Esercitazione Esercitazi one pratica della concentrazione del pensiero (reinterpretazione di Tiziano Bellucci, su testi della scienza dello spirito) Gennaio 2012
Si scelga tassativamente un oggetto prodotto dall’uomo che sia familiare, non appartenente alla natura vivente. Ciò lo si dice perchè è bene iniziare le pratiche familiarizzandosi con il potere creatore della propria mente, prima di inoltrarsi nell’indagine dell’oggettivo potere creativo delle Potenze dell’universo. Una volta scelto, l ’oggetto va semplicemente evocato, non direttamente percepito, visualizzandolo visualizzandolo all’interno dello spazio interiore, nella coscienza; percepirlo con i sensi durante l’esercizio sarebbe un errore, in quanto l’obiettivo è di sperimentare il pensiero libero da supporti sensibili. La concentrazione su enti della natura invece richiederebbe la diretta percezione della forma dell’oggetto: trovandosi in essa già inserito l’essere che la vivifica.
Si deve pensare sull’oggetto sensibile considerando le sue caratteristiche fisiche, come l’abbia concepito il suo primo inventore e poi dedurne il suo uso. Vale a dire: ricavare da da un oggetto tutto il pensabile possibile ad esso inerente. Si può partire dal momento in cui tale oggetto nel lontano passato non esisteva ancora sulla Terra, quando non era ancora nè fisico e neppure idea, perchè nessuno ne proclamava l’esigenza o il bisogno. Indagando ipoteticamente nella storia umana quando e come avvenne la “richiesta” di necessità di quella cosa, si può iniziare a concepire in quale forma e quale modalità si presentò nella mente umana quell’idea, c ome poi venne realizzata e applicata nella vita pratica. E’ fondamentale che ogni pensiero si generi in modo perfettamente concatentato e conseguente a quello precedente: il corso dei pensieri deve seguire una ferrea e rigida logica conseguente. conseguente. L’esercizo L’esercizo di concentrazione non ammette distrazione, nemmeno nel caso in cui si avvertono in sè mutamenti qualitativi; ove questi si diano, non devono venire rilevati durante la concentrazione, ma eventualmente dopo. Se accade comunque una distrazione, non si deve ricominciare dal punto in cui si è persa la concentrazione, ma bensì risalire la rappresentazione estranea che si è inserita, sino al punto in cui è illegittimamente intervenuta. Di rappresentazione in rappresentazione, si deve cercare di ricreare, ipotizzandola, la storia di come avvenga la formazione e la costruzione dell’oggetto, cercando di distendere una affianco all’altra le immagini che la spiegano e la illustrano; sino a individuare la funzione
applicativa primaria di quell’oggetto quell’oggetto : come se si stesse osservando uno schermo sul quale sono contenuti altri piccoli schermi con scene mobili al loro interno, allineati secondo una sequenza cronologica.
Malgrado la sua elementarietà, tale esercitazione è sempre difficile da realizzare, perché non connaturata connaturata con l’istitiva natura del corpo eterico, la quale è mediata e influenzata dalla necessità dell’automaticità conferita dal cervello fisico. Dapprima tale immaginare è un lottare contro le immagini, i pensieri fantasmi e automatici infusi dalla coscienza sensibile. E’ bene sapere che non vi è situazione difficile, esteriore o interiore, psichica, o fisica (dal turbamento, alla stanchezza, alla malattia) che possa vietare l’esercizio della concentrazione. Non vi devono essere delle delle condizioni preordinate preordinate che possono dar modo di di sperimentare l’Io: ma è l’Io che deve poter sperimentare sè stesso attraverso ogni tipo di condizione. Inoltre, la concentrazione non deve aver nulla a che fare con processi speculativi: non è ammesso inserire giudizi personali per sonali nell’avvicendarsi delle concatenazioni concatenazioni rappresentative. rappresentative. Fatto fondamentale è durante l’esercizio (per quanto possibile), l’astenersi dal rivestire o dall’usare parole durante la costruzione delle rappresentazioni : si deve tendere a riconoscere ogni pensiero per quello che sarebbe se si vestisse di parole , e così riconosciuto, fare in modo che non cada nelle parole, per poi farlo incedere in forma indialettica, nella coscienza. Si evochi dunque un’oggetto, (spillo, matita, bottone, stuzzicadente) ripercorrendo lo svolgimento dialettico-analitico: si faccia brevemente una piccola storia, descrivendola con t erracotta:) precisione, individuandone la sua funzione. (ad es.: concentrazione su un vaso di terracotta Come, quando e perchè fu inventato il vaso? funzione e significato del vaso; analisi fisica del vaso e dell’argilla; (peso, dimensioni, durezza, provenienza) varie forme dei vasi; come si costruisce un vaso:
Spesso l’applicazione pratica e l’esecuzione sistematica di questi 5 punti può essere problematica. O per lo meno disordinata, scoordinata o equivocata. Si suggerisce di seguito una modalità che può e deve venire personalizzata dal praticante. Al principio può giovare usarla così come è, ma poi è bene usare la propria fantasia. Tuttavia la seguente forma, ha dato risultati a diverse persone. Ci si senta (o ci si metta) con il proprio corpo al centro della stanza ove si pratica l’esercizio. 1- Si cominci praticando un analisi fisica del vaso e dell’argilla: peso, dimensioni, durezza, odore, consistenza, evocandolo ad occhi chiusi nella propria visuale interiore. 2- Poi, sulla parete alla propria sinistra (ma che può essere anche a destra, o dietro o davanti, in basso o in alto) si cominci a disegnare mentalmente da destra verso sinistra le fasi per la costruzione di quell’oggetto. Deve sembrare come vedere un film, ove le varie
scene si proiettano da destra verso sinistra. Una volta creata e osservata la scena essa non scompare però: rimane come “fissata”, incollata sulla parete: ma in moto. Le fasi successive occuperanno uno spazio conseguente a quelle precedenti, e via così fino alla fine della parete, ove lì tenteremo di concludere la costruzione dell’oggetto. All’estrema sinistra avremo il “prodotto finito”. Il vaso. 3- Nella parete di fronte a noi ci occuperemo ora di disegnare ed analizzare le varie possibili forme di “vaso”. Possono essere disegnate a piacere: purchè conseguenti, riempiendo la parete. 4- Nella parete di sinistra invece immagineremo gli usi che sono possibili: come si può impiegare il vaso? Anche qui disegneremo disegneremo tutto consequezialmente. consequezialmente. 5- Nella parete posteriore, alle nostre spalle, ci occuperemo di risalire alle motivazioni e al perché questo oggetto sia stato ideato sulla terra da una mente umana. Cosa ha spinto il primo costruttore di un vaso tanto da sentirne la necessità di costruirlo? Da dove ha attinto il modello? Che cosa della natura glielo ha suggerito, o dove lo ha copiato?
Una volta costruita la storia del vaso e considerato tutti i suoi usi e applicazioni si può dire che il suo significato è stato a tal punto, sviscerato, squadernato. Si può dire che si è separato il concetto dell’oggetto (totalità delle rappresentazioni ricavate intelettivamente), dalla sua funzione (usi, utilità e modalità di costruzione dell’oggetto): l’uso e il significato dell’oggetto ci sono serviti prima, per generare rappresentazioni in sostanza di pensiero: ora il suo significato non ci serve più: dobbiamo rappresentazioni che costituiscono il suo Concetto. adesso volgerci a contemplare solo le varie rappresentazioni Mentre prima ci si preoccupava di produrre pensieri, ossia di pensare pensieri , ora si tratta di guardare ciò che si è creato: guardare i pensieri. Occorre a tal punto rivisitare varie volte, il susseguirsi di tali immagini dal principio alla fine: instancabilmente e con perfetta calma. Si può dire che dopo aver portato in attività il proprio pensiero, è ora possibile percepire la sua manifestazione. Non era possibile prima osservarlo, perchè si era impegnati a produrre le immagini, cioè a pensarle; ora che sono divenute dei pensati, esse si possono osservare così come si osserva una cosa esterna nel mondo m ondo fisico. Il pensare guarda ciò che ha prodotto: prodotto: vede se stesso. Si deve volere ardentemente guardare le immagini ; non è fondamentale che esse siano chiare, evidenti o ben delineate; l’importante è che la nostra attenzione sia ben fissata su di esse, e che, pur non vedendole bene, si abbia la chiara consapevolezza che in corrispondenza di una data immagine ci si riferisce ad una fa se ben precisa dell’oggetto in esame.
Ad un dato punto, il contenuto contenuto reale dell’oggetto, dell’oggetto, come concetto, lo si deve talmente talmente sentire sentire vivo muoversi nella coscienza, che insistendo nella contemplazione attraverso il ritmo e la ripetizione delle varie rappresentazioni può accadere che per via spontanea si accenda nell’anima un ulteriore e inedita vita del concetto la quale vada autonomamente a mostrarsi come essenza spirituale dell’oggetto, rivelandosi come simbolo o corrispondente immagine sovrasensibile. sovrasensibile.
Raggiungere tale scopo non è cosa facile. Spesso ciò non accade, a causa del non aver immesso abbastanza volontà nell’attività di concentrazione. concentrazione. Tale ulteriore vita è in realtà il primo affacciarsi della forza del nostro Io superiore entro la nostra coscienza: affinchè esso si presenti esso esige essere voluto, con tutta la forza dell’anima.
Verrano date ora tecniche soggettive per inverare la comparsa dell’immagine sovrasensibile: nessuna di queste porterà a risultati senza una giusta e impersonale volontà di dedizione. Una è la seguente. Una volta che ci si è dedicati al continuo ricapitolare, come indizio della giusta attuazione del processo di concentrazione accadrà che fra le sopracciglie compaia un sottile sentimento di “fermezza e sicurezza”. A tal punto si devono eliminare tutti il supporti sensibili delle immagini presenti presenti in forma rappresentativa, per ricavare da tale cancellazione, un simbolo emblematico inventato da noi stessi. In altri termini: nel momento in cui ci si sente in possesso del l’insieme delle immagini che costituiscono l’ente, si tratta come di riunirle in un unico atto: senza perdere tempo nel chiedersi se “si vede o non si vede qualcosa”. Se l’anima è veramente “satura”, “satura”, basta anche inventare un segno qualunque, o un emblema che nulla abbia a che fare con il tema, a patto che esso, nel guardarlo, venga sentito come un qualcosa di vivo, provvisto di movimento interno, che costituisce tutto ciò che si è finora pensato. “E’ come se si volesse guardare un punto in cui sono stati compressi tutti i pensieri costituenti l’oggetto analizzato.” Si tratta di generare un’unica immagine/sintesi, che riassuma tutte le varie rappresentazioni. Generando il “vuoto delle forme fisiche, comparirà una forma sovrasensibile. Tale procedimento realizza la comparsa del concetto nella forma che esso ha nel sovrasensibile.
Un’altra tecnica: Per propiziare la realizzazione dell’immagine di sintesi, si può cercare di ridurre il tutto a 3 o più rappresentazioni chiave, eleggendo ad esempio: blocco di argilla; lavorazione; pittura sul vaso; uso del vaso. Tali 4 immagini si possono sommare l’ una sull’altra, facendole trapassare l’una nell’altra, o fondendole l’una dentro all’altra, così da formare un sovrapponimento o una fusione in una sola immagine delle 4 forme. Non importa se l’immagine che si genera nella coscienza potrà apparire grottesca o irreale; nè è importante che essa sia ben definita o chiara: la chiave sta solo nel realizzare un “qualcosa” che sia riconosciuto in noi come la riunione in un’unica immagine, di tutto quel pensiero che costituisce l’idea dell’ ente vaso. Le varie rappresentazioni r appresentazioni devono fondersi l’una nell’altra per andare a configurare una nuova forma.
Ciò che conta non è la nitidezza dell’immagine o la forma che si riesce a produrre da tale riunione di immagini, ma l’avvertire il sentore o il sentimento sentimento che davanti a noi è stata operata la sintesi in un’unica immagine di ciò che prima era l’insieme delle rappresentazione che originavano l’idea dell’ente “vaso”. Si tratta di di pervenire all’esperienza di possedere in sè come un “senso” del vaso in sè. L’immagine sintesi può anche non risultare visibile; l’importante è presentire la presenza anche invisibile di un “qualcosa” nella nostra visuale interiore: tale “qualcosa” deve esprimere in modo vivo e non statico il contenuto globale delle varie rappresentazioni precedenti.
Altra tecnica: si eleggano 4 rappresentazioni chiave esprimenti la totalità del concetto dell’oggetto; le si dispongano ai 4 vertici di un’ipotetica croce. c roce. Mano a mano si tenda ad avvicinarle insieme con la stessa velocità, lentamente, in modo che convergano tutte verso un punto p unto all’incrocio delle 2 assi della croce. A tal punto la croce deve sparire e rimanere solo il punto centrale in cui abbiamo fatto confluire le 4 immagini: tale punto sarà l’emblema della sintesi , ossia l’unico nostro riferimento sensibile che ci permetterà di identificarvi il concetto di “vaso”. A tal pro può essere propizio, immaginare le 4 precedenti immagini come “costituite d i acqua” ossia, 4 gocce, 4 bolle, 4 forme liquide ove in ognuno si vada ad increspare le 4 immagini fluttuanti. Le 4 “gocciolone” devono trovarsi ognuno dell’estremità del braccio di una ipotetica croce, o “X”. Occorre quindi farle “scivolare” dai 4 punti diversi, nel punto centrale, ove si incrociano i 4 bracci. Ogni goccia fluirà nell’altra, si scioglierà unificandosi alle altre: si formerà un'unica goccia in cui sono disciolte tutte le immagini. Ora, in quella goccia centrale, in cui ci sarà impossibile intravedere le singole immagini, potremo solo “supporre” che via sia in quell’unità quell’unità il prodotto delle singole singole immagini. Dovremo “sentire” “sentire” tuttavia che tutti i singoli passaggi da noi prima creati si trovano ora, riassunti in quella unica “goccia” d’acqua. La quale può essere anche completamente trasparente, ma ciononostante, contiene “in potenza” tutta sintesi del nostro pensato. Operata e posseduta la sintesi concettuale (il punto d’incrocio della croce), occorre al tempo stesso trarne un sentimento sottile, che deve venirgli portato incontro , mentre si continua a contemplarlo. Si deve dare il giusto tempo affinchè tale sentimento si presenti; la sua comparsa è essenziale per la riuscita dell’operazione. Questo contenuto interiore, che si affacci a nella coscienza, risultante dall’operazione di sintesi precedente, lo si deve poter vivere, unificandolo con la percezione del punto eletto come qualcosa di appartenente al concetto di vaso, portantolo verso il vaso così come gli appartengono le sue caratteristiche caratteristiche fisiche. Si deve che il sentimento, o “senso dell’oggetto” una volta accesosi in noi, venga come ridato o riunificato con il suo reale possessore: il vaso. Quanto più tempo l’immagine-sintesi l’immagine -sintesi può venir contemplata, tanto più la concentrazione diviene esperienza dello Spirito. La contemplazione non deve comunque durare meno di 3 minuti , senza interferire di emozioni o ricordi: concentrazione assoluta. La contemplazione fissa, pone in uno stato di addormentamento il cervello e l’anima: rende possibile l’affacciarsi dell’io direttamente entro il corpo eterico senza mediazione dell’anima e del corpo.
Ad un certo punto, può accadere che la parte sensibile dell’immagine di sintesi cada da sola per intensificazione della coscienza: essa scompare e ci si trova di fronte all’essenza sovrasensibile del concetto concetto che prima non si poteva vedere. v edere. Si vede qualcosa di sovrasensibile.
Una volta realizzata giustamente la contemplazione si avrà la visione o apparizione in forma non sensibile, ossia sovrasensibile della Forza costituente il concetto dell’ente da cui è partita l’operazione di concentrazione; una forma che non assomiglia a nessuna delle forme form e conosciute prima, prenderà il posto del punto che abbiamo prima formato. Essendo stati noi gli artefici del processo di produzione del concetto dell’ente, ciò che si vedrà sarà l’essenza della Forza del nostro stesso Io che si sostanzia in una forma-pensiero forma -pensiero eterica. Se ci si fosse concentrati su un seme, si vedrebbe la Forza dell’essere che vivifica il seme. Ciò che appare è un essere elementare costituito di sostanza di pensiero che noi stessi abbiamo prodotto. La particolarità dell’esperienza sta nel fatto che il processo di percezione non consisterà solo nel presentarsi di una data visione, ma unitamente ad essa si riceverà anche un contenuto con carattere di informazione. Si vedrà una forma sovrasensibile, ma con il suo apparire si sperimenterà anche qualcosa della sua interiorità essenziale. Non è detto che inevitabilmente si debba sempre e comunque presentare una forma: può anche presentarsi un sentimento, o una conoscenza, che verrà riconosciuta inequivocabilmente inequivocabilmente come un’esperienza sovrasensibile. Tutte le esperienze spirituali donano al ricercatore un senso di “pienezza di consapevolezza” attra verso la quale egli sa di aver conseguito una possente esperienza reale, al pari di come nel mondo fisico egli si trova di fronte all’esperienza di un oggetto fisico.
Il segreto di tutte le precedenti tecniche è comunque di non volere suscitare a forza una forma, ma di sperimentare in noi la presenza concreta del sentimento corrispondente al concetto ideale a cui ci siamo riferiti per poter attuare il nostro ricapitolare, in modo che tale sentimento, una volta congiunto e portato port ato verso l’immagine di sintesi, sintesi, possa evocare per via naturale, la forma extrasensibile dell’ente sovrasensibile a cui ci siamo riferiti sino a quel momento. Il sentimento interiore si tramuterà in capacità di visione esteriore esteriore. L’invisibile diverrà visibile.” (R. Steiner: La forma comparirà da sè, per forza propria. “ L’invisibile l’Iniziazione) Concentrazione contemplativa. “Il discepolo contempla il concetto dell’oggetto, libero di elementi sensibili: lo ha dinanzi obiettivo, come un segno, con forma o senza forma, sintesi riconoscibile dei pensieri pensati. La sintesi deve essere viva, intimamente animata dal flusso univoco dei pensieri che l’hanno formata. L’attenzione deve essere sempre più calma, non richiedente sforzo o volontà. La volontà più profonda agisce, in quanto egli disinteressatamente contempla la sintesi, come qualcosa di obiettivo, indipendente da lui.”
Quale conclusione dell’esercizio, dell’esercizio, è ora venuto il tempo del “ passaggio delle forze”.
Occorre ora fare scorrere il sentimento di “fermezza e sicurezza”, comparso prima della creazione dell’immagine di sintesi, nella corporeità: irradiarlo in linea retta dalla fronte verso la nuca e poi farlo discendere discendere giù, lungo l’asse della spina dorsale dorsale sino all’ultima vertebra. Si pensi: “Io sono, fermezza e sicurezza.” Il “passaggio dell forze” genera la discesa della Corrente animica Solare verticale dell’Io superiore, la quale s’incontra con la Corrente animica Lunare che scorre invece orizzontalmente, orizzontalmente, in un punto d’incrocio fra le due scapole. E’ il sentimento che deve discendere, quale forza liberatoria dell’Io, non l’oggetto iniziale della concentrazione: dell’ente ci si è serviti solo per assurgere alla generazione di tale sentimento. Il concetto e la sua contemplazione deve a tal punto, cadere, essere abbandonata. La concentrazione concentrazione realizza per brevi attimi, la presenza dell’Io entro il corpo eterico.
Riassunto fasi della concentrazione: concentrazione: 1° FASE: - Evocazione ad occhi chiusi, di un oggetto creato dall’uomo; - Analisi completa delle caratteristiche caratte ristiche fisiche dell’oggetto; dell’oggetto; - Indagine sulle sue origini: le cause e i motivi della sua invenzione; - Ricerca delle sue applicazioni ed usi; - Creazione ipotetica di come avviene la costruzione dell’oggetto. dell’oggetto. 2° FASE: - Disporre i vari quadri rappresentativi esprimenti i suddetti momenti, in modo spazialmente allineato, cronologicamente conseguente: come se il tempo divenisse spazio. 3° FASE: - Osservazione ripetuta e insistita dei singoli quadri esprimenti il concetto dell’oggetto; - giunti alla finale realizzazione dell’oggetto, non ricominciare da capo, ma ripercorrere all’indietro all’indietro le varie v arie fasi in modo anticronologico, anticronologico, in senso contrario, in maniera da creare una sorta di “anello” avanti-indietro-avanti. avanti -indietro-avanti. 4° FASE: - Scelta, riduzione fra le molte immagini in 3 o 4 rappresentazioni fondamentali. - osservazione ripetuta e insistita dei singoli quadri in senso cronologico e anticronologico. 5° FASE: - percezione del sentimento di “Fermezza e Sicurezza”: Sicurezza” : - Fusione o compressione dei quadri prescelti in un’unica immagine di sintesi: si può anche riprendere l’immagine iniziale dell’oggetto eleggendolo quale emblema del processo di sintesi o anche inventarsi un “segno” qualsiasi che lo simbolizzi.
6° FASE: - Contemplazione fissa della immagine di sintesi (3 minuti minimo), cercando contemporaneamente contemporaneamente di trarne un sentimento sottile che rappresenti il concetto dell’oggetto iniziale: si voglia portare tale sentimento verso il simbolo prescelto come se fosse qualcosa che gli appartiene. Si realizza in tal modo l’unificazione fra il contenuto rappresentativo esteriore e il contenuto ideale interiore: si opera la sintesi percezione-concetto. 7° FASE: - Comparsa in forma sovrasensibile del concetto dell’oggetto, dell’oggetto, quale espressione dell’Io che guarda una parte di sè stesso attraverso il corpo eterico. 8° FASE: Ritorno dell’attenzione dell’attenzione al sentimento di “Fermezza e Sicurezza”: passaggio passaggio delle Forze.