DI EPOCHE, DI GUSTI.
ECLECTIC.
Febbraio. In alto: la copertina di AD n.405: l’appartamento dell’architetto Piero Castellini a Milano. Foto di Olimpia Castellini.
D
opo il Bosco Verticale di Milano, l’architetto Stefano Boeri presenta la nuova Torre dei Cedri, costruzione di 36 piani che sorgerà a Losanna, in Svizzera, primo edificio al mondo di soli sempreverdi: sono tempi questi in cui i palazzi diventano giardini, negli appartamenti si
mescolano stimoli, epoche, estetiche. È il gusto della fusione – e dell’eclettico. Sulle passerelle Alessandro Michele, nuovo designer di Gucci, intreccia maschile e femminile, lusso contemporaneo ed estetica da mercatino delle pulci: Ÿber-chic, ovviamente, come i prodotti qui selezionati.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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CONTO ALLA ROVESCIA Il calendario dell’avvento di Christian Lacroix Shaman Night Advent per Libretto è disponibile presso laRinascente. 51,50 €.
ECLECTIC. ARIA BUONA
L’arcobaleno Il tavolino Shimmer di Patricia Urquiola per Glas Italia ha finitura cangiante. Da 1.088 €.
Il decanter Evchen di Riedel, in fine cristallo soffiato a bocca, evoca le linee sinuose del serpente e presenta una doppia camera d’ossigenazione per il vino. 275 €.
DIFFERENZE PREZIOSE Anelli in oro bianco con diamanti, zaffiri e smeraldi di Verdi. Prezzo a richiesta.
ANIMA DOPPIA Il divano Auto-Reverse di Arketipo Firenze ha doppio rivestimento: tessuto da un lato, pelle dall’altro. Delicato ed elegante. Da 3.675 €.
“Stellato”
ITALIAN STYLE L’iconica cintura Nobuckle di Orciani è senza fibbia e senza taglia. Per la versione in pelle e tessuto, prezzi a partire da 118 €.
Movimento scheletrato automatico e quadrante con diamanti per l’RM 07-01 Brown Ceramic di Richard Mille. 109.000 €.
BELLE ÉPOQUE La leggendaria bottiglia Perrier-Jouët è ridisegnata dallo studio mischer’traxler: un Belle Epoque 2007 da collezione. Circa 200 €. 86
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Effervescente e naturale
VINTAGE RIVISITATO
Gommino Tod’s realizzato in morbida pelle di vitello con bubble in metallo sulla parte frontale e suola in gomma. 390 €.
La lampada da terra Copper di Tom Dixon è ispirata agli oggetti di design della fine degli anni 50. Da 495 €.
IN CIRCOLO Set di coffee table Constellation di Fendi Casa. Il ripiano specchiato, coordinato alla struttura, è anche in blu, rosso o nero. Da 4.170 €.
BATTICUORE L’orologio Heart Beat di Frederique Constant ha cassa in acciaio placcato oro rosa e movimento automatico. 3.950 €.
Bolla su bolle Moët & Chandon veste il suo Moët Impérial con So Bubbly Bath gift bag in edizione limitata. 65 €.
COME UN TESSUTO Anello Bar en Corolle della collezione Archi Dior di Dior Joaillerie realizzato in oro rosa e diamanti. Prezzo a richiesta. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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ECLECTIC. Sbocciato Misura 27 cm di altezza il vaso Falda in porcellana di Rosenthal. 460,50 €.
BRILLANTEMENTE GIALLO Fascia pavé multimisura in oro giallo e diamanti gialli: è parte della collezione Giallo 121 di Crieri. 3.270 €.
Combinazioni Bracciale Aida di Veschetti Gioielli con turchesi, smeraldi, zaffiri e brillanti. Prezzo a richiesta.
IN NATURA Farfalla in micromosaico per l’anello Butterfly di Sicis in oro rosa. Prezzo a richiesta.
D’ARTISTA Il visual artist Ryan McGinness firma la nuova edizione limitata di Hennessy Very Special. Da 50 €.
UNA LUCE TIRA L’A LTRA La lampada Black Cherry, Gold Edition di La femme et la maison è firmata da Nika Zupanc. Circa 2.135 €.
SENTI CHE SWING La sedia a dondolo con scocca in tecnopolimero Gliss Swing di Pedrali. Sul telaio in tondino sono montati i due pattini in essenza di frassino. 319 €.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
PRENDENDO IL VOLO Piantana Volière con paralume a gabbia in rame intrecciato con uccellini: ogni pezzo è fatto a mano e unico. Su babybottega.com a 485 €.
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ASIMMETRIE
Una penna in oro bianco e diamanti decora il modello Rêve de Plume Haute Joaillerie di Breguet con movimento automatico. 138.700 €.
Gli orecchini Regalina di Lebole Gioielli sono creati con antichi tessuti giapponesi. 100 €.
STAMPE ROCK Il portafogli Pégase Pop di Hermès è decorato con un disegno di Dimitri Rybaltchenko. 2.800 €.
GIOCHI DA GRANDI Assouline ripercorre la storia di un colosso del giocattolo con Mattel: 70 Years of Innovation and Play. 115 €.
Multirighe È realizzato in Pvc ed è disponibile in cinque diverse taglie il tappeto della collezione Lisa di Pappelina. Da 68 €.
Il divano Cloud di Rugiano disegnato dallo Studio Viganò è avvolto da una lavorazione capitonné. Prezzo a richiesta.
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DESIGN.
Aprile. In alto: la copertina di AD n.407: l’appartamento del designer Jacopo Foggini a Milano. Foto di Max Rommel.
L
a forma al servizio della funzione. È distinguendo gli elementi costitutivi da quelli accessori che prende anima la moderna concezione di design. Non è un caso che, negli anni 60, appena arrivato a New York, Massimo Vignelli costringesse tutti i creativi dell’agenzia da lui diretta a indossare un camice bianco: per non alterare la pulizia costruttiva dell’edificio. Un inno alla semplicità che trova oggi nuovi e diversi sviluppi e nel quale, come scrive Donald Norman nel suo Emotional Design, il minimalismo cede il posto al piacere di possedere un oggetto.
PIÙ IN ALTO Heaven, piccola scala in alluminio per libreria, è firmata da Thomas Bernstrand per Swedese. Circa 650 €.
Colazione a letto Il tavolino Ics di Porada ha il vassoio separabile e la base posizionabile in verticale o in orizzontale. Da 725 €. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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DESIGN. FAI DA TE
QUESTIONE DI OLFATTO
È alimentata da una pila la Wood Pull Cord Light Bulb di Kikkerland, perfetta per armadi, sgabuzzini o garage. 15 €.
Profuma del legno di cedro che riveste gli interni la madia Linea di Riflessi. Con struttura in rovere, è disponibile a 2, 3 o 4 ante. Da 2.380 €.
Tra parentesi La lampada da lettura Aireen di Nahoor è ideata da William Pianta. Prezzo a richiesta.
A MANO Sono rifinite a mano le boules del bracciale Perlée in oro rosa di Van Cleef & Arpels. 4.550 €.
SULLA STRADA Tra fotografia e street art JR: Can Art Change the World? edito da Phaidon. 49,95 €.
Oro&Ceramica È coperta da brevetto la laminatura in oro rosa su ceramica con trattamento antigraffio del bracciale Aura di Roberto Demeglio. 398 €.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
STOP L’iris è protagonista del profumo La Pausa, della collezione Les Exclusifs di Chanel. 255 €.
C di Champagne Si porta a mano o a spalla grazie a una tracolla retrattile la borsa C de Cartier. 1.990 €.
SOLO PER NOI DUE Si può personalizzare incidendo le proprie iniziali su una targhetta dorata The Sharing Set di Krug. 230 €.
ESTENSIONI Il tavolo allungabile Zeus di Cattelan Italia ha base e binario in acciaio verniciato goffrato graphite. Piano e prolunghe sono in ceramica Fokos. 4.067 €.
Chiaro di luna Bracciale Lunaria di Marco Bicego in oro giallo inciso a mano con l’antica tecnica del bulino. 1.360 €.
CUORE D’ACCIAIO Cassa da 41 mm in acciaio, carrure in magnesio e Peek e lunetta in ceramica per il Diagono Magnesium di Bulgari. 3.900 €.
ARTE ORAFA Bangle Geometrico di Vendorafa in oro giallo martellato con profili lucidi. 19.000 €.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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DESIGN.
Semplicità formale È realizzata da un unico elemento con sottili gambe metalliche la Liubis Chair di Trussardi Casa. Da 1.250 €.
IN BELLA VISTA
UN BUON NATALE
Pentola KnPro di KnIndustrie in vetro trasparente resistente alla fiamma, per vedere i movimenti della bollitura. 145 €.
Cuscino della Unique Collection di Christian Fischbacher Italia, realizzato da persone con disabilità. 60 €.
Lui per lei Ispirazione maschile per l’orologio da donna BOY.FRIEND di Chanel con cassa ottagonale e movimento meccanico. 13.200 €.
È COMPLICATO Il Geophysic True Second di Jaeger-LeCoultre ha la lancetta dei secondi saltante esattamente a ogni secondo. 14.700 €.
L’INCANTATORE DI SERPENTI Alluminio piegato a servizio della forma per la lampada PizzaKobra di iGuzzini dalla forma regolabile. Circa 1.300 €. 94
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Mattone su mattone È corredato da una guida di 272 pagine sui lavori dei più famosi architetti Lego Architecture Studio. 199,99 €.
BLACK&WHITE Diamanti bianchi e neri per l’anello in oro bianco di Davite&Delucchi Gioielli. 2.080 €.
AGENTE SEGRETO Dedicata a James Bond la Belvedere 007 Spectre limited edition di Belvedere Vodka. Circa 50 €.
PERMETTE UN TWIST? Si può usare anche per lo champagne il decanter Twist 1586 delle cristallerie Saint-Louis. 450 €.
Cocoon
Antonio Citterio disegna per Flexform la poltrona Guscioalto, rivestita in tessuto o pelle. Da 2.645 €.
CHIAVE DI (S)VOLTA Deve il suo nome alla particolare forma della corona di carica l’orologio Clé de Cartier con cassa in oro bianco. Prezzo a richiesta.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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DOVE SI RACCONTANO OGGETTI E IDEE CHE GUARDANO AL FUTURO.
MODERN.
Aprile. In alto: la copertina di AD n.407: l’attico di casa Terragni in corso Sempione a Milano. Foto di Santi Caleca.
È
Baudelaire, nel suo saggio del 1863 Le peintre de la vie moderne, a introdurre il concetto di modernità, concepita come una qualità della vita di città in costante mutamento. Ma cosa si intende con questo aggettivo oggi? È certo moderna, e non destinata a invecchiare prematuramente, la tecnologia, ma solo se capace di rispondere in modo semplice e immediato a reali esigenze dell’individuo. E lo sono anche oggetti più tradizionali, quando capaci di dare una risposta attuale ai nostri bisogni più profondi.
BLACK TIE Si veste di nero la poltrona 400, meglio nota come la sedia Tank di Artek, progettata da Alvar Aalto nel 1936. Da 4.717 €.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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MODERN. TUTTO IN UNA Rafforza i muscoli e aumenta flessibilità ed equilibrio la Wellness Ball Active Sitting di TechnoGym. 245 €.
Vapore buono Il forno a vapore con microonde DGM 6800 di Miele ha tre programmi automatici intelligenti e vano cottura da 40 litri. 4.514 €.
LONTANO DA SGUARDI INDISCRETI Paravento Scaletta di Fornasetti in legno stampato e laccato a mano. 200x205 cm. 8.400 €.
Idea d’epoca È ispirato ai bauli in alluminio del tardo Ottocento LV Fifty Five, il nuovo orologio di Louis Vuitton. 3.900 €.
CAMBIA MATERIA Si veste con una cassa in acciaio il GirardPerregaux 1966. 7.850 €. 98
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
NUOVE TECNOLOGIE Quarzo Uhf ad alta frequenza per il Lobster di Bulova Accutron II. 635 €.
CADDIE AL POLSO Il braccialetto GPS Golf Buddy BB5 è precaricato con oltre 37.000 campi e riconosce percorso e buca. 249 €.
Indian summer Borsa in vitello stampa alce con borchie, pietre e tracolla removibile in tessuto di Valentino Garavani. 2.550 €.
LA NOTTE, I ROBOT Il minidrone Jumping Night di Parrot ha una videocamera grandangolare e visione notturna. 199,90 €.
PULITO E SCINTILLANTE È impreziosito da cristalli di Swarovski Ergorapido di Electrolux. 299 €.
SENTIRSI BENE Le cuffie Over-Ear MH40 di Master & Dynamic hanno cuscinetti in pelle d’agnello. 399 €.
CIAK, SI GIRA Lampada Cinemˆ di Antonangeli Illuminazione. Da 387 €.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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Obiettivamente The Sartorialist - X è il 3° volume della trilogia dello street photographer Scott Schuman. 25,41 €.
MODERN. Tavola, tavolozza Sono realizzati in ceramica e combinabili tra loro i variopinti piatti Pantone di Serax. Da 11,05 €.
UGUALE MA DIVERSO Nuova generazione di multi-touch e nuovi colori per gli iPhone 6s di Apple. Da 779 €.
STORIA SU STORIA Misura 48 cm di altezza il tavolino Fairy Tales di Valsecchi 1918. In vendita sul sito lovethedesign.com a 280 €.
TECHNO-ATMOSFERA Philips Hue Go è la prima lampada portatile connessa in grado di creare la luce desiderata. 99,95 €.
RICORDI Foto in mano in pochi secondi con Instax mini 8 di Fujifilm. 84,90 €.
GEOMETRIE Tappeto Mayfair della collezione New Dreams di Besana. 402,60 €/m².
100 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
PROVA D’ARTISTA Gift box per un ritratto a scelta su commissione dell’artista Jo Fabbri. Le opere sono realizzate in acrilico su tela. Da 500 a 5.000 €.
PRONTO? UN CAFFÈ Si comanda da smartphone la macchina per caffè e bevande TopBrewer di Scanomat. Prezzo a richiesta.
Acquagym
Al fresco
Speaker waterproof Aquatunes a forma di doccino creato in collaborazione da Grohe e Philips Sound. 89 €.
Frigorifero Crystal modello FCB 4001 di Franke con funzione superfreeze e supercooling. 1.640 €.
AL CHIARORE Lampadina a incandescenza dorata con filamento in carbonio Goldline Goccia di Calex. Circa 5 €.
BUON CALDO Funziona a gas ed è al vertice della classificazione energetica la pompa di calore K18 di Robur. Prezzo a richiesta.
UN’ALTRA MUSICA Wireless Audio 360 di Samsung è in grado di riprodurre la musica a 360 gradi, offrendo la stessa qualità in qualsiasi punto della stanza. 299 €. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 101
DOVE SI METTONO IN FILA I RICORDI DI PAESI LONTANI.
EXOTIC.
Maggio. In alto: la copertina di AD n.408: l’incredibile casa di Serge Lutens a Marrakech. Foto di Patrice Nagel.
L’
attrazione per l’Oriente non è certo un fenomeno nuovo nella cultura europea. Lo si riscontra già a partire dal XVI secolo, quando con l’esplosione del colonialismo cresce la curiosità per le terre lontane, e continua fino a oggi, come sottolineato nel numero di maggio di AD in cui fa da fil rouge il gusto dell’esotismo nell’arredo. Molti i modi per viaggiare simbolicamente in luoghi remoti: per esempio visitare la mostra “Gauguin. Racconti dal paradiso”, al MUDEC di Milano fino al 21/2; o regalarsi uno degli oggetti presentati in queste pagine.
Solo per i tuoi occhi La scatola portagioielli nera lucida con lastre di malachite di Agresti contiene vassoio estraibile e portacollane. Prezzo a richiesta.
PORTAFORTUNA Elefantino in porcellana con decoro Fine Paisley Black e dettagli in oro di Stefano Ricci. Prezzo a richiesta. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 103
EXOTIC.
COME UN TROFEO Edizione limitata in collaborazione con Baccarat per Caviar Spectaculaire di La Prairie. 1.860 €.
Mano al colore Cristalli colorati a contrasto con il nero della base per l’anello Dark di Swarovski. 249 €.
RUM IN THE ROOM Uno scrigno contiene la nuova bottiglia di Zacapa 23. 63,90 €.
FASHIONISTA Grafica animalier per l’edizione limitata Disaronno wears Cavalli. 11,99 €.
D’ATMOSFERA Lampada della collezione Rosier di Annamaria Alois in porcellana. 1.230 €.
PASSATO FRIZZANTE
SCATTI IMMOBILI Dai monasteri ai centri in città: Michael O’Neill. On Yoga: The Architecture of Peace di Taschen. 49,99 €.
Perle di bellezza Bracciali incisi con perle di Rivière Gioielli. Prezzo a richiesta. 104 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Champagne Palmes d’Or Brut Vintage di Nicolas Feuillatte. 130 €.
Il segno del leone Manchette Lion Arty in oro giallo, parte della collezione Sous le signe du Lion di Chanel. 24.200 €.
GIRO TONDO È rivestito con tessuto Stimulation il pouf Ball di Zimmer+Rohde. Base 61 cm, alto 46 cm. 1.110 €.
UNO DOPO L’ALTRO Sono venduti singolarmente gli orecchini Eden di Damiani in ceramica nera e oro rosa. 1.190 € l’uno.
DRINK TROPICALI Il Palawan Bar Cabinet di Visionnaire in legno laccato lucido ha ante in specchio curvato. Prezzo a richiesta.
MOVIMENTO IN VISTA Ha una cassa in oro bianco e diamanti il Millenary Tourbillon di Audemars Piguet. 342.300 €.
ARTE ANTICA Omaggio ai ricami di San Gallo con pizzo in filo d’oro il Big Bang Broderie Yellow Gold Diamonds di Hublot. 35.200 €.
EXOTIC.
IN FIORE Anello Pasquale Bruni della collezione Giardini Segreti Haute Couture. 17.660 €.
MAGIE D’ORIENTE Annodato a mano in seta e seta in rilievo, il tappeto Sahrai Milano misura 300x250 cm. 13.500 €.
L’ETÀ DEL RAME Nuovo colore rame lucido per i vasi Evan e Bluma in ceramica di Calligaris. Da 86,50 €.
L’artista e designer Adeline Roussel veste lo champagne Ultime Boizel. 80 €.
Notturno indiano 106 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
CHEZ COCO Clutch Chanel in plexi effetto tartarugato con logo e chiusura in metallo. Prezzo a richiesta.
Equilibri Zen
SOTTO GLI OCCHI DEL SERPENTE
Plaid Julia in cashmere e lino con logo GA di Armani/Casa. Dimensioni 135x200 cm. 950 €.
Borsa Serpenti Forever di Bulgari in pelliccia di visone nera a pelo lungo e pelliccia di visone bianca a pelo corto con chiusura gioiello. 4.800 €.
La pietra è mobile Anelli Faraone in oro bianco brunito e pavé di paraiba o zaffiri blu. Da 6.000 €.
EST EST EST È tutta artigianale la poltroncina Pitoloi di Ranjan Bordoloi per Cappellini. Prezzo a richiesta.
A PALAZZO Su misura il tappeto Persepoli di Illulian della Palace Collection. Prezzo a richiesta.
RIFLESSI DI VIAGGIO In acciaio e filo di alluminio laccato le lampade Coco Maxi di Matthias Bader per Roche Bobois. 1.330 €.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 107
Imperiali I centrotavola Tiberius in rame o silver-plated di Paola C. sono disponibili in tre misure. Da 360 €.
DOVE SI DECLINA IN MOLTI MODI DIVERSI IL COLORE SIMBOLO DEL NATALE.
RED.
Giugno. In alto, la casa di copertina di AD n.409: un appartamento a Milano firmato Droulers Architecture. Foto di Luis Ridao.
B
anale associarlo alle feste, perché il rosso rappresenta prima di tutto il più studiato e fascinoso di tutti i colori. Lo dice la psicologia e lo dimostrano le creazioni di architetti come Jean Nouvel, che lo ha recentemente scelto per la cantina di Château La Dominique a Saint-Émilion, in Francia. Un tocco di esuberanza cromatica come affermazione del sé e dei propri spazi. Perché, come dice Valentino, stilista al quale si deve la creazione di un esatto punto di questo colore, l’eleganza è l’equilibrio tra proporzioni, emozione e sorpresa.
Flower Power Il centrotavola della collezione Velvet di VG è ispirato alla tradizione dei velluti veneziani del 300. Gioca sui materiali e sui colori accesi. Prezzo su richiesta. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 109
RED.
Principeschi Rubini tagliati a goccia e diamanti per gli orecchini chandelier in oro bianco di Jovane Milano. 15.200 €.
NUOVA MUSA
E ORA ROSSO
Rose mature e un tocco cremoso e vellutato per Modern Muse Le Rouge di Estée Lauder. Da 55 €.
Orologio Happy Sport di Chopard con cassa in acciaio e diamanti mobili. 5.620 €.
GOURMET
PARIS IN LOVE
Anche a casa una birra perfettamente spillata con The Sub Red Edition di Heineken. 169 €.
Rende omaggio alla capitale francese l’edizione Le Café Parisien di Grand Marnier. 16,95 €.
IERI, OGGI Marcel Wanders firma per Baccarat il vaso New Antique in cristallo con base in marmo. Edizione limitata e numerata di 99 pezzi. 30.400 €. 110 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
BON TON
Oriental
Si ispira allo spirito bon ton e seducente degli anni 20 la giacca rossa in vera pelliccia di TWIN-SET Simona Barbieri. 650 €.
È dipinta a mano la tazza in porcellana con coperchio Labirinto Scarlatto della Mug Collection di Richard Ginori. €. 104.
A TUTTO TONDO Sistema audio multizona wireless per il modello Large del sistema AeroSphère di Geneva Lab. Da 500 €.
ACCENDE LA NOTTE BACI RUBATI
Luce diretta da lettura e soffusa d’ambiente con La Petite di Artemide. 159 €.
Cremoso e idratante, il rossetto Joli Rouge di Clarins con estratto di salicornia bio e olio di mango si veste di una nuova confezione. 23 €.
FIOCCHI DI NEVE
In coppia
Cuscino carré in tessuto ispirato a una nevicata invernale de L’Opificio. Da 43x43 cm. 71 €.
Set di lenzuola in satin di seta con cuscini abbinabili di Frette. Trapuntino a 1.300 €, federa a 190 €. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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RED.
ANIMALESCA
OSSESSIONE DESIGN Un’intera sezione del catalogo Kartell è dedicata al rosso, con pezzi di maestri quali Philippe Starck, Ettore Sottsass e Anna Castelli Ferrieri. Prezzi su richiesta.
Caffettiera Pulcina disegnata da Michele De Lucchi per Alessi. Da 48 €.
Effetto gocce di rugiada per la coppa della linea Kastehelmi di Iittala. 42.90 €.
COME PIOGGIA
Star system ORA SOLARE
È realizzata in pelle con profilo in frange la Hollywood Bag di Max Mara. 545 €.
Orologio da tavolo Cifra 3 di Solari Lineadesign a lettura diretta con il sistema a rulli di palette creato e brevettato nel 1966. 390 €.
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ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
UN FILO LONTANO È realizzata a Lalitpur, un distretto della valle di Kathmandu, la morbida maglia in cashmere di Happy Sheep. 340 €.
SFUMATURE Piero Lissoni disegna per Porro la madia Ipercolore, giocata sul contrasto tra disegno pulito e colori accesi a contrasto. 7.506 €.
Scarlet&Green Prada dedica agli appassionati di golf una minicollezione di oggetti a tema: dal trick al portachiavi. Da 140 €.
Bicchiere Polaris di Carlo Moretti a sezione ovale creato con la tecnica del Balloton e rifinito a mano. 78 €.
ARTIGIANALI
OMAGGIO A SNOOPY Agenda annuale di Moleskine dedicata ai Peanuts, la striscia a fumetti creata da Charles M. Schulz. 15.99 €.
Piccoli riposi Panchetta Luxembourg Kid di Fermob in alluminio per bimbi dai 3 ai 6 anni. 157 €. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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DOVE IL PASSATO FA GERMOGLIARE LA VOGLIA DI FUTURO.
CLASSIC.
Ottobre. In alto: la copertina di AD n.413: un appartamento a Roma firmato da Piero Castellini. Foto di Massimo Listri.
I
talo Calvino definì il classico come “un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. Ma cosa trasforma un oggetto di oggi in un bene al riparo dell’usura del tempo? Si direbbe: classico è ciò che sa parlare contemporaneamente sia del passato sia del futuro del gusto. È la risposta che tradizioni estetiche, manifatturiere e stilistiche danno alla domanda circa ciò di cui avremo bisogno domani. Una rilettura dove non manca una certa dose di ironia bonaria e la voglia di circondarci di cose che raccontino a noi e al mondo delle nostre radici.
PEZZI DI STORIA Coppia di console realizzate con frammenti architettonici italiani del XVIII secolo. All’asta su 1stdibs.com
PRESIDENZIALE In oro bianco il bracciale President e la cassa da 40 mm del Day-Date Rolex. 33.350 €. ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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CLASSIC.
DOCTOR BAG Bauletto in vitello palmellato di Giorgio Armani con tasca frontale e chiusura in metallo color oro. 1.390 €.
PARTITA DOPPIA Piatti in porcellana Bone China della linea Hybrid di Seletti: un giocoso mix di stili. Da 44 €.
A NASO
Rétro oggi
Il bergamotto di Calabria è protagonista in Sauvage di Dior. Da 67,48 €.
Poltroncina Tentazione di Erba Italia con basamento in cromo e rivestimento in tessuto o pelle. Da 2.335 €.
PROFONDO BLU Gondolo Ref.5124 di Patek Philippe ha cassa in oro bianco e movimento a carica manuale. 25.100 €.
STILE MEDITERRANEO Cappello in tessuto e feltro con cinturino in pelle di Harmont & Blaine. A partire da 129 €. 116 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
Punta alla creatività In un unico oggetto tutto l’essenziale per scrivere, cancellare e temperare con la Matita Perfetta della collezione Graf von Faber-Castell. 200 €.
AVVOLGENTE La Collezione Murano di candele profumate firmate Acqua di Parma si arricchisce di una nuova fragranza al benzoino. Il bicchiere è fatto a mano. 123 €.
INTRECCI Midollino, cuoio, corda, legno e metallo si combinano nella sedia George’s di Living Divani. Da 740 €.
À TOUT À L’HEURE Must-have di stagione, l’Apple Watch Hermès combina la classica cassa in acciaio inossidabile con cinturini in pelle della Maison francese. Da 1.330 €.
SUA MAESTÀ Anelli della Princess Collection di Roberto Coin in oro giallo realizzati con tecnica a filo ritorto. Da 1.100 €.
CELEBRAZIONE Vacheron Constantin festeggia il suo 260° anniversario con la collezione Harmony ispirata a un cronografo del 1928. 44.000 €.
OLD AMERICA Talisker Skye è invecchiato in botti di rovere americano refill. 35 €.
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CLASSIC. TRASPARENZE POLARI Bracciale in bronzo della collezione Boreale di Ippocampo con maxipietre quadrate color zaffiro. 49 €.
PER SEMPRE Il simbolo dell’infinito protagonista dei braccialetti della collezione Infinity di Tiffany & Co. Da 5.750 €.
IL NUMERO PERFETTO
COME MATRIOSKE Con la King Edison Pendant Lamp Young & Battaglia racchiude un lampadario in una semplice lampadina. 593 €.
Anello Trilogy Eternity 10th Special Edition in oro bianco e diamanti di Recarlo. 7.373 €.
CROCE E DELIZIA Collana con pendaglio in oro rosso, smalto e diamanti di Leo Pizzo. Prezzo a richiesta.
ATTESO A LUNGO Il Palazzo Lana Extrême Riserva 2006 di Berlucchi è un Franciacorta da uve Pinot Nero affinato 6 anni sui lieviti. 45 € circa.
MUST-HAVE Bauletto Gucci in tessuto GG supreme con stampa blooms, dettagli in pelle rosa antico e finiture in argento anticato. Prezzo a richiesta.
L’uovo di Colombo Mood di Christofle cela al suo interno un servizio di posate per sei persone in metallo argentato. 950 €. 118 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
AD ARTE The Elusive Otter crea per Via Bo una collezione di sciarpe utilizzabili anche come teli decorativi. Da 120 €.
SÌ, VIAGGIARE Cover per passaporto personalizzabile Mon Monogram di Louis Vuitton. 335 €.
Millesimato Cofanetto prestige per la Cuvée Louise Grand Cru Millésime di Pommery. 147 €.
CHE COMBINAZIONE È possibile scegliere un rivestimento di diverso materiale tra interno e esterno della scocca per la poltroncina Mad Queen di Poliform. 1.702 €.
Businessman Dettagli in nappa intrecciata per la borsa di Bottega Veneta con tracolla rimovibile. 3.200 €.
NUOVO IMPERO Si può scegliere tra quattro differenti colori la coppa da champagne in acrilico Paolina Bonaparte di Marioluca Giusti. 17 €.
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DOVE SI SENTE TUTTO IL CALORE DI CASA MENTRE FUORI FA FREDDO.
WINTER.
Dicembre. In alto, la copertina di AD n.415: panorama innevato dalla finestra di una grande casa a Gstaad. Foto di Giorgio Baroni.
D
opo mesi di lavori ai limiti del possibile, quest’estate è stato finalmente inaugurato il nuovo Messner Mountain Museum progettato dallo studio di Zaha Hadid. Un architettura straordinaria a Plan de Corones, sulla cima del Kronplatz, in Alto Adige. È un luogo che vale la pena visitare nei mesi freddi: perché inverno e montagna, più che un’associazione di idee, diventano quasi sinonimi. Agli amanti della vita alpina sono dedicate le proposte di molte Maison: oggetti capaci di parlare di calore anche nella stagione più fredda.
Montagne rocciose Il secchiello per il ghiaccio Huntley: vetro e dettagli a forma di corna in peltro di Ralph Lauren Home. 435 €.
NATURALMENTE Paola Navone ha disegnato per Baxter la poltrona Bruxelles in montone bianco con struttura naturale. Prezzo a richiesta.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
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WINTER.
TRA I LARICI
NIENTE SANGUE
Gilet reversibile Woolrich di ispirazione outdoor in lana con pattern d’archivio. 359 €.
Come la neve Motivo floreale per gli orecchini in diamanti della collezione Lotus Cluster di Harry Winston. Prezzo a richiesta.
RELAX
SENZA ATTENDERE LA BEFANA Disponibili sia da uomo sia da donna le calze in cotone con alberi di Natale di Gallo. 23 €.
122 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
I tre designer franco-svizzeri Big-Game disegnano Moose per Moustache, un’ironica testa di cervo in legno componibile. 140 €.
Il pouf Notch di Lema ha una seduta in tessuto e cinghie in cuoio naturale. Prezzo a richiesta.
Coccole Morbida coperta di Hästens in 100% lana baby Alpaca blue check 130x200 cm. 310 €.
A Capodanno/1
MESSI A FUOCO
Lardini rivisita la classica giacca da smoking grazie alla lana bouclé con fantasia check. 690 €.
Gli sci diventano lampada: è Fire Walk With Me di Antonio Cagianelli, parte del progetto World Champion Glass Ski. 4.000 €.
MAREMONTI Costume ricamato della collezione Aspen, omaggio di Vilebrequin agli amanti dello sci. 450 €.
AVVOLGENTE Febo è uno dei pezzi simbolo della collaborazione tra Antonio Citterio e Maxalto. 1.056 €.
A Capodanno/2 Dom Pérignon Vintage 2006: il brindisi per antonomasia. Da 130 €.
ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 123
Filati preziosi
WINTER.
Giacca in supercashmere con cappuccio in volpe e giacchino in baby cashmere di Monique Lecerf. Da 950 €.
L’ABC Per personalizzare qualsiasi borsa con la propria iniziale gli ABCharms in pelliccia di Fendi. 470 €.
L’ABBRACCIO Tappeto Altamarea di Sitap in seta vegetale annodato a mano. Da 120x240 cm o 200x300 cm. Da 890 €.
IDEA IMMACOLATA Luna Bag di Borbonese: soffice e soave. In mongolia e pelle. 990 €.
REGINA DEI GHIACCIAI
BAGLIORI POLARI
Piumino Moncler imbottito in lurex broccato con applicazioni. 1.650 €.
L’anello a fascia incrociata in oro bianco e diamanti di Crivelli ha diversi tagli. Prezzo a richiesta.
124 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
PIÙ MORBIDO DI COSÌ Il cuscino firmato Brunello Cucinelli è in pelliccia e felpa di cashmere. 2.090 €.
In quota Il poggiapiedi Oraz in pelle di mucca di Flamant ha gambe in legno riciclato. 145 €.
Legno al sole Pesano solo 13 grammi gli occhiali da sole in legno, modello Berlin di MyWoodi. 219 €.
SCULTOREA La limited edition di Ruinart Blanc de Blancs è firmata da Hubert Le Gall. Da 130 €.
WOOD POWER
INNESTI Piantama è un tronco d’albero che si trasforma in comodino con luce annessa. Di Marcantonio Raimondi Malerba per Mogg. Da 685 €.
Suono d’antan Max LP di ION Audio permette di ascoltare e convertire in file Mp3 vinili e audio-cassette. 120,98 € su amazon.it ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA 125
Cuffia stereo Music Maniac di Denon con sistema chiuso e altoparlante in composito carbonio/carta. 429 €.
Spirits. Un focolare Sunny Fire di Palazzetti, realizzato in thermofix, un particolare cemento che migliora la combustione.
INDIRIZZI ACQUA DI PARMA, www.acquadiparma.com; AGRESTI, www.agresti.com; ALESSI, www.alessi.com; ANNAMARIA ALOIS, www.annamariaalois.it; ANTONANGELI, www.antonangeli.it; APPLE, www.apple.com; APPLE WATCH HERMÈS, www.apple. com/it/apple-watch-hermes; ARKETIPO FIRENZE, www.arketipo.com; ARMANI CASA, www.armanicasa.com; ARTEK www.artek.fi; ARTEMIDE, www.artemide.com; AUDEMARS PIGUET, www.audemarspiguet.com; BACCARAT, www.baccarat.it; BAXTERr www.baxter.it; BELVEDERE VODKA, www.belvederevodka.com; BERLUCCHI, www.berlucchi.it; BESANA, www.besanamoquette.com; BOIZEL, www.boizel.com; BORBONESE, www.borbonese.com; BOTTEGA VENETA, www.bottegaveneta.com; BREGUET, www.breguet.com; BRUNELLO CUCINELLI, www.brunellocucinelli.com; BULGARI, www.bulgari.com; BULOVA, www.bulova.it; CALEX, www.electrocirkel. com; CALLIGARIS, www.calligaris.it; CAPPELLINI, www.cappellini.it; CARLO MORETTI, www.carlomoretti.com; CARTIER, www.cartier.com; CATTELAN ITALIA, www.cattelanitalia.com; CHANEL, www.chanel.com; CHOPARD, www.chopard.it; CHRISTIAN FISCHBACHER, www.fischbacher.com; CHRISTOFLE, www.christofle. com; CRIVELLI, www.crivelligioielli.com; CLARINS, www.clarins.it; ATwww.crieri.com; DAVITE&DELUCCHI, www.davitedelucchi.it; DAMIANI, www.damiani.com; DENON, www.denon.it; DIOR, www.dior.com; DIOR JOAILLERIE, www.dior.com; DISARONNO, www.disaronno.com; DOM PÉRIGNON, www.domperignon.com; ECLISS, www.ecliss. it; ELECTROLUX, www.electrolux.it; ERBA, www.erbaitalia.it; ESTÉE LAUDER, www. esteelauder.it; FABER-CASTELL, www.faber-castell.it; FARAONE, www.faraonegioielli. it; FENDI, www.fendi.com; FENDI CASA, www.fendi.com; FERMOB, www.fermob. com; FLAMANT, www.flamant.com; FLEXFORM, www.flexform.it; FORNASETTI, www.fornasetti.com; FREDERIQUE CONSTANT, www.frederiqueconstant.com; FUJIFILM, www.fujifilm.eu; GALLO, www.gallospa.it; GENEVA LAV, www.genevalab. com; GIORGIO ARMANI, www.giorgioarmani.com; GIRARD-PERREGAUX, www. girard-perregaux.com; GLAS ITALIA, www.glasitalia.com; GOLFBUDDY, www. golfbuddyglobal.com; GRAND MARNIER, www.grand-marnier.com; GUCCI, www.gucci.com; HAPPY SHEEP, www.happysheep.it; HARRY WINSTON, www. harrywinston.con; HEINEKEN, www.heineken.com; HENNESSY, www.hennessy.com; HERMÈS, www.hermes.com; HUBLOT, www.hublot.com; IGUZZINI, www.iguzzini. it; ILLULIAN, www.illulian.com; IPPOCAMPO, www.ippocampogioielli.it; JAEGERLECOULTRE, www.jaeger-lecoultre.com; JOVANE MILANO, www.jovanemilano. com; KARTELL, www.kartell.com; KNINDUSTRIE, www.knindustrie.it; KRUG, www. krug.com; LA PRAIRIE, www.laprairie.com; LARDINI, www.lardini.it; LA RINASCENTE, www.larinascente.it; LEBOLE, www.lebolegioielli.com; LEGO, www.lego.com; LEMA, www.lemamobili.com; LEMAX, www.lemaxcollection.com; LEO PIZZO, www. leopizzo.com; LIVING DIVANI, www.livingdivani.it; L’OPIFICIO, http://lopificio.it;
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126 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
«AD» PER MORET
La Libertà è Arte ORO, BRONZO E RIFLESSI D’ARGENTO. SONO TRATTEGGIATI DAI METALLI I TAPPETI DELLA NUOVA COLLEZIONE FREEDOM DI MORET FIRMATA SAMUELE MAZZA: ELEMENTI DI DESIGN ISPIRATI ALLE FASTOSE DIMORE ART DÉCO.
G
1
otham e Rosenthal sono i nuovi modelli di Freedom, la collezione di tappeti disegnata da Samuele Mazza per Moret. Freedom si distingue per il suo appeal new art déco, che segna l’inizio di una nuova avventura nel percorso creativo del designer. Per Mazza «un tappeto fa parte di un’idea di lifestyle completo, e può essere la base attorno a cui si sviluppa lo stile di una casa». È stata l’opulenta linearità dell’Art Déco a guidare Mazza nella ricerca dell’elemento chiave attorno al quale sono declinati i nuovi tappeti: la catena esagonale, motivo ricorrente nelle inferriate, negli androni dei palazzi e nei gioielli del primo ventennio del 1900. Dal suo intrecciarsi nascono magiche geometrie, ritrovabili nelle architetture delle eccellenze italiane di quel periodo, come Buzzi e Portaluppi, i maestri che hanno ispirato le nuove creazioni. Percorso da preziose catene di oro brunito che si ripetono serialmente, Gotham fonde nella sua superficie rigore progettuale e potere scenografico. Il modello è disponibile in due versioni: Gotham Light, pensato per chi predilige le tonalità calde declinate nelle nuance più chiare, e Gotham Dark, di Dettagli preziosi. Particolari di tappeti della collezione Gotham (1) e Rosenthal (2). Sotto, un tappeto della collezione Gotham.
2
impatto nettamente drammatico, dove la catena dorata risalta grazie ai toni scuri dello sfondo. Il modello Rosenthal propone invece un’unica grande cornice esagonale. L’oro brunito della geometria impreziosisce i diversi sfondi del tappeto; opzione Light per la versione color ambra, e Black per quella a sfondo nero. I nuovi modelli di Moret esprimono una teatralità che non è mai leziosa, un valore estetico molto caro ai riferimenti culturali e alla cifra stilistica del design di Samuele Mazza. Che oltre a essere arredatore, scenografo e autore di libri di moda, nel 2001 ha creato il marchio Visionnaire Home Philosophy. □ www.moret.it
FINALE.
UN OGGETTO,
UN NATALE, UNA STORIA.
“ ”. PATRIZIA SANDRETTO: I MIEI ALBERI DA REVERS «La mia passione per i costume jewelry è nata alla fine degli anni 80: un’amica li collezionava e un giorno mi appuntò una spilla sul revers della giacca. L’emozione che ho provato grazie a quella prima spilla mi ha spinta a studiarne la storia. I COSTUME JEWELRY hanno assunto un ruolo fondamentale nell’A merica anni 30, quando la crisi economica portò alla creazione di ornamenti poveri ma belli. Sono bijoux in qualche modo democratici e addirittura femministi perché, per la prima volta, le donne se li potevano regalare da sole. L’originalità dei designer che li crearono rende i gioielli fantasia pezzi unici in edizione illimitata. Ne indosso sempre uno diverso e mi piace scegliere quello che ha attinenza con la giornata che mi attende. All’inizio ho trovato molti gioielli fantasia nei mercatini specializzati: ancora oggi i venditori mi contattano quando trovano dei pezzi particolari. Oltre che
nei market statunitensi, qualche volta acquisto anche via internet. Ho delle spille alle quali sono molto affezionata perché sono l’immagine di un momento sociale e storico particolare. Come i CHRISTMAS TREE – creati negli anni della guerra di Corea per i soldati che erano al fronte –, di cui possiedo una piccola “foresta”. Questi alberelli sono in metallo dorato rivestito in smalto, con vetri colorati a simulare gli addobbi e strass tagliati a baguette per le candele: mi piace indossarli durante le feste natalizie. Una volta ho fatto anche una follia: all’inizio degli anni 90 volevo ampliare la collezione degli alberi, in Italia introvabili. Ero al mercato di Coconut Grove, l’A ntique Market di Miami. Uno dei venditori esponeva alcuni Christmas Tree e mi disse che ne aveva altri a Sarasota, dove abitava. Dopo qualche minuto ero già in auto, direzione nord della Florida. Quel giorno ne ho comprati 25».
PATRIZIA SANDRETTO RE REBAUDENGO è presidente dell’omonima Fondazione d’arte contemporanea di Torino. 128 ARCHITECTURAL DIGEST • ITALIA
rugiano.com
ONDA by Rugiano Design Lab Showroom: Via della Moscova, 53 MILANO
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