DIVUS THO/vtAS
54 |;ffi3',:3;:'il:'"' La pregh tera come tecnica IJna prospett Lva orient ale CoNrnrsurr
L.Patrtzi- M. Petrone -
F.
Chiabotti
- A. F. Ambrosio - R. Vimercati Sanseveríno F, De Renzi - M. Loubet - A. Grossato
G. Cecere
€sD Edizioni Studio Domenicano
SOMMARIO Introduzione di Alsrnro Faero AN4snoslo
op e Grusnppc
CBcnnB
....p.11
Luce Pernrzr
Tiasmissione iniziatíca e regole dell'invocazione (dhikr) ...................p.L7 secondo 'Abd al-Wahhàb al-Sha'rànî 20 - Tîasmissione dell'invocazione: talqîn al-dhikr 23 - L investitura iniziatíca: labisa al-khirqa 28 - Le regole delf invocazione: îdîb al-dhikr 42 - Conclusione Mrcsnrr PnrRoNs Il Rosario nell'Islam e la preghiera come numero .................p. 44 47 - II Rosario e gli orientalisti 59 - Dalla dottrina alla pratica FneNcnsco CnIasorrr
Dottrina, pratica ercalizzazione dei nomi divini nell'opera di'Abd al-Karîm al-Qushayrî (37 6-465 956-1072) .... p. 66 66 - Introduzione 66 - L'autore e la tematica 69 - Conoscenza e creazione 72 - La dottrina del nome nel Corano 78 - La rcalizzazione del Nome 78 - II processo di , diaina (otakhalluqr) 82 - I liaelli dell'interpretazione 83 - La relazione di dipendenza (tahlluq), 1
caratterizzazione (>), realizzazione
87
-
90
- Conclusioni
Una lettura parallela della : i nomi diaini e il cammino spirituale
(
"taha74uq"
)
8
9
GrusrppE CrcEnE
Maestro nelle due scienze: Ibn'Atà'Aileh al-Iskandarî e le forme della preghiera 98 - Il dhikr nel "Miftnh al-Fslîh": una nozione plurale 100 - Linvocazione e l'unità dell'essere 103 - Il dhikr e la Legge 104 - Le forme della preghiera nel Tàj al-'aríis 106 - Il dhikr corne pratica universale 110 - La dimensione comunitaria 113 - La valorizzazione della preghiera canonica 116 - Monoteismo e onestà intellettuale
FsosRrco Ds ReNzr 94
: centro dell'anima dei dervisci .............. p.
p.I52
MrRnrlls Lousnr La notion de prière dans le Kuzari de fuda
Hallévi (c.lO75-1141):
<>
........ p.IB7 - La conception de la prière 190 - Des sacrifices aux prières 194 - La présentation du rituel de la 'nmidah dans le Kuznri 206 - Uhéritage légué par le Kuzari
188
ArnEnro Fenro AMsRosro
Il
Un esempio di teocrazia islamica in Asia centrale. I KhOja del Turkestan orientale (1678-1759) ............
118
- Storia e simboli di una confraternita mistica 122 - Il,,castello di Dio>: uno spazio per il sufi \27 - Lo zikr mevlevi mistica dell'unità 135 - Conclusione: una cultura dell'unità 118
207
- Abréviations bibliques
ATESSaNoRo GRossaro
Dottrina e metodo del japa nelle vie realizzative indù 208 - I1 mondo come suono 212 - Ritmo e ripetizione
...... p. 208
Rucceno VnanRceu SarusnvrRrNo La visite des saints conune pratique initiatique selon "La consolation des àmes" de Muhammad Ibn |a'far Ibn
Idrîs al-Kattînî
(m.134511926)
p.I37 - "Ne pense pas que ceux qui ont été tués dans le sentier de Dieu, soient morts. Au contraire, ils sont vivants, auprès de leur Seigneur [...]". Le saint et la mort 740 - Fiqh al-ziyàrn - La question du statut légale de la visite 143 - Prise de conscience, purification et illumination Les bénéfices de la visite 145 "En vérité, c'est le Prophète qu'on visite" Comment visiter la tombe d'un saint 150 - Bibliographie sélective 139
lin
.t
E
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TRASMIS SIONE INIZIATICA REGOTE DELUINVOCAZIONE (DHII(R)
SECONDO'ABD AL'WAHHÀB AL.SHA,RÀNÎ Luca Perruzt
Nella letteratura del Sufismo non sono molto numerose le pagine dedicate alla descrizione della pratica dello dhikr,l'invocazione tramite formule e nomi di Dior. Le più antiche si possono trovare
nell'opera di'Abd al-Karîm al-Qushayrî (m. 107a), nella Wasiyya Ii-I-murîdîn, capitolo conclusivo della Risîlî2, e soprattutto nel Tnr tîb al-sulúk3 .- Successivarnente, possiamo trovare alcune descrizioni nei testi kubrawî, daI Fawà'ih al-jamîl wa farnàtih al-ialîl di t'
Luca Pafrizi, nato nel 1976,ha conseguito la Laurea triennale in Lingua e Letteratura Araba presso l'università di Torino, e la Laurea specialistica "Master Recherche Mondes Arabes, Musulmanes et Sémitiques" presso l'Université de Provence Aix-Marseille I. Sta redigendo una tesi di Dottorato incentrata sulla letteratura tecnica del Sufismo in cotutela tra l'Istituto Orientale di Napoli e l'université de Provence Aix-Marseille I. Formato alla biblioteconomia del testo arabo, collabola con biblioteche francesi e italiane alla gestione di alcuni fondi' I Sullo dhikr vedi A. Scannnsl,ll Sufismo. Storia e dottrina, Catocci,2007' pp. 151-155, e L. Gerunt, Dhikr, Encyclopaedia of Islam, Second Edition. 2 'Avo ar-Kanîna al-Qusuavnî, AI-risîIa al-qushayriyya f ilm al-tasawwuf, 3
a cura di'Abd al-Halîm Mahmùd, Dàr al-khayr, Damasco 2003. F. MEIB& eushayrî's Tartîb as-sulîtk, in Essays on islamic piety and mysticism,
Brill, t999, pp. 93-133.
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L. Perntzt
Najm al-Dîn al-Kubrà (rn.1221)a, al Mirsîd al-'ibÓd min al-mabdn' ilî-F ma"àd di Najm-i Ràzî (m. 1256)s e, più tardi, sulla stessa linea, nei testi di 'A1à-al-Dawla al-Simnànî (m. 1336)6. Ttrttavia la letteratura tecnica dei "manuali" del Sufismo si è arricchita con il passare del tempo di descrizioni sempre più dettagliate delle differenti pratiche spirituali. Il primo testo nel quale trova sp,azio un esporsjzione teoricà e pratica-dello dhikr abbistanza completa è 1l Mift1h-n|-falàh wa misbfrh al-arwîh di Ibn Ata'Allàh al-Iskandarî (m. 1309)7: in esso si possono trovare citazioni testuali dal Faw6'ih al-jamal di \ajn1 al-Dîn àl-K.rbrà, senza indicazione della fonte, constatazione che ha condotto alcuni studiosi, tra i quali, per primo, Fritz Meiel, ad affermare che questo testo non può essere àttribuito al maestro- egiziano, la cui originalità dottrinale non contemplerebbe I'uttlizzo di materiale proveÀiente da ulìa fonte che non fosse la sua8. Lo stesso problema si pone con un testo molto importante nella storia della letteratula tecnica del Sufismo, nl-Anwàr nl-qudsiyyn f mn'rifa îdàb al-sîtfiyyae di Najm ad-dîn al-I(ubrî, wiesbaden 1957; Nalrr,r Ro-oîN al-Kunn-A., Les éclosions de la benuté et les parfums de la majesté, traduit de l'arabe et présenté par Paul Ballanfat, Éditiotts de t'Écht, 2001. un'altra descrizione antica di un metodo di invocazione sembrerebbe risalire a 'Abd al-Khàliq al-Ghujduwànî (m' 1220), che la riporta dal suo maestro Yùsuf al-Hamadanî (m. 11'40); cf. F. MEIEn, Die Fnwî'ilt, p' 203; Nelrvr ao-oîrq eL-KueRA, Les éclosions de labeauté, p' 69 nota 52' 5 Nalr"r er-oîN RÀzr, The Path of God's Bondsmen: From Origin to Return, transtated by H. Algar, Caravan Books, 1982. u cf . . . Et rlls, The Throne Carrier of God: The Lífe nnd Thought of 'Alî' ad-dazula ! J ns-Simndnî, State University of New York Press, 1995. 7 IsN Ar.A.' Ar-r-Au ,qL-IsKANpanî, MiftAh nl-falîh wa misbíih al-aru:îh (The Key to Salastion I the Lamp of Souls), The Islamic Texts Society, 1996; vedi anche IsN ArA' Ar-r-eu, Trnité sur Ie nom AIIîh, Les Deux Océans, 1981, traduzione e studio di al-Qasd nl-mujarrad fi ma'rifnt al-ism al-mufrad. 8 F. Merr& Die Fawî'ih, p.203. Vedi la risposta di Trimingham, che invece attribuisce senza dubbi il testo a Ibn Atà', Allàh: J. S. TRIlrwcsert, The sufi Orders of lslam, Oxford University Ptess, \97'l', p. 198, nota 4'
a
e
lv., Die Fau:à',ih al-jamîl wa-fawîtih al-jalal
des
al-Anwîr al-qudsiyyn fi ma'rfn îdîb al-sî'tfiyyn 'Ano (Le luci sante nella conoscenza delle regole dei sufi),2 voll', Maktaba ar-WaHHAn al-Sue.'r<,àNî,
altI]lmiyya, 1992.
'Abd al-Wahhàb al-Sha'rànî (m. 1565): l'impostazione del capitolo sulle regole dell'invocazione (îddb al-dhikr) è infatti la stessa del MiftAh al-falàh di Ibn Atà' A[eh, e anche in questa sede alcune frasi sono riprese per intero, comprese quelle che provengono in tutta evidenza dalle fonti kubrarnî. A questo punto, senza desumere la non-autenticità anche del testo di Sha'ràni impossibile da sostenere, si può solo concludere attestando l'esistenza di una specie di riscrittura dello stesso soggetto, attuata dai due autori successivi, che hanno ripreso i dati che consideravano utili alla loro trattazione, magari a memoria, e li hanno completati con dati ulteriori, senza preoccuparsi di citare la fonte, prócedura ampiamente attestata e accettata nell'ambito della letterafura religiosa islamica. Il testo di Sha'rànî, redatto nell'ultima parte della vita del maestro egiziano, llna vera e propria summa sull'argomento, è una specie di testamento spirituale nel quale egli ha raccolto tutto ciò che riteneva essenziale per la conoscenza e la pratica del Sufismo, materiale che si trovava altrimenti sparso nella sua vasta operal0. Per la letteratura tecnica del Sufismo successiva, esso diventerà il testo di riferimento, e sarà ampiamente citato in numerosi testi di differenti vie spirituali (turuq, srng. tarîq o tarîqn). Nella parte iniziale Sha'rànî sviluppa in maniera approfondita alcune questioni di primaria importanza legate allo dhikr e alla sua trasmissione, completando in questo modo il lavoro intrapreso da Ibn Atà' Alleh, rna si sofferma anche sulla questione, ad essa strettamente legata, della trasmissione iniziatica e delle sue modalità, argomen-
l0 Uno dei manoscritti conservati a Dàr al-Kutub al Cairo riporta la data del 1555, 10 anni prima della morte di Sha'ràni e potrebbe dunque essere autografo. M. Cuoot
suto nel passaggio cruciale tra la dominazione mamelucca e ottomana, cf. M. Wtrurnx, Society And Religion in Early Ottoman Egypt. Studies in the Writing of 'Abd Al-Wahhdb Al-Sha'rînî, Transactions Books, 1982, pubblicazione non esaustiva, e penalizzata inoltre da un giudizio alquanto sommario su Sha'ràni che non ne restituisce la reale importanza per la storia del Sufismo.
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L. Perntzt
Najm al-Dîn al-Kubrà (rn.1221)a, al Mirsîd al-'ibÓd min al-mabdn' ilî-F ma"àd di Najm-i Ràzî (m. 1256)s e, più tardi, sulla stessa linea, nei testi di 'A1à-al-Dawla al-Simnànî (m. 1336)6. Ttrttavia la letteratura tecnica dei "manuali" del Sufismo si è arricchita con il passare del tempo di descrizioni sempre più dettagliate delle differenti pratiche spirituali. Il primo testo nel quale trova sp,azio un esporsjzione teoricà e pratica-dello dhikr abbistanza completa è 1l Mift1h-n|-falàh wa misbfrh al-arwîh di Ibn Ata'Allàh al-Iskandarî (m. 1309)7: in esso si possono trovare citazioni testuali dal Faw6'ih al-jamal di \ajn1 al-Dîn àl-K.rbrà, senza indicazione della fonte, constatazione che ha condotto alcuni studiosi, tra i quali, per primo, Fritz Meiel, ad affermare che questo testo non può essere àttribuito al maestro- egiziano, la cui originalità dottrinale non contemplerebbe I'uttlizzo di materiale proveÀiente da ulìa fonte che non fosse la sua8. Lo stesso problema si pone con un testo molto importante nella storia della letteratula tecnica del Sufismo, nl-Anwàr nl-qudsiyyn f mn'rifa îdàb al-sîtfiyyae di Najm ad-dîn al-I(ubrî, wiesbaden 1957; Nalrr,r Ro-oîN al-Kunn-A., Les éclosions de la benuté et les parfums de la majesté, traduit de l'arabe et présenté par Paul Ballanfat, Éditiotts de t'Écht, 2001. un'altra descrizione antica di un metodo di invocazione sembrerebbe risalire a 'Abd al-Khàliq al-Ghujduwànî (m' 1220), che la riporta dal suo maestro Yùsuf al-Hamadanî (m. 11'40); cf. F. MEIEn, Die Fnwî'ilt, p' 203; Nelrvr ao-oîrq eL-KueRA, Les éclosions de labeauté, p' 69 nota 52' 5 Nalr"r er-oîN RÀzr, The Path of God's Bondsmen: From Origin to Return, transtated by H. Algar, Caravan Books, 1982. u cf . . . Et rlls, The Throne Carrier of God: The Lífe nnd Thought of 'Alî' ad-dazula ! J ns-Simndnî, State University of New York Press, 1995. 7 IsN Ar.A.' Ar-r-Au ,qL-IsKANpanî, MiftAh nl-falîh wa misbíih al-aru:îh (The Key to Salastion I the Lamp of Souls), The Islamic Texts Society, 1996; vedi anche IsN ArA' Ar-r-eu, Trnité sur Ie nom AIIîh, Les Deux Océans, 1981, traduzione e studio di al-Qasd nl-mujarrad fi ma'rifnt al-ism al-mufrad. 8 F. Merr& Die Fawî'ih, p.203. Vedi la risposta di Trimingham, che invece attribuisce senza dubbi il testo a Ibn Atà', Allàh: J. S. TRIlrwcsert, The sufi Orders of lslam, Oxford University Ptess, \97'l', p. 198, nota 4'
a
e
lv., Die Fau:à',ih al-jamîl wa-fawîtih al-jalal
des
al-Anwîr al-qudsiyyn fi ma'rfn îdîb al-sî'tfiyyn 'Ano (Le luci sante nella conoscenza delle regole dei sufi),2 voll', Maktaba ar-WaHHAn al-Sue.'r<,àNî,
altI]lmiyya, 1992.
'Abd al-Wahhàb al-Sha'rànî (m. 1565): l'impostazione del capitolo sulle regole dell'invocazione (îddb al-dhikr) è infatti la stessa del MiftAh al-falàh di Ibn Atà' A[eh, e anche in questa sede alcune frasi sono riprese per intero, comprese quelle che provengono in tutta evidenza dalle fonti kubrarnî. A questo punto, senza desumere la non-autenticità anche del testo di Sha'ràni impossibile da sostenere, si può solo concludere attestando l'esistenza di una specie di riscrittura dello stesso soggetto, attuata dai due autori successivi, che hanno ripreso i dati che consideravano utili alla loro trattazione, magari a memoria, e li hanno completati con dati ulteriori, senza preoccuparsi di citare la fonte, prócedura ampiamente attestata e accettata nell'ambito della letterafura religiosa islamica. Il testo di Sha'rànî, redatto nell'ultima parte della vita del maestro egiziano, llna vera e propria summa sull'argomento, è una specie di testamento spirituale nel quale egli ha raccolto tutto ciò che riteneva essenziale per la conoscenza e la pratica del Sufismo, materiale che si trovava altrimenti sparso nella sua vasta operal0. Per la letteratura tecnica del Sufismo successiva, esso diventerà il testo di riferimento, e sarà ampiamente citato in numerosi testi di differenti vie spirituali (turuq, srng. tarîq o tarîqn). Nella parte iniziale Sha'rànî sviluppa in maniera approfondita alcune questioni di primaria importanza legate allo dhikr e alla sua trasmissione, completando in questo modo il lavoro intrapreso da Ibn Atà' Alleh, rna si sofferma anche sulla questione, ad essa strettamente legata, della trasmissione iniziatica e delle sue modalità, argomen-
l0 Uno dei manoscritti conservati a Dàr al-Kutub al Cairo riporta la data del 1555, 10 anni prima della morte di Sha'ràni e potrebbe dunque essere autografo. M. Cuoot
suto nel passaggio cruciale tra la dominazione mamelucca e ottomana, cf. M. Wtrurnx, Society And Religion in Early Ottoman Egypt. Studies in the Writing of 'Abd Al-Wahhdb Al-Sha'rînî, Transactions Books, 1982, pubblicazione non esaustiva, e penalizzata inoltre da un giudizio alquanto sommario su Sha'ràni che non ne restituisce la reale importanza per la storia del Sufismo.
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L. Pnrnrzr
Trnsmissione iniziatica e regole dell'inaocazione (dhikr).
to che non ha cessato di essere motivo di divergenza attraverso la storia dell'Islam tra differenti schieramenti che si richiamano a posizioni favorevoli o contrarie alla pratica del Sufismo r.
AL-DHTKR
La radice Làm, Qàf, Nún comprende i significati di "insegnare, istruire, suggerire, infondere, ispirare, instillare, inculcare", ed è usata in senso tecnico nel Sufismo per indicare la trasmissione di una formula d'invocazione. Sha'rànî afferma che il wirdtz, la formula trasmessa dal Profeta ai compagni collettivamente o individualmente, è ld ildha ilA-UAh (non c'è divinità alf infuori di Dio), e la catena di trasmissione proviene da ogni singolo compagno, unendosi successivamente alla collettività. Riporta in seguito un hadith, un detto attribuito al profeta Muhammad:
Sha'rànî afferma che i Maestri si basano su questo hadith per la trasmissione collettiva dell'invocazione, mentte per quanto concerne la trasmissione individuale, egli ammette di non averne trovato traccia nei libri canonici di hadith che ha esaminato. Egli aggiunge tuttavia un hadith riportato da Yùsuf al-'Ajamî16, da'Alî Ibn Abî Tàlib: Domandai: "O Inviato di Dio, indicami la via più breve per giungere a Dio, e la più semplice per il credente, e la migliore al cospetto di Dio l'Altissimo"; l'Inviato di Dio rispose: a bassa voce e ad alta "O'Ali sii assiduo nello dhikr AIIîL, AIIîh è una cosa che voce>. Domandò ancora'Alî: dhikr "Lo fanno tutti, Inviato di Dio, ma io vorrei che tu mi indicassi
L'imîm Ahmad [Ibn Hanbalf, al-Bazzàr, al-Tabarànî e altri hanno riportato che l'Inviato di Dio era un giorno assieme ai compagni, quando disse: "Ci sono degli estranei fra noi?>, intendendo la Gente del Librol3, e gli fu risposto di no. Diede allora l'ordine di chiudere la porta, e disse: .Tenete in alto le vostre mani in preghierara e dite ld ilîha illî-Ilfrh". r1 Cf. F.
Dr JoNc, B. Raorrn (ed.), Islamic Mysticism
qualcosa di speciale,>. Allora l'Inviato di Dio disse: "Mio caro'Ali la cosa migliore che è stata detta da me e dai profeti che mi hanno preceduto è li ilúho iln-Uùh, e se su un piatto della bilancia ci fossero i Sette Cieli e le Sette Terre, e Ià ilàha illd-Unh sull'altro, lfr ilfrha ilA-Unh prevarrebbe". [...] Poi 'Alî domandò al Profeta di trasmettergli l'invocazione. Chiese: ,,Come devo fare dhikr?" e il Profeta rispose: "Chiudi gli occhi e ascoltami mentre dico tre volte Iî ilîho
Contested: Thirteen
Centuries of Controztersies and Polemícs, Brrll, 1999. 12 La radice de1la parola zuirdínclude, tra gli altri,
il significato di "dedicarsi in maniera continuativa ad un'occupazione, e
13
14
ihà-llàh, poi ripetilo tu per tre volte e io ti starò ad ascoltare'.
Il Profeta disse allora per tre volte lú ilfrho illo-llîh, con gli occhi chiusi e a voce alta mentre 'Alî l'ascoltava, e poi 'Alî fece lo stesso mentre
il Profeta l'ascoltavalT.
regolarmente in seguito all'entrata nella tarîqa. Cristiani ed Ebrei.
Pratica che consiste nell'alzare le mani con i palmi rivolti verso l'alto, durante le preghiere e le richieste che si rivolgono a Dio (du'A'), vedi rafa'a, A. Dr BtBpnsrEIN KezltRsxv, Dictionnaire arabe-franqnís, 1860.
21
Ha detto Shaddàd Ibn Aws: *Tenemmo in alto le nostre mani in preghiera per un'ora, dicendo Ià il6hs ills-Ilfrh", e poi l'Inviato di Dio disse: "Mio Dio, mi hai inviato con questa formula, mi hai dato l'autorità attraverso di essa, e mi hai promesso il Paradiso tramite essa, e certamente Tu non vieni meno alle promesse'. Poi disse: "Siete testimoni che Dio vi ha perdonato'15.
1
TnesvrssroNE DELL-INVocAZIoNE: ?i+LeiN
..
ls al-Anwàr al-qudsiyyal, p.17. 16
t1
Yùsuf al-'Ajami vedi Vite e detti di santi rnusulmani, rJtet, 1968, p.244. nl-Anwîr al-qudsiyya I, pp. 17 -18.
Su
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L. Pnrnrzr
Trnsmissione iniziatica e regole dell'inaocazione (dhikr).
to che non ha cessato di essere motivo di divergenza attraverso la storia dell'Islam tra differenti schieramenti che si richiamano a posizioni favorevoli o contrarie alla pratica del Sufismo r.
AL-DHTKR
La radice Làm, Qàf, Nún comprende i significati di "insegnare, istruire, suggerire, infondere, ispirare, instillare, inculcare", ed è usata in senso tecnico nel Sufismo per indicare la trasmissione di una formula d'invocazione. Sha'rànî afferma che il wirdtz, la formula trasmessa dal Profeta ai compagni collettivamente o individualmente, è ld ildha ilA-UAh (non c'è divinità alf infuori di Dio), e la catena di trasmissione proviene da ogni singolo compagno, unendosi successivamente alla collettività. Riporta in seguito un hadith, un detto attribuito al profeta Muhammad:
Sha'rànî afferma che i Maestri si basano su questo hadith per la trasmissione collettiva dell'invocazione, mentte per quanto concerne la trasmissione individuale, egli ammette di non averne trovato traccia nei libri canonici di hadith che ha esaminato. Egli aggiunge tuttavia un hadith riportato da Yùsuf al-'Ajamî16, da'Alî Ibn Abî Tàlib: Domandai: "O Inviato di Dio, indicami la via più breve per giungere a Dio, e la più semplice per il credente, e la migliore al cospetto di Dio l'Altissimo"; l'Inviato di Dio rispose: a bassa voce e ad alta "O'Ali sii assiduo nello dhikr AIIîL, AIIîh è una cosa che voce>. Domandò ancora'Alî: dhikr "Lo fanno tutti, Inviato di Dio, ma io vorrei che tu mi indicassi
L'imîm Ahmad [Ibn Hanbalf, al-Bazzàr, al-Tabarànî e altri hanno riportato che l'Inviato di Dio era un giorno assieme ai compagni, quando disse: "Ci sono degli estranei fra noi?>, intendendo la Gente del Librol3, e gli fu risposto di no. Diede allora l'ordine di chiudere la porta, e disse: .Tenete in alto le vostre mani in preghierara e dite ld ilîha illî-Ilfrh". r1 Cf. F.
Dr JoNc, B. Raorrn (ed.), Islamic Mysticism
qualcosa di speciale,>. Allora l'Inviato di Dio disse: "Mio caro'Ali la cosa migliore che è stata detta da me e dai profeti che mi hanno preceduto è li ilúho iln-Uùh, e se su un piatto della bilancia ci fossero i Sette Cieli e le Sette Terre, e Ià ilàha illd-Unh sull'altro, lfr ilfrha ilA-Unh prevarrebbe". [...] Poi 'Alî domandò al Profeta di trasmettergli l'invocazione. Chiese: ,,Come devo fare dhikr?" e il Profeta rispose: "Chiudi gli occhi e ascoltami mentre dico tre volte Iî ilîho
Contested: Thirteen
Centuries of Controztersies and Polemícs, Brrll, 1999. 12 La radice de1la parola zuirdínclude, tra gli altri,
il significato di "dedicarsi in maniera continuativa ad un'occupazione, e
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ihà-llàh, poi ripetilo tu per tre volte e io ti starò ad ascoltare'.
Il Profeta disse allora per tre volte lú ilfrho illo-llîh, con gli occhi chiusi e a voce alta mentre 'Alî l'ascoltava, e poi 'Alî fece lo stesso mentre
il Profeta l'ascoltavalT.
regolarmente in seguito all'entrata nella tarîqa. Cristiani ed Ebrei.
Pratica che consiste nell'alzare le mani con i palmi rivolti verso l'alto, durante le preghiere e le richieste che si rivolgono a Dio (du'A'), vedi rafa'a, A. Dr BtBpnsrEIN KezltRsxv, Dictionnaire arabe-franqnís, 1860.
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Ha detto Shaddàd Ibn Aws: *Tenemmo in alto le nostre mani in preghiera per un'ora, dicendo Ià il6hs ills-Ilfrh", e poi l'Inviato di Dio disse: "Mio Dio, mi hai inviato con questa formula, mi hai dato l'autorità attraverso di essa, e mi hai promesso il Paradiso tramite essa, e certamente Tu non vieni meno alle promesse'. Poi disse: "Siete testimoni che Dio vi ha perdonato'15.
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TnesvrssroNE DELL-INVocAZIoNE: ?i+LeiN
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ls al-Anwàr al-qudsiyyal, p.17. 16
t1
Yùsuf al-'Ajami vedi Vite e detti di santi rnusulmani, rJtet, 1968, p.244. nl-Anwîr al-qudsiyya I, pp. 17 -18.
Su
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Trasmissione iniziatica e regole dell'inuocazione (dhikr).
L. Parnrzr
Sha'rànî conclude affermando che questo è lo stesso metodo di insegnamento utilizzato dal profeta Muhammad per istruire 'Alî sui fondamenti della religione, anche se in questo caso gli insegnamenti sono impartiti soltanto ad alcuni compagni e non a tutti: Ha detto Yúsuf alrAjamî:
Nel capitolo successivo egli torna sulla questione del talqîn, introducendo alcune efficaci metafore. Nella prima, il discepolo che si congiunge tramite Ia trasmissione alla catena iniziatica, viene assimilato a un anello di una catena di ferro: quando egli si mette in moto, tutto il resto della catena si muove assieme a lui, poiché ogni santo tra lui e il Profeta sono come anelli di questa catena, mentre in mancanza di trasmissione iniziatica, egli è come un anello isolatore. Nella seconda metafora, che Sha'rànî prende in prestito da 'Alî al-Marsafi uno dei suoi maestri, la trasmissione iniziatica tra maestro (shnyk:h) e discepolo (murîd) viene paragonata a un nocciolo che è stato piantato nella terra e che si secca nell'attesa di essere irrigato dalla pioggia, poiché la sua crescita dipende dalla quantità dell'irrigazione, non dal modo in cui l'ha piantato il maestro. Ma se la semina dipende dal maestro, la crescita dipende invece da Dio, e può accadere che un maestro semini nel discepolo e poi muoia, e lo spuntare del frutto awenga quando il discepolo è nelle mani di un altro maestro, sia per la debolezza dell'aspirazione del discepolo, sia perché non si è dedicato abbastanza alla pratica dell'invocazione, che, se compiuta costantemente in seguito alla trasmissione iniziatica, è simile a una pioggia ininterrotta sul noctB
al-Anutîr al-qudsiyya I, p.
tetbid.,
p.28.
13.
..
23
ciolo dopo la semina, che ne affretta lo schiudersi (nl-fath)2o e la resa (al-intàj)2r. Ma Sha'rànî mette in guardia il discepolo dal ritenere che per lui sia sufficiente, dopo la trasmissione iniziatica, partecipare con gli altri discepoli alle riunioni in cui si pratica f invocazione (majîlis al-dhikr) mattina e sera soltanto, poiché sarebbe come far piovere sul seme una goccia d'acqua all'inizio del giorno e una alla fine, e durante il giorno lasciare il seme in balia del sole e del vento. A questo punto, se l'apertura spirituale del discepolo ritarda non è a causa delf incapacità del maestro, ma per I'aspirazione tiepida del discepolo, paragonata da Sha'rànî al cotone èon il quale si accende l'acciarino, che se è secco quando vi si awicina 7l tizzone,lo spegne22. Se poi dopo la trasmissione iniziatica capita al discepolo di compiere atti riprovevoli o mancanze di ndnb, il corretto comportamento spirituale, egli diventa simile a un seme che marcisce prima di germinare, e non è più in grado di dare né foglie né frutti: deve allora rinnovare il proprio ricollegamento con il proprio maestro. Sha'rànî conclude affermando che nella sua epoca capita spesso che un discepolo non segua questo saggio consiglio, e in seguito a ciò inverta il proprio processo spirituale, ritornando a essere maggiormente influenzato dalla materialità, e finendo infine per assomigliare per durezza al legno23.
LjrNvrsrrruRA INIZIATT:A:
LABIS
A
AL-KHIRQA
Risalendo a ritroso le catene di trasmissione del Sufismo,
Sha'rànî afferma che nonostante alcuni sapienti in materia di detti profetici (hadith) neghino la successiva trasmissione dell'invocaztone lî ilîhn illa-llîh tra'Alî e al-Hasan al-Basrî, per mancanza di dati certi in merito, e alcuni addirittura neghino che si siano mai incontrati in vita, in effetti si incontrarono senza dubbio, e il primo trasmise al secondo I'invocazione e lo rivestì della khirqa, uno dei 20
La parola al-fath puó essere utilizzata per definire lo schiudersi del seme, ma anche l'apertura spirituale. 21 al-Anwàr al-qudsiyyal, p.25. zz
lbid.,pp.25-26. 23lbid.,p.26.
22
Trasmissione iniziatica e regole dell'inuocazione (dhikr).
L. Parnrzr
Sha'rànî conclude affermando che questo è lo stesso metodo di insegnamento utilizzato dal profeta Muhammad per istruire 'Alî sui fondamenti della religione, anche se in questo caso gli insegnamenti sono impartiti soltanto ad alcuni compagni e non a tutti: Ha detto Yúsuf alrAjamî:
Nel capitolo successivo egli torna sulla questione del talqîn, introducendo alcune efficaci metafore. Nella prima, il discepolo che si congiunge tramite Ia trasmissione alla catena iniziatica, viene assimilato a un anello di una catena di ferro: quando egli si mette in moto, tutto il resto della catena si muove assieme a lui, poiché ogni santo tra lui e il Profeta sono come anelli di questa catena, mentre in mancanza di trasmissione iniziatica, egli è come un anello isolatore. Nella seconda metafora, che Sha'rànî prende in prestito da 'Alî al-Marsafi uno dei suoi maestri, la trasmissione iniziatica tra maestro (shnyk:h) e discepolo (murîd) viene paragonata a un nocciolo che è stato piantato nella terra e che si secca nell'attesa di essere irrigato dalla pioggia, poiché la sua crescita dipende dalla quantità dell'irrigazione, non dal modo in cui l'ha piantato il maestro. Ma se la semina dipende dal maestro, la crescita dipende invece da Dio, e può accadere che un maestro semini nel discepolo e poi muoia, e lo spuntare del frutto awenga quando il discepolo è nelle mani di un altro maestro, sia per la debolezza dell'aspirazione del discepolo, sia perché non si è dedicato abbastanza alla pratica dell'invocazione, che, se compiuta costantemente in seguito alla trasmissione iniziatica, è simile a una pioggia ininterrotta sul noctB
al-Anutîr al-qudsiyya I, p.
tetbid.,
p.28.
13.
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ciolo dopo la semina, che ne affretta lo schiudersi (nl-fath)2o e la resa (al-intàj)2r. Ma Sha'rànî mette in guardia il discepolo dal ritenere che per lui sia sufficiente, dopo la trasmissione iniziatica, partecipare con gli altri discepoli alle riunioni in cui si pratica f invocazione (majîlis al-dhikr) mattina e sera soltanto, poiché sarebbe come far piovere sul seme una goccia d'acqua all'inizio del giorno e una alla fine, e durante il giorno lasciare il seme in balia del sole e del vento. A questo punto, se l'apertura spirituale del discepolo ritarda non è a causa delf incapacità del maestro, ma per I'aspirazione tiepida del discepolo, paragonata da Sha'rànî al cotone èon il quale si accende l'acciarino, che se è secco quando vi si awicina 7l tizzone,lo spegne22. Se poi dopo la trasmissione iniziatica capita al discepolo di compiere atti riprovevoli o mancanze di ndnb, il corretto comportamento spirituale, egli diventa simile a un seme che marcisce prima di germinare, e non è più in grado di dare né foglie né frutti: deve allora rinnovare il proprio ricollegamento con il proprio maestro. Sha'rànî conclude affermando che nella sua epoca capita spesso che un discepolo non segua questo saggio consiglio, e in seguito a ciò inverta il proprio processo spirituale, ritornando a essere maggiormente influenzato dalla materialità, e finendo infine per assomigliare per durezza al legno23.
LjrNvrsrrruRA INIZIATT:A:
LABIS
A
AL-KHIRQA
Risalendo a ritroso le catene di trasmissione del Sufismo,
Sha'rànî afferma che nonostante alcuni sapienti in materia di detti profetici (hadith) neghino la successiva trasmissione dell'invocaztone lî ilîhn illa-llîh tra'Alî e al-Hasan al-Basrî, per mancanza di dati certi in merito, e alcuni addirittura neghino che si siano mai incontrati in vita, in effetti si incontrarono senza dubbio, e il primo trasmise al secondo I'invocazione e lo rivestì della khirqa, uno dei 20
La parola al-fath puó essere utilizzata per definire lo schiudersi del seme, ma anche l'apertura spirituale. 21 al-Anwàr al-qudsiyyal, p.25. zz
lbid.,pp.25-26. 23lbid.,p.26.
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metodi di trasmissione iniziatica nel Sufismo2a. A sostegno delle sue affermazioni, Sha'rànî ricorre ad alcuni hadith che attestano l'incontro tra Alî e al-Hasan al-Basri riportati da Ibn Hajar al'Asqalànî2s e da Jalàl al-Dîn al-Suyùtî26, il quale afferma perentoriamente al termine del suo commento: "La validità della trasmissione di al-Hasan al-Basrî da 'Alî Ibn Abî Tàlib è attestata da me e dall'insieme dei trasmettitori>. Sha'rànî prosegue affermando che la trasmissione iniziatica e l'investitura della khirqn si realizzavano tra le prime generazioni in maniera non verificabile tramite il metodo utllizzato dagli studiosi di hadith, attraverso la loro fiducia nelle generazioni precedenti, fino al tempo in cui Ibn Hajar al'Asqalànî e Suyùtî giunsero a legittimare la trasmissione tra alF{asan al-Basrî e 'Ali e ad affermare la provenienza della trasmissione iniziatica nel Sufismo da essi. Dopo aver esortato il lettore a mostrare indulgenza nei confronti degli studiosi di hadith che negano la trasmissione iniziatica, poiché in effetti è difficile rintracciare qualche dato a sostegno di questa possibilità nelle raccolte di detti profetici, Sha'rànî rimanda ai testi di Jalàl al-Dîn al-Suyùtî per una spiegazione approfondita della validità dell'investitura della khirqa qàdiriyya, rifî'îyya e suhrawnrdiyya, dalle quali derivano buona parte delle catene iniziatiche nel Sufismo2T. Per Sha'rànî fa eccezione la khirqa trasmessa a Ibn al-'Arabi poiché essa non si è realizzata tramite una forma di trasmissione che risale al Profeta, ma tramite l'incontro diretto tra Khadir e lo Shavkh al-Akbarz\.
za
25
Tiasmissione iniziaticn e reglle dell'inaocazione (dhikr).
L. Pernrzr
Lakhirqa è di solito un mantello, un copricapo o un altro pezzo di vestiario, con il quale viene rivestito l'aspirante, secondo diverse modalità; vedi J. L. MtcHory Khirka, Encyclopaedia of Islam, Second Edition e l'introduzione di C. Aooas a IeN 'Arasî, Le liare de la filiation spirituelle, AlQoubbaZarqu4 2000.
Cf. F. RosrNrHal, Ibn Hadjar al-'Asknlînî, Encyclopaedia of lslam, Second Edition. za Cî. E. M. SenrarN, laIîI al-Dîn al-Suyíitî: biography and background, 2 voll., Cambridge University Press, 1.975. 27 al-Anwîr al-qudsiyya I, p. 1,8; cf. JarÀr er--Dîrv ar-Suvùrî, aI-Hàwî li-l-fatîwà, Bayrùt 1975, vol.Il, pp. t02-104. 28 al-Anzl,îr al-qudsiyya I, p. 19; cf. E. Grorrnov, Khadir, Dizionario del Corano,
Mondadori, 2007, pp. 434-438. Sdla khirqa khadiriyya, vedi InN 'Anenî, Le liare de Ia filiation spirituelle, Al Qoubba Zarqua, 2000, pp. 17-27.
..
25
Sha'rànî riporta al termine del capitolo la propria catena di trasmissione (silsila) risalente al Profeta, affermando tuttavia di essere ricollegato allo stesso tempo ad altre catene più brevi, come quella
che lo lega al suo maestro 'Alî al-Khawwàs, che risale al solo ibràhîm al-Matbùli il quale aveva ricevuto il proprio ricollegamento direttamente dal Profeta, non tramite un sogno ma durante un incontro . Dunque Sha'rànî afferma che tra lui e il Profeta ci sarebbero due persone soltanto, se anche il suo maestro'Alî al-Khawwàs non si fosse ricollegato direttamente al Profeta prima della fine della sua vita, e quindi alla fine tra lui e il Profeta vi è l'intervallo di un uomo soltanto. Sha'rànî conclude questo capitolo citando un verso insegnatogli da uno dei suoi maestri, Muhammad al-Shinnàwi che esemplifica con una celebre immagine amorosa il ruolo della trasmissione iniziatica: Sono folle d'amore per Layla finché vivo E quando morrò, affiderò Layla a chi l'amerà dopo di me2e.
Nel capitolo successivo Sha'rànî si sofferma ancora sulla questione della trasmissione della khirqa, aggiungendo particolari molto interessanti. Egli riporta infatti l'opinione di alcuni insigni sapienti di hadith, secondo i quali Hasan al-Basrî fu investito della khirqa da 'Alî Ibn Abî Tàlib, e Uways al-Qaranî30 da 'Umar Ibn alKhattàb e da Ali mentre entrambi erano stati investiti dal Profeta, che era stato investito da Gabriele (librîl) su ordine divino. Sha'rànî aggiunge, infatti, che Ibn al-'Arabî era solito investire della khirqa 2e
nl-Anwîr al-qudsiyya I, pp. 1.9-20. Sui tre maestri citati, vedi Sna'n,ÀNî, Vlfe detti di santi musulmani, Ufet,7968.
30
e
Personaggio appartenente alla prima generazione dell'Islam, che non incontrò personalmente il profeta Muhammad, ma con il quale tuttavia, secondo alcune tradizioni, instaurò un forte legame spirituale, prototipo in seguito della cosiddetta iniziazione uwaysî, una trasmissione iniziatica e una relazione "sottile" che possono realízzarsi anche in lontananza; vedi J. Barorcr, Uruays al-Karanî, Encyclopaedia of Islam, Second Edition, e Io., Imaginary Muslims. The Uwaysi Sufis of Central Asia, Londcln 1993.
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metodi di trasmissione iniziatica nel Sufismo2a. A sostegno delle sue affermazioni, Sha'rànî ricorre ad alcuni hadith che attestano l'incontro tra Alî e al-Hasan al-Basri riportati da Ibn Hajar al'Asqalànî2s e da Jalàl al-Dîn al-Suyùtî26, il quale afferma perentoriamente al termine del suo commento: "La validità della trasmissione di al-Hasan al-Basrî da 'Alî Ibn Abî Tàlib è attestata da me e dall'insieme dei trasmettitori>. Sha'rànî prosegue affermando che la trasmissione iniziatica e l'investitura della khirqn si realizzavano tra le prime generazioni in maniera non verificabile tramite il metodo utllizzato dagli studiosi di hadith, attraverso la loro fiducia nelle generazioni precedenti, fino al tempo in cui Ibn Hajar al'Asqalànî e Suyùtî giunsero a legittimare la trasmissione tra alF{asan al-Basrî e 'Ali e ad affermare la provenienza della trasmissione iniziatica nel Sufismo da essi. Dopo aver esortato il lettore a mostrare indulgenza nei confronti degli studiosi di hadith che negano la trasmissione iniziatica, poiché in effetti è difficile rintracciare qualche dato a sostegno di questa possibilità nelle raccolte di detti profetici, Sha'rànî rimanda ai testi di Jalàl al-Dîn al-Suyùtî per una spiegazione approfondita della validità dell'investitura della khirqa qàdiriyya, rifî'îyya e suhrawnrdiyya, dalle quali derivano buona parte delle catene iniziatiche nel Sufismo2T. Per Sha'rànî fa eccezione la khirqa trasmessa a Ibn al-'Arabi poiché essa non si è realizzata tramite una forma di trasmissione che risale al Profeta, ma tramite l'incontro diretto tra Khadir e lo Shavkh al-Akbarz\.
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Tiasmissione iniziaticn e reglle dell'inaocazione (dhikr).
L. Pernrzr
Lakhirqa è di solito un mantello, un copricapo o un altro pezzo di vestiario, con il quale viene rivestito l'aspirante, secondo diverse modalità; vedi J. L. MtcHory Khirka, Encyclopaedia of Islam, Second Edition e l'introduzione di C. Aooas a IeN 'Arasî, Le liare de la filiation spirituelle, AlQoubbaZarqu4 2000.
Cf. F. RosrNrHal, Ibn Hadjar al-'Asknlînî, Encyclopaedia of lslam, Second Edition. za Cî. E. M. SenrarN, laIîI al-Dîn al-Suyíitî: biography and background, 2 voll., Cambridge University Press, 1.975. 27 al-Anwîr al-qudsiyya I, p. 1,8; cf. JarÀr er--Dîrv ar-Suvùrî, aI-Hàwî li-l-fatîwà, Bayrùt 1975, vol.Il, pp. t02-104. 28 al-Anzl,îr al-qudsiyya I, p. 19; cf. E. Grorrnov, Khadir, Dizionario del Corano,
Mondadori, 2007, pp. 434-438. Sdla khirqa khadiriyya, vedi InN 'Anenî, Le liare de Ia filiation spirituelle, Al Qoubba Zarqua, 2000, pp. 17-27.
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Sha'rànî riporta al termine del capitolo la propria catena di trasmissione (silsila) risalente al Profeta, affermando tuttavia di essere ricollegato allo stesso tempo ad altre catene più brevi, come quella
che lo lega al suo maestro 'Alî al-Khawwàs, che risale al solo ibràhîm al-Matbùli il quale aveva ricevuto il proprio ricollegamento direttamente dal Profeta, non tramite un sogno ma durante un incontro . Dunque Sha'rànî afferma che tra lui e il Profeta ci sarebbero due persone soltanto, se anche il suo maestro'Alî al-Khawwàs non si fosse ricollegato direttamente al Profeta prima della fine della sua vita, e quindi alla fine tra lui e il Profeta vi è l'intervallo di un uomo soltanto. Sha'rànî conclude questo capitolo citando un verso insegnatogli da uno dei suoi maestri, Muhammad al-Shinnàwi che esemplifica con una celebre immagine amorosa il ruolo della trasmissione iniziatica: Sono folle d'amore per Layla finché vivo E quando morrò, affiderò Layla a chi l'amerà dopo di me2e.
Nel capitolo successivo Sha'rànî si sofferma ancora sulla questione della trasmissione della khirqa, aggiungendo particolari molto interessanti. Egli riporta infatti l'opinione di alcuni insigni sapienti di hadith, secondo i quali Hasan al-Basrî fu investito della khirqa da 'Alî Ibn Abî Tàlib, e Uways al-Qaranî30 da 'Umar Ibn alKhattàb e da Ali mentre entrambi erano stati investiti dal Profeta, che era stato investito da Gabriele (librîl) su ordine divino. Sha'rànî aggiunge, infatti, che Ibn al-'Arabî era solito investire della khirqa 2e
nl-Anwîr al-qudsiyya I, pp. 1.9-20. Sui tre maestri citati, vedi Sna'n,ÀNî, Vlfe detti di santi musulmani, Ufet,7968.
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e
Personaggio appartenente alla prima generazione dell'Islam, che non incontrò personalmente il profeta Muhammad, ma con il quale tuttavia, secondo alcune tradizioni, instaurò un forte legame spirituale, prototipo in seguito della cosiddetta iniziazione uwaysî, una trasmissione iniziatica e una relazione "sottile" che possono realízzarsi anche in lontananza; vedi J. Barorcr, Uruays al-Karanî, Encyclopaedia of Islam, Second Edition, e Io., Imaginary Muslims. The Uwaysi Sufis of Central Asia, Londcln 1993.
26
L. Parnrzr
kasmissione iniziatica
un discepolo e dirgli: "Questo giunge tramite la benedizione (nl-tabnrruk) dei primi credenti (al-salafl, anche se non è verificabile". Riporta poi dal capitolo 25 delle nl-Futuhàt nl-makkiyya altre considerazioni di Ibn alrArabî a proposito dellakhirqa: Non mi era stato riferito che i sufi praticassero f investitura della khirqa, e della khirqa conoscevo soltanto la suhbu e I'adab. (...)'A proposito di ciò non c'è per quanto riguarda f investitura ldellakhirqal un legame diretto con l'Inviato di Dio, ma io ho visto Khqdir alla Mecca investire i santi, e in quell'occasione venni a conoscenza di ciò: sono stato investito da lui davanti alla Pietra Nera, e da allora ho investito altre persone, e allo stesso modo, in certe circostanze, sono stato investito della khirqa da Gesù. (...) Il segreto nell'investitura è che il maestro [la pratica] quando vuole portare alla realizzazione un discepolo, e, nel momento in cui egli si trova in uno stato spirituale particolare, si toglie questo vestito che indossa e ne riveste il discepolo che desidera portare alla realizzaziorre, e veicola tramite ciò questo stato spirituale e completa lo stato del discepolo nel suo carattere mentre lquesto stato] divampa [nel discepolo]31. Sha'ràr-rî conclude affermando che questa è
e regole
dell'inuocazione
(dhikr)...
27
l'Inviato di Dio vide la notte dell'.Isrî un cofano lucente; Gabriele l'aperse, e dentro vi erano delle lchirqa, una rossa, una verde e una nera. Chiese lil Profeta]: "Gabriele, cosa sono?, Rispose [Gabriele]: .Sono delle khirqa, sono Per l'élite della tua comunità,33.
Dal testo di Sha'rànî possiamo dunque dedurre l'esistenza di tipi dikhirqa: la primà possiede una catena di trasmissione che rimanda alle prime generazioni, e si spinge fino alla trasmissione due
dell'angelo Gabriele, khirqa che Sha'rànî afferma essergli stata trasmessa daZakariyà. al-Ansàri e una secondakhirqa della quale egli fa un breve cenno, Ia k:hirqa khadiriyya, che è trasmessa direttamente da Khîdir, come nel caso citato di Ibn al-'Arabî. Per quanto riguarda la secondakhirqa, egli non accenna a un'eventuale trasmissione, e non afferma di averla ricevuta lui stesso: ma proprio Zakariyà' alAnsàrî è indicato in alcuni testi in quanto "sospetto" trasmettitore di questa particolare trasmissione iniziatica3a.
l'investitura nota tra
coloro che sono dotati della conoscenza spirituale (al-'îrifin) ed essa è analoga alla veste d'onore regalata dalre (al-khal'a), Àbadendo in questo modo il forte legame che intercorre tra lessico politico nell'Islam e lessico tecnico nel Sufismo. Sha'rànî rivela in seguito che nel momento in cui venne a conoscenza della possibilità di questo tipo di trasmissione, fu rivestito della khirqa dallo shaykh nl-islàm Zakariyà alAnsàri davanti alla tomba dell'imhm al-Shàfi'i e tramite questa benedizione le sue sofferenze di ordine spirituale si attenuarono. Riporta in seguito la catena di trasmissione dalla quale egli stesso ha ricevuto la khirqa, e conclude con un hadith, tratto dalla RisîIa dello shaykh 'Abd al-Rahmàn al-Qùsi discepolo di Abù'Abd AilAh al-Quraslú32:
31
al-Anwîr al-qudsiyya I, p. 30.
32
Su Abù 'Abd Allàh al-Qurashi da alcune fonti considerato discepolo di Abù Madyan, e sicuramente maestro di al-Qurtubî e al-Qastallàni vedi
Srn'nA.Nî, Vite e detti di santi musulmani, p.200, e D. Grul, La Risàla de Saf al-
Dîn Abî l-Mansúr Ibn Zîfir,IFAO, 1986, pp.111-116,232-233.I1 suo discepolo è di più difficile collocazione. 33 al-Anzuàr al-qudsiyyal, p.31. 3a Su Zakàriya al-Ansàrî e la khirqa khadiriyya, nota anche come khírqa akba' riyya, vedi E. Grorrnov, Le Soufisme en Egypte et en Syrie, Damasco 2001, p.464. Zakàriya al-Ansàrî sarebbe stato investito della khirqa da Ibn Hajar al-'Asqalàni indicazione che ribadisce la compenetrazione che in questa
'Abd al-Rahmàn al-Qúsi citato da Sha'ràni
fase della storia del Sufismo sembra prodursi tra il mondo dei sapienti della Legge e del Sufismo. Sha'rànî è stato discepolo di Zakàriya al-Ansàrî per 20 anni, ma racconta di aver ricevuto anche un'autotizzazione scrTtta ad insegnare le scienze giuridiche (ijîza) da parte di jalàl al-Dîn al-Suyùtî tramite l'intermediazione di suo padre, di averlo incontrato una sola volta all'età di 12 anni, un mese prima della morte del sapiente egiziano, e di aver ricevuto da lui l'investitura della khirqa, vedt' M. WtNrl& Society And Religion in Early Ottoman Egypt, p.56.
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L. Parnrzr
kasmissione iniziatica
un discepolo e dirgli: "Questo giunge tramite la benedizione (nl-tabnrruk) dei primi credenti (al-salafl, anche se non è verificabile". Riporta poi dal capitolo 25 delle nl-Futuhàt nl-makkiyya altre considerazioni di Ibn alrArabî a proposito dellakhirqa: Non mi era stato riferito che i sufi praticassero f investitura della khirqa, e della khirqa conoscevo soltanto la suhbu e I'adab. (...)'A proposito di ciò non c'è per quanto riguarda f investitura ldellakhirqal un legame diretto con l'Inviato di Dio, ma io ho visto Khqdir alla Mecca investire i santi, e in quell'occasione venni a conoscenza di ciò: sono stato investito da lui davanti alla Pietra Nera, e da allora ho investito altre persone, e allo stesso modo, in certe circostanze, sono stato investito della khirqa da Gesù. (...) Il segreto nell'investitura è che il maestro [la pratica] quando vuole portare alla realizzazione un discepolo, e, nel momento in cui egli si trova in uno stato spirituale particolare, si toglie questo vestito che indossa e ne riveste il discepolo che desidera portare alla realizzaziorre, e veicola tramite ciò questo stato spirituale e completa lo stato del discepolo nel suo carattere mentre lquesto stato] divampa [nel discepolo]31. Sha'ràr-rî conclude affermando che questa è
e regole
dell'inuocazione
(dhikr)...
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l'Inviato di Dio vide la notte dell'.Isrî un cofano lucente; Gabriele l'aperse, e dentro vi erano delle lchirqa, una rossa, una verde e una nera. Chiese lil Profeta]: "Gabriele, cosa sono?, Rispose [Gabriele]: .Sono delle khirqa, sono Per l'élite della tua comunità,33.
Dal testo di Sha'rànî possiamo dunque dedurre l'esistenza di tipi dikhirqa: la primà possiede una catena di trasmissione che rimanda alle prime generazioni, e si spinge fino alla trasmissione due
dell'angelo Gabriele, khirqa che Sha'rànî afferma essergli stata trasmessa daZakariyà. al-Ansàri e una secondakhirqa della quale egli fa un breve cenno, Ia k:hirqa khadiriyya, che è trasmessa direttamente da Khîdir, come nel caso citato di Ibn al-'Arabî. Per quanto riguarda la secondakhirqa, egli non accenna a un'eventuale trasmissione, e non afferma di averla ricevuta lui stesso: ma proprio Zakariyà' alAnsàrî è indicato in alcuni testi in quanto "sospetto" trasmettitore di questa particolare trasmissione iniziatica3a.
l'investitura nota tra
coloro che sono dotati della conoscenza spirituale (al-'îrifin) ed essa è analoga alla veste d'onore regalata dalre (al-khal'a), Àbadendo in questo modo il forte legame che intercorre tra lessico politico nell'Islam e lessico tecnico nel Sufismo. Sha'rànî rivela in seguito che nel momento in cui venne a conoscenza della possibilità di questo tipo di trasmissione, fu rivestito della khirqa dallo shaykh nl-islàm Zakariyà alAnsàri davanti alla tomba dell'imhm al-Shàfi'i e tramite questa benedizione le sue sofferenze di ordine spirituale si attenuarono. Riporta in seguito la catena di trasmissione dalla quale egli stesso ha ricevuto la khirqa, e conclude con un hadith, tratto dalla RisîIa dello shaykh 'Abd al-Rahmàn al-Qùsi discepolo di Abù'Abd AilAh al-Quraslú32:
31
al-Anwîr al-qudsiyya I, p. 30.
32
Su Abù 'Abd Allàh al-Qurashi da alcune fonti considerato discepolo di Abù Madyan, e sicuramente maestro di al-Qurtubî e al-Qastallàni vedi
Srn'nA.Nî, Vite e detti di santi musulmani, p.200, e D. Grul, La Risàla de Saf al-
Dîn Abî l-Mansúr Ibn Zîfir,IFAO, 1986, pp.111-116,232-233.I1 suo discepolo è di più difficile collocazione. 33 al-Anzuàr al-qudsiyyal, p.31. 3a Su Zakàriya al-Ansàrî e la khirqa khadiriyya, nota anche come khírqa akba' riyya, vedi E. Grorrnov, Le Soufisme en Egypte et en Syrie, Damasco 2001, p.464. Zakàriya al-Ansàrî sarebbe stato investito della khirqa da Ibn Hajar al-'Asqalàni indicazione che ribadisce la compenetrazione che in questa
'Abd al-Rahmàn al-Qúsi citato da Sha'ràni
fase della storia del Sufismo sembra prodursi tra il mondo dei sapienti della Legge e del Sufismo. Sha'rànî è stato discepolo di Zakàriya al-Ansàrî per 20 anni, ma racconta di aver ricevuto anche un'autotizzazione scrTtta ad insegnare le scienze giuridiche (ijîza) da parte di jalàl al-Dîn al-Suyùtî tramite l'intermediazione di suo padre, di averlo incontrato una sola volta all'età di 12 anni, un mese prima della morte del sapiente egiziano, e di aver ricevuto da lui l'investitura della khirqa, vedt' M. WtNrl& Society And Religion in Early Ottoman Egypt, p.56.
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L. Parnlzr
LE npcorE DELITNVocAZToNE: ADAB AL-DHTKR Sha'rànî introduce in questo capitolo la questione delle regole dell'invocazione, affermando che gli atti d'adorazione sono utili per il discepolo soltanto se ad essi viene associato il giusto comportamento spirituale (adafo)ss che vi corrisponde, poiché anche se attraverso i soli atti di adorazione egli può entrare in Paradiso, soltanto tramite I'adab può giungere all'intima vicinanza della Presenza Divina. Secondo Sha'ràni tramite la pratica dell'invocazione può essere rimosso il velo che separa la creatura da Dio, che in un hadith afferma
Trasmissione inizintica e regole dell'inoocazione
(dhlkr)...
29
poiché è questo il momento privilegiato per l'apertura spirituale (nl-fath), e poi aggiunge una curiosa metafora: così come in caso di possessione l'uomo comincia a dare in escandescenze quando il Diavolo gli si avvicina, allo stesso modo il Diavolo cade in terra in preda a convulsioni quando si avvicina troppo a un discepolo nel cui cuore Io dhikr è saldamente stabilito in seguito a una pratica incessante38.
A questo punto Sha'rànî passa a enumerare le regole dell'invocazione:
I maestri affermano
che le regole delf invocazione sono
cento, e poi aggiungono:
Adab è un termine polisemico: i significati che ci interessano qui sono, oltre a "regola", anche "condotta spirituale appropriata ad una data situazione",
1 - il pentimento sincero: il discepolo si deve pentire rinunciando a tutte le parole, azioni e intenzioni che non lo riguardano, come ha detto Dhù'l-Nùn al-Misrî3e: "Colui che ostenta il pentimento ma continua a propendere verso le passioni di questo basso mondo è un impostore". 2 - Chi ha intenzione di praticare l'invocazione deve essere in stato di purità rituale maggiore (ghusl) e minore (wudît'), i suoi vestiti devono essere profumati e il suo alito fragrante. 3 - Deve restare immobile e in silenzio, per giungere alla sincerità (sld4) nell'invocazione purificando il suo cuore per mezzo dell'invocazione del nome supremo di Dio (AlIóh), grazie alla meditazione silenziosa (al-fikr dîtn al-lafz), fino a quando egli sia concentrato esclusivamente su Dio, e la sua lingua si accordi con il cuore nella pronuncia della formula
e "rispetto delle convenienze spirituali". Di solito viene utilizzata al plurale:
là ilàha iln-ilAh.
adab. 36
Nel hadith completo, Dio risponde a una domanda del profeta Mosè che gli chiede: ; cf. IsvA'îr rsN MuHaN4N4eo ar-'Alrúrsî, Kashf al-khafî' zaa-muzîI al-ilbàs 'ammî ishtahara min al-ahftdîth'alî alsinat al-nîs, Maktaba al-Qudsî, Cairo 1933, pp.201-202.
31
al-Anusór al-qudsiyyal, p.21.
38
lbid., p. zz.
3e
Su Dhù 't-Nùn al-Misri celebre santo egiziano vissuto nel IX secolo, cf. Sna'n.Ànî, Vite e detti di santi musulmani, pp. 118-120 e InN al-'AReeÎ, La oie meraeilleuse de Dhú-l-Nún I'Égyptien, Sindbad, 1988.
28
L. Parnlzr
LE npcorE DELITNVocAZToNE: ADAB AL-DHTKR Sha'rànî introduce in questo capitolo la questione delle regole dell'invocazione, affermando che gli atti d'adorazione sono utili per il discepolo soltanto se ad essi viene associato il giusto comportamento spirituale (adafo)ss che vi corrisponde, poiché anche se attraverso i soli atti di adorazione egli può entrare in Paradiso, soltanto tramite I'adab può giungere all'intima vicinanza della Presenza Divina. Secondo Sha'ràni tramite la pratica dell'invocazione può essere rimosso il velo che separa la creatura da Dio, che in un hadith afferma
Trasmissione inizintica e regole dell'inoocazione
(dhlkr)...
29
poiché è questo il momento privilegiato per l'apertura spirituale (nl-fath), e poi aggiunge una curiosa metafora: così come in caso di possessione l'uomo comincia a dare in escandescenze quando il Diavolo gli si avvicina, allo stesso modo il Diavolo cade in terra in preda a convulsioni quando si avvicina troppo a un discepolo nel cui cuore Io dhikr è saldamente stabilito in seguito a una pratica incessante38.
A questo punto Sha'rànî passa a enumerare le regole dell'invocazione:
I maestri affermano
che le regole delf invocazione sono
cento, e poi aggiungono:
Adab è un termine polisemico: i significati che ci interessano qui sono, oltre a "regola", anche "condotta spirituale appropriata ad una data situazione",
1 - il pentimento sincero: il discepolo si deve pentire rinunciando a tutte le parole, azioni e intenzioni che non lo riguardano, come ha detto Dhù'l-Nùn al-Misrî3e: "Colui che ostenta il pentimento ma continua a propendere verso le passioni di questo basso mondo è un impostore". 2 - Chi ha intenzione di praticare l'invocazione deve essere in stato di purità rituale maggiore (ghusl) e minore (wudît'), i suoi vestiti devono essere profumati e il suo alito fragrante. 3 - Deve restare immobile e in silenzio, per giungere alla sincerità (sld4) nell'invocazione purificando il suo cuore per mezzo dell'invocazione del nome supremo di Dio (AlIóh), grazie alla meditazione silenziosa (al-fikr dîtn al-lafz), fino a quando egli sia concentrato esclusivamente su Dio, e la sua lingua si accordi con il cuore nella pronuncia della formula
e "rispetto delle convenienze spirituali". Di solito viene utilizzata al plurale:
là ilàha iln-ilAh.
adab. 36
Nel hadith completo, Dio risponde a una domanda del profeta Mosè che gli chiede: ; cf. IsvA'îr rsN MuHaN4N4eo ar-'Alrúrsî, Kashf al-khafî' zaa-muzîI al-ilbàs 'ammî ishtahara min al-ahftdîth'alî alsinat al-nîs, Maktaba al-Qudsî, Cairo 1933, pp.201-202.
31
al-Anusór al-qudsiyyal, p.21.
38
lbid., p. zz.
3e
Su Dhù 't-Nùn al-Misri celebre santo egiziano vissuto nel IX secolo, cf. Sna'n.Ànî, Vite e detti di santi musulmani, pp. 118-120 e InN al-'AReeÎ, La oie meraeilleuse de Dhú-l-Nún I'Égyptien, Sindbad, 1988.
30
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
L. Parnlzr
- Quando si accinge allo dhikr, deve attingere all'aspirazione (himma) del suo maestro spirituale (shaykh) e deve visualizzare la sua persona di fronte a sé, affinché egli sia suo compagno durante il camminoa0. 5 - Deve considerare che il sostegno spirituale (istimdàd) che gli giunge dal suo maestro è in verità il sostegno spirituale dell'Inviato di Dio, poiché il suo maestro è il legame
6
4
il discepo-
8 - La sincerità (sidq) nel compiere l'invocazione, poiché esso vi è una parte nascosta e una manifestaas.
- Purezza (ikhlîs) e purificazione delle opere (tasfiyn al'amal) da ogni contaminazione (shawb): attraverso la since-
rità e la plitezza, il servitore raggiunge il grado (mnqîm)
Deve porre le mani sulle gambe; è preferibile che egli si sieda in direzione della qiblaa3 se invoca da solo, in cerchio
-
della Veridi c1tà (siddîqiyya)a6 . 10 - Deve scegliere tra le formule di invocazione la frase h ilùha illn-llàh, poiché è molto più efficace delle altre formule secondo la Gente della Via (al-qawm), e fa cessare tutti i desideri e le passioni; egli deve allo stesso tempo menzionare Dio tramite il solo nome di Maestà (lafz al-jnlàln)aj
in gruppo. Deve spargere delle fragranze profumate durante le sedute didhikr. se si è
-
4 - Deve essere vestito secondo le regole della religione. 5 - Deve scegliere una zona buia del suo ritiro (khnlws) o della sua cella sotterranea (sirdàb). 44
a0
Le pratiche alle quali Sha'rànî fa riferimento sono attestate soprattutto in ambito naqshbnndî, conosciute con i nomi di taznajjuh, visttalizzazione della persona del maestro, e rîbita, collegamento spirituale a distanza con il maestro; cf. M. Cnoprrpwrcz, Quelques aspects des techniques spirituelles dans la Tariqa Naqshbandiyya, in M. Gasonrnau, A. Popovtc et T. ZARCoNn (ed.), Naqshbandîs, cheminements et situation actuelle d'un ordre mystique musulman, Varia Turcica XVIII, Isis, Istanbul-Paris, pp. 69-82. È sen a dubbio significati-
vo che Sha'rànî menzioni queste pratiche riferendole al Sufismo nel suo complesso, poiché ciò potrebbe dar adito alla supposizione che esse fossero largamente diffuse in tutti gli ambiti del Sufismo, almeno fino alla sua ePoca. 4t al-Anwîr al-qudsiyy a I, p. 22. 42 Formula che si recita durante la posizione seduta della preghiera. 43 La direzione di Mecca, verso la quale ci si volge per compiere la preghiera rituale in Islam.
in
9
tashahhuda2 della preghiera.
3
Deve tenere gli occhi chiusi, perché chi compie f invoca-
Suo cospettoaa.
1 - Deve sedersi in un luogo ritualmente puro, come il luogo in cui compie la posizione seduta durante il primo 2
31
zione, quando chiude gli occhi, impedisce a poco a poco f ingresso delle percezioni provenienti dall'esterno, e bloccarle è 7l mezzo per permettere l'entrata delle percezioni provenienti dal cuore. 7 - Deve visuaTvzare l'immagine del suo maestro per tutta la durata dello dhikr, e questo, secondo l'insegnamento dei maestri, perché il discepolo si innalza dal rispetto delle convenienze spirituali (adab) nei confronti del suo maestro verso l'adab nei confronti di Dio e la vigilanza di sé (muràqaba) al
che sussiste tra lui e il Profetaral.
In seguito Sha'rànî espone le dodici regole @dAb) che lo deve rispettare durante la pratica dell'invocazione:
-
(dhlkr)...
Cf. nota 30. Sha'rànî l'invocazione possiede dunque una realtà esteriore materiale e una realtà interiore sottile, che mettendo in contatto diretto con Dio, richiede da parte di chi lo pratica un'estrema sincerità spirituale, che è identità di intenzione e azione. a6 al-Siddîq, il Veritiero, è il soprannome di Abù Bakr, I'amico intimo del Profeta Muhammad, il primo dei suoi quattro successori alla guida del califfato. Anche in aramaico e ebraico il termine Sîdiq lTzadiq è sinonimo di uomo giusto e santo; cf. A. Rtrurx, al-Siddîk, Encyclopaedia of Islam, Second Edition. La siddîqiyya è uno dei gradi più alti della santità nel Sufismo; cf. M. CsoDKrEWrcz, Le Sceau des Saints, Gallimard, 1986, p. 77 (trad. ít. il Sigillo dei S anti, l|r4or celliana, 2009). 47 I1 nome AIIàh, detto ancÌire ism al-n'zam, da alcuni autori identificato con il Nome Supremo di Dio, cf. IsN ArA' AlmrL Traité sur Ie nom AIIîh, p. 115,
as Per
p.245.
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Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
L. Parnlzr
- Quando si accinge allo dhikr, deve attingere all'aspirazione (himma) del suo maestro spirituale (shaykh) e deve visualizzare la sua persona di fronte a sé, affinché egli sia suo compagno durante il camminoa0. 5 - Deve considerare che il sostegno spirituale (istimdàd) che gli giunge dal suo maestro è in verità il sostegno spirituale dell'Inviato di Dio, poiché il suo maestro è il legame
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il discepo-
8 - La sincerità (sidq) nel compiere l'invocazione, poiché esso vi è una parte nascosta e una manifestaas.
- Purezza (ikhlîs) e purificazione delle opere (tasfiyn al'amal) da ogni contaminazione (shawb): attraverso la since-
rità e la plitezza, il servitore raggiunge il grado (mnqîm)
Deve porre le mani sulle gambe; è preferibile che egli si sieda in direzione della qiblaa3 se invoca da solo, in cerchio
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della Veridi c1tà (siddîqiyya)a6 . 10 - Deve scegliere tra le formule di invocazione la frase h ilùha illn-llàh, poiché è molto più efficace delle altre formule secondo la Gente della Via (al-qawm), e fa cessare tutti i desideri e le passioni; egli deve allo stesso tempo menzionare Dio tramite il solo nome di Maestà (lafz al-jnlàln)aj
in gruppo. Deve spargere delle fragranze profumate durante le sedute didhikr. se si è
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4 - Deve essere vestito secondo le regole della religione. 5 - Deve scegliere una zona buia del suo ritiro (khnlws) o della sua cella sotterranea (sirdàb). 44
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Le pratiche alle quali Sha'rànî fa riferimento sono attestate soprattutto in ambito naqshbnndî, conosciute con i nomi di taznajjuh, visttalizzazione della persona del maestro, e rîbita, collegamento spirituale a distanza con il maestro; cf. M. Cnoprrpwrcz, Quelques aspects des techniques spirituelles dans la Tariqa Naqshbandiyya, in M. Gasonrnau, A. Popovtc et T. ZARCoNn (ed.), Naqshbandîs, cheminements et situation actuelle d'un ordre mystique musulman, Varia Turcica XVIII, Isis, Istanbul-Paris, pp. 69-82. È sen a dubbio significati-
vo che Sha'rànî menzioni queste pratiche riferendole al Sufismo nel suo complesso, poiché ciò potrebbe dar adito alla supposizione che esse fossero largamente diffuse in tutti gli ambiti del Sufismo, almeno fino alla sua ePoca. 4t al-Anwîr al-qudsiyy a I, p. 22. 42 Formula che si recita durante la posizione seduta della preghiera. 43 La direzione di Mecca, verso la quale ci si volge per compiere la preghiera rituale in Islam.
in
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tashahhuda2 della preghiera.
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Deve tenere gli occhi chiusi, perché chi compie f invoca-
Suo cospettoaa.
1 - Deve sedersi in un luogo ritualmente puro, come il luogo in cui compie la posizione seduta durante il primo 2
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zione, quando chiude gli occhi, impedisce a poco a poco f ingresso delle percezioni provenienti dall'esterno, e bloccarle è 7l mezzo per permettere l'entrata delle percezioni provenienti dal cuore. 7 - Deve visuaTvzare l'immagine del suo maestro per tutta la durata dello dhikr, e questo, secondo l'insegnamento dei maestri, perché il discepolo si innalza dal rispetto delle convenienze spirituali (adab) nei confronti del suo maestro verso l'adab nei confronti di Dio e la vigilanza di sé (muràqaba) al
che sussiste tra lui e il Profetaral.
In seguito Sha'rànî espone le dodici regole @dAb) che lo deve rispettare durante la pratica dell'invocazione:
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(dhlkr)...
Cf. nota 30. Sha'rànî l'invocazione possiede dunque una realtà esteriore materiale e una realtà interiore sottile, che mettendo in contatto diretto con Dio, richiede da parte di chi lo pratica un'estrema sincerità spirituale, che è identità di intenzione e azione. a6 al-Siddîq, il Veritiero, è il soprannome di Abù Bakr, I'amico intimo del Profeta Muhammad, il primo dei suoi quattro successori alla guida del califfato. Anche in aramaico e ebraico il termine Sîdiq lTzadiq è sinonimo di uomo giusto e santo; cf. A. Rtrurx, al-Siddîk, Encyclopaedia of Islam, Second Edition. La siddîqiyya è uno dei gradi più alti della santità nel Sufismo; cf. M. CsoDKrEWrcz, Le Sceau des Saints, Gallimard, 1986, p. 77 (trad. ít. il Sigillo dei S anti, l|r4or celliana, 2009). 47 I1 nome AIIàh, detto ancÌire ism al-n'zam, da alcuni autori identificato con il Nome Supremo di Dio, cf. IsN ArA' AlmrL Traité sur Ie nom AIIîh, p. 115,
as Per
p.245.
32
knsmissione iniziaticn
L. Fernrzr
senza negazione; ma finché sussiste in lui la visione di un atomo dell'universo, deve menzionarlo con la negazione, ed è soggetto a verifica, secondo le regole dei maestrias. 11 - Deve aver presente il senso interiore dello dhikr in cuor proprio, secondo i differenti livelli di visione di chi compie l'invocazione, a condizione di esporre al proprio maestro ogni stato spirituale del quale fa esperienza, in modo che egli possa insegnargli il modo per giungere all'qdqb che corrisponde ad ogni stato. 12 - Deve liberare il cuore da ogni stato spirituale ottenuto tramite f invocazione, per rimanere nella sola Presenza di Dio tramite la formula lî ilîha i\n-llih, poiché il Vero, l'Altissimo, è Geloso, e non ama scorgere nel cuore di colui che fa dhikr qualcos'altro da Lui, tranne nel caso in cui ciò awenga con il Suo permesso, e se non fosse a motivo della grande importanza che il maestro riveste nell'educazione del discepolo, non sarebbe pefinesso al discepolo di visualizzare il proprio maestro tra gli occhi e neppure nel cuore, poiché è posto tra le condizioni il fatto di negare tutta la creazione nel cuore, per rafforzare f influenza della parola Iî ilfrhs ilIn-Unh attraverso di esso, per veicolare questo senso interiore a tutte le altre parti del corpo, come recita questo verso:
Mi è stato dato il Suo amore prima di conoscere l'amote, ha trovato un cuore libero e vi si è stabilito>4e Sha'rànî afferma che è necessario praticare l'invocazione con tutta la forua di cui si dispone, ad alta voce, tremando dalla testa ai piedi, poiché l'invocazione praticata con moderazione, a bassa voce, <>/ non è di alcu-
e regole
dell'inuocazione
(dhikr)...
33
na utilità per il progresso spirituale. Inoltre, per sollecitare l'apertura spirituale, il discepolo deve far salire la formula Id ilîhn ilA-UAh dall'ombelico fino al "cuore fisico" (nl-qalb al-Iahmî), tenendo la testa inclinata a sinistra, con la presenza del "cuore spirituale" (al-qalb al-mn'nawî)50. Sha'rànî esorta poi a seguire scrupolosamente le regole del tajwîd nella recitazione della formula Iî ilàha illd-llîh:
Colui che pratica lo dhikr deve stare attento alla melodia durante [a recitazione della formula] Iî ilîha ilA-IIAh, poiché essa è tratta dal Corano5l: deve allungare la negazione ld il più possibile, dare il giusto valore alla i (al-hamza al-maksùra) che segue, senza allungarla assolutamente, così come deve dare il giusto valore alla falif della] làm segaentes2. Deve poi s0
Sha'renî sembra riferirsi a tecniche spirifuali che concernono gli organi sottili, attestate nell'ambito del Sufismo soprattutto in ambito kubrawî e naqshbcndî, e
che possiedono evidenti analogie con pratiche dello Yoga; cf. C. W. EnNsl Situating Sufism nnd Yoga, in.Journal of the Royal Asiatic Society>, Series 3, 15:1 (2005), pp.15-43. sr La formula lî ilàha illî-ilnh, detta tahlî\, si trova solo una volta nel Corano sotto questa forma" in Cor, 37:35, mentre in numerosi versetti si trova sotto la forma Iî ilàha illà huwa (Non c'è divinità all'infuori di Lui). La corretta recitazione del Corano (taiwtd, dal verbo jawwada,.far bene, compiere alla perfezione") segue delle regole molto precise, rifuggendo lI taÍrîb, da tarab, "musica": "Quando chi recita si occupa del suono della sua voce, violando per questo le regole e i fondamenti del t6jwîd, ciò è cosa proibita (harîm); se invece recita secondo i modi musicali e i modelli propri a tale arte e la sua esecuzione rispetta accuratamente le regole del tajwîd, è considerata cosa permessa>; cf. C. CnnscEtrtrt, La ricercn della perfezione nella recitazione coranica, Leo S. Olschki Editore,2005, p. 156. Sulla recitazione coranica e i suoi rapporti con la musica vedi anche K. NELSoN, The Art of Reciting the Qur'an, Press, Cairo 2001, in particolare pp. 77-78. Sha'rànî aggiungerà più avanti nel testo:
AUC 48
Nella formula là ildha ilIA-UAh, il nome AIIAT è preceduto da una negazione, che, in un certo senso, ne rende meno "dfuetta" la menzione: secondo le regole del Sufismo, infatti, il maestro deve prestare molta attenzione al fatto che il discepolo possegga la giusta maturazione spirituale affinché la pratica dell'invocazione non si riveli per lui controproducente e dannosa. 4e ol-Anwîr al-qudsiyy a I, pp. 22-23.
proviene dai mistici persiani e bizantini fuqarà' al-'ajamî wa-I-rîtmî), mentre quello che è richiesto è seguire la sunna di Muhammad e dei pii antenati (al-salafl" 52
".
Che è di due tempi.
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knsmissione iniziaticn
L. Fernrzr
senza negazione; ma finché sussiste in lui la visione di un atomo dell'universo, deve menzionarlo con la negazione, ed è soggetto a verifica, secondo le regole dei maestrias. 11 - Deve aver presente il senso interiore dello dhikr in cuor proprio, secondo i differenti livelli di visione di chi compie l'invocazione, a condizione di esporre al proprio maestro ogni stato spirituale del quale fa esperienza, in modo che egli possa insegnargli il modo per giungere all'qdqb che corrisponde ad ogni stato. 12 - Deve liberare il cuore da ogni stato spirituale ottenuto tramite f invocazione, per rimanere nella sola Presenza di Dio tramite la formula lî ilîha i\n-llih, poiché il Vero, l'Altissimo, è Geloso, e non ama scorgere nel cuore di colui che fa dhikr qualcos'altro da Lui, tranne nel caso in cui ciò awenga con il Suo permesso, e se non fosse a motivo della grande importanza che il maestro riveste nell'educazione del discepolo, non sarebbe pefinesso al discepolo di visualizzare il proprio maestro tra gli occhi e neppure nel cuore, poiché è posto tra le condizioni il fatto di negare tutta la creazione nel cuore, per rafforzare f influenza della parola Iî ilfrhs ilIn-Unh attraverso di esso, per veicolare questo senso interiore a tutte le altre parti del corpo, come recita questo verso:
Mi è stato dato il Suo amore prima di conoscere l'amote, ha trovato un cuore libero e vi si è stabilito>4e Sha'rànî afferma che è necessario praticare l'invocazione con tutta la forua di cui si dispone, ad alta voce, tremando dalla testa ai piedi, poiché l'invocazione praticata con moderazione, a bassa voce, <>/ non è di alcu-
e regole
dell'inuocazione
(dhikr)...
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na utilità per il progresso spirituale. Inoltre, per sollecitare l'apertura spirituale, il discepolo deve far salire la formula Id ilîhn ilA-UAh dall'ombelico fino al "cuore fisico" (nl-qalb al-Iahmî), tenendo la testa inclinata a sinistra, con la presenza del "cuore spirituale" (al-qalb al-mn'nawî)50. Sha'rànî esorta poi a seguire scrupolosamente le regole del tajwîd nella recitazione della formula Iî ilàha illd-llîh:
Colui che pratica lo dhikr deve stare attento alla melodia durante [a recitazione della formula] Iî ilîha ilA-IIAh, poiché essa è tratta dal Corano5l: deve allungare la negazione ld il più possibile, dare il giusto valore alla i (al-hamza al-maksùra) che segue, senza allungarla assolutamente, così come deve dare il giusto valore alla falif della] làm segaentes2. Deve poi s0
Sha'renî sembra riferirsi a tecniche spirifuali che concernono gli organi sottili, attestate nell'ambito del Sufismo soprattutto in ambito kubrawî e naqshbcndî, e
che possiedono evidenti analogie con pratiche dello Yoga; cf. C. W. EnNsl Situating Sufism nnd Yoga, in.Journal of the Royal Asiatic Society>, Series 3, 15:1 (2005), pp.15-43. sr La formula lî ilàha illî-ilnh, detta tahlî\, si trova solo una volta nel Corano sotto questa forma" in Cor, 37:35, mentre in numerosi versetti si trova sotto la forma Iî ilàha illà huwa (Non c'è divinità all'infuori di Lui). La corretta recitazione del Corano (taiwtd, dal verbo jawwada,.far bene, compiere alla perfezione") segue delle regole molto precise, rifuggendo lI taÍrîb, da tarab, "musica": "Quando chi recita si occupa del suono della sua voce, violando per questo le regole e i fondamenti del t6jwîd, ciò è cosa proibita (harîm); se invece recita secondo i modi musicali e i modelli propri a tale arte e la sua esecuzione rispetta accuratamente le regole del tajwîd, è considerata cosa permessa>; cf. C. CnnscEtrtrt, La ricercn della perfezione nella recitazione coranica, Leo S. Olschki Editore,2005, p. 156. Sulla recitazione coranica e i suoi rapporti con la musica vedi anche K. NELSoN, The Art of Reciting the Qur'an, Press, Cairo 2001, in particolare pp. 77-78. Sha'rànî aggiungerà più avanti nel testo:
AUC 48
Nella formula là ildha ilIA-UAh, il nome AIIAT è preceduto da una negazione, che, in un certo senso, ne rende meno "dfuetta" la menzione: secondo le regole del Sufismo, infatti, il maestro deve prestare molta attenzione al fatto che il discepolo possegga la giusta maturazione spirituale affinché la pratica dell'invocazione non si riveli per lui controproducente e dannosa. 4e ol-Anwîr al-qudsiyy a I, pp. 22-23.
proviene dai mistici persiani e bizantini fuqarà' al-'ajamî wa-I-rîtmî), mentre quello che è richiesto è seguire la sunna di Muhammad e dei pii antenati (al-salafl" 52
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Che è di due tempi.
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L. Parnrzr
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
pronunciare la hà segwente aperta (maftî,Lhas3) senza allungamenti, deve pronunciare la lettera partitiva i (al-hamza min harf al-istithnà' muksîtr s5a) non enfatic a (mukhnffafa, legger a), anch'essa senza allungamenti, e non deve allungare la vocale della lîm al-alif seguente55, poi deve pronunciare la làm ldi Allàh] enfalicasó e allungarne la alif, e fermarsi alla lettera hà senza vocalizzarla (bi-l-sukún), nel caso in cui egli si arresti, così come deve evitare di allungare la e con la quale è vocalizzata la lettera hA di iLàh. Questa sarebbe un'alterazione del Corano, allo stesso modo dell'allungamento della hd vocalizzata a di Allàh fino a far nascere da essa una warosl
35
do talvolta a un puro suono ser.za lettere o silente, e facendo segui-
allo dhikrl'irnmobilità e il silenziose. Sha'rànî termina affermando che questi sono gli îdàb necessari a chi pratica lo dhikr vocale (bi-I-Iisîn), mentre tutto ciò non concerne chi pratica lo dhikr del cuore60, e procede poi nella sua esposizione: re
Vi sono tre regole dopo f invocazione: 1 - U discepolo] deve rimanere immobile e in silenzio, in umiltà e presenza di cuore, concentrandosi sull'ispirazione divina (wàrid) che proviene dalf invocazione, e forse gli giungerà un'ispirazione che pervaderà la sua esistenza (zuujùd), in quell'istante, in maniera maggiore di quanto l'avrebbe pervasa uno sforzo spirituale di trent'anrri: forse giungerà a lui un'ispirazione che farà di lui un asceta Qìhid), oppure un'ispirazione a sopportare con pazienza quello che gli giunge dalle creature, o un'ispirazione che gli concederà il timor di Dio (khawf min Allàh), e così via. Ha dettol'imfrm al-Ghazàlî: "La prima delle regole che corrispondono a questo momento di silenzio è che il servitore deve essere consapevole del fatto che Dio lo osserva, ed egli è nelle mani di Dio l'Altissimo; il secondo è che deve contenere tutte le sensazioni in modo da non muovere neppure un capello, come il gatto durante la caccia al topo; il terzo è che deve bloccare tutti i pensieri che gli passano per la mente e aver presente il significato della parola Alldh nel cuore)). Senza queste regole colui che invoca non trae giovamento dalla pratica delia vigilanza su di sé (murîqaba). 2 - Deve biasimare la propria anima individuale per un tempo che va da tre a sette respiri o anche più, fino a che f ispirazione divina (wîrid) si sia diffusa in tutti i differenti gradi del suo essere Qnmî' awfrlirnihi), e la sua percezione interiore (basîrn) venga illuminata; deve poi bloccare le sug-
.
Secondo Yùsuf al-'Ajamî queste regole sono valide per chi pratica f invocazione con il controllo di sé, mentre a chi è in preda a stati spirituali che 1o privano del discernimento, non resta che lasciarsi andare alle ispirazioni e ai segreti che da esse derivano, menzionando il nome AilAh, rna utlhzzando anche altre forme di invocazione, come ad esempio ,rhtfioa, lA, nh, 'A, A, h, hA>s9, giungen-
53
La parola martúhn associata a una lettera può significare ,,vocaltzzata conla arr, detta fatha, ma in questo caso si riferisce alla pronuncia "aperta" e non enfatica della vocale. 5a La preposizione partitiv a illî è in effetti formata da i + Iî, e deriva il suo valore partitivo proprio dalla hamza prefissa, in questo caso vocalizzafa i. 55 La vocale finale di illî dowebbe essere pronunciata lunga, ma dal momento che essa è seguita dalla alif zoasla della parola successiva, diventa breve nella liaison. 56 Soltanto laIîm raddoppiata della parola AIIîî deve essere enfatizzatanella recitazione, e soltanto quando essa è vocalizzata con una damma (u) o con una fatha (a), come in questo caso, mentre è da pronunciarsi non enfatica quando è vocalizzata con una kasra (i). 57 Secondo le regole della lettura coranica, ma anche della lingua araba, alle quali sfugge soltanto la poesia, la vocalizzazíone della hî, ín questo caso la u, non viene pronunciata poiché la parola AIIîî si trova al terrnine della frase. s8 In alcuni di questi suoni si può riconoscere una specie di trascrizione di quel suono ritmato prodotto nella gola caratteristico delle sedute di dhikr, pratica della quale solitamente non viene fatta menzione nei trattati.
(dhikr)...
se
al-Anzudr al-qudsiyya I, p. 24.
60
del cuore che rappresenta nel Sufismo l'ultimo grado dello dhikr totalmente interiorizzato in seguito a una realizzazione spirituale, 1o dhikr del cuore considerato in quanto pratica spirituale specifica è stato
Al di là dello dhikr
sviluppato anch'esso soprattutto in ambito nnqshbandî.
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L. Parnrzr
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
pronunciare la hà segwente aperta (maftî,Lhas3) senza allungamenti, deve pronunciare la lettera partitiva i (al-hamza min harf al-istithnà' muksîtr s5a) non enfatic a (mukhnffafa, legger a), anch'essa senza allungamenti, e non deve allungare la vocale della lîm al-alif seguente55, poi deve pronunciare la làm ldi Allàh] enfalicasó e allungarne la alif, e fermarsi alla lettera hà senza vocalizzarla (bi-l-sukún), nel caso in cui egli si arresti, così come deve evitare di allungare la e con la quale è vocalizzata la lettera hA di iLàh. Questa sarebbe un'alterazione del Corano, allo stesso modo dell'allungamento della hd vocalizzata a di Allàh fino a far nascere da essa una warosl
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do talvolta a un puro suono ser.za lettere o silente, e facendo segui-
allo dhikrl'irnmobilità e il silenziose. Sha'rànî termina affermando che questi sono gli îdàb necessari a chi pratica lo dhikr vocale (bi-I-Iisîn), mentre tutto ciò non concerne chi pratica lo dhikr del cuore60, e procede poi nella sua esposizione: re
Vi sono tre regole dopo f invocazione: 1 - U discepolo] deve rimanere immobile e in silenzio, in umiltà e presenza di cuore, concentrandosi sull'ispirazione divina (wàrid) che proviene dalf invocazione, e forse gli giungerà un'ispirazione che pervaderà la sua esistenza (zuujùd), in quell'istante, in maniera maggiore di quanto l'avrebbe pervasa uno sforzo spirituale di trent'anrri: forse giungerà a lui un'ispirazione che farà di lui un asceta Qìhid), oppure un'ispirazione a sopportare con pazienza quello che gli giunge dalle creature, o un'ispirazione che gli concederà il timor di Dio (khawf min Allàh), e così via. Ha dettol'imfrm al-Ghazàlî: "La prima delle regole che corrispondono a questo momento di silenzio è che il servitore deve essere consapevole del fatto che Dio lo osserva, ed egli è nelle mani di Dio l'Altissimo; il secondo è che deve contenere tutte le sensazioni in modo da non muovere neppure un capello, come il gatto durante la caccia al topo; il terzo è che deve bloccare tutti i pensieri che gli passano per la mente e aver presente il significato della parola Alldh nel cuore)). Senza queste regole colui che invoca non trae giovamento dalla pratica delia vigilanza su di sé (murîqaba). 2 - Deve biasimare la propria anima individuale per un tempo che va da tre a sette respiri o anche più, fino a che f ispirazione divina (wîrid) si sia diffusa in tutti i differenti gradi del suo essere Qnmî' awfrlirnihi), e la sua percezione interiore (basîrn) venga illuminata; deve poi bloccare le sug-
.
Secondo Yùsuf al-'Ajamî queste regole sono valide per chi pratica f invocazione con il controllo di sé, mentre a chi è in preda a stati spirituali che 1o privano del discernimento, non resta che lasciarsi andare alle ispirazioni e ai segreti che da esse derivano, menzionando il nome AilAh, rna utlhzzando anche altre forme di invocazione, come ad esempio ,rhtfioa, lA, nh, 'A, A, h, hA>s9, giungen-
53
La parola martúhn associata a una lettera può significare ,,vocaltzzata conla arr, detta fatha, ma in questo caso si riferisce alla pronuncia "aperta" e non enfatica della vocale. 5a La preposizione partitiv a illî è in effetti formata da i + Iî, e deriva il suo valore partitivo proprio dalla hamza prefissa, in questo caso vocalizzafa i. 55 La vocale finale di illî dowebbe essere pronunciata lunga, ma dal momento che essa è seguita dalla alif zoasla della parola successiva, diventa breve nella liaison. 56 Soltanto laIîm raddoppiata della parola AIIîî deve essere enfatizzatanella recitazione, e soltanto quando essa è vocalizzata con una damma (u) o con una fatha (a), come in questo caso, mentre è da pronunciarsi non enfatica quando è vocalizzata con una kasra (i). 57 Secondo le regole della lettura coranica, ma anche della lingua araba, alle quali sfugge soltanto la poesia, la vocalizzazíone della hî, ín questo caso la u, non viene pronunciata poiché la parola AIIîî si trova al terrnine della frase. s8 In alcuni di questi suoni si può riconoscere una specie di trascrizione di quel suono ritmato prodotto nella gola caratteristico delle sedute di dhikr, pratica della quale solitamente non viene fatta menzione nei trattati.
(dhikr)...
se
al-Anzudr al-qudsiyya I, p. 24.
60
del cuore che rappresenta nel Sufismo l'ultimo grado dello dhikr totalmente interiorizzato in seguito a una realizzazione spirituale, 1o dhikr del cuore considerato in quanto pratica spirituale specifica è stato
Al di là dello dhikr
sviluppato anch'esso soprattutto in ambito nnqshbandî.
36
Trnsmissione iniziatica e regole dell'inaocazione (dhikr).
L. Pernrzr
gestioni [che gli giungono] dalla sua anima e dal demonio, e rimuovere il velo [che lo separa dalle realtà spirituali]. 3 - Non deve bere acqua fredda subito dopo l'invocazione, poiché l'invocazione genera calore e agitazione, e desiderio nei confronti di Colui che è oggetto dello dhikr (nl-msdhkúr), e bere dell'acqua spegne questo calore. Chi pratica l'invocazione presti attenzione a questi tre îdàb, e il risulta-
37
caziorte, nessun tempo dedicato alla sua pratica è da considerarsi sufficiente. Egli aggiunge in seguito:
L'invocazione sollecita l'apertura spirituale e riunisce ciò che è sparso in colui che 1o pratica, e quando esso ha la meglio su di lui, mescola al suo spirito (rùh) I'arnore del nome di Colui che è oggetto dello dhikr (sl-madhkftr), a tal punto che quando alcuni di coloro che praticano lo dhikr vengono colpiti in testa da una pietra, il sangue che fuorie-
to non tarderà a manifestarsi6l.
Sha'rànî afferma in seguito che i benefici (fawó'id) della pratica dell'invocazione sono innumerevoli, poiché chi pratica lo dhikr è in presenza di Dio senza intermediari, e nessuno conosce la misura di ciò che gli è stato donato in quanto a scienza e segreti ogni qualvolta lo pratica: la Presenza Divina non porta verso di sé nessuno e poi se ne separa senza avergli concesso un'influenza spirituale (mndad). A chi si lamenta nonostante tutto di non aver tratto alcun beneficio dalla pratica delf invocazione, Sha'rànî risponde che forse egli ha praticato troppo dhikr senza presenza spirituale (hudîLr), e senza un maestro che lo guidi, e prosegue con una citazione dalle Hiknm di Ibn'Atà'Allàh al-Iskandarî:
..
sce può tracciare a terra la parola AUAU63.
Secondo Sha'rànî può pervenire all'Intimità divina (al-uns) tramite l'invocazione soltanto colui che sperimenta lo sconforto della distrazione, poiché soltanto chi è sprofondato nel sonno non perviene né all'Intimità né all'afflizione, e non teme bestia feroce o serpente. Egli riporta in seguito un'interessante selezione di hadith che si riferiscono all'invocazione: [Ha detto il Profeta:]
Se durante la pratica dello dhikr non percepisci Ia Presenza
di Dio l'Altissimo, non smettere di praticarlo, poiché il tuo distrarti dallo dhikr è peggiore della tua distrazione durante lo dhikr, ed è possibile che Egti ti innalzi da uno dhikr noncurante verso uno dhikr concentrato, poi vetso uno dhikr in Presenza di Dio, fino ad uno dhikr nel quale ogni cosa è assente tranne colui che è oggetto dello dhikr (al-madhkúr), .e ciò non è difficile per Dio"62.
(dhikr Allîh)"64.
Ha detto Iddio, che Egli sia esaltato: .Io sono vicino all'idea che il mio servitore si fa di me, e sono assieme a lui quando mi menziona (dhakaranî)r, e in un'altra versione:
Per Sha'rànî la Gente della Via (al-qawm) è concorde sul fatto che l'invocazione è la chiave della realtà invisibile (mtftùh abghayb), e attira su di sé il bene, lenisce la tristezza per la lontananza da Dio e annuncia la santità (nl-rualnya), e a motivo della nobiltà dell'invo-
61 62
al-Anwàr al-qudsiyya I, pp 24-25. Corano, 19:20.
Il riferimento è al noto racconto della messa a morte di al-Hallàj, che Sha'rànî non cita per evitare di incorrere nelle critiche dei sapienti essoterici ('ulamî' al-zîhir). Cf. Al-HallAL II Cristo dell'Islam. Scritti mistici, a cura di Alberto Ventura, Mondadori 2002 introduzione, pp. XIV-XV[. 64 Lo dhikr AIIîî concerne allo stesso tempo il "icordo" nel senso della concentrazione costante e della meditazione su Dio, e la menzione di uno dei suoi nomi o di formule che ne contengano il nome. 63
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Trnsmissione iniziatica e regole dell'inaocazione (dhikr).
L. Pernrzr
gestioni [che gli giungono] dalla sua anima e dal demonio, e rimuovere il velo [che lo separa dalle realtà spirituali]. 3 - Non deve bere acqua fredda subito dopo l'invocazione, poiché l'invocazione genera calore e agitazione, e desiderio nei confronti di Colui che è oggetto dello dhikr (nl-msdhkúr), e bere dell'acqua spegne questo calore. Chi pratica l'invocazione presti attenzione a questi tre îdàb, e il risulta-
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caziorte, nessun tempo dedicato alla sua pratica è da considerarsi sufficiente. Egli aggiunge in seguito:
L'invocazione sollecita l'apertura spirituale e riunisce ciò che è sparso in colui che 1o pratica, e quando esso ha la meglio su di lui, mescola al suo spirito (rùh) I'arnore del nome di Colui che è oggetto dello dhikr (sl-madhkftr), a tal punto che quando alcuni di coloro che praticano lo dhikr vengono colpiti in testa da una pietra, il sangue che fuorie-
to non tarderà a manifestarsi6l.
Sha'rànî afferma in seguito che i benefici (fawó'id) della pratica dell'invocazione sono innumerevoli, poiché chi pratica lo dhikr è in presenza di Dio senza intermediari, e nessuno conosce la misura di ciò che gli è stato donato in quanto a scienza e segreti ogni qualvolta lo pratica: la Presenza Divina non porta verso di sé nessuno e poi se ne separa senza avergli concesso un'influenza spirituale (mndad). A chi si lamenta nonostante tutto di non aver tratto alcun beneficio dalla pratica delf invocazione, Sha'rànî risponde che forse egli ha praticato troppo dhikr senza presenza spirituale (hudîLr), e senza un maestro che lo guidi, e prosegue con una citazione dalle Hiknm di Ibn'Atà'Allàh al-Iskandarî:
..
sce può tracciare a terra la parola AUAU63.
Secondo Sha'rànî può pervenire all'Intimità divina (al-uns) tramite l'invocazione soltanto colui che sperimenta lo sconforto della distrazione, poiché soltanto chi è sprofondato nel sonno non perviene né all'Intimità né all'afflizione, e non teme bestia feroce o serpente. Egli riporta in seguito un'interessante selezione di hadith che si riferiscono all'invocazione: [Ha detto il Profeta:]
Se durante la pratica dello dhikr non percepisci Ia Presenza
di Dio l'Altissimo, non smettere di praticarlo, poiché il tuo distrarti dallo dhikr è peggiore della tua distrazione durante lo dhikr, ed è possibile che Egti ti innalzi da uno dhikr noncurante verso uno dhikr concentrato, poi vetso uno dhikr in Presenza di Dio, fino ad uno dhikr nel quale ogni cosa è assente tranne colui che è oggetto dello dhikr (al-madhkúr), .e ciò non è difficile per Dio"62.
(dhikr Allîh)"64.
Ha detto Iddio, che Egli sia esaltato: .Io sono vicino all'idea che il mio servitore si fa di me, e sono assieme a lui quando mi menziona (dhakaranî)r, e in un'altra versione:
Per Sha'rànî la Gente della Via (al-qawm) è concorde sul fatto che l'invocazione è la chiave della realtà invisibile (mtftùh abghayb), e attira su di sé il bene, lenisce la tristezza per la lontananza da Dio e annuncia la santità (nl-rualnya), e a motivo della nobiltà dell'invo-
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al-Anwàr al-qudsiyya I, pp 24-25. Corano, 19:20.
Il riferimento è al noto racconto della messa a morte di al-Hallàj, che Sha'rànî non cita per evitare di incorrere nelle critiche dei sapienti essoterici ('ulamî' al-zîhir). Cf. Al-HallAL II Cristo dell'Islam. Scritti mistici, a cura di Alberto Ventura, Mondadori 2002 introduzione, pp. XIV-XV[. 64 Lo dhikr AIIîî concerne allo stesso tempo il "icordo" nel senso della concentrazione costante e della meditazione su Dio, e la menzione di uno dei suoi nomi o di formule che ne contengano il nome. 63
38
Trasmíssione inizintica e regole dell'inuocazione
L. Parnrzr
lJn uomo chiese: . In verità gli angeli girano in cerca di persone che praticano l'invocazione (ahl al-dhikr), e quando trovano persone che invocano il nome di Dio, si chiamano l'uno con l'altro: . E li circondano con le loro ali fino al primo cieTo (samî' al-dunva).
39
Un gruppo di persone non sarà riunito per invocare Dio, senza altro fine che la ricerca del suo Volto65, senza che
Mu'àdh lbn Jabal ha affermato: "L'ultima parola che si è separata dall'Inviato di Dio è stata, in seguito alla mia domanda "Qual è l'opera che lddio ama maggiormente?", "Che alla tua morte la tua lingua sia umida della menzione di Dio (dhikr AIIîh)"". Tutte le cose hanno un sostegno, e il sostegno dei cuori è il ricordo di Dio (dhikr AUAî), e nessuna altra cosa è più [utile] del ricordo di Dio per scampare alla punizione divina. Domandarono: ,.Neanche il combattimento in vista di Dio (jihùd f sabîl Allàh)?>. Rispose [il Profeta]: "Neppure combattendo con la spada fino ad essere uccisi". Un gruppo di persone (qmnm\ in questo basso mondo non invocherà Dio dal proprio giaciglio senza che Egli lo faccia entrare nei più alti livelli [del paradiso]. Tra colui che pratica la menzione di Dio (dhikr AilAD e colui che non la pratica vi è la differenza che c'è tra un vivo e un morto.
(dhikr)...
venga annunciato loro dal cielo che essi sono stati perdonati, e che i loro peccati sono stati tramutati in buone azioni. Un gruppo di persone non sarà riunito per invocare Dio, ricercando attraverso ciò soltanto il suo Volto, senza che venga annunciato loro dal cielo: "Quando passate vicino ai giardini del paradiso, entrate in essi". Essi chiesero: o Inviato di Dio?". "Ma quali sono i giardini del paradiso, l'invocazione'' ,,I nei quali si pratica circoli Egli rispose: Ha detto Iddio: "Distingui la gente dell'unione dalla gente chi è la gente della nobiltà, o della nobiltà>. Fu chiesto:
"E
inviato di Dio?". Rispose:
Sha'rànî ricusa con decisione l'argomento avanzato da alcuni secondo il quale le riunioni di dhikr rappresentano un'innovazlone (bid'a): al contrario esse sono raccomandate dalla religione (mustahabb). Il migliore tra gli atti di adorazione è riunirsi e stare seduti praticandó l'invocaiione di Dio, e il riferimento scritturale (dalîl) è un hadith riportato da Muslim e Tirmidhî:
Un gruppo di persone non si metterà seduto ad invocare Dio senza essere circondato dagli angeli ed essere awolto dalla Misericordia, e senza che sia discesa su di esso la Sukîna67, e senza che Iddio li menzioni nel novero di coloro che sono presso di lui68.
65
Simbolo dell'Essenza Divina, la ricerca del Volto equivale alla ricerca di Dio.
al-Anwîr al-qudsiyya l, pp. 27 -28. La PresenzaDivína che discende sulla terra, dalla radice Sîn, "risiedere, ab7Iare", analoga alla Shekinah biblica. 68 Vale a dire che li consideri degli awliyî', dei santi prossimi a Dio. 66
67
Kàl Núry
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Trasmíssione inizintica e regole dell'inuocazione
L. Parnrzr
lJn uomo chiese: . In verità gli angeli girano in cerca di persone che praticano l'invocazione (ahl al-dhikr), e quando trovano persone che invocano il nome di Dio, si chiamano l'uno con l'altro: . E li circondano con le loro ali fino al primo cieTo (samî' al-dunva).
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Un gruppo di persone non sarà riunito per invocare Dio, senza altro fine che la ricerca del suo Volto65, senza che
Mu'àdh lbn Jabal ha affermato: "L'ultima parola che si è separata dall'Inviato di Dio è stata, in seguito alla mia domanda "Qual è l'opera che lddio ama maggiormente?", "Che alla tua morte la tua lingua sia umida della menzione di Dio (dhikr AIIîh)"". Tutte le cose hanno un sostegno, e il sostegno dei cuori è il ricordo di Dio (dhikr AUAî), e nessuna altra cosa è più [utile] del ricordo di Dio per scampare alla punizione divina. Domandarono: ,.Neanche il combattimento in vista di Dio (jihùd f sabîl Allàh)?>. Rispose [il Profeta]: "Neppure combattendo con la spada fino ad essere uccisi". Un gruppo di persone (qmnm\ in questo basso mondo non invocherà Dio dal proprio giaciglio senza che Egli lo faccia entrare nei più alti livelli [del paradiso]. Tra colui che pratica la menzione di Dio (dhikr AilAD e colui che non la pratica vi è la differenza che c'è tra un vivo e un morto.
(dhikr)...
venga annunciato loro dal cielo che essi sono stati perdonati, e che i loro peccati sono stati tramutati in buone azioni. Un gruppo di persone non sarà riunito per invocare Dio, ricercando attraverso ciò soltanto il suo Volto, senza che venga annunciato loro dal cielo: "Quando passate vicino ai giardini del paradiso, entrate in essi". Essi chiesero: o Inviato di Dio?". "Ma quali sono i giardini del paradiso, l'invocazione'' ,,I nei quali si pratica circoli Egli rispose: Ha detto Iddio: "Distingui la gente dell'unione dalla gente chi è la gente della nobiltà, o della nobiltà>. Fu chiesto:
"E
inviato di Dio?". Rispose:
Sha'rànî ricusa con decisione l'argomento avanzato da alcuni secondo il quale le riunioni di dhikr rappresentano un'innovazlone (bid'a): al contrario esse sono raccomandate dalla religione (mustahabb). Il migliore tra gli atti di adorazione è riunirsi e stare seduti praticandó l'invocaiione di Dio, e il riferimento scritturale (dalîl) è un hadith riportato da Muslim e Tirmidhî:
Un gruppo di persone non si metterà seduto ad invocare Dio senza essere circondato dagli angeli ed essere awolto dalla Misericordia, e senza che sia discesa su di esso la Sukîna67, e senza che Iddio li menzioni nel novero di coloro che sono presso di lui68.
65
Simbolo dell'Essenza Divina, la ricerca del Volto equivale alla ricerca di Dio.
al-Anwîr al-qudsiyya l, pp. 27 -28. La PresenzaDivína che discende sulla terra, dalla radice Sîn, "risiedere, ab7Iare", analoga alla Shekinah biblica. 68 Vale a dire che li consideri degli awliyî', dei santi prossimi a Dio. 66
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Kàl Núry
40
L. Pernrzr
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
Alla domanda se sia più profittevole, per il discepolo, l'invocazione individuale o di gruppo, Sha'rànî risponde che, secondo la Cente della Via (al-qawm), l'invocazione individuale è maggiormente utile a coloro che sono in ritiro spirituale (khalwa), così come l'invocazione praticata ad alta voce è maggiormente utile a coloro che sono all'inizio della via spirituale, mentre l'invocazione silenziosa è utile a coloro che impongono a se stessi la vita nell'ambito della società. Aggiunge poi che I'imàm al-Ghazàlî ha messo in relazione f invocazione dell'uomo solo rispetto all'invocazione collettiva, con la chiamata alla preghiera (adhàn) dell'uomo solo rispetto alla chiamata alla preghiera collettiva, poiché le voci dei muèzzin di gruppo commuovono maggiormente chi ascolta rispetto alla voce di un muezzin solo, e allo stesso modo l'invocazione praticata in gruppo ha maggiore influenza nell'animo di chi l'ascolta rispetto all'invocazione individuale. Come per la chiamata alla preghiera, ognuno ottiene la sua propria ricompensa per l'atto compiuto, sommata alla ricompensa che gli deriva dall'ascoltare il suo compagno. Sha'rànî afferma che, dal momento che i cuori sono come delle pietre, come è detto nel Corano'e, p€r spaccarli è necessaria una grande forza, e la forza collettiva è maggiore della forza di un solo individuo, e dunque l'invocazione collettiva praticata con grande forza è maggiormente utile a questo scopo, così come a riunire ciò che è sparso nel cuore di colui che la compie7O. Sha'rànî conclude la sua trattazione sull'invocazione toccando due argomenti controversi: il primo è se sia più profittevole lo dhikr o la recitazione del Corano, dal momento che essa assomma in sé il vantaggio di essere allo stesso tempo dhikr e recitazioneTl, dunque con doppia ricompensa, ed egli risponde affermando che f invocazione è migliore per il discepolo che segue la via spirituale, mentre la recitazione del Corano è migliore per la persona realizzala (nl-kàmil) con una piena comprensione spirituale delle cose divine. 69
.Ma in seguito i vostri cuori s'indurirono e divennero come le pietre, anzi più duri ancora, ché vi son pietre dalle quali sgorgano i fiumi, e altre si spaccano e n'esce I'acqua, e altre crollano pel terrore di Dio. Ma Iddio non ignaro di ciò che voi fate". Cor.2:74, trad. A. Bausani, BU& 1988.
70
al-Anroîr al-qudsiyyal, p.29. anche dhikr.
47
Tuttavia egli aggiunge che per ciò a cui si aspira tramite f invocazione e la recitazione del Corano, non è stato fissato un tempo preciso, e c'è un momento nel quale lo dhikr è più opportuno, e un altro momento in cui è la recitazione a rivelarsi più opportunaT2. Il secondo argomento controverso è relativo al fatto se sia più opportuno durante l'invocazione far seguire a Iî ilîhs ilIà-IIdh la seconda parte dell'attestazione di fede islamica (shnhîda) Muhammadun rnsîtlu-llàh (e Muhammad è l'inviato di Dio): Sha'rànî risponde affermando che l'invocazione migliore per coloro che percorrono la via spirituale è Lî ilîha illî-llàh, senza Muhammadun rasúluIIàh, finché i loro cuori non raggiungano l'unione con Dio. Quando ciò accade, f invocazione con la shahîda completa è per loro migliore. La spiegazione che egli propone è che Muhammadun rasîtlu-llàh è un'affermazione (iqrîr) che è sufficiente pronunciare una volta nella vita, mentre l'attestazione di unità divina (tawhîd) necessita di essere ripetuta innumerevoli volte al fine di scostare il velo che copre I'anima del credente. Su questa attestazione è fondata la missione profetica (risîIa) di Muhammad:
Mi è stato ingiunto [da Dio] di combattere gli uomini fino a che non affermino lî ilóhs illí-Unh, e quando lo affermano essi e i loro beni sono sotto la mia protezione, tranne se infrangono i diritti dell'Islam, e in quel caso devono rendere conto a Dio. e a questo proposito Sha'rànî osserva che il Profeta non menziona quesloccasione la formula conclusiva Muhammadun rasùlu-llàh13.
in
Sha'rànî ritorna infine sulla questione se per il credente sia meglio praticare l'invocazione con la formula là ilîha ilIî-ilAh oppure utllizzando il nome divino Alldh senza negazioneTa. Egli risponde con l'affernazione, specificamente islamica, secondo la quale la difÍerenza di opinione tra i sapienti è un bene in sé: una parte degli aderenti al Sufismo è stata propensa ad affermare che l'invocazione con il nome di Dio fosse migliore per il novizio, mentre la mag-
è
7t Tra le varie definizioni del Corano, nel Corano stesso possiamo trovare
(dhikr)...
12
al-Anutîr al-qudsiyya I, p. 30.
tt lbid.,pp.29-30. ]a Cî. suprn.
40
L. Pernrzr
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
Alla domanda se sia più profittevole, per il discepolo, l'invocazione individuale o di gruppo, Sha'rànî risponde che, secondo la Cente della Via (al-qawm), l'invocazione individuale è maggiormente utile a coloro che sono in ritiro spirituale (khalwa), così come l'invocazione praticata ad alta voce è maggiormente utile a coloro che sono all'inizio della via spirituale, mentre l'invocazione silenziosa è utile a coloro che impongono a se stessi la vita nell'ambito della società. Aggiunge poi che I'imàm al-Ghazàlî ha messo in relazione f invocazione dell'uomo solo rispetto all'invocazione collettiva, con la chiamata alla preghiera (adhàn) dell'uomo solo rispetto alla chiamata alla preghiera collettiva, poiché le voci dei muèzzin di gruppo commuovono maggiormente chi ascolta rispetto alla voce di un muezzin solo, e allo stesso modo l'invocazione praticata in gruppo ha maggiore influenza nell'animo di chi l'ascolta rispetto all'invocazione individuale. Come per la chiamata alla preghiera, ognuno ottiene la sua propria ricompensa per l'atto compiuto, sommata alla ricompensa che gli deriva dall'ascoltare il suo compagno. Sha'rànî afferma che, dal momento che i cuori sono come delle pietre, come è detto nel Corano'e, p€r spaccarli è necessaria una grande forza, e la forza collettiva è maggiore della forza di un solo individuo, e dunque l'invocazione collettiva praticata con grande forza è maggiormente utile a questo scopo, così come a riunire ciò che è sparso nel cuore di colui che la compie7O. Sha'rànî conclude la sua trattazione sull'invocazione toccando due argomenti controversi: il primo è se sia più profittevole lo dhikr o la recitazione del Corano, dal momento che essa assomma in sé il vantaggio di essere allo stesso tempo dhikr e recitazioneTl, dunque con doppia ricompensa, ed egli risponde affermando che f invocazione è migliore per il discepolo che segue la via spirituale, mentre la recitazione del Corano è migliore per la persona realizzala (nl-kàmil) con una piena comprensione spirituale delle cose divine. 69
.Ma in seguito i vostri cuori s'indurirono e divennero come le pietre, anzi più duri ancora, ché vi son pietre dalle quali sgorgano i fiumi, e altre si spaccano e n'esce I'acqua, e altre crollano pel terrore di Dio. Ma Iddio non ignaro di ciò che voi fate". Cor.2:74, trad. A. Bausani, BU& 1988.
70
al-Anroîr al-qudsiyyal, p.29. anche dhikr.
47
Tuttavia egli aggiunge che per ciò a cui si aspira tramite f invocazione e la recitazione del Corano, non è stato fissato un tempo preciso, e c'è un momento nel quale lo dhikr è più opportuno, e un altro momento in cui è la recitazione a rivelarsi più opportunaT2. Il secondo argomento controverso è relativo al fatto se sia più opportuno durante l'invocazione far seguire a Iî ilîhs ilIà-IIdh la seconda parte dell'attestazione di fede islamica (shnhîda) Muhammadun rnsîtlu-llàh (e Muhammad è l'inviato di Dio): Sha'rànî risponde affermando che l'invocazione migliore per coloro che percorrono la via spirituale è Lî ilîha illî-llàh, senza Muhammadun rasúluIIàh, finché i loro cuori non raggiungano l'unione con Dio. Quando ciò accade, f invocazione con la shahîda completa è per loro migliore. La spiegazione che egli propone è che Muhammadun rasîtlu-llàh è un'affermazione (iqrîr) che è sufficiente pronunciare una volta nella vita, mentre l'attestazione di unità divina (tawhîd) necessita di essere ripetuta innumerevoli volte al fine di scostare il velo che copre I'anima del credente. Su questa attestazione è fondata la missione profetica (risîIa) di Muhammad:
Mi è stato ingiunto [da Dio] di combattere gli uomini fino a che non affermino lî ilóhs illí-Unh, e quando lo affermano essi e i loro beni sono sotto la mia protezione, tranne se infrangono i diritti dell'Islam, e in quel caso devono rendere conto a Dio. e a questo proposito Sha'rànî osserva che il Profeta non menziona quesloccasione la formula conclusiva Muhammadun rasùlu-llàh13.
in
Sha'rànî ritorna infine sulla questione se per il credente sia meglio praticare l'invocazione con la formula là ilîha ilIî-ilAh oppure utllizzando il nome divino Alldh senza negazioneTa. Egli risponde con l'affernazione, specificamente islamica, secondo la quale la difÍerenza di opinione tra i sapienti è un bene in sé: una parte degli aderenti al Sufismo è stata propensa ad affermare che l'invocazione con il nome di Dio fosse migliore per il novizio, mentre la mag-
è
7t Tra le varie definizioni del Corano, nel Corano stesso possiamo trovare
(dhikr)...
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al-Anutîr al-qudsiyya I, p. 30.
tt lbid.,pp.29-30. ]a Cî. suprn.
42
L. Parnrzl
gior parte di essi, dei trasmettitori di hadith e dei sapienti nella Leggè Rivelata hanno affermato dne Iî ildha illî-ilîlz è migliore sia pei il novizio che per colui che è avanzato nella Via. Un altro gruppo ha affermato infine che Iî ilàha ilIA-lIAh è lo dhikr del novizio, mentre la parola AUAV è riservata a chi è già avanzato nella Via, e le opinioni in merito sono numerose, allo stesso modo in cui in alcune scuole di diritto (madhkhib) talvolta coesistono elaborazioni giuridiche differentiTs.
CoNcrusioNs È possibile affermare che una delle funzioni innegabili dell'opera di Sha'ràni funzione che risulta assai evidente nel testo scelto come riferimento, è la sua decisiva contribuzione alla creazione di una continuità tra le pratiche del Sufismo e l'Islam, processo in corso già da parecchi secoli, che raggiungerà proprio in questo periodó storicò il momento di maggior equilibrio nell'ambito della iocietà islamica, sia durante l'Impero mamelucco che durante l'Impero ottomanoT6. A rendere possibile il compito di Sha'rànî è il lavoro compiuto da alcuni studiosi della legge ('ulamà') egiziani vissuti nel periodo appena precedente o a lui contemporaneo, come Ibn Hajar al-'Asqalàni Jalàl al-Dîn al-Suyùti Zakàriyyà aIAnsàrî e Ibn-Hajar al-Haytamî77, giureconswlti (fuqahrî') celebri e universalmente riconosciuti. Alcuni di essi, seppur ricollegati al Sufismo, godevano di una posizione religiosa e sociale che non permetteva loro di esporsi troppo, e si erano limitati quindi a emet-
75
al-Aruttîr al-qudsiyyn I, p. 30. sulla questione della differenza di opinrone giuridica in Islam, secondo lo speciale punto di vista di Sha'ràni vedi
S. PecaNr, The Meaníng of the ikhtilîf al-madhàhib in'Abd al-Wahhàh al-Sha'rînî al-Mîzîn al-Kubrrî, Islamic Law and Society 11'-2, Brlll' 2004. 76 Cf. M. WnlrER, Society And Religion in Early Ottoman Egypt' Studies in the Writing of 'Abd AI-Wahhîb AI-Sha'rînî, Transactions Books, 1982' pp. 13-37 77 Cf. IeNr HADIAR .a.l-Hevravî, Encyclopaedia of Islam, Second Edition Egli era contemporaneo di Sha'ràni che non lo cita nelle Tabaqît al-sughrî, nonostante f ossero entrambi discepoli d1 Zakàriyy àL al-Ansàrî.
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
(dhikr)...
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tere pareri giuridici (fatîuî, sng. fatwî) favorevoli al Sufismo e alle sue pratiche, includendolo tra le scienze della shaú'a, anche se, a un livello più informale, come abbiamo visto, alcuni di essi saranno in seguito indicati come sospetti trasmettitori della khirqa khadiriyya. Essi rivolsero quindi il loro sforzo a favore del Sufismo essenzialmente nei confronti del mondo degli 'ulamk'e della società islamica nel suo complesso. Sha'rànî invece, discepolo di alcuni dei succitati uomini di scienza, e quindi detentore egli stesso di un'estesa conoscenza religiosa e giuridica, ma allo stesso tempo celebre mae-
stro sufi, si trova nella posizione per poter intraprendere un tentativo più esplicito e mirato, rivolgendo i propri sîorzi essenzialmente all'interno del mondo del Sufismo. A questo scopo, egli si prodiga a uniformare il vocabolario dei due differenti ambiti, facendo largo uso di termini tecnici del diritto nella trattazione delle tematiche del Sufismo, e mostrando inoltre come, ad esempio nel caso
appena esaminato, alcune tra le regole preposte allo dhikr siano finalizzate al corretto compimento dei riti religiosi, come la pútezza rituale, la direzione verso Mecca e l'intenzione sincera, e facendo grande ricorso agli hadith per far luce su trasmissioni dei primi tempi dell'Islam che erano rimaste fino a quel momento in una penombra più o meno voluta, date per scontate nell'ambiente interno al Sufismo e negate all'esterno. Quest'opera di consolidamento intrapresa da Sha'rànî ci restituirà un'immagine del Sufismo che non necessiterà di fondamentali modifiche per i secoli a venire, fino ai nostri giorni.
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L. Parnrzl
gior parte di essi, dei trasmettitori di hadith e dei sapienti nella Leggè Rivelata hanno affermato dne Iî ildha illî-ilîlz è migliore sia pei il novizio che per colui che è avanzato nella Via. Un altro gruppo ha affermato infine che Iî ilàha ilIA-lIAh è lo dhikr del novizio, mentre la parola AUAV è riservata a chi è già avanzato nella Via, e le opinioni in merito sono numerose, allo stesso modo in cui in alcune scuole di diritto (madhkhib) talvolta coesistono elaborazioni giuridiche differentiTs.
CoNcrusioNs È possibile affermare che una delle funzioni innegabili dell'opera di Sha'ràni funzione che risulta assai evidente nel testo scelto come riferimento, è la sua decisiva contribuzione alla creazione di una continuità tra le pratiche del Sufismo e l'Islam, processo in corso già da parecchi secoli, che raggiungerà proprio in questo periodó storicò il momento di maggior equilibrio nell'ambito della iocietà islamica, sia durante l'Impero mamelucco che durante l'Impero ottomanoT6. A rendere possibile il compito di Sha'rànî è il lavoro compiuto da alcuni studiosi della legge ('ulamà') egiziani vissuti nel periodo appena precedente o a lui contemporaneo, come Ibn Hajar al-'Asqalàni Jalàl al-Dîn al-Suyùti Zakàriyyà aIAnsàrî e Ibn-Hajar al-Haytamî77, giureconswlti (fuqahrî') celebri e universalmente riconosciuti. Alcuni di essi, seppur ricollegati al Sufismo, godevano di una posizione religiosa e sociale che non permetteva loro di esporsi troppo, e si erano limitati quindi a emet-
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al-Aruttîr al-qudsiyyn I, p. 30. sulla questione della differenza di opinrone giuridica in Islam, secondo lo speciale punto di vista di Sha'ràni vedi
S. PecaNr, The Meaníng of the ikhtilîf al-madhàhib in'Abd al-Wahhàh al-Sha'rînî al-Mîzîn al-Kubrrî, Islamic Law and Society 11'-2, Brlll' 2004. 76 Cf. M. WnlrER, Society And Religion in Early Ottoman Egypt' Studies in the Writing of 'Abd AI-Wahhîb AI-Sha'rînî, Transactions Books, 1982' pp. 13-37 77 Cf. IeNr HADIAR .a.l-Hevravî, Encyclopaedia of Islam, Second Edition Egli era contemporaneo di Sha'ràni che non lo cita nelle Tabaqît al-sughrî, nonostante f ossero entrambi discepoli d1 Zakàriyy àL al-Ansàrî.
Trasmissione iniziatica e regole dell'inaocazione
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tere pareri giuridici (fatîuî, sng. fatwî) favorevoli al Sufismo e alle sue pratiche, includendolo tra le scienze della shaú'a, anche se, a un livello più informale, come abbiamo visto, alcuni di essi saranno in seguito indicati come sospetti trasmettitori della khirqa khadiriyya. Essi rivolsero quindi il loro sforzo a favore del Sufismo essenzialmente nei confronti del mondo degli 'ulamk'e della società islamica nel suo complesso. Sha'rànî invece, discepolo di alcuni dei succitati uomini di scienza, e quindi detentore egli stesso di un'estesa conoscenza religiosa e giuridica, ma allo stesso tempo celebre mae-
stro sufi, si trova nella posizione per poter intraprendere un tentativo più esplicito e mirato, rivolgendo i propri sîorzi essenzialmente all'interno del mondo del Sufismo. A questo scopo, egli si prodiga a uniformare il vocabolario dei due differenti ambiti, facendo largo uso di termini tecnici del diritto nella trattazione delle tematiche del Sufismo, e mostrando inoltre come, ad esempio nel caso
appena esaminato, alcune tra le regole preposte allo dhikr siano finalizzate al corretto compimento dei riti religiosi, come la pútezza rituale, la direzione verso Mecca e l'intenzione sincera, e facendo grande ricorso agli hadith per far luce su trasmissioni dei primi tempi dell'Islam che erano rimaste fino a quel momento in una penombra più o meno voluta, date per scontate nell'ambiente interno al Sufismo e negate all'esterno. Quest'opera di consolidamento intrapresa da Sha'rànî ci restituirà un'immagine del Sufismo che non necessiterà di fondamentali modifiche per i secoli a venire, fino ai nostri giorni.