Lingua napoletana
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Lingua napoletana Napoletano (Nnapulitano) Parlato in
Italia
Regioni
Campania Abruzzo Lazio meridionale Molise Subappennino Dauno (Puglia) Alto calabrese Dialetti strettamente collegati alla lingua napoletana in tutta l'Italia meridionale Piccole comunità in: Canada Stati Uniti Brasile Argentina Paesi Bassi Belgio Francia Portogallo Regno Unito
Persone
5.700.000
[1]
Classifica
77
Filogenesi
Lingue indoeuropee Italiche Romanze Italo-occidentali Napoletano Codici di classificazione
ISO 639-2
nap
ISO 639-3
nap
SIL
nap
[2] [3]
(EN) (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, art. 1 Tutte ll'uommene nasceno libbere e cu' eguale dignità e deritte; teneno raggione e cuscienza e hann'a operà ll'uno cu' ll'ato cu' 'nu spirito 'e fratellanza.
Lingua napoletana
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Giovan Battista Pellegrini, La Carta dei Dialetti d'Italia, Pisa: Pacini editore, 1977.
La lingua napoletana[4] (nnapulitano) è un idioma romanzo che, accanto all'italiano, è correntemente parlato nelle sue molteplici variazioni diatopiche in Italia meridionale; più precisamente nelle regioni della Campania, della Basilicata, della Calabria settentrionale, dell'Abruzzo, del Molise, della Puglia e nel Lazio meridionale, al confine con la Campania. Si tratta di tutti quei territori che, nelle antiche Due Sicilie, costituivano il Regno al di qua del faro di Messina, laddove la lingua nazionale era appunto il napolitano, mentre il siciliano quella del Regno al di là del faro (Sicilia).[5] Il volgare pugliese[6][], altro nome con cui sono storicamente conosciuti il napoletano e i dialetti àusoni[7], sostituì il latino nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a Napoli, dall'unificazione delle Due Sicilie, per decreto di Alfonso I, nel 1442. Nel XVI secolo re Ferdinando il Cattolico impose il castigliano come nuova lingua ufficiale e il napoletano di stato sopravviveva solo nelle udienze regie, negli uffici della diplomazia e dei funzionari pubblici. Il cardinale Girolamo Seripando, nel 1554, stabilì poi che in questi settori venisse sostituito dal volgare toscano.[] Per secoli la letteratura in volgare napoletano ha fatto da ponte fra il mondo classico e quello moderno, fra le culture orientali e quelle dell'Europa settentrionale, dall'«amor cortese», che con la scuola siciliana diffuse platonismo nella poesia occidentale, al tragicomico (Vaiasseide, Pulcinella), alla tradizione popolare; in lingua napoletana sono state raccolte per la prima volta le fiabe più celebri della cultura europea moderna e pre-moderna, da Cenerentola alla Bella addormentata, nonché storie in cui compare la figura del Gatto Mammone. Oggi la lingua napolitana vive nella «canzone napoletana», conosciuta in tutto il mondo. Presso il consiglio regionale della Campania è stato depositato un disegno di legge che ne propone la rivalutazione sociale e civile[8]. Il napoletano è riconosciuto dall'UNESCO come lingua a tutti gli effetti.[9]
Lingua napoletana
Le origini e la storia Il napoletano, come l'italiano, è una lingua derivata dal latino. Sono state ipotizzate anche tracce della lingua parlata in Italia centro-meridionale prima della conquista romana, l'osco (ma anche successivamente, iscrizioni osche si rinvengono a Pompei, ancora nel 79 d.C., per esempio), che è lingua italica (quindi imparentata al latino, ma da questo distinto però contemporanea ad esso), e del greco, parlato a Napoli fino al II-III secolo. Il napoletano ha inoltre subìto nella sua storia, come molte altre lingue, influenze e "prestiti" dai vari popoli che hanno abitato o dominato la Campania e l'Italia centro-meridionale, i coloni greci ed i mercanti bizantini nell'epoca del Ducato di Napoli fino al IX secolo, e, più recentemente, gli arabi, i normanni, i francesi gli spagnoli e perfino gli americani, durante la seconda guerra mondiale e la conseguente occupazione di Napoli, hanno contribuito con qualche vocabolo. Sicuramente però lo spagnolo e soprattutto il francese lasciarono tracce profondissime nella lingua e nella cultura napoletana. Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda lo spagnolo, è errato attribuire esclusivamente all'influenza spagnola (Napoli fu sotto diretto dominio spagnolo per oltre due secoli, dal 1503 al 1707) qualsiasi somiglianza tra il napoletano e quest'idioma: trattandosi di lingue ambedue romanze o neolatine, la maggior parte degli elementi comuni vanno fatti risalire al latino volgare (in particolare la costruzione dell'accusativo personale indiretto e l'uso di tenere e di stare in luogo di avere e essere, e così via). Sotto gli Aragona si propose il napoletano come lingua dell'amministrazione, senza mai imporre l'aragonese o il catalano, ma il tentativo abortì con la deposizione di Federico e l'inizio del viceregno. Nella prima metà dell'Ottocento il Regno delle Due Sicilie usava di fatto come lingua amministrativa e letteraria l'italiano e quindi il napoletano non ha mai avuto condizione di lingua ufficiale. Questo avvenne anche in altri Stati. Il Regno di Sardegna, successivamente Regno d'Italia considerava l'italiano come lingua ufficiale delle Camere, ma non disdegnava il francese, lingua amministrativa che si affiancava all'italiano in zone come la Valle d'Aosta. [10]
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Il napoletano nella letteratura e negli studi linguistici Prime testimonianze Il napoletano (come il siciliano e altre varietà italoromanze) possiede una ricchissima tradizione letteraria. Si hanno testimonianze scritte di napoletano già nel 960 con il famoso Placito di Capua (considerato il primo documento in lingua italiana, ma di fatto si tratta della lingua utilizzata in Campania, conosciuta come volgare pugliese) e poi all'inizio del Trecento, con una volgarizzazione dal latino della Storia della distruzione di Troia di Guido delle Colonne. La prima opera in prosa è considerata comunemente un testo di Matteo Spinelli, sindaco di Giovinazzo, conosciuta come Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del Regno di Sicilia del XI secolo, che si arresta al 1268.
Mappa delle lingue in Italia
Placiti cassinesi Per approfondire, vedi Placiti cassinesi. « Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti. » (Capua, marzo 960) « Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette. » (Sessa, marzo 963)
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Evangelizzazione dei cassinati per opera di San Benedetto
« Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie. » (Teano, ottobre 963) « Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie. » (Teano, ottobre 963)
Montecassino Per approfondire, vedi Montecassino.
Alle esperienze letterarie dell'Italia meridionale furono sensibili i monaci di Montecassino, centro di un'importante comunità di intellettuali nel Medioevo italiano. L'interesse letterario dei cassinensi, indirizzato prevalentemente a rafforzare l'esperienza della fede e della conoscenza di Dio, fu sollecitato da sempre secondo l'insegnamento lasciato da San Benedetto nella regola da lui redatta. Risalgono all'XI e al XII secolo dei manoscritti in volgare, di cui restano pochi frammenti, conservati nella biblioteca del monastero. È possibile distinguere in questa produzione una varietà di genere e stile insolita rispetto al contesto napolitano, che fu eguagliata solo con poeti toscani del XIII-XIV secolo e i successivi, tra cui Dante, in cui un complesso simbolismo religioso è sostenuto da gradevoli forme liriche, in Eo, sinjuri, s'eo fabello, o anzi in rime di gran pregio stilistico riesce a trapassare un realismo, di chiara ispirazione cristiana, che nella poesia medievale, ma anche nei classici, raramente fu espresso[11][12]: (NAP) « ...te portai nullu meu ventre quando te beio [mo]ro presente nillu teu regnu agi me a mmente. »
(«Il pianto della Vergine Maria»
[13]
(IT) « [me che] nel mio ventre ti portai perciò così ti vedo e muoio or Tu ricordami nel tuo Regno » )
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La «scuola siciliana» Per approfondire, vedi Scuola siciliana.
Un'interpretazione relativamente recente vuole che alcune opere prodotte da un gruppo di poeti del Mezzogiorno, nel XIII secolo, siano l'inizio della letteratura volgare italiana. I loro testi sono assemblati per le tematiche simili, nonché per il sublime lirismo che li caratterizza, e vengono considerati espressione di una corrente letteraria detta «scuola siciliana». Storicamente però furono trattati sempre come versi in lingua napoletana (volgare pugliese), dai grammatici coevi e dallo stesso Dante. Sono le poesie di Giacomo da Lentini, Rinaldo d'Aquino, Pier delle Vigne, Giacomino Pugliese e Guido delle Colonne. Dalla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis però, che inizia con un'analisi sulla produzione degli scrittori federiciani, costoro sono trattati come il prodotto di un terreno artistico italiano uniforme su cui sarebbe maturata poi la letteratura italiana vera e propria. Inoltre, tanto coloro che adottarono il volgare pugliese quanto quelli che adottarono il volgare siciliano sono chiamati siciliani, perché con tale accezione si connotavano nel duecento, secondo il De Sanctis, coloro che provenivano dal Regno di Sicilia. La denominazione, a cui la maggior parte della critica italiana moderna rimane fedele, che non tiene conto delle differenze specifiche fra i vari gruppi di poeti, riduce l'importante patrimonio letterario meridionale ad un indistinta pruduzione letteraria che avrebbe poi aperto la strada allo «stilnovismo», attraverso la «transizione toscana», in un'interpretazione costruita sull'impronta dei modelli dialettici dell'idealismo e dello storicismo di stampo hegelista.
Federico ritratto con il falco (dal De arte venandi cum avibus).
« Per la vertute de la calamita como lo ferro at[i]ra no si vede, ma sì lo tira signorevolmente; e questa cosa a credere mi 'nvita ch'amore sia; e dàmi grande fede che tuttor sia creduto fra la gente » (Pier della Vigna)
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I siciliani costituirebbero un'importante svolta poetica rispetto alla tradizione provenzale, a cui si ispirarono, per aver sublimato ulteriormente le strutture simboliche dei trobadori, estraniando le tematiche cortesi dai motivi politici e religiosi che invece colorivano la poesia occitana. I toscani però, che spesso copiarono i siciliani, poterono evolvere ulteriormente l'esperienza meridionale, privilegiati dalla familiarità con la realtà cittadina e comunale, dove l'identità culturale era fortemente condizionata dall'appartenenza a fazioni politiche o dalla connivenza con corporazioni economiche: così la poesia italiana si arricchì di tutte le innovazioni tematiche e spirituali proprie dei primi ambienti borghesi. D'altra parte la poesia meridionale finì con il cristallizzarsi entro alcuni stereotipi, perché i letterati del Regno di Sicilia erano fortemente condizionati dal sistema centralista e burocratico dello stato unitario, secondo la critica idealista. Più recentemente alcuni autori[14][15] stanno mettendo il luce differenze specifiche, rifiutando di considerare lo «stilnovismo» come l'esito o un superamento della poesia meridionale: i rimatori in volgare pugliese sarebbero infatti ispirati da una weltanschauung diversa da quella degli artisti toscani, dei liberi comuni, e non riducibile ad una sorta di fase primitiva della poetica toscana, caratterizzata principalmente da tematiche cortigiane interpretate secondo i modelli culturali ghibellini, come l'idea di un'unità della Chiesa, indipendente dalle nazionalità, che Castel del Monte sostiene l'unità dell'impero; come la propaganda per la centralità del potere laico, da cui deve dipendere quello religioso, le politiche sociali e finanziarie; come la volgarizzazione del progetto di ricostruzione di un unico stato cristiano sotto un diritto e un sovrano comune; così coloro che scrissero in siciliano invece fecero propria la tradizione popolare della Sicilia che esprimeva in contrasti amorosi le continue lotte fra fazioni e gruppi politici che per secoli hanno spaccato l'isola, ora araba, ora normanna, ora ortodossa, ora cattolica, con il trionfo finale della civiltà e della tradizione locale contro usurai, feudatari e latifondisti. L'età moderna Per approfondire, vedi Giulio Cesare Cortese.
La lingua napoletana sostituì il latino nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a Napoli, dall'unificazione delle Due Sicilie, per decreto di Alfonso I, nel 1442. Alla corte dei figli di Ferdinando I di Napoli però gli interessi umanistici presero un carattere molto più politico; i nuovi sovrani incentivarono l'adozione definitiva del toscano come lingua letteraria anche a Napoli: è della seconda metà del XV secolo l'antologia di rime nota come Raccolta aragonese, che Lorenzo de' Medici inviò al re di Napoli Federico I, in cui si proponeva alla corte partenopea il fiorentino come modello di volgare illustre, di pari dignità letteraria con il latino. Un lungo periodo di crisi seguì questi provvedimenti, per la lingua napoletana, finché le incertezze politiche che sorsero con la fine del dominio aragonese portarono un rinnovato interesse culturale per il volgare cittadino.
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Il più celebre poeta napoletano d'età moderna è Giulio Cesare Cortese. Egli è molto importante per quella che è la letteratura dialettale e barocca, in quanto, con Basile, pone le basi per la dignità letteraria ed artistica della lingua napoletana moderna. Di costui si ricorda la Vaiasseide, un'opera eroicomica in cinque canti, dove il metro lirico e la tematica eroica sono abbassati a quello che è il livello effettivo delle protagoniste: un gruppo di vaiasse, donne popolane napoletane, che s'esprimono in lingua. È scritto comico e trasgressivo, dove molta importanza ha la partecipazione corale della plebe ai meccanismi dell'azione.
Illustrazione di un'edizione della fiaba di Cenerentola del XIX secolo. Ne Lo cunto de li cunti esiste la prima trascrizione della favola della letteratura occidentale
Prosa Per approfondire, vedi Giambattista Basile.
La prosa in volgare napoletana diviene celebre grazie a Giambattista Basile, vissuto nella prima metà del Seicento. Basile è autore di un'opera famosa come Lo Cunto de li Cunti, ovvero lo trattenimiento de le piccerille, tradotta in italiano da Benedetto Croce, che ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa delle fiabe, inaugurando una tradizione ben ripresa da Perrault e dai fratelli Grimm. Altre prose sono alcune volgarizzazioni della regola di San Benedetto, attuata nel monastero di Montecassino nel XIII e nel XIV secolo e alcuni mea culpa o confessioni rituali scritte dai monaci cassinati per permettere la comprensione dei sacramenti cattolici anche a chi non conosceva la lingua latina.[16] Cultura popolare Negli ultimi tre secoli è sorta una fiorente letteratura in napoletano, in settori anche diversissimi tra loro, che in alcuni casi è giunta anche a punte di grandissimo livello, come ad esempio nelle opere di Salvatore di Giacomo, Raffaele Viviani, Ferdinando Russo, Eduardo Scarpetta, Eduardo de Filippo, Antonio De Curtis. Sarebbero inoltre da menzionare nel corpo letterario anche le canzoni napoletane, eredi di una lunga tradizione musicale, caratterizzate da grande lirismo e melodicità, i cui pezzi più famosi (come, ad esempio, 'O sole mio) sono noti in diverse zone del mondo. Esiste inoltre un fitto repertorio di canti popolari alcuni dei quali sono oggi considerati dei classici. Va infine aggiunto che a cavallo del XVII e XVIII secolo, nel periodo di maggior fulgore della cosiddetta scuola musicale napoletana, questa lingua sia stata utilizzata per la produzione di interi libretti di opere liriche, come Lo frate 'nnammurato del Pergolesi hanno avuto una diffusione ben al di fuori dei confini partenopei. Va segnalata infine la ripresa dell'uso del napoletano nell'ambito della musica pop, musica progressiva e dell'hip hop, almeno a partire dalla fine degli anni settanta (Pino Daniele, Nuova Compagnia di Canto Popolare poi ripresa anche
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negli anni novanta con 99 Posse, Almamegretta, Co'Sang, La Famiglia, 13 Bastardi) in nuove modalità di ibridazione e di commistione con l'italiano, l'inglese, lo spagnolo e altre lingue. Anche nel cinema e nel teatro d'avanguardia la presenza del napoletano è andata intensificandosi negli ultimi decenni del Novecento e nei primi anni del XXI secolo. La documentazione sul napoletano è ampia, ma non sempre a un livello scientifico. Vocabolari rigorosi sono quello di Raffaele D'Ambra (un erudito ottocentesco) e quello di Antonio Altamura (studioso novecentesco). Interessante è anche la grammatica del Capozzoli (1889). Raffaele Andreoli redasse il Vocabolario napoletano-italiano, edito da G.B. Paravia (1887). Anche negli ultimi anni sono stati pubblicati dizionari e grammatiche della lingua napoletana, ma non si è mai pervenuti a una normativa concorde dell'ortografia, della grammatica e della sintassi, sebbene si possa comunque ricavare deduttivamente, dai testi classici a noi giunti, una serie di regole convenzionali abbastanza diffuse. Linguistica Gli studi più recenti hanno dedicato al napoletano e ai dialetti campani una certa attenzione. Per il napoletano antico si segnalano i lavori di Vittorio Formentin sui Ricordi di Loise de Rosa, di Rosario Coluccia sulla Cronaca figurata del Ferraiolo, di Nicola De Blasi sulla traduzione del Libro de la destructione de Troya, di Marcello Barbato e Marcello Aprile sull'umanista Giovanni Brancati. Sui dialetti moderni, tra gli altri, si segnalano i lavori di Rosanna Sornicola, di Nicola De Blasi, di Patricia Bianchi e di Pietro Maturi dell'Università di Napoli Federico II, di Edgar Radtke dell'Università di Heidelberg, di Francesco Avolio sui confini dei dialetti campani e di Michela Russo, dell'Università di Paris VIII, su aspetti della fonetica come la metafonia. Una rivista, diretta da Rosanna Sornicola, il Bollettino Linguistico Campano, si occupa prevalentemente del napoletano. Da alcuni anni è stato attivato un insegnamento universitario di Dialettologia campana presso la facoltà di Sociologia della Federico II, affidato a Pietro Maturi.
Fonetica e sintassi Per approfondire, vedi Dialetti italiani meridionali, Dialetti campani e Grammatica napoletana.
Spesso le vocali non toniche (su cui cioè non cade l'accento) e quelle poste in fine di parola, non vengono articolate in modo distinto tra loro, e sono tutte pronunciate con un suono centrale indistinto che i linguisti chiamano schwa e che nell'Alfabeto fonetico internazionale è trascritto col simbolo /ə/ (in francese lo ritroviamo, ad esempio, nella pronuncia della e semimuta di petit). Nonostante la pronuncia (e in mancanza di convenzioni ortografiche accettate da tutti) spesso queste vocali, nei solchi della tradizione letteraria in lingua, sono trascritte sulla base del modello della lingua italiana, e ciò, pur migliorando la leggibilità del testo e rendendo graficamente un suono debole ma esistente, favorisce l'insorgere di errori da parte di coloro che non conoscono la lingua e sono portati a leggere come in italiano. Nell'uso scritto spontaneo dei giovani (SMS, graffiti, ecc.), come ha documentato Pietro Maturi, prevale invece l'omissione completa di tale fono, con il risultato di grafie quasi-fonetiche a volte poco riconoscibili ma marcatamente distanti dalla forma italiana (p.es. tliefn per "telefona"). Altri errori comuni, dovuti a somiglianze solo apparenti con l'italiano, riguardano l'uso errato del rafforzamento sintattico, che segue, rispetto all'italiano, regole proprie e molto diverse, e la pronuncia di vocali chiuse invece che aperte, o viceversa, l'arbitraria interpretazione di alcuni suoni. Alcune ulteriori differenze di pronuncia con l'italiano sono: • in principio di parola, e soprattutto nei gruppi gua /gwa/ e gue /gwe/, spesso la occlusiva velare sonora /g/ seguita da vocale diventa approssimante /ɤ/.
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• la fricativa alveolare non sonora /s/ in posizione iniziale seguita da consonante viene spesso pronunciata come fricativa postalveolare non sonora /ʃ/ (come in scena [ˈʃɛːna] dell'italiano) ma non quando è seguita da una occlusiva dentale /t/ o /d/ (almeno nella forma più pura della lingua, e questa tendenza viene invertita nelle parlate molisane). • le parole che terminano per consonante (in genere prestiti stranieri) portano l'accento sull'ultima sillaba. • la /i/ diacritica presente nei gruppi -cia /-ʧa/ e -gia /-ʤa/ dell'italiano, viene talvolta pronunciata: per es. na cruciéra [nɑkru'ʧierə]. • è frequente il rotacismo della /d/, cioè il suo passaggio a /r/ (realizzata più esattamente come [ɾ]), come in Maronna. • la vocale aperta arrotondata a è pronunciata /ɑ/ e non come la /a/ dell'italiano. • la consonante occlusiva bilabiale sonora /b/ a inizio di parola è pronunciata come la consonante fricativa labiodentale sonora /v/: per es. "báscio" [vɑʃə].
Similitudini con altre lingue Nella lingua napoletana troviamo moltissime parole simili o talvolta uguali a lingue straniere. Solitamente sono scritte in modo diverso ma spesso la pronuncia è molto simile o identica. Ciò è dovuto in parte alle conservazioni greche e latine e in parte alle diverse dominazioni che il Regno di Napoli ha subito. Troviamo in essa parole derivate dalle lingue castigliana, catalana, francese, araba (attraverso lo spagnolo o, in ambito culinario, grazie ai numerosi scambi commerciali che il Regno di Napoli intratteneva con l'area afro-mediterranea). Qualche parola deriva addirittura dall'inglese (anche con l'Inghilterra il Regno intratteneva rapporti commerciali) alcune delle quali introdotte durante l'occupazione americana della seconda guerra mondiale e forse per commistione linguistica con termini usati da emigranti in nazioni anglofone.
Esempi Lemmi Il napoletano ha avuto un'evoluzione nel corso dei secoli, prendendo a prestito lemmi provenienti da varie lingue: oltre che dall'italiano, dalla lingua spagnola, dalla lingua araba, dalla lingua inglese, ma anche dal greco antico e ovviamente dal latino, idioma da cui deriva. La tabella che segue offre un confronto tra alcuni termini napoletani e alcuni stranieri simili tra loro per suono e significato. Napoletano
Italiano
Provenienza (?)
Lingua d'origine
Abbàscio
giù
abajo / a baix (pron. a bash) / abaixo spagnolo / catalano / portoghese
intrasatta
improvviso
intras acta
latino
Ammuïna
chiasso, che infastidisce
amoïnar
catalano
Puteca (poteca)
bottega, negozio
apothèca / apothèke
latino / greco
Auciéllo
uccello
avicellum
latino
Ajére
ieri
ayer
spagnolo
Arrassusia (arrassosia)
non succeda mai
arah sit
arabo/latino
Blé
blu
bleu
francese
Blecco
asfalto per isolamenti
black
inglese
Buàtta
barattolo
boîte
francese
Buttéglia
bottiglia
bouteille
francese
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Caiola (cajola)
gabbia
caveola (dim. di cavea)
latino
Càntero/cantaro
vaso da notte
khantaros
greco antico
Canzo
Tempo
Chance
francese (Per traslazione semantica: chance possibilità, occasione; es. ramm 'o canz', dammi il tempo)
Capaddozio
caposquadra
capataz
spagnolo
Capo 'e zì Vicenzo
nullatenente
caput sine census
latino
Papéle Papéle
lentamente oppure chiaramente)
παπος con raddoppiamento del sintagma (lento lento , sciolto sciolto)
Greco antico
Cazetta
calza (perlopiù da donna, il calzino da uomo è detto cazettino)
chaussette
francese
Cerasa
ciliegia
cerasum
latino
Crisommola (cresommola)
albicocca
kροìσος μηλον (kroìsos melon= frutto d'oro)
greco
Cucchiàra
cucchiaio
cuchara
spagnolo
Cu mmico (co mmico)
con me
conmigo / comigo
spagnolo / portoghese
Cu ttico (co ttico)
con te
contigo
spagnolo / portoghese
Drincà (o Trincà)
bere
trinkan
antico alto tedesco
curreja
cinta
correa
spagnolo
Fenèsta
finestra
fenestra
latino
Folco
adattamento di folk
folk
inglese
Furchétta
forchetta
fourchette
francese
Gengomma o cingomma
gomma da masticare
chewing-gum
inglese
Ginzo
adattamento di jeans
jeans [ʤinz]
inglese americano
Gnernò
signornò
signeurnon
francese
Guallara
ernia
wadara
arabo
Guappo
bullo, prepotente
Guapo
spagnolo
Lacerta
lucertola
lacerta/ae
latino
Lassàre (lassa')
lasciare
laxare
latino
Léngua
lingua
lengua
spagnolo / provenzale
Mammá
mamma
mamá
spagnolo
Mesàle
tovaglia da tavolo
misalion
greco antico
Micciariello
fiammifero
mechero
spagnolo
Mola
dente (molare)
mola
latino
Morra
mucchio, gran numero
morra†
spagnolo
Muccaturo (moccaturo,maccaturo)
fazzoletto
mocador
catalano
Mustaccio
baffi
moustache
francese
Nenna
bambina
nena
spagnolo
Ninno
bambino
niño
spagnolo
Lingua napoletana
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Nìppulo
capezzolo
nipple
inglese
Nzerràre (nzerra')
chiudere
cerrar
spagnolo
Pàccaro (pacchèro)
schiaffo
"πας" tutto e "χειρ" mano
greco antico
Papiéllo
documento
papel
spagnolo
Pastenaca
carota
pastinaca
latino
Pazziàre (pazzejare, pazzià, giocare pazzeà)
pàizein
greco classico
Peliénto
sciatto
peliento
spagnolo
Pesòne
affitto, pigione
pesionem
latino popolare
Petrusino (petrosino)
prezzemolo
petroselinon
greco antico
Piglià père
prendere fuoco
πῦρ (a fuoco)
greco antico
Pressa
fretta
pressare
latino
Purtuàllo
arancia
portokàlos
greco
Ràggia
rabbia
rage
francese
Rammàggio
danno
dommage
francese
Riggiòla
mattonella
rajola
catalano
Rilòrgio
orologio
reloj / rellotge
spagnolo / catalano
Sarvietta
tovagliolo
serviette servilleta
francese spagnolo
Sciuscià
lustrascarpe
shoe-shine
inglese
Sechenenza
cosa di basso valore/qualità
second hand (seconda mano)
inglese
Semmàna
settimana
semana
spagnolo
Sèggia
sedia
silla
spagnolo
Sguarràre (sguarrà)
divaricare, squarciare
Desgarrar
spagnolo
Sparadrappo
cerotto
esparadrapo sparadrap esparadrap
spagnolo francese catalano
Sparagno
risparmio
épargne
francese
Tamarro
zotico
al-tamar (mercante di datteri)
arabo
Tavúto
bara
ataud
spagnolo
Tècchete
prendi, eccoti
take it
inglese ?
Tèsta
Vaso (da fiori)
Testa,ae
Latino
Tirabbusciò
cavatappi
tire-bouchon
francese
Trincà
bere alcolici, ubriacarsi
trinkan
antico alto tedesco
Zéngaro
zingaro
Tzengaris
romani
Zimmaro
caprone
!χιμμάρος" xìmaros
greco
Lingua napoletana
Lingua internazionale e folclore napoletano Celebre in tutto il mondo è la canzone napoletana, che non solo è strettamente legata agli stereotipi più diffusi della cultura italiana negli Stati Uniti e nei paesi di cultura anglosassone, ma ha anche imposto slang e parole internazionali, come 'O sole mio, 'O surdato 'nnammurato o Funiculì funiculà. Non si dimentichino nemmeno i numerosi prestiti alle lingue internazionali generalmente considerati come italianismi, da pizza, maccaroni a tarantella. Tre parole che si associano a Napoli (ma anche all'Italia nell'immaginario collettivo) sono Pizza, Vesuvio e mandolino. Tre parole importantissime, forse anche più conosciute dei suoi stessi monumenti, che sono spesso sulla bocca di tutti.
Note [1] [2] [3] [4]
https:/ / www. ethnologue. com/ language/ nap http:/ / www. sil. org/ iso639-3/ documentation. asp?id=nap http:/ / www. ethnologue. com/ language/ nap Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" se riconosciute tali nelle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Per gli altri idiomi viene usato il termine "dialetto". [6] Dove per pugliese si intende tutto ciò che è relativo al Mezzogiorno. [7] In tal senso anche Dante: «Sed quamvis terrigene Apuli loquantur obscene communiter, frelingentes eorum quidam polite locuti sunt, vocabula curialiora in suis cantionibus compilantes, ut manifeste apparet eorucm dicta perspicientibus, ut puta Madonna, die vi voglio, et Per fino amore vo sì letamente.». Dante, De vulgari eloquentia, I, XII 8-9. [8] VIII legislatura, progetto di legge regionale n. 159/I: "Tutela e valorizzazione della lingua napoletana" [11] Inguanez M., Un dramma della Passione del secolo XII, Miscellanea Cassinense 18, Montecassino 1939, p. 42. [12] Contini G. (a cura di), Poeti del Duecento, I, Milano-Napoli 1960, pp. 9-13. [13] Si tratta di un testo poetico molto diffuso nella tradizione popolare italiana del Medioevo, che però solo nell'ambiente cassinate sembra esser stato raffinato con uno studio metrico e poetico. Vedi anche Sticca S., Il Planctus Mariae nella tradizione drammatica dell'alto medioevo (http:/ / books. google. it/ books?id=Po9Uod4vAM0C).
Bibliografia • • • • • •
Dante Alighieri, De vulgari eloquentia. De Sanctis F., Storia della letteratura italiana. Pellegrini G. B., La Carta dei Dialetti d'Italia, Pisa: Pacini editore, 1977. Gabero G., Ranzini G. (a cura di), Fiabe della tradizione italiana, Arnoldo Mondadori. ISBN 88-247-0148-5 Bronzini P., La poesia popolare, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1956. Adam Ledgeway, Grammatica diacronica del napoletano, Vol. 350 di Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie, Max Niemeyer Verlag, 2009 ISBN 978-3-484-97128-8.
• Zuccagni-Orlandini A., Raccolta di dialetti italiani con illustrazioni etnologiche, tip. Tofani 1864. • Bertolucci-Pizzorusso V., La supplica di Guiraut Riquier e la risposta di Alfonso X di Castiglia in Studi mediolatini e volgari, vol. XIV, 1966, pp. 11-132. • De Barholomaeis (a cura di), Rime giullaresche e popolari d'Italia, Zanichelli, Bologna 1926, pp. 12-20. • Rabanus Maurus (Archbishop of Mainz), De Universo: Codex Casinensis, Archivio dell'Abbazia di Montecassino, pagg. 1, 321, 457, 520, 629.
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Lingua napoletana
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Voci correlate • • • • •
Grammatica napoletana Dialetto cilentano Dialetto irpino Vernacolo beneventano Dialetti italiani meridionali
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Collegamenti esterni • Traduttore online dall'Italiano al Napoletano (http://www.napoletano.info/) • Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie (http://www.coe.int:80/t/e/legal_affairs/ local_and_regional_democracy/regional_or_minority_languages/) • Glossario napoletano su Wiktionary • romanzi in lingua napoletana (http://www.ammasciata.blogspot.com) • Dizionario online Italiano-Napoletano (http://www.lastoriadinapoli.it/vocab.asp) • Introduzione al dialetto di Torre del Greco (http://www.torreomnia.com/Testi/argenziano/dizionario/ presentazione.htm) • Etimologia di alcuni vocaboli napoletani (http://www.napoletanita.it/etimologia.htm) • Introduzione al napoletano (http://www.duesicilie.org/Nnapulitano.html) • Cultura e lingua napoletana (http://www.napoletanita.it/) • Ammasciata.org:Settimanale online in Napoletano (http://www.ammasciata.org/) • Le lingue parlate nel territorio dello Stato italiano (http://www.homolaicus.com/linguaggi/lingue_italiane. htm) • Corso di napoletano su Wikibooks (http://it.wikibooks.org/wiki/Corso_di_napoletano) • Poesie Napoletane - Traduzione in Italiano - Multimedia (http://poesianapoletana.poetionline.com) Portale Due Sicilie
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Fonti e autori delle voci
Fonti e autori delle voci Lingua napoletana Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60307775 Autori:: .snoopy., ASaggese, Alessandro Astarita, AlexanderFreud, Alkalin, Andre86, Arbeo, Arek' Fu, Arillo, Ary29, AttoRenato, Azrael555, Baku, Beard, Beechs, BigGeorge, Buggia, Bukkia, Carmine Colacino, Carnby, Casual (riassegnato), CavalloRazzo, Cicciocotroneo, Civvì, Cloj, Contromano76, Cryptex, Damiano.46, Daviduzzu, Dega180, Demart81, Denghiù, Dragonòt, E. abu Filumena, El Quebrado, Erinaceus, Eumolpo, Eustace Bagge, Fabior1984, Fale, Fantasma, Ferdinando Scala, Fiaschi, Fil, Finizio, Frereau, Frieda, Friedrichstrasse, Gac, Ggonnell, Gianni Maggio, Gigi1280, Gino profenna, Giovanni Parisi, Gnumarcoo, Guaglionciell, Guagliunciell1, Guarracino, Hill, IlSistemone, IlStudioso, Inviaggio, Italian Norman, Italiano90, Itanesco, Jacklab72, Jalo, Joana, Johnnyrotten, Joseph 41, Jotar, Justinianus da Perugia, Kazu89, Lorenzino, LucaLuca, Lupo silano 1914, LupusInFabula, Madip86, Manusha, Manutius, Marcoberetta, Markos90, MatchbethNA, Mess, Michele Bini, Mikros, Millesi, Misterioso, Moneymaker, Moroboshi, Napoletano, NapoliGrafia, Natboub, Neminis, Nick1915, Nicola93, No2, Nuovoastro, Pandizen0, Phantomas, Piero Montesacro, Pino alpino, Pinotto92, Pirandella, PochoLavezzi98, Pracchia-78, Razzairpina, Realtavirtuale, Retaggio, Ritchie92, Sanremofilo, Scartiloffista, Senpai, Shaka, Shuichi, Shíl, Sidion, Siorlu, Snow Blizzard, Snowdog, Square87, Taamu, Teleuko, Tenebroso, Tener, Ticket 2010081310004741, Tobia09, Torredibabele, Torsolo, Tuttigiu, Twice25, Umberto Basilica, Urzyken, Uzi, Valepert, Vit001, Vittodav, Vonvikken, WalkBack, Wento, Wentosecco, Wikia634, Win, Zeuslnx, 584 Modifiche anonime
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