IN … CANTIAMO …CI “Voi non venite qui a cantare una nota qualunque. Voi venite qui a cantare la vostra nota. Non è una cosa da niente: è una cosa bellissima. Avere una nota, dico: una una nota tutta per per sé. Riconoscerla, fra mille, e portarsela dietro, dentro, e addosso. Potete anche non crederci, ma io vi dico che lei respira quando voi respirate, vi aspetta quando quando dormite, vi segue dovunque andiate… …statemi a sentire... anche se la vita fa un rumore d'inferno affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più. Portatela con voi, ripetetevela quando lavorate, cantatevela con la testa, lasciate che vi suoni nelle orecchie, e sotto la lingua e nella punta delle dita. E magari anche nei piedi…” A. Baricco – Castelli di rabbia
La voce questa sconosciuta La voce è la prima manifestazione dell’Essere uomo: il neonato grida al momento della nascita e qui l a voce, come flusso energetico, testimonia l’inizio di una nuova vita. Secondo antiche cosmogonie all’origine del cosmo troviamo il grido: <>. La voce quindi è molto di più dello strumento più naturale ed efficace per fare musica, la voce è respiro, soffio vitale, testimonianza dell’essere. Essa è affermazione della nostra identità perché è strettamente legata al nostro corpo, da cui è generata e morfologicamente caratterizzata e a cui ritorna come eco, ma è anche il mezzo che ci permette di relazionarci con gli altri e che maggiormente ci identifica nell’atto comunicativo. Diventa perciò molto importante per la costruzione di un curricolo formativo, e non solo musicale, educare questo strumento espressivo. Il corretto e buon uso della voce è inoltre di fondamentale importanza anche per gli stessi insegnanti dal momento che esso risulta essere il loro primo “utensile” di lavoro. Come per un attore davanti al suo pubblico, l’efficacia del messaggio dipende in modo imprescindibile dal mezzo di comunicazione usato, rappresentato non tanto dal codice verbale quanto da quello non verbale, di cui la voce è componente primaria. Per vocalizzare, ciascuno di noi utilizza le corde vocali, due membrane tese tra le pareti della laringe:
Ma per mettere in funzione le corde vocali e produrre un suono sono necessari:
un impulso energetico, dato da tutta la persona nell’atto espiratorio, per portare le corde vocali dallo stato di quiete alla vibrazione; la vibrazione delle corde vocali per la produzione di onde sonore che si propagano nell’aria; l’amplificazione e la trasformazione del suono attraverso i risuonatori del corpo, che hanno la funzione di cassa armonica (faringe, cavità toracica, bocca, cavità nasali, ecc.) Una corretta emissione della voce sia parlata che cantata richiede dunque la perfetta coordinazione di una serie di meccanismi che sovrintendono alla sua regolazione, quali la respirazione, l’emissione vocale e la risonanza.
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M. Schneider, Il significato della musica, coll. Cultura Nuova Cultura Nuova, Rusconi, Milano1970.
La respirazione Inspirare ed espirare sono movimenti naturali involontari che il più delle volte facciamo incosapevolmente, ma poiché la voce viaggia sul fiato, il respiro deve divenire attività cosciente e controllata. Per un corretto uso della voce è fondamentale l’emissione graduale dell’aria espiratoria: ciò presuppone una perfetta coordinazione tra i muscoli addominali ed intercostali interni da una parte e le resistenze offerte dal diaframma e dalla glottide dall’altra. L’equilibrio dinamico tra queste forze antagoniste pemette di sostenere la colonna d’aria che fa vibrare le corde vocali durante l’atto espiratorio. A tal riguardo le tecniche per un buon uso della voce sia parlata che cantata raccomandano di non utilizzare la cosiddetta “respirazione alta” (con l’evidente sollevamento delle spalle e del petto) , che mette in funzione i muscoli respiratori accessori con la conseguente eccessiva rigidità del collo che riduce la mibilità laringea.
TOCCHIAMO IL RESPIRO
Sdraiati a terra supini appoggiamo le mani sulla pancia, o seduti rilassati
Sdraiati a terra supini appoggiamo le mani sulla pancia, o seduti rilassati Servono?
Respirazione circolare: Inspirare per 4 tempi apnea per 4 tempi espirare per 4 tempi (proseguendo si può farla in 7 tempi) Sequenze diverse: Inspirare lentamente – apnea – espirare velocemente; Inspirare da una sola narice (tappando l’altra) apnea – espirare da entrambe e viceversa; Inspirare ed espirare liberamente. Tossire Ridere Emissione di un suono sibilante, es. /s/, /sc/, /z/ continua e intermittente Gioco per i bambini: Il toro Fernando Tutti i bambini, sdraiati a terra, imitano il Toro Fernando che invece di correre nell’arena ama distendersi all’ombra di un grande albero ad annusare il profumo dei fiori e farne volar via , con il soffio, i petali. La zanzara I bambini hanno ciascuno in mano un filo da pesca
Si percepisce il movimento dell’addome che si alza e si abbassa con l’insipirazione e l’ espirazione. I muscoli diaframmatici, infatti, permettono alla membrana diaframmatica di abbassarsi spingendo in fuori l’addome per permettere ai poloni di gonfiarsi d’aria. Nell’atto espiratorio il diaframma è riportato nella posizione inziale, favorendo così la fuoriuscita delll’aria incamerata. Con il tossire, il ridere, l’uso di suoni sibilanti si può percepire anche l’azione volontaria dei muscoli diaframmatici, la stessa che aiuta a manenere un’emmissione costante e graduale del fiato.
con appeso un pezzo di carta, o di stoffa, o di metallo plasticato arrotolato che funge da zanzara. Le zanzare (libera o guidata da un bambino che farà il direttore con il suo movimento) si spostano ora di qua ora di là, ora in su ora in giù, chissà dove si poseranno. Inspirare ed espirare liberamente
A coppie: uno sta sdraiato in posizione prona, l’altro, in ginocchio, appoggia le mani sulla zona lombare
A coppie, uno dietro l’altro. Il compagno dietro appoggia le mani tra i fianchi e la cassa toracica
Gioco per i bambini: Il benzinaio chi è in ginocchio con una cannuccia <> il compagno, come fosse un benzinaio. (soffiare con la cannuccia si può sperimentare precedentemente anche nell’acqua) La gara delle palline A terra, supini, in riga. Ciascun bambino deve spingere al di là del traguardo una pallina da ping pong o di carta con il soffio. Il compagno davanti inspira ed espira sollevando leggermente e lentamente le braccia verso l’esterno, come fossero le braccia di un burattino con due fili appesi ai gomiti e sollevati dal burattinaio. Le farà poi tornare lentamente nella posizione iniziale con l’espirazione
Si percepisce il movimento di espansione toracica della zona costo-lombare, le ultime due costole infatti non sono fissate allo sterno, e si evita l’utilizzo della respirazione alta o clavicolare, non corretta perché causa tensione dei muscoli che controllano la fonazione e non consente un controllo graduale e costante del fiato in emissione.
Chi sta dietro percepisce e controlla che nell’atto inspiratorio il compagno “apra” il suo mantice respitatorio proprio come fosse un ombrello, e non alzi le spalle.
Emissione vocale Le corde vocali si adducono, cioè si tendono avvicinandosi e vengono messe in vibrazione dalla pressione esercitata dall’aria espirata. Il suono poi si articola in parola a seconda della posizione della lingua, del palato molle e del movimento delle labbra mentre la sua modulazione avviene per l’azione delle strutture neuromuscolari della laringe che permettono di modificare la forma, la tensione e l’adduzione delle corde vocali in modo da dare all’emmissione vocale la frequenza 2 e l’intensità 3 desiderate. A differenza della voce parlata, nel canto si richiede una maggiore modulazione dell’intensità, per cui un migliore controllo del mantice respiratorio, ed una estensione della gamma tonale che da un’escursione di 4 – 6 toni della voce di conversazione arriva alle due ottave della voce di un cantante. I muscoli vocali 4 interessati devono contrarsi però senza bloccare il flusso della colonna d’aria da un lato e senza causare brusche chiusure e sfregamenti delle corde vocali dall’altro.
La risonanza Il suono prodotto dall’organo fonatorio viene amplificato dai risuonatori (cavità nasali, seni paranasali, faringe e cavità orale) che ne determinano anche il timbro mediante l’azione d’attenuazione o di enfatizzazione delle frequenze che compongono lo spettro vocale in rapporto alla diversa forma e alla diversa dimensione che essi possono avere. I suoni pur di altezza diversa ma simili nel <> formano ciò che viene chiamato registro vocale. Comunemente si distinguono: il registro di testa che utilizza soprattutto i risuonatori superiori ( seni paranasali, tempie) soprattutto per i suoni più acuti; il registro di petto che utilizza come cassa di risonanza soprattutto il petto per l’appunto; la voce nasale: che risuona soprattutto nel naso; la voce di gola: che utiilizza poco gli altri risuonatori ed è tipica della voce parlata. Molti sono i stati i tentativi di spiegare cosa accade durante l’emissione vocale e soprattutto cosa si dovrebbe fare per sostnere il suono, per non affaticare le corde vocali, per usare i risuonatori in modo corretto e come passare da un registro all’altro senza “rotture” della voce, mantenendo lo stesso colore, ma poiché la voce non è uno 2
La frequenza di un suono è direttamente proporzionale alla tensione delle corde vocali e inversamente proporzionale alla massa vibrante. 3 L’intensità è collegata alla pressione della colonna d’aria sottoglottica e aumenta a seconda dell’accostamento delle corde vocali. 4 La tensione cordale si ottiene per contrazione del muscolo tiroaritenoideo mentre l’estensione vocale dipende sia dalla tensione cordale sia dall’allungamento delle corde vocali per la contrazione del muscolo cricotiroideo.
strumento esterno a noi, non si può vedere al di fuori cosa accade, diventa così fondamentale l’esperienza personale e una esplorazione consapevole delle variabili che entrano in gioco.
Tocchiamo la voce Già Lucrezio nel suo De rerum natura , affermava che la voce, per quanto possa sembrare invisibile e inafferrabile, è un corpo. In effetti possiamo toccare la voce …come?
ESPLORIAMO LA VOCE Alterniamo suoni sordi (prodotti senza l’uso di corde vocali: p, t, c (dura) k) e sonori (con l’uso di corde vocali: b, d, c)
Appoggiamo la mano sul collo
Proviamo a dire il nostro nome.
Appoggiamo il palmo della mano sulla base del collo, … cosa percepiamo?
Proviamo a cantare il nostro nome.
Appoggiamo ora il palmo sul petto e sul collo …
Alterniamo suoni gravi e suoni acuti. Imitiamo un missile in caduta e …
Proviamo a toccare con i polpastrelli delle dita la laringe e con il palmo della mano il petto. E se posizionassimo i polpastrelli sul ‘pomo d’adamo’?
La vibrazione si sposta dalla zona superiore della laringe a quella inferiore… e in particolare percepiamo l’abbassamento della stessa quando la voce sale ai toni acuti e progressivamente il suo ritorno in posizione normale a mano a mano che la voce scende.
Appoggiamo i polpastrelli sulle guance …
Il registro di testa, che utilizza come cavità di risonanza le fosse nasali e paranasali, le tempie, il palato, è solitamente accompagnato da un abbassamento della laringe per permettere alle corde vocali di allungarsi e al suono di passare agevolmente nelle cavità superiori.
Proviamo ad intonare l’ululato del lupo, i suoni di un fantasma che vuole impaurire qualcuno, la sirena dell’ambulanza, l’abbaiare in lontananza di un cane.
Emettiamo un suono a bocca chiusa: mmm Cantiamo una /o/ una /a/ prolungata …
Emettiamo un suono a bocca chiusa: mmm Ripetiamo l’esercizio aprendo gradualmente le labbra nell’emmissione della vocale /u/ e interrompendola con la fuoriuscita di tutta l’aria come un soffio o uno sbuffo
Proviamo a produre con voce piena, forte un glissato ascendente sulla vocale /a/ imitando una navicella spaziale che decolla …
Tappiamoci il naso, anche ad intermittenza
Percepiamo la presenza di vibrazione con i fonemi sonori a differenza di quelli sordi Percepiamo le vibrazioni nelle zone di risonanza della voce di gola: caratteristica del parlato quotidiano e spesso anche del canto nella popular music, che non utilizza comerisuonatori tranne il tratto orofaringeo. Questa è la zona interessata dal registro di petto, che utilizza come cassa di risonanza la cavità toracica e la faringe, la vibrazione risulta molto evidente al tatto, irregolare nel parlato, più regolare nel cantato
Quando cantiamo a bocca chiusa risulta evidente che non possiamo emettere il suono nel momento in cui ci tappiamo il naso, perché utilizziamo solo il canale nasale per l’emissione. Quando invece vocalizziamo, se il suono non si interrompe significa che la nostra non è un’emissione nasale, e continua anche a naso chiuso. La voce nasale dunque utilizza prevalentemente il naso come canale di emissione e nella nostra cultura, a differenza ad esempio degli indiani d’America, è considerata una caratteristica da correggere.
Tocchiamo leggermente le labbra
Si dovrebbe percepire la vibrazione delle labbra e un leggero solletico
Mettiamo la mano vicina alla bocca
Si percepisce la diversa intensità della colonna d’aria che esce quando si canta e quando si fa uscire l’aria senza suono.
Tocchiamo la laringe
La laringe sembra ‘stirarsi’ fino ad un punto in cui la voce non riesce più a proseguire a registro pieno: è il punto di passaggio di registro (in gergo detto crack ), dopo il quale la voce cambia colore, diventa più leggera, se non utilizza bene i risuonatori, altrimenti i suoni vengono emessi con difficoltà e stancano le corde vocali. I suoni nella zona centrale di passaggio risultano duri, graffiati oppure rochi e soffiati.
La voce parlata La voce parlata racchiude in sé un potenziale musicale sorprendente, spesso trascurato a favore del canto, che rappresenta però, come abbiamo visto, un uso più raffinato del mezzo vocale ed esplorabile con minore facilità dai bambini per la difficoltà di coordinare testo e melodia. Esplorando il medium vocale come fosse un oggetto sonoro vi ritroviamo una grande ricchezza di componenti espressive, timbriche, dinamiche, di durata e di articolazione. L’esplorazione della voce parlata, che i bimbi naturalmente fanno fin dai primi mesi di vita ( bubbling ) rappresenta certamente una tappa imprescindibile per l’acquisizione della competenza fonematica necessaria nei processi linguistici e di letto-scrittura. La sua stimolazione in ambito educativo può arricchire il percorso spontaneo fatto dal bambino ampliando il suo campo di esperienza, favorendo un utilizzo più consapevole delle sue scoperte con finalità ludiche ed espressive, affinando la sua percezione dei suoni a favore di un migliore riconoscimento e di una più corretta riproduzione degli stessi. Infine offre innumerevoli possibilità di operare in modo creativo con il materiale sonoro sperimentato, di riorganizzare la sua riappropriazione espressiva in funzione di forme ludiche più strutturate, assimilabli al gioco di regole, finalizzandola anche alla realizzazione di progetti non più solamente individuali e improvvisati ma collettivi e compositivi.
Vocali e consonanti LA VOCE PARLATA
Sperimentiamo con le lettere dell’alfabeto il parametro della durata: suono lungo e corto
Gioco della statua di ghiaggio i bambini sono statue di ghiaggio che si sciolgono quando sentono un suono. Proviamo a farci sciogliere dalle lettere che compongono il nostro alfabeto: quali lettere riescono a scioglierci completamente e quali invece solo un po’? Disegno di punti e linee Ascoltando le lettere dell’alfabeto e/o altri suoni prodotti con la voce si ‘disegnano’ le loro durate con punti e linee
Sperimentiamo con le lettere dell’alfabeto il parametro dell’altezza: suono sonoro o sordo (l’uno può scendere e salire l’altro no)
Posizioniamo la mano sul collo e pronunciamo le lettere Quali fanno vibrare le corde vocali? Gioco dell’astronave Proviamo a far scendere e salire i suoni (glissati vocali). Lo possiamo fare con tutti? Dirigiamo i movimenti dell’astronave. Tracciamo il percorso dell’astronave. Riproduciamo il percorso fatto leggendo le tracce lasciate.
Sperimentiamo più volte e in maniera continuativa ciascuno dei seguenti gruppi consonantici: 1 - P/T/CH/GH/ 2 - L/M/N/R 3 - F/S/SC(i)/C(i) Anche con le seguenti sillabe: PI – TI – CHI/CHI – TI – PI RO – MO – LO/RI – MI – NI SI(di Si lvia: sorda) – SI(sposi : sonora) – FO. 5
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Osserviamo le reazioni corporee, toccando il collo, la zona addominale, le guance. Prestiamo attenzione alla nostra lingua.
I suoni punto sono i fonemi occlusivi (p/t/k/b/d/gh) che vengono prodotti per la chiusura al passaggio dell’aria prodotta dalla lingua o dalle labbra. I suoni linea sono: le vocali evidentemente, africate (g/c) laterale (l) le nasali (m/n/gn), le vibranti ®, le fricative (v/s/z), che permettono il passaggio più o meno aperto dell’aria.
I suoni sordi: p/t/k/f/s/sc/z (t+z)/c (i) vengono prodotti senza l’utilizzo delle corde vocali e quindi non possono variare la loro altezza
Il 1° gruppo aumenta l’abilità articolatoria : il punto di occlusione si sposta dalle labbra (/p/ labiale), agli alveoli dentali con l’apice della lingua (/t/ apicale), al velo palatino con il dorso della lingua (/k/gh/ dorsale), il 2° gruppo sensibilizzano al fenomeno della risonanza il 3° gruppo sollecitano il diaframma
Cfr. S. Korn, L’uso della voce e l’educazione dell’orecchio musicale, Vol. I , L’articolazione e il parlato, Edizioni Amadeus, Mozzecane (VR) 1987.
Fonosimbolismo del linguaggio Oltre all’attivazione senso motoria che alcuni fonemi producono, si pensi ai fonemi che occorrono maggiormente nelle interiezioni degli adulti e a quelli ripetuti con più frequenza dai bimbi nel bubbling , i suoni del linguaggio sono essi stessi portatori di senso: <> 6 . Presentando le sagome utilizzate dallo psicologo della Gestalt Kohler e chiedendo ai soggetti quale delle due rappresentasse MALUMA e quale TAKETE, questi hanno motivato la loro scelta evidenziando il carattere “morbido ed arrotondato” dei suoni della prima parola (sonore liquide e nasali), che ben si poteva associare alle linee curve della prima figura, e quello “duro” dei suoni della seconda (occlusive) che rappresentavano meglio le linee spezzate dell’altra.
MALUMA
TAKETE
Dogana, nel suo Suono e senso, ha rintracciato nel linguaggio parlato tre tipologie di fonosimbolismo 7 , il cui utilizzo è facilmente riconoscibile in ambito poetico, e può diventare una preziosa risorsa didattica.
TIPOLOGIE DI SIMBOLISMO
Simbolismo ecoico (dell’onomatopea): il suono richiama caratteristiche uditive dell’evento rappresentato. Es. RiMBoMBo
Simbolismo Sinestesico: il suono evoca caratteristiche pertinenti ad altre modalità sensoriali Es. TaKeTe – MaLuMa
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POSSIBILITÀ DIDATTICHE Le tracce degli animali Immaginiamo quali tracce possono lasciare diversi animali sulla sabbia (es. l’elefante e la formica, il canguro e il serpente) scegliamo i suoni adatti per ridrodurle. Scriviamo e leggiamo le tracce lasciate. Sonorizziamo le storie 8 Durante la lettura i bambini riproducono le onomatopee ascoltate per creare l’ambientazione sonora del racconto. L’insegnante dovrà evidentemente enfatizzare, nella lettura, le onomatopee e i le parole che si prestano allo scopo. Filastrocca del mulino Cfr.paragrafo sull’orchestrazione L’inventa parole Ascoltiamo i suoni prodotti con oggetti, anche di uso comune, disegnamo un simbolo per ogni suono, inventiamo delle parole per ciascun simbolo. Come continuare Realizziamo una partitura di simboli ed eseguiamola
S. Lucchetti, Musica nella scuola d’infanzia: contributi metodologici per una pedagogia delle condotte musicali, p.50, CLEUP, Padova 2003. 7 Ibidem, p.51. 8 RIFERIMENTO AD ALTRO CAPITOLO
Mostri e fantasmi Inventiamo dei nomi mostruosi o fantasmagorici, magari richiamando oggetti o personaggi o situazioni che spaventano e disegnamone delle maschere. Come continuare Inventiamo nomi e aggettivi per piatti succulenti, per amici immaginari, per luoghi di vacanza fantastici, per personaggi divertenti o strani, per maschere, ecc.
Simbolismo fisiognomico: il suono evoca caratteristiche emotive e psicologiche Es. MaMMa
Dal parlato al canto Il gesto vocale Date le possibilità espressive del parlato, il tratto che lo distingue dal canto è molto breve. Come l’antica poesia epica, le narrazioni popolari e la cantillazione, anche il discorso retorico conosceva la portata delle inflessioni e dei gradi melodici della voce umana sulle emozioni dell’ascoltatore e lo jubilus cristiano, precursore di ciò che sarebbe diventato in seguito il Canto gregoriano, ne è una chiara testimonianza. Volendo analizzare infatti l’evoluzione della melodia occidentale, «tecnicamente non esiste soluzione di continuità tra lingua parlata e lingua cantata 9 ». Come trasformare in strategia didattica la vicinanza del parlato al canto? Innanzitutto, l’ascolto dei bambini è un ascolto del movimento e delle sue qualità fatto principalmente con il corpo attraverso il ‘gesto’. Il suono è per sé stesso segno di movimento <> 10 . E proprio una pallina birichina può costituire un utile dipositivo materiale, anche in un gioco di presentazione, per trasformare un gesto corporeo in gesto vocale parlato o cantato. Il gesto di ciascuno può diventare di volta in volta il gesto di tutti, così da rappresentare, come sostiene Monique Frapat, un’occasione di esperienza condivisa, raccolta e migliorata 11 .
Questa pallina biricchina vuole chiamare Marzia stamattina
Marzia
la chiama forte la chiama piano Marzia e le arriva nella mano. Questa pallina biricchina vuole saltare stamattina,
u salta in su, sù salta in giù, giù u ora la prendi proprio tu.
a)
Gioco del direttore
Con una pallina in mano il ‘direttore’ dirige i glissandi del gruppo muovendo la pallina.
b)
9
Ti lancio il nome
S. Corbin, La musica cristiana dalle origini al gregoriano, Milano 1987, p. 30. C. Renard, Il gesto musicale, Milano, Ricordi, 1987, p.70. 11 M. Frapat, l’invenzione musicale nella scuola d’infanzia, Junior, Bergamo 1994 10
Ogni bambino lancia la palla ad un compagno dicendo il suo nome e accompagna al gesto l’accento vocale, l’intensità, la durata del suono.
Le filastrocche Le parole hanno un proprio ritmo. Già nella poesia greca e latina la struttura metrica era determinata dalla composizione quantitativa delle sillabe, cioè dalla percezione delle sillabe lunghe e brevi all’i nterno delle parole Il testo parlato è caratterizzato sì da un ritmo libero, ma possiede anche una propria articolazione ritmica data dalla successione degli accenti delle parole e dalla strttura sintattica delle frasi, oltre che dall’articolazione impressa da chi parla.
Le filastrocche, in particolare, rappresetano una forma particolare di parlato in cui il ritmo è molto evidente perché le frasi sono solitamente isosillabiche, quindi della stessa lunghezza, con la presenza di rime che sottoloneano la chiusura delle frasi, e di assonanze, allitterazioni, onomatopee che ne enfatizzano la componente timbrica. E’ stato infatti verificato che ciò che colpisce maggiormente l’attenzione di un bambino nell’imitazione di un testo sia parlato che cantato è la ricchezza timbrica (SOUND) dei suoni del linguaggio (vocali e consonanti)12 . Per queste ragioni, le filastrocche costituiscono uno strumento insostituibile nel processo di apprendimento non solo musicale ma addirittura linguistico. Esse infatti stimolano le facoltà uditive ed orali che, in stretta relazione, sono deputate a distinguere, codificare e a riprodurre i fonemi, la loro altezza, la loro intensità, il timbro, la durata, la struttura ritmica e la loro intonazione. Un esempio: la filastrocca Ambarabà ciccì cocò ambarabà ciccì cocò tre civette sul comò che facevano l’amore con la figlia del dottore il dottore s’ammalò ambarabà ciccì cocò I versi sono tutti ottonari (alcuni tronchi altri piani), con 4 accenti principali, le rime sono baciate con distici alterni: AA BB AA. I suoni più ricorrenti ed efficaci sono la vocale /o/ aperta finale e l’alternanza della consonante /c/ dura (cocò) e dolce (ciccì), con parallelismi tra sillabe atone (cic-/co-) e toniche (-cì/-cò). La struttura è speculare (3 versi + 3 versi invertiti). La frase d’apertura e di chiusura sono nonsense come pure il suo conenuto. Dal punto di vista fonologico la filastrocca si presta per l’articolazione delle labbra (con le labiali /b/m/) e della lingua ( con la liquida /r/ come pure con la /c/ gutturale e palatale).
Dalla parola al ritmo … Per il compositore tedesco Carl Orff , fondamentale era l’utilizzo del parlato sia come fase propedeutica al canto, sia come strumento ritmico in sé, così che nel suo Schulwerk (insieme di brani e di esercizi attraverso i quali i bambini sviluppano il senso ritmico, imparano ad esprimersi musicalmente ed improvvisano con ritmi e suoni) ritroviamo ostinati ritmici a filastrocche tradizionali, canti, nonsense, realizzati con sillabe, parole, suoni onomatopeici, giochi vocalici e consonantici. Il suo metodo, infatti, è improntato sull’unione di gesto, musica e parola e su esercitazioni di musica elementare prodotta con uno strumentario meglio conosciuto oggi col nome di “strumentario Orff”, comprendente strumenti a percussione a suono indeterminato e determinato.
12
S. Lucchetti, Musica nella scuola dell’infanzia: contributi metodologici per una pedagogia delle condotte musicali, CLEUP, Padova 2003. p.45.
E proprio dal parlato può essere costruito un percorso graduale di educazione ritmica che sfrutta le potenzialità offerte dalla scansione sillabica di filastrocche per affrontare con gradualità le difficoltà implicate nell’esperienza di percezione/produzione/rappresentazione ritmica.
FILASTROCCHE RITMICHE Scandiamo la filastrocca battendo alternativamente le mani sulla coscia destra e sinistra (gesto suono su metro binario) per rafforzare la pulsazione Camminiamo la filastrocca Sul ritmo della filastrocca, accompagnati dalla scansione del tamburo Scansione interna (quindi muta) della filastrocca mentre camminiamo, sempre accompagnati dal tamburo Alternanza voce – strumento: un direttore alterna la scansione vocale della filastrocca alla scansione suonata dal tamburo.
IN UN COPPO IN UN COPPO POCO CUPO POCO PEPE PESTO CAPE
Visualizzazione scritta dell’alternanza: possiamo utilizzare dei simboli scelti dai bambini per identificare le sillabe suonate e quelle scandite con la voce (possono essere utilizzati dei cartoncini con riportate le sillabe, anche se i bambini non le sanno leggere, introdotte come semplice gioco di letto-scrittura) Ai simboli scelti per il suono del tamburo possiamo associare la figura ritmica corrispondente: la semiminima q TA Come proseguire con altri giochi di letto-scrittura Distribuiamo ad un gruppo di bambini disposti uno di fianco all’altro, pari al numero di sillabe della filastrocca, i cartoncini che riportano da un lato la sillaba, dall’altro la figura q . Si chiede loro di esporre verso il resto del gruppo schierato di fronte, quale lato del cartoncino ciascuno vuole far riprodurre ai compagni e quindi si inizia l’esecuzione che risulterà un alternanza di sillabe e di battiti di mano o di tamburo. Distribuiamo i cartoncini a terra di fronte ad altrettanti bambini con la consegna di scandire la sillaba riportata quando viene calpestata: il resto del gruppo si disporrà in fila all’attacco della filastrocca e uno alla volta la ‘camminerà’ la stessa, scegliendo se calpestare in ordine tutte le sillabe o saltandone qualcuna, se andare avanti o tornare indietro, in una sorta di pastice sillabico. Questa idea si può sviluppare anche a canone, acendo partire i bambini ongi quattro pulsazioni.
DIN E DAN DIN E DAN FI’ D’UN CAN FI’ D’UN GATT TI XE MATT
La filastroca presenta due figurazioni:
q
ee
Dopo una prima scansione della filastrocca sempre alternando il battito delle cosce sulla paulsazione come nella filastrocca precedente, possiamo dividere i bambini in due gruppi, per i quali scegliamo due gesti-suono differenti (esempio mani per ti-ti e piedi per ta ) e il diretor fa scandire le sillabe corrispondenti a ciascun gruppo. Al termine si può visualizzare l’esecuzione distinguendo i due piani ritmici.
Pensavo di inserire immagine esemplificative
…
all’orchestrazione 2) Ciccio cena
Ciccio cena con la ciccia E più cena più pasticcia Si cibasse invece a ceci e ciucciasse con la bocca non farebbe più pasticci questo Ciccio degli impicci.
3) Canta il mulino Canta il mulino l’eterna canzone Gran grano gran gran Grano grano gran Crusca farina frumento granone Gran grano gran gran grano grano gran.
4) Ambarabà ambarabà cicci cocò tre civette sul comò che facevano l’amore conla figlia del dottore il dottore s’ammalò ambarabà ciccì cocò
Canto e sviluppo del concetto di altezza Gli studi sulla percezione infantile hanno dimostrato che un bambino riesce a riprodurre un canto, appartenente al contesto musicale a lui famigliare, in modo sufficientemente accurato verso i 5 anni. L’apprendimento e la riproduzione corretta di un canto, infatti, presuppone l’acquisizione del testo, della sua struttura ritmica, e del suo sviluppo intervallare (le note su cui si sviluppa e la relazione tra esse) Verso i 3 anni, i bambini riescono mediamente a riprodurre, seppur con approssimazione, la struttura ritmica grazie alla sequenza di accenti del testo, mentre rimane assai imprecisa l’imitazione delle altezze, limitata al profilo melodico. Si già accennato alla percezione di tipo globale che caratterizza il bambino in questa fase, per la quale grande rilevanza riveste il timbro tanto che Teplov parla di una percezione timbrale dell’altezza: se vi è una sufficiente distanza tra i suoni, il bambino li percepisce e li classifica per sinsestesia con categorie timbrali: quelli acuti come suoni chiari e leggeri, mentre quelli gravi, scuri e pesanti. Per poter percepire, e conseguentemente riprodurre, suoni ad altezze diverse è necessario che: sia attivata una sensazione di movimento ascendente o discendente a seconda del movimento melodico; la distanza tra due suoni sia percepita come intervallo, cioè come relazione tra essi (si pensi ad una scala e alle distanze tra i suoi gradini) indipendentemente dalle modificazioni timbriche o di intensità; sarà poi il contesto musicale in cui vive, attraverso l’ascolto e la stimolazione alla produzione, a familiarizzare il bambino con le strutture tonali del proprio sistema musicale di riferimento. Col procedere dell’età si affinano le strategie percettive e di memorizzazione degli intervalli e a 6 anni un bambino riesce a padroneggiare l’ambito tonale, cioè le relazioni esistenti tra i vari gradi della scala. A livello didattico diventa perciò indispensabile rinforzare con attività di movimento , di autopercezione e di rinforzo visivo, la produzione vocale. Svilup po del concetto di altezza 13 13
Obiettivi
Cfr. S. Lucchetti, op. cit., p.69
Strategie didattiche
Percezione timbrale dell’altezza
Differenziare l’altezza dal timbro Opposizioni timbriche
Movimento melodico in uno spazio tonale: i glissati
Attribuzione di una direzione al suono
Relazione tra suoni: gli intervalli
Interpretare animali scelti per categorie qualitative e quantitative ‘opposte’ (elefanti/uccellini – orsi/lucciole – mucche/pulcini-ecc.): con due strumenti di timbro qualitativo opposto (es. tamburo – triangolo);
Opposizioni di registro
con due registri diversi sullo stesso strumento (pianoforte, xilofono o metallofono soprano e basso,
Percezione delle tensioni propriopercettive legate alla produzione vocale di glissati
Tocchiamoci la voce: toccando il collo percepire la tensione e i movimenti della laringe mentre si imita l’ambulanza, oppure un missile in caduta, ecc.
Con il corpo utilizzando come dispositivo la voce oppure il flauto a coulisse.
Gioco del palloncino che diventa sempre più piccolo e si sgonfia quando il glissato è discendente, quando è ascendente si gonfia e sale. Da fare da soli (in piedi e a terra), in cerchio (si chiude e si apre); oppure con un palloncino in mano che si alza e si abbassa.
Con il segno per creare una relazione suono/segno che rinforza la percezione.
Gioco dell’ascensore: con il corpo si segue il movimento discendente o ascendente dello stimolo sonoro Disegnare il movimento dell’ascensore o del palloncino o di qualche altro dispositivo ed eseguire la traccia lasciata:
Suono fermo Suono sale Suono scende
Relazione tra suoni: gli intervalli
Acquisizione di schemi scalari e relazioni intervallari stabili
Percezione della relazione tra suoni ad altezza determinat
Gioco: Testa-pancia-piedi Scegliamo prima 2 poi 3 piastre sonore distanti tra loro (DO-DO’/DO-SOL-DO’ oppure DO-MISOL com bambini ai 6-7 anni) e associamo il suono grave ai piedi, il suono acuto alla testa, il suono medio alla pancia. L’insegnante propone e gli alunni toccano la parte del corpo corrispondente, ripetendo anche il suono ascoltato. Inoltre è possibile fissare graficamente l’altezza del suono su una ‘partitura’ come questa:
DO1
SOL DO
Capacità di intonare la melodia
Controllo motorio dell’intonazione
Canto
Successivamente i suoni possono essere chiamati dal direttore con l’uso di gesti concordati. Di seguito vengono elencati quelli proposti
convenzionalmente da Kodaly per tutti i gradi della scala.
Come insegnare un canto ai bambini? I bambini tra i tre e i cinque anni hanno un’estensione vocale che va indicativamente dal RE al LA sul rigo, un adulto invece ha un’estensione molto più ampia, soprattutto nella zona grave, specie per la voce parlata. Per evitare di far usare la voce in modo forzato e scorretto ai bambini, e per mantenere in salute la propria voce, evitando così la possibilità di vedere insorgere noduli o difonie vocali, è dunque necessario che gli adulti utilizzino il registro di testa e propongano canti con un range vocale adatto. Può essere utile, almeno inizialmente, proporre canti che comincino con suoni acuti e si sviluppino con un andamento discendente così da attaccare il suono già dal registro di testa. E’ evidente come le molteplici componenti fisiologiche che entrano in gioco nell’atto vocale debbano integrarsi in un mirabile equilibrio dinamico che richiede, per un corretto funzionamento, l’eutonia psico-fisica del soggetto. Diventa importante dunque curare non solo la tecnica vocale ma anche il contesto in cui si usa la voce sia nel parlato sia nel canto e soprattutto l’immagine vocale che intendiamo dare di noi stessi nell’atto comunicativo. Innanzitutto è necessario riequilibrare i volumi sonori con un’attenzione agli ambienti in cui si agisce (meglio se sonorizzati, non troppo ampi, cercando di eliminare i rumori di fondo); con la cura del nostro tono muscolare complessivo, con il quale imprimiamo l’energia dell’emissione vocale da cui deriva la frequenza più alta e l’intensità maggiore ma che caratterizza anche il timbro, più penetrante, duro e freddo, la respirazione, più rapida e superficiale, l’espressione del viso, la gestualità e la postura, più contratte e meno accoglienti. La voce risulta così <> 14 . L’acquisizione di strategie altre rispetto al ‘tono alto’ con cui parlare per ottenere l’attenzione diventa quindi una risorsa non solo per mantenere sana la nostra voce ma anche per migliorare le risposte affettive e cognitive dei bambini: si possono valorizzare le pause, il timbro, la modulazione del tono, cioè le potenzialità espressive della voce da un lato e la gestualità, la mimica facciale, la postura, quindi il linguaggio non verbale dall’altro, ricordandosi prima di tutto di … respirare! −
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Un canto in 7 tappe. E’ difficile dare delle indicazioni precise per l’insegnamento/apprendimento di un canto a scuola in quanto questo dipende dalla tipologia del canto, dal suo grado di difficoltà, dall’obbiettivo che si vuole raggiungere con esso: se si tratta di un canto gioco è bene introdurlo gradualmente ma come un gioco e quindi prestando attenzione alla chiarezza con cui si presentano le “regole” del gioco, se invece si tratta di un canto danzato dobbiamo valutare se è preferibile introdurre prima le figure e i passi della danza, mentre l’insegnante cantilla la melodia o la canta direttamente, o se è più utile insegnare il canto, o ancora insegnare la frase musicale accompagnata dai gesti. Un percorso possibile per l’insegnamento di un canto di media difficoltà senza gesti suono o figure coreografiche può seguire la seguente sequenza. 1. Contestualizzazione del canto, tanto più se i bambini sono piccoli. 2. Presentazione del canto completo (se non troppo lungo) altrimenti di una o due strofe, lasciando immaginare cosà succederà nelle successive, se si tratta di un canto narrativo. 3. Scansione ritmica del testo, che enfaitizzi gli elementi timbrici, prosodici, quasi ad anticipare il profilo melodico, e ritmici (con lo stesso ritmo che poi avrà il testo cantato) accompagnata da un semplice gesto suono che mantenga la pulsazione (es. battito alternato delle mani sulle cosce), suddividendolo in frasi o semifrasi a seconda della loro durata. I bambini apprendono per imitazione (l’insegnante può aiutarsi con due gesti differenti per indicare il momento in cui propone la frase e quello in cui i bambini dovrebbero ripeterla, in modo da non creare pause tra i due, mantenendo così l’attenzione e la concentrazione del gruppo).
14
M Geronimi, Il bambino tra i suoni, Ricordi, Milano 1987.
4. Apprendimento del canto per imitazione, riutilizzando la suddivisione in frasi e semifrasi come nella scansione del testo, i gesti di alternanza io-tutti, e un rinforzo di tipo visivo (chironomia, vedi par. precedente) 5. Memorizzazione e rinforzo utilizzando il gioco dell’interruttoree: acceso-canto collettivo/spento-canto interiore. L’insegnante ascolta l’esecuzione e ripete le parti poco chiare. 6. Memorizzazione e rinforzo individuale: in cerchio, l’insegnante sceglie un bambino per cantare con lui una frase della canzone, mentre percorrono insieme il cerchio camminando sulla sua scansione ritmica, al termine della frase il bambino prende il posto del compagno davanti al quale è arrivato, che continuerà il canto e il giro al suo posto. 7. Esecuzione completa del canto, anche alternata a gruppi per favorire l’ascolto.
Risultano sicuramente più semplici ed efficaci i canti-gioco scanditi da movimenti la cui coordinazione inizialmente potrebbe dare l’idea di maggior complessità, ma che in breve tempo si rivela un rinforzo alla memorizzazione del canto. L’integrazione di diverse modalità sensoriali e la dimensione cinestesica, tipiche dell’apprendimento percettivo-motorio delle culture orali diventa così una strategia molto efficace per l’educazione al canto, così come avevano già evidenziato Orff e Kodaly nelle metodologie da loro sperimentate. La scelta del repertorio E’ stato più volte posta in evidenza la necessità di dare al bambino la possibilità di sperimentare il proprio mezzo vocale, diventando primo artefice della propria crescita vocale. Ecco l’importanza non solo di proporre materiale da riprodurre per imitazione ma soprattutto di ampliare le possibilità espressive del bambino. Andrà perciò valorizzata la produzione originale di giochi di parole, di rime, di melodie, di canzoni originali. Anche nelle Indicazioni 15 si fa specifico riferimento all’uso di diverse tipologie di espressioni vocali (parlato, declamato, canto, recitazione, ecc.), giochi vocali individuali e di gruppo, filastrocche, non-sense, proverbi, favole, racconti; si invita ad utilizzare la voce a partire da stimoli musicali, motori, ambientali e naturali per espressioni parlate, recitate e cantate, anche riproducendo e improvvisando suoni e rumori del paesaggio sonoro; si suggerisce di eseguire per imitazione semplici canti e brani, individualmente e/o in gruppo, accompagnandosi con oggetti di uso comune e coi diversi suoni che il corpo può produrre , fino all’utilizzo dello strumentario didattico, collegandosi alla gestualità e al movimento di tutto il corpo.
Contemporaneamente si deve poter disporre di un materiale musicale ricco e articolato, ma rispettoso delle fasi di sviluppo vocale e cognitivo del bambino stesso, che stimolino l’educazione dell’orecchio, la fonazione, sia nell’articolazione che nell’intonazione dei suoni, e che si prestino ad essere motivanti e gratificanti sul piano affettivo come, ad esempio, i giochi motori e le filastrocche. A questo fine risulta molto efficace il repertorio tradizionale, italiano e straniero, in quanto già opportunamente selezionato dalla cultura musicale di provenienza: un patrimonio indiscutibile di apprendimenti valoriali, sociali oltre che motori, linguistici, percettivi e musicali. Nell’analisi fatta in precedenza sono stati evidenziati i caratteri peculiari di questo materiale: testi brevi, ripetitivi, scanditi e chiari sia dal punto di vista fonologico che ritmico; presenza di rime, assonanze, allitterazioni, onomatopee, nonsense, con grande pregnanza timbrica; temi vicini al vissuto del bambino; associabili a gesti che li accompagnano; la linea melodica si muove solitamente per gradi congiunti con un’estensione vocale adatta allo sviluppo vocale e percettivo dei bambini; rispondono al piacere del gioco, sia esso motorio, simbolico o di regole. • •
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Tra i sostenitori dell’utilizzo del repertorio popolare nell’educazione della voce, oltre al già citato Carl Orff, dobbiamo annoverare certamente Zoltan Kodaly, compositore e ricercatore del repertorio popolare ungherese, per il quale il canto rappresentava il modo più diretto e immediato per vivere e comprendere la musica. Per Kodaly in sintesi era fondamentale: 15
Cfr. Musica nella Indicazioni Nazionali, Scuola Primaria.
attingere al repertorio tradizionale del proprio paese; proporre in modo graduale canti che contengano intervalli via via più ampi; cantare a più voci, senza il supporto del pianoforte o di altri strumenti, per educare l’orecchio ad una buona intonazione; utilizzare la solmisazione 16 per avvicinare i discenti alla lettura della musica. In Italia questi principi sono stati raccolti e diffusi da Roberto Goitre che ha riadattato il repertorio didattico Kodalyano, su scala pentatonica 17 tipica delle melodie ungheresi, introducendo canti su base tonale e attingendo alla tradizione italiana.
Quali canti? I canti possono accompagnare diversi momenti della giornata a scuola e altrove, diverse occasioni legate a particolare festività e ricorrenze, con altrettanteo diversificate funzioni (canzoni per divertirsi, per piangere, per salutare, per lavorare, per imparare, per giocare, ecc.), l’importante è scegliere materiali eterogenei, vicini alle possibilità e al vissuto del bambino, ma nel contempo interessanti dal punto di vista relazionale, percettivo, linguistico, motorio e musicale . La scelta qui proposta vuole sottolineare le possibilità didattiche di un canto rispetto alla fua forma: Forma responsoriale solo-tutti: Il musicista di Forlì
16 La
solmisazone è un metodo per l’apprendimento del canto che risale a Guido d’Arezzo. Regola fondamentale del sistema, chiamato anche del do-mobile, è quella di prescindere dall'altezza assoluta dei suoni per interessarsi esclusivamente ai rapporti costituiti dagli intervalli di grado congiunto, che sono di tono o semitono; a tal punto è sufficiente studiare una sola scala in quanto tutte le altre partirebbero dalla stessa nota che è il do. 17 Cfr. R. Goitre, Cantar Leggendo, Suvini Zerboni, Milano 1972 e G. Mangione, La riscoperta della musica attraverso il metodo Kodaly , Acquafresca, Firenze 1981.
Il canto, di origine italiana, presenta un’alternanza solo-tutti che ben si presta a giochi imitativi per la melodia, per il testo e anche per un possibile accompagnamento con strumenti a piccola percussione intonati e non. L’insegnante propone (io sono…. e vengo da ………/ io mi chiamo …. e vengo da ……. – tu ti chiami … e vieni da ….) e i bambini ripetono. Forma antifonale con ostinati: funga alafia Il canto di benvenuto, di origine centr’africana, si struttura su una frase di 4 battute(:funga alafia asce asce:) che può essere proposta dal I coro e ripetuta dal II coro. L’alternanza dei due cori può arricchire l’esecuzione del canto con l’aggiunta di ostinati ritmici e melodici più o meno semplici che potrebbero essere inventati dagli stessi bambni.
Canone: ciao hallo
La melodia del canone, di tradizione orale, presenta tre frasi ben distinte A (batt.1-4) B (batt. 5-8); C (batt. 9-12) e facilmente riconoscibili. L’impianto armonico e la struttura ritmica permette di acompagnarla con ostinati ritmici e bordoni sul I e sul V grado della scala, e di cosruire su essa una semplice coreografia con mitazioni gestuali.
Produzione: inventare canzoni Abbiamo visto che nelle Indicazioni Nazionali come pure nei Programmi Mnisteriali del 1985 grande rilevanza viene data all’atto creativo anche in musica, per il quale la voce riveste un ruolo fondamentale, soprattutto nell’approccio iniziale. Tra le varie possibilità18 di seguito ne sono indicate alcune molto efficaci nella fascia d’età presa in esame. Dillo cantando Come rilevato dall’analisi delle produzioni vocali in età infantile, un bambino sa inventare melodie anche se il senso tonale appare acquisito completamente solo verso i 10 anni 19 . Un pratica di canto che stimola il bambino a confrontarsi con il tessuto armonico utilizzando non solo canti monodici ma anche l’accompagnamento armonico20 con ostinati realizzati con la voce, le piastre sonore, metallofoni o xilofoni, opportunamente arrangiati e magari utilizzati dai bambini stessi oppure con strumenti armonici quali la chitarra e il pianoforte, può risultare utile per educare l’orecchio tonale. Le strategie didattiche possono essere diverse: dillo cantanto: chiedere ai bambini di ripetere il proprio nome o brevi frasi modulandole col canto; E tu come ti chiami 21 (ora è tempo di mangiar, e il menù indovinar) marco cosa vuoi mangiar …… pastasciutta al sugo) esempi giochi vocali di domanda e risposta in cui completare melodie; Cambia parole Anche la trasformazione di un testo di un canzone data può rappresentare un gioco divertente e utile per manipolare gli elementi metrici e prosodici del linguaggio, nel rispetto della scansione ritmica della melodia.
Musica e lingua La musica è frequentamente utilizzata nei supporti didattici per l’apprendimento della seconda lingua, ed in effetti si trovano numerosi riscontri in ambito scientifico che confermano l’efficacia della musica per l’apprendimento linguistico, facendo riferimento in particolar modo al potere della musica di creare un clima positivo nella classe e di rilassare il discente così da ottimizzarne le capacità attentive e ricettive. Inoltre le attività accompagnate dalla musica, come ad esempio la presentazione di testi o giochi cantati, non stancano, risultano meno noise, anche se ripetute più volte, con il conseguente rinforzo degli apprendimenti. In particolare, riferendosi alla teoria innatista del linguista Krashen, che considera fondamentale l’imput , cioè la chiarezza del significante, e la componente affettiva nell’apprendimento, le canzoni narrative, magari rappresentate con immagini o con gesti, favoriscono l’apprendimento di nuovi vocaboli e motivano gli studenti rispondendo ai loro bisogni di gratificazione e di un vissuto emotivo positivo. Se invece prendiamo come riferimento la teoria delle intelligenze multiple di Gardner 22 , il linguaggio musicale può contribuire all’apprendimento linguistico perché usa un’intelligenza alternativa a quella linguistica e quindi può avvalersi di strategie e di percorsi efficaci anche per alunni che non sono eccellenti in quest’ultima. Anche gli studi di psicologia confermano che la musica, e soprattutto il ritmo, contribuiscono efficacemente alla memorizzazione, e si suppone all’apprendimento linguistico, anche se in verità mancano studi specifici mirati. In partcolare la musica, stimolando soprattutto l’attività di ascolto 23 , ci riporta ai meccanismi di apprendimento della cultura orale dove l’uomo è essenzialmente uditivo. Anche un bambino che ancora non conosce la 18
Cfr.F. Cappelli, M I. Tosto, Geometrie vocali, Ricordi, Milano 1993 Gli studi di psicologia della musica (cfr. Imberty) hanno rilevato che nel processo di ascolto il bambino in età presclastica non riesce a focalizzare la sua attenzione sia sulla figura (melodia) che sullo sfondo (accompagnamento), il quale non viene preso apparentemente in considerazione nel momento della produzione, per cui il bambino si concentra sull’andamento melodico (prospettiva orizzontale/ contour scheme) senza considerare le relazioni delle note tra loro, ossia nel loro rapporto con l’impianto armonico (propsettiva verticale). 20 Per accompagnamento armonico si intende una serie di suoni eseguiti simultaneamente (accordo) o in successione (arpeggio) 21 Cfr. Stfania Lucchetti, op. Cit. 22 Secondo Howard Gardner, esistono ottto distinte intelligenze: musicale, spaziale, logica, linguistica 19
(verbale), logico-matematica, fisico-cinestetica (il movimento), sociale (interpersonale e intrapersonale) e naturalistica. 23 Cfr.
gli studi di A. Tomatis, per il quale la musica“non è una semplice fantasia, un messaggio
riservato a un’élite, il frutto di una cultura. È una necessità. Favorisce la cristallizzazione delle diverse strutture funzionali del sistema nervoso. Facilita
lettura e la scrittura << è un individuo che agisce e apprende mediante meccanismi analoghi a quelli che regolano la cultura orale>> 24 quindi si può affermare che la musica favorisca la percezione e la riproduzione delle caratteristiche ritmiche della lingua; la percezione e la riproduzione delle caratteristiche melodiche della lingua da apprendere (intonazioni ascendenti e discendenti, tonalità per lingue sonore); la percezione e la riproduzione delle differenze nella pronuncia dei fonemi linguistici; la percezione e la riproduzione della componente affettiva della lingua da apprendere; un piacere estetico nei confronti della lingua da apprendere; la memorizzazione di vocaboli e delle strutture linguistiche; l’appropriazione di situazioni linguistiche quotidiane, sottoforma di drammatizzazioni e di giochi cantati; un trattamento della lingua di tipo ludico. I canti e le filastrocche, da un lato fanno leva sulla motivazione per la gratificazione e il coinvolgimento emozionale che dà la loro esecuzione in gruppo, magari accompagnati da strumenti o da azioni mimico-gestuali, dall’altro essendo strutture chiaramente segmentate si riescono a memorizzare più facilmente 25 , anche a lungo termine, anche a perché utilizzano più sistemi di segmentazione e più circuiti associativi (componente fonologica, ritmica, melodica, semantica, gestuale). − − − − − − − − − − − − −
Con la voce si può … Esplorare le componenti e i meccanismi della fonazione: la respirazione, l’emissione vocale, l’articolazione dei suoni; Favorire la percezione fisica del suono scoprendo vocali e consonanti: funzione logopedica dell’educazione alla voce esplorare e sperimentare le potenzialità espressive della voce, sia essa parlata, recitata o cantata; scoprire il rapporto tra canto, corpo e movimento: funzione fisiotonica del canto favorire l’apprendimento della lingua veicolare e della seconda lingua; riprodurre suoni per sonorizzare storie, per creare ambienti sonori, per costruire azioni sceniche; giocare utilizzando i parametri: altezza, durata, intensità, t imbro; eseguire e accompagnare con ostinati vocali filastrocche e canti; operare in modo creativo con il materiale musicale; costruire un percorso propedeutico all’alfabetizzazione ritmica; imparare ad intonare i suoni con l’uso della notazione; fare esperienze artistiche individuali e di gruppo attraverso il canto, affinando il proprio gusto estetico;
la produzione di energia legata agli stimoli di cui il cervello ha bisogno per pensare. Apre il cammino che porta alla voce cantata e all’espressione corporea. Esiste prima del linguaggio stesso...; si prende in carica il corpo nella sua totalità al fine di modellarlo in un’architettura verbalizzante. È dalla musica che nascono i ritmi e le intonazioni inerenti il processo della formazione delle lingue” 24
E. Maule - S. Cavagnoli - S. Lucchetti, Musica e apprenidmento linguistico, Quaderni operativi n.18 coll.dell’Istituto pedaggico provincale di Bolzano, ed. Junior, Bergamo 2005, p.27
25 La
nostra memoria non si espande utlizzando zone cerebrali di maggior estensione ma organizzando i dati da memorizzare in modo più strutturato, cioè riducendo la complessità delle strutture percepite: ad esempio se dobbiamo ricordare un numero telefonico (743529) risulta più facile ricordarlo accorpando le singole cifre in due blocchi (743-529). In ambito linguistico e musicale la strutturazione ritmica di un testo, ad esempio, ne favorisce notevomente la memorizzazione. Cfr. Gfeller, K. (1983). Musical mnemonics as an aid to retention with normal and learning disabled students. Journal of Music Therapy, 20(4), 179-189.
favorire l’instaurarsi di un clima positivo nel gruppo classe, condizione preliminare all’apprendimento; sollecitare nuove esperienze che migliorino la percezione di sé e degli altri; maturare progressivamente la capacità di ascolto, di concentrazione e interazione; BIBLIOGRAFIA AA.VV., Pedagogia e didattica della voce e del canto nell’educazione musicale di base (atti del convegno), Ass. corale goriziana “C.A.Seghizzi”, Gorizia, 1991 Cappelli F. - Tosto M.I., Geometrie vocali , Ricordi, Milano 1993. Deriu R., Giocare la voce , in Scoprire la musica , a cura di Delfrati Tafuri, Ricordi, Milano 1991. Goitre R. – Seritti E., Canti per giocare , Suvini Zerboni, Milano, 1980. Gosso E. - Abbà G., Finalmente musica , Suvini Zerboni, Milano, 1987. Imberty M., Acculturazione tonale e strutturazione del tempo nel bambino, in Didattica della muica e percezione musicale , a cura di J. Tafuri, Zanichelli, Bologna 1988. Korn S., Un due tre, Vallisa – Cooperativa Logos, Trento, 1996. Piatti M, Filastroccantando, Nicola Milano, 1992 Piazza G., Orff-schulwerk, Suvini Zerboni, Milano, 1979. Renard C., Il gesto musicale , Milano, Ricordi, 1987 Rohmert G., Il cantante in cammino verso il suono, Diastema, Treviso, 1995. Staccioli G. – Schmidt R., E’ arrivato l’ambasciatore , Ist. Geogr. De Agostini, Novara, 1985. Tomatis A., L’orecchio e la voce , Baldini&Castoldi, Milano 1993 Ubaldi G., Cantintondo, Carrara, Bergamo, 1995. Valenti B.L., La vocalità infantile , Ricordi, Milano 1896. Welch Graham F., Come i bambini imparano ad essere intonati , in Psicologia genetica della musica , a cura di J. Tafuri, Bulzoni, Roma 1991. Willems E., L’orecchio musicale , Zanibon, Padova 1977. Zucchini G., Il suono, il silenzio, la musica , Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1990